San Lorenzo Giustiniani: “Sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne”

 

Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9, 23).

 

San Lorenzo Giustiniani, commento:

“Quanto un uomo possa amare Cristo lo si può sapere pienamente dalla generosità che pone in questa sua lotta spirituale (contro la carne). Si trovano, invece, cristiani che danno anche i loro averi ai poveri, mortificano nel digiuno il loro corpo, vanno pellegrini per il Signore, si espongono ad ogni fatica e pericolo, ma lasciano indomite le loro concupiscenze.

Eppure il Signore ha detto: <<Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua>> (Lc 9, 23). E sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne, che contrastano con l’anima e profanano la coscienza. Dentro di noi allora e contro di noi Egli ci indica di lottare, se vogliamo avere la speranza dell’eternità e del Cielo.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “Opuscoli Spirituali”)

San Lorenzo Giustiniani, Elogio della Continenza “Senza la purezza di cuore e la continenza, è impossibile iniziare a vedere Dio nella vita terrena (con gli occhi interiori della fede) e andare in Paradiso per contemplarlo nell’eternità.”

San Lorenzo Giustiniani, Elogio della Continenza:

“Chi la possederà, avrà pace nella sua coscienza, luce nella sua mente, gioia nel suo volto e nella sua anima, sicurezza in punto di morte e parte nella beata eternità.”

 

“( … ) la virtù della continenza è così simile alle virtù degli Angeli, da rendere l’uomo in certo qual modo uguale a loro. Essa supera le debolezze della condizione umana e assimila gli uomini alla spiritualità degli Angeli.

( … ) Chi è continente è anche dimora amabile e splendida di Gesù Cristo. Infatti, chi potrà mirare una bellezza più radiosa di un cuore puro, amato dal Re Cielo, giudicato degno dal Giudice divino, un cuore donato al Signore consacrato a Dio? E’ questa virtù che conserva all’uomo il suo onore e la sua dignità. E onore dell’uomo è la libertà della sua volontà, per cui può scegliere di volere o di non volere quanto apprende per via d’intelletto.

Senza la continenza, nell’uomo, come nelle bestie, regna la schiavitù dell’istinto, che si contrappone alla libertà dello spirito: non appena si avverte il piacere, subito si scatena il desiderio e non c’è alcun modo di placarlo. E’ giusto quindi che chi segue la carne, tutto rivolto al suo ventre e alla sua libidine, sia considerato come un irragionevole animale da soma, come si legge nelle Scritture: “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” (Sal 49,21).

( … ) Questa virtù ci dispone inoltre alla contemplazione di Dio. La continenza è un amore che ci svincola dalla passione per ogni bellezza inferiore e ci eleva solo all’amore della bellezza suprema. Volendo salire alle vette della contemplazione, non c’è nulla che si debba fuggire più dei piaceri dei sensi, che costituiscono la massima eccitazione all’intemperanza.

( … ) La continenza poi colpisce tremendamente satana. Sta scritto infatti: “Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri. Se ti concedi la soddisfazione della passione, essa ti renderà oggetto di scherno ai tuoi nemici” (Sir 18,30).

Questi ultimi tentano ogni mezzo per strapparci alla continenza, e ci insidiano con desideri peccaminosi, spengono ogni buona ispirazione, ci derubano dei primi atti virtuosi e si affrettano a demolire sul nascere ogni sacra intenzione, ben sapendo di non poterla annientare se è già radicata nell’anima.

La continenza inoltre spegne il bruciore dei vizi della carne; e per raggiungerla più facilmente, chi ama la castità medita spesso sul disfacimento che attende il cadavere nel sepolcro. Nulla è più capace di domare gli assalti dei desideri carnali, come il pensiero assiduo, per virtù di continenza, dei disastri che la morte compie su quanto ci attrae oggi, nel fulgore della vita.

La continenza trionfa sempre gloriosa nelle sue battaglie. E fra tutte le battaglie dei cristiani, le più dure sono certamente quelle della castità. Sradicare dalla propria carne l’istinto della lussuria è un miracolo superiore all’esorcismo.

Questa virtù custodisce inoltre puro il nostro cuore, come sta scritto: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto” (1 Ts 4,3-4). Questo significa che dobbiamo conservare per Dio questo cuore così puro, che nessuna macchia o peccato carnale lo infanghi, ma splenda luminoso per la sua integrità e castità.

( … ) Chi la possederà, avrà pace nella sua coscienza, luce nella sua mente, gioia nel suo volto e nella sua anima, sicurezza in punto di morte e parte nella beata eternità.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “L’albero della vita”, cap. 3-2, pag. da 49 a 52.)

 

“Non ci sono parole per l’indecenza della libidine, che non solo inebetisce la mente, ma snerva anche il corpo; e non contamina solo il cuore, ma tutta la nostra persona. Ci esponiamo prima ad affanni e volgarità, poi a fetore e immondezza, quindi a dolore e rimorso; e la brevità fuggente del piacere non è motivo di pace, ma di tormento. L’ora della voluttà infatti è breve, perché quanto più avidamente si è bevuto, tanto prima quel calice ci dà la nausea.

( … ) E’ poi la stessa indecenza del piacere a smorzarne l’ardore. Osservate bene chi si dà ai piaceri della carne, il cui appetito non procura che ansia, e la soddisfazione nausea: non si capisce quale vera gioia ci sia in quei loro ebbri sussulti. Che il risultato sia solo un’indicibile amarezza, questo lo si sa: basta il ricordo di come si concludono quelle sconcezze.

A dirla proprio tutta, costoro dovrebbero ammettere di non essere stati altro che bestie. No, la lussuria non è degna della fede cristiana; per un’anima votata a Cristo non è decoroso deliziarsi dei piaceri carnali, quando si sa che Cristo, in tante Sue creature, non ha neppure il pane per sfamarsi. Invano quindi si fregia del nome di cristiano chi, peccando di lussuria, non imita l’esempio di Cristo. Non basta vantarsi del Suo nome: se ci preme davvero essere cristiani, allora dobbiamo comportarci in modo degno dei cristiani. Solo così potremo giustamente gloriarci di questo nome.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “L’albero della vita”,cap. 3-3, pag. 53-54)

 

“Il godimento di questi piaceri non solo si accompagna a innumerevoli dolori, ma deve anche essere espiato con numerose e tremende pene.

( … ) E’ poi la molteplicità dei piaceri uno dei principali motivi che ce ne impongono il freno e la distruzione. L’anima, attratta dal piacere, non potendo più saziarsi di nessun bene da quando si è allontanata dal cuore di Dio e dall’amore fraterno, si affanna a trovare soddisfazione rinnovando continuamente gli oggetti del suo desiderio passando dall’uno all’altro, senza trovare mai felicità né pace. Moltiplica i suoi desideri, cambia i suoi programmi, escogita le più diverse forma di piacere, illudendosi di potersi saziare: ma non potrà comunque placare fino in fondo la sua sete. E’ impossibile che la luce risplenda nella tenebre e che la dolcezza si accomuni all’amarezza; allo stesso modo è assurdo e contro natura pretendere di trovare nei beni terreni e nei piaceri della carne una piena felicità e pace.

( … ) I mali che ci provengono dai piaceri della carne sono infatti innumerevoli. Prima di tutto ci si trova costretti in un’atroce schiavitù, con la carne in rivolta contro lo spirito; per cui, se si accende il desiderio e si accondiscende anche solo una volta alle sue bramosie, la lotta diventa impari, come di due contro uno, e la solidità della nostra coscienza ne viene irrimediabilmente compromessa

( … ) Quando il corpo si adagia nella mollezza, infatti, lo spirito si infiacchisce: la voluttà è pulsione della carne, mentre il nutrimento dell’anima sono la disciplina e l’austerità. La carne si accende alle provocazioni, divenendo sempre più smaniosa; mentre l’anima si allena e si rinforza nell’asprezza della mortificazione, che la rende sempre più pura.

( … ) La carne induce sempre a desideri peccaminosi, che sono fugaci, ma che devono essere subito stroncati; perché, se non sono controllati da una rigorosa disciplina interiore, possono renderci inclini a tendenze pericolose. Non c’è nemico che sia mai stato tremendo per qualcuno, come lo sono per noi le nostre pulsioni carnali. Accade che ci si immerga volentieri in piaceri, che si trasformano in cattive abitudini e non possono più essere sradicate, neppure in caso di disgrazia o di calamità.

( … ) Così si diventa schiavi del piacere, invece di goderne; più che saziati, si è bruciati, al punto da amare le proprie stesse piaghe: raggiungendo così il colmo dell’infelicità.

( … ) E ancora: questi piaceri ci precludono la salvezza, ci inducono alla dimenticanza di Dio, distraggono la nostra mente dalla vera sapienza, rendono vane le nostre opere buone, ci privano di ogni forza d’animo, rendono il nostro cuore insofferente e lo allontanano da ogni dolcezza mistica. Le consolazioni di Dio sono così lievi e delicate, che non possono essere date ad anime che godano di altre gioie. E chi è sempre immerso nei piaceri della carne può forse attendere nel suo cuore la venuta del consolatore?

Se è impossibile che il fuoco si accenda con l’acqua, è assurdo e contro natura che i piaceri di questo mondo convivano con la compunzione del cuore e con le gioie dello spirito. Si tratta di valori antitetici, che si elidono a vicenda: gli uni portano al pudore, gli altri alla libidine; i primi purificano il cuore e lo elevano, i secondi lo condannano.”

“Egli, la Sapienza incarnata, non poteva ingannarSi: se ha scelto di quanto più odioso e molesto alla carne, lo dobbiamo scegliere anche noi, come il bene più utile e prezioso. E se qualcuno vuole persuaderci del contrario, guardiamocene bene, perché è un seduttore del maligno.

Chi vuole regnare in eterno con Cristo deve essere dunque puro da ogni macchia, senza un solo pensiero peccaminoso; e chi ama la castità deve vivere secondo l’insegnamento di Cristo, se anela al consorzio dei Santi, purificando il suo cuore da ogni desiderio e pensiero indecente, perché il Cielo non potrà accogliere se non anime sante, giuste, semplici, innocenti e pure.”  

(San Lorenzo Giustiniani, da “L’albero della vita”, cap. 3-3, pag. 53.)

 

“Coloro che sono ancora soggetti alla violenza della perversione e che cedono ancora ai piaceri della carne non possono prendersi responsabilità di governo: Solo quando avranno dominato ogni moto interiore, e conquistato saldamente la virtù della continenza, potranno assumersi l’onere della salvezza altrui, senza mettere in pericolo la propria, perché un superiore non può rimproverare liberamente le colpe dei suoi discepoli, se nella sua stessa vita non ne è assolutamente privo. Purifichi quindi prima il suo cuore, chi si accinge ad occuparsi al cuore altrui. E solo la virtù della continenza rende l’uomo obbediente a Dio, e dunque giustamente degno di essere elevato a guida degli altri.

( … ) la continenza è un amore che si conserva integro e incontaminato davanti al Signore. Significa non nutrire alcun desiderio, di cui poi ci si debba pentire, né fare mai eccezione alla legge della moderazione, nonché sottomettere alla ragione ogni pulsione carnale. Consiste inoltre nell’attitudine sempre onesta e casta del proprio corpo, conquistata con l’esercizio del dominio su ogni passione malvagia.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “L’albero della vita”, III , pag. 48-49)

Gesù rivela a Santa Brigida l’esistenza e l’eternità dell’ INFERNO : “La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa.” “Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

Parla Gesù Cristo:

La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa. Ma perché non sia del tutto dimenticata e abbandonata la mia via, alcuni amici miei per il desiderio della patria celeste passano ancora per essa, come uccelli svolazzanti di pruno in pruno, e quasi di nascosto e servendo per timore, perché passare per la via del mondo sembra a tutti felicità e gioia. Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga; ora grido nel deserto, cioè nel mondo, agli amici miei, che estirpino le spine e i triboli dalla via del Cielo e la propongano agli altri. Sta scritto infatti: Beati son quelli che non mi videro e mi credettero. Così son felici quelli che ora credono alle mie parole ed eseguono le mie opere. Io infatti son come una madre che va incontro al figlio errante, gli porge la lucerna sul sentiero, perché veda il cammino e gli va incontro per amore, accorciandogli il tratto, e s’avvicina e l’abbraccia e si congratula con lui. Così son io con tutti quelli che a me tornano, e andrò incontro con amore ai miei amici e illuminerò il cuore e l’anima loro di sapienza divina. Voglio abbracciarli con ogni gloria e con l’adunanza celeste, dove non c’è il Cielo di sotto e di sopra o la terra di sotto, ma la visione di Dio, in cui non c’è cibo né bevanda, ma il celeste diletto.

Ai cattivi invece s’apre la via dell’inferno, ove caduti non ne usciranno mai più: privati della gloria e della grazia, saranno pieni di miseria e di obbrobrio sempiterno. Perciò dico queste cose e metto in mostra la mia carità, affinché tornino a me, quelli che mi abbandonarono e riconoscano che sono io il Creatore, quello che hanno dimenticato. E perciò questi fossi son larghi e profondi: larghi, perché la volontà di tali uomini è da Dio lontana in lungo e in largo; e sono anche profondi, perché contengono molti nel profondo inferno. Perciò questi fossi bisogna oltrepassarli d’un salto. Cos’è infatti il salto spirituale, se non il distacco del cuore dalle vanità e l’ascesa dalle cose terrene al Regno dei cieli?

Ecco, io mi lamento che vi siete da me allontanati e dati al diavolo mio nemico, voi avete abbandonato i miei comandamenti e seguite la volontà del diavolo e obbedite alle sue suggestioni, non pensate ch’io sono l’immutabile ed eterno Dio, vostro Creatore. Venni dal Cielo alla Vergine, da Lei assumendo la carne e ho vissuto con voi. Io in me stesso vi ho aperto la via e vi ho dato i consigli, con i quali andare al cielo. Io fui denudato e flagellato e coronato di spine e tanto stirato sulla croce che quasi tutti i nervi e le giunture del mio corpo furono staccati. Io ho sopportato tutte le ingiurie e l’ignominiosissima morte e l’amarissima ferita al mio cuore per la vostra salvezza.

A tutto questo, o miei nemici, voi non fate attenzione, perché siete stati ingannati. Perciò portate il giogo e il peso del diavolo con falsa gioia e non sapete né sentite queste parole, prima che arrivi lo smisurato dolore. Né vi basta questo, ma è tanta la vostra superbia che, se poteste porvi sopra di me, lo fareste volentieri. E tanta è in voi la voluttà della carne, che volentieri preferireste far senza di me, piuttosto di lasciare il disordine della vostra voluttà. E poi la cupidigia vostra è insaziabile, come un sacco senza fondo, perché non v’è niente che possa soddisfarla.

Giuro perciò – per la Divinità mia – che se morirete nello stato in cui vi trovate, mai vedrete il mio volto. Ma, per la vostra superbia, sprofonderete giù nell’inferno, in modo che tutti i diavoli vi saranno addosso per tormentarvi desolatamente. Per la lussuria poi sarete ricolmi d’un diabolico veleno. E per la cupidigia vostra sarete saziati di dolori e angustie e soffrirete ogni male che è nell’inferno.

O nemici miei, abominevoli e ingrati e degeneri, io sembro a voi come un verme morto nell’inverno, perciò fate tutto ciò che volete e prosperate. Per questo sorgerò contro di voi nell’estate e allora piangerete e non scamperete alla mia mano. Tuttavia, o nemici, poiché vi ho redenti col sangue mio e non chiedo che le vostre anime, tornate umilmente ancora a me e di buon grado vi accoglierò come figliuoli. Scuotete da voi il pesante giogo del diavolo e ricordatevi dell’amor mio e nella coscienza vostra vedrete che io sono soave e mansueto.

Rivelazioni di Gesù Cristo a Santa Brigida: “Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

 

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazienza, affinché l’umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, perché l’umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l’esempio. Ho dato all’uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l’uomo, perciò, deve lodarmi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l’ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri della carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compassione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidassero l’unità divina e la concordia. Se ho dato all’uomo il riposo del corpo, l’ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l’anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

«Ho dato all’uomo il libero arbitrio, affinché abbandonasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l’affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemente buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall’uomo, o per metterlo alla prova, o ancora per l’utilità degli animali e affinché l’uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccelle in felicità. Ma, poiché l’uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole. La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l’amore dell’obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici – considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensando a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la perversità che anima il mondo -, chiedono con maggior decisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con sufficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tuttavia raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimettono la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribolazioni e, sebbene al momento essi non capiscano completamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V, 1, Interrogazione 6

 

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendole: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri vari e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «È questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che svariati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tuttavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da corona per l’anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell’astinenza e nella presunzione della grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, ebbene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c’è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente.

Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all’uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infatti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l’insensibilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di meritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di compiere il male, perché fai anche del bene; quand’anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commessi, né soddisfare Dio, l’amore che nutre nei tuoi confronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si insinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedire loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza cadere, permane nella virtù dell’unico Dio.

Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano abbandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: essi, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi vedere in quest’anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acuito con la consuetudine, fidando in qualche buona azione compiuta, senza considerare che io giudico ogni minima cosa; così l’anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto approssimarsi il Giudizio e la fine dell’esistenza. Per questo, al volgere della vita, d’un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall’altra sapeva che Dio soffriva e che l’avrebbe attesa sino all’ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abbandonare la volontà libertina che la spingeva a commettere il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l’anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato secondo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l’anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l’anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

 

Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quando la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell’influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spirito Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco».

 

Disposizione interiore dell’anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l’anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l’anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l’intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte preziosa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell’intelligenza. Altri ancora hanno l’intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece sono fiorenti nell’anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l’intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo protegge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l’uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva.

Allo stesso modo l’anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ardente come un cuore acceso, in modo che essa non desideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diversamente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta disposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secondo l’ordine della divina Provvidenza, con saggezza e utilità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contrizione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D’altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui progredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l’anima assapora nella carità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conseguenza, così come l’uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l’anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell’anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della divina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell’anima, essendo la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c’è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell’anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l’anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l’anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l’anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l’anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115

 

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l’uomo; ma questi abusa di ognuna di esse a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l’ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchiodato, flagellato e incoronato; l’altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi diedero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d’oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di peccare; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incoronano con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la dolorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credono uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l’intero mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale vedere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi indietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall’incomparabile amore che provo per l’uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed ella rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore riprese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi dovrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ricevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene?

Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la sedia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i desideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è contro l’ordine naturale delle cose essere sempre nella medesima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

(Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia)

 

Sant’Ambrogio: “Chi cerca Cristo cerchi di vederlo non con gli occhi dell’uomo esteriore, ma con lo sguardo interiore. L’eterno non si scorge in parvenze corporee, giacché le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.”

 

 

Dal Commento al salmo 118 di Sant’Ambrogio

 

Sermo 18,41‑43. ft 15,1467.

 

Per mostrare come si fa a trovare Cristo, Filippo e­sclama:Vieni e vedi. Chi cerca Cristo venga, non con i passi delle gambe, ma con l’incedere dello spirito. Cerchi di vederlo non con gli occhi dell’uomo esteriore, ma con lo sguardo interiore. L’eterno non si scorge in parvenze corporee, giacché le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.

Ora, Cristo non è nel tempo, ma è generato dal Padre, prima del tempo; in quanto Dio, vero Figlio di Dio, e in quanto perfezione eterna, è fuori del tempo, e nessun limite di tempo lo circoscrive; in quanto è vita al di là del tempo, come tale non sarà mai raggiunto dal giorno della morte.

Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Comprendi ciò che ha  detto l’Apostolo? Egli morì al peccato una volta per tutte. Una volta per  sempre Cristo è morto per te che sei peccatore. Non perdere, o uomo, questo grande vantaggio! Per te Cristo si è assogget­tato al potere della morte, per liberarti dal giogo di quel potere. Egli ha preso su di sé la schiavitù della morte per renderti la libertà della vita eterna.

Perciò chi cerca Cristo cerca anche i suoi patimenti e non ne evita la passione. Nell’angoscia ho gridato al Signo­re, mi ha risposto e mi ha tratto in salvo. Com’è buona quella sofferenza che ci rende degni di essere ampiamente esauditi dal Signore! Essere esauditi dal Signore Dio nostro è pero una grazia.

Allora, chi cerca l’affanno, non lo evita. Chi non lo evita ne viene trovato. Non lo evita l’uomo che riflette sui comandamenti di Dio con il pensiero e con l’azione.

 

 

Sermo 19,36.38‑39. PL 15,1480.1481.

 

Tu, signore, sei vicino, tutti i tuoi precetti sono veri .

Il Signore è vicino a tutti, perché è in ogni luogo. Non pos­siamo sfuggirgli se lo offendiamo, né farla franca se sba­gliamo, né perderlo se ci nascondiamo. Dio osserva ogni cosa, vede tutto, sta al fianco di ognuno, dicendo: Io sono un Dio vicino.

Dove mai non potrebbe penetrare il Verbo di Dio, lo splendore eterno che illumina anche le riposte profondità del cuore, là dove nemmeno il sole fisico può penetrare? Il Verbo di Dio è una spada spirituale che penetra fino a dividere l’anima, le membra e le midolla. Di esso il giusto Simeone dice a Maria: Perché siano svelati i pensieri di molti cuori, anche a te una spada trafiggerà l’anima.

Il Verbo di Dio trapassa dunque l’anima e la rischiara tutta come un chiarore di luce eterna. E sebbene egli abbia una potenza che si estende attraverso tutti, che tutti rag­giunge e che sta sopra tutti ‑ perché per tutti egli è nato da una vergine, per i buoni e per i malvagi, come sopra buoni e malvagi fa nascere anche il suo sole ‑, tuttavia egli riscalda unicamente chi gli si avvicina.

E come tiene lontano da sé lo splendore del sole chi chiude le finestre della sua casa e sceglie di vivere in un luogo tutto buio, così chi volge le spalle al Sole di giustizia non può contemplarne lo splendore e cammina nelle tenebre; e mentre tutti godono della luce, lui stesso diventa causa della propria cecità.

Spalanca allora le tue finestre al Verbo di Dio, affinché tutta la tua casa sia illuminata dallo splendore del vero Sole! Apri bene gli occhi, per mirare il Sole di giustizia che sorge per te.

 

 

Sermo 20,54 ‑55. PL 15,1501.

 

Vedi che io amo i tuoi precetti, Signore, secondo la tua grazia dammi vita.

Rivolgendosi a Dio il salmista lo invita a posare lo sguardo sul suo sentimento pieno di amore.

Nessuno chiede di esser guardato se non chi pensa di poter piacere.

Il salmo dice bene vedianche in ossequio alla legge, la quale comandava che ciascuno si presentasse tre volte all’anno davanti al Signore. Il santo ogni giorno offre se stesso, ogni giorno si presenta davanti a lui, e non a vuoto. Non può essere vuoto colui che ha ricevuto parte della pienezza dell’Altissimo.

Ascolta in che modo anche tu devi offrirti a Cristo.

Non con doni materiali, visibili, ma sotto un aspetto celato, nel nascondimento, affinché il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompensi e ripaghi il tuo atteggiamento di fede.

Amo ‑ dice il salmo ‑ i tuoi precetti. Non dice “li ho osservati” e nemmeno “li ho custoditi”, poiché gl’imprudenti non hanno custodito le prescrizioni del Signore. Chi però ha una perfetta comprensione, una perfetta conoscenza, questi ama, che è ben più di osservare: l’osservanza per lo più dipende da costrizione e da paura, l’amore invece è segno di carità. L’osservanza è messa in pratica da chi annuncia il vangelo, ma riceve la ricompensa colui che lo annuncia liberamente. Quanto più allora riceve la ricom­pensa colui che lo ama! Possiamo anche non amare quel che  vogliamo, ma non possiamo non volere quello che amia­mo.

Ma per quanto grande possa essere la ricompensa dell’amore perfetto, chi ama chiede anche il conforto della divina misericordia, perché in essa il Signore gli infonde vita. Non è dunque un arrogante esattore di una ricompensa dovuta, ma un timido supplicante della misericordia divina.

 

Gesù rivela a Santa Brigida l’esistenza dell’ INFERNO : “Giuro perciò – per la Divinità mia – che se morirete nello stato in cui vi trovate, mai vedrete il mio volto” “La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa.” “Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

 

Parla Gesù Cristo:

 

La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa. Ma perché non sia del tutto dimenticata e abbandonata la mia via, alcuni amici miei per il desiderio della patria celeste passano ancora per essa, come uccelli svolazzanti di pruno in pruno, e quasi di nascosto e servendo per timore, perché passare per la via del mondo sembra a tutti felicità e gioia. Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga; ora grido nel deserto, cioè nel mondo, agli amici miei, che estirpino le spine e i triboli dalla via del Cielo e la propongano agli altri. Sta scritto infatti: Beati son quelli che non mi videro e mi credettero. Così son felici quelli che ora credono alle mie parole ed eseguono le mie opere. Io infatti son come una madre che va incontro al figlio errante, gli porge la lucerna sul sentiero, perché veda il cammino e gli va incontro per amore, accorciandogli il tratto, e s’avvicina e l’abbraccia e si congratula con lui. Così son io con tutti quelli che a me tornano, e andrò incontro con amore ai miei amici e illuminerò il cuore e l’anima loro di sapienza divina. Voglio abbracciarli con ogni gloria e con l’adunanza celeste, dove non c’è il Cielo di sotto e di sopra o la terra di sotto, ma la visione di Dio, in cui non c’è cibo né bevanda, ma il celeste diletto.

Ai cattivi invece s’apre la via dell’inferno, ove caduti non ne usciranno mai più: privati della gloria e della grazia, saranno pieni di miseria e di obbrobrio sempiterno. Perciò dico queste cose e metto in mostra la mia carità, affinché tornino a me, quelli che mi abbandonarono e riconoscano che sono io il Creatore, quello che hanno dimenticato. E perciò questi fossi son larghi e profondi: larghi, perché la volontà di tali uomini è da Dio lontana in lungo e in largo; e sono anche profondi, perché contengono molti nel profondo inferno. Perciò questi fossi bisogna oltrepassarli d’un salto. Cos’è infatti il salto spirituale, se non il distacco del cuore dalle vanità e l’ascesa dalle cose terrene al Regno dei cieli?

Ecco, io mi lamento che vi siete da me allontanati e dati al diavolo mio nemico, voi avete abbandonato i miei comandamenti e seguite la volontà del diavolo e obbedite alle sue suggestioni, non pensate ch’io sono l’immutabile ed eterno Dio, vostro Creatore. Venni dal Cielo alla Vergine, da Lei assumendo la carne e ho vissuto con voi. Io in me stesso vi ho aperto la via e vi ho dato i consigli, con i quali andare al cielo. Io fui denudato e flagellato e coronato di spine e tanto stirato sulla croce che quasi tutti i nervi e le giunture del mio corpo furono staccati. Io ho sopportato tutte le ingiurie e l’ignominiosissima morte e l’amarissima ferita al mio cuore per la vostra salvezza.

A tutto questo, o miei nemici, voi non fate attenzione, perché siete stati ingannati. Perciò portate il giogo e il peso del diavolo con falsa gioia e non sapete né sentite queste parole, prima che arrivi lo smisurato dolore. Né vi basta questo, ma è tanta la vostra superbia che, se poteste porvi sopra di me, lo fareste volentieri. E tanta è in voi la voluttà della carne, che volentieri preferireste far senza di me, piuttosto di lasciare il disordine della vostra voluttà. E poi la cupidigia vostra è insaziabile, come un sacco senza fondo, perché non v’è niente che possa soddisfarla.

Giuro perciò – per la Divinità mia – che se morirete nello stato in cui vi trovate, mai vedrete il mio volto. Ma, per la vostra superbia, sprofonderete giù nell’inferno, in modo che tutti i diavoli vi saranno addosso per tormentarvi desolatamente. Per la lussuria poi sarete ricolmi d’un diabolico veleno. E per la cupidigia vostra sarete saziati di dolori e angustie e soffrirete ogni male che è nell’inferno.

O nemici miei, abominevoli e ingrati e degeneri, io sembro a voi come un verme morto nell’inverno, perciò fate tutto ciò che volete e prosperate. Per questo sorgerò contro di voi nell’estate e allora piangerete e non scamperete alla mia mano. Tuttavia, o nemici, poiché vi ho redenti col sangue mio e non chiedo che le vostre anime, tornate umilmente ancora a me e di buon grado vi accoglierò come figliuoli. Scuotete da voi il pesante giogo del diavolo e ricordatevi dell’amor mio e nella coscienza vostra vedrete che io sono soave e mansueto.

Rivelazioni di Gesù Cristo a Santa Brigida: “Chi non vuole abbandonare il peccato(volontario), non è degno della grazia dello Spirito Santo” «Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili»

 

 

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

 

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazienza, affinché l’umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, perché l’umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l’esempio. Ho dato all’uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l’uomo, perciò, deve lodarmi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l’ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri della carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compassione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidassero l’unità divina e la concordia. Se ho dato all’uomo il riposo del corpo, l’ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l’anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

«Ho dato all’uomo il libero arbitrio, affinché abbandonasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l’affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemente buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall’uomo, o per metterlo alla prova, o ancora per l’utilità degli animali e affinché l’uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccelle in felicità. Ma, poiché l’uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole. La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l’amore dell’obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici – considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensando a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la perversità che anima il mondo -, chiedono con maggior decisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con sufficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tuttavia raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimettono la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribolazioni e, sebbene al momento essi non capiscano completamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V, 1, Interrogazione 6

 

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendole: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri vari e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «È questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che svariati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tuttavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da corona per l’anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell’astinenza e nella presunzione della grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, ebbene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c’è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente.

Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all’uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infatti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l’insensibilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di meritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di compiere il male, perché fai anche del bene; quand’anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commessi, né soddisfare Dio, l’amore che nutre nei tuoi confronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si insinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedire loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza cadere, permane nella virtù dell’unico Dio.

Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano abbandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: essi, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi vedere in quest’anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acuito con la consuetudine, fidando in qualche buona azione compiuta, senza considerare che io giudico ogni minima cosa; così l’anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto approssimarsi il Giudizio e la fine dell’esistenza. Per questo, al volgere della vita, d’un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall’altra sapeva che Dio soffriva e che l’avrebbe attesa sino all’ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abbandonare la volontà libertina che la spingeva a commettere il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l’anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato secondo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l’anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l’anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

 

Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quando la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell’influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spirito Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco».

 

Disposizione interiore dell’anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l’anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l’anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l’intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte preziosa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell’intelligenza. Altri ancora hanno l’intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece sono fiorenti nell’anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l’intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo protegge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l’uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva.

Allo stesso modo l’anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ardente come un cuore acceso, in modo che essa non desideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diversamente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta disposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secondo l’ordine della divina Provvidenza, con saggezza e utilità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contrizione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D’altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui progredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l’anima assapora nella carità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conseguenza, così come l’uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l’anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell’anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della divina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell’anima, essendo la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c’è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell’anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l’anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l’anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l’anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l’anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115

 

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l’uomo; ma questi abusa di ognuna di esse a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l’ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchiodato, flagellato e incoronato; l’altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi diedero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d’oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di peccare; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incoronano con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la dolorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credono uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l’intero mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale vedere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi indietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall’incomparabile amore che provo per l’uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed ella rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore riprese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi dovrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ricevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene? Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la sedia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i desideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è contro l’ordine naturale delle cose essere sempre nella medesima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

 

Sant’ Alberto Magno : “L’UNIONE CON DIO” Il fine della nostra vita

SANT’ ALBERTO MAGNO
(1193-1280)
vescovo dell’Ordine dei Predicatori, maestro di San Tommaso d’Aquino, Dottore della Chiesa

L’UNIONE CON DIO

Alcuni capitoli 

CAPITOLO I

LA MASSIMA PERFEZIONE SPIRITUALE E’ POSSIBILE ALL’UOMO MEDIANTE IL DISTACCO DELLA INTELLIGENZA E DELLA VOLONTA’ DA TUTTE LE COSE

 

 

Perché l’autore scrive questo opuscolo

Ho pensato di scrivere un’ultima parola (per quanto mi è possibile nei languori di questo esilio e pellegrinaggio) sul distacco completo da tutte le cose; e sull’unione libera, sicura, assoluta e totale con Dio. Il fine della perfezione cristiana, infatti, non è altro che la carità che a Dio ci unisce (1).

 

L’unione con Dio quale s’impone a tutti gli uomini

L’uomo che vuol giungere a salvezza è obbligato a questa unione di carità, e deve per conseguenza praticare i divini precetti e conformarsi alla divina volontà.

Tale vita escluderà tutto ciò che ripugna all’essenza della virtù della carità, cioè il peccato mortale.

 

L’unione con Dio quale si impone ai religiosi

Ma i religiosi si sono votati inoltre alla perfezione evangelica e alle opere di supererogazione e di consiglio, per arrivare più facilmente al loro fine ultimo che è Dio (2). Per cui essi evitano ciò che potrebbe impedire l’atto e il fervore della carità e ostacolare il loro slancio verso Dio.

Essi hanno rinunciato a tutti i beni del corpo e dell’ingegno e non osservano che il voto della loro professione religiosa (3).

 

Condizioni dell’unione perfetta con Dio

Dio è spirito, e coloro che l’adorano devono adorarlo “in spirito e verità” (4), devono cioè adorarlo con una conoscenza e un amore, una intelligenza e una volontà spogli da ogni illusione terrena.

Infatti il Vangelo dice: “Quando adorate, entrate nella vostra casa” ossia nell’intimo del vostro cuore e “dopo aver chiusa la porta” dei vostri sensi, con cuore puro, con coscienza senza rimproveri e con fede senza finzione “pregate il Padre in spirito e verità, nel segreto della vostra anima” (5).

L’uomo saprà realizzare questo ideale quando sarà disinteressato e spogliato di tutto, quando sarà interamente raccolto in se stesso, quando avrà messo da parte e dimenticato l’universo intero per mantenersi nel silenzio in presenza di Gesù Cristo, mentre la sua anima purificata eleverà con sicurezza e confidenza i suoi desideri a Dio, e con tutto lo slancio del suo cuore e del suo amore si dilaterà, s’inabisserà, s’infiammerà, si immedesimerà in lui, fino nel più intimo del suo essere, con una sincerità e una pienezza senza limiti.

 

CAPITOLO II

SI POSSONO DISPREZZARE TUTTE LE COSE TERRENE PER TENDERE ALL’UNIONE INTIMA CON DIO

 

Per raggiungere l’unione perfetta con Dio, bisogna disprezzare i beni terrestri

Ma l’uomo che intende raggiungere realmente tale stato di perfezione ed entrarvi, deve assolutamente chiudere occhi e sensi; non preoccuparsi, non turbarsi, non inquietarsi, non curarsi per nulla delle creature.

 

Raccogliersi in se stessi e attaccarsi a Cristo

Bisogna ch’egli rinunzi completamente a tutte le cose di questo mondo come inutili, nocive, funeste (6); che si raccolga in se stesso, e la sua anima non abbia altro pensiero che per il Cristo doloroso.

Egli dovrà fare ogni sforzo e serbare tutta la sua perseveranza per arrivare a lui per mezzo di lui: cioè a Dio per mezzo dell’Uomo­Dio, all’intimo della sua divinità per mezzo delle piaghe della sua umanità.

 

Bisogna anche abbandonarsi alla Divina provvidenza

Egli dovrà infine con tutta semplicità e confidenza abbandonare senza restrizione ogni cosa alla infinita provvidenza di Dio, secondo le parole di S. Pietro: “Deponete in Lui tutte le vostre angustie, perché Egli si prende cura di voi” (7). E altrove è detto “Non inquietatevi di nulla” (8); “Affida al Signore le tue cure: ed egli sarà il tuo tutore” (9); “Mi fan lieto, o Signore, le opere tue” (10); “Sempre io tengo il Signore innanzi a me” (11); “Incontrai l’amato del mio cuore” (12) e “mi venne ogni bene insieme” (13) con lui.

 

Bisogna infine cercare di esplorare il tesoro celeste

Ecco il tesoro celeste e nascosto, la pietra preziosa che si deve preferire a tutto, e cercare con umile fiducia e con sforzo costante, nella tranquillità del silenzio, con la massima energia dell’anima, dovesse pur costarci la perdita del benessere corporale, della lode, dell’onore.

Se così non fosse, per qual motivo ci faremmo religiosi? “Che gioverebbe a un uomo guadagnare tutto il mondo se perdesse l’anima sua?” (14).

Che importa lo stato, la santità della professione, l’abito dei perfetti, la testa tosata, tutto l’esteriore di una vita separata dal mondo, se poi manca lo spirito d’umiltà e di verità dove soltanto abita il Cristo per mezzo della fede e della carità? Dice S. Luca: “Il regno di Dio è dentro di voi” (15) ed è appunto il Cristo.

 

 

 

CAPITOLO III

LA LEGGE DELLA PERFEZIONE DELL’ UOMO IN QUESTA VITA

 

L’unione con Dio è proporzionata al distacco dalle cose terrestri

Più lo spirito è assorbito dal pensiero e dalle cure delle cose di questo mondo, più perde l’intimità della sua devozione e s’allontana dalle cose celesti. Al contrario, più si darà premura di allontanare le sue facoltà dal ricordo, dall’amore, dal pensiero delle cose inferiori per fissarle nelle cose superiori, più sarà perfetta la sua devozione, e più diventerà pura la sua contemplazione.

E’ impossibile che l’anima possa applicarsi, perfettamente a due oggetti nello stesso tempo, quando essi sono dissimili come il giorno e la notte (16).

Chi vive unito a Dio abita nella luce, chi si attacca al mondo vive nelle tenebre.

 

In che consiste la più alta perfezione in questo mondo

La più alta perfezione dell’uomo in questa vita consisterà dunque nel raggiungere una tale intimità con Dio, da procurare che tutte le facoltà e potenze dell’anima rimangano raccolte in lui e formino come un medesimo spirito con lui (17) e l’anima non ricordi che Dio, non senta e non comprenda che Dio, che tutti i suoi affetti, uniti nella gioia dell’amore, non trovino riposo che nel possesso del Creatore.

L’immagine di Dio, impressa nell’anima, è infatti costituita dalla ragione, della memoria e dalla volontà; ma fino a quando queste facoltà non portano l’impronta perfetta di Dio, non gli rassomigliano come nei giorni della prima creazione dell’uomo (18).

 

L’immagine di Dio deve essere impressa negli atti dell’uomo

La forma dell’anima è Dio, che deve imprimersi in essa come il sigillo sulla cera, come la marca sul proprio oggetto (19).

E ciò si realizza pienamente soltanto quando la ragione è completamente illuminata dalla conoscenza di Dio, verità suprema, e la volontà è interamente incatenata all’amore dell’eccelso bene, e quando la memoria è pienamente assorta nella contemplazione e nel godimento della felicità eterna e nel soave, dolce riposo di tale felicità. E siccome la gloria dei Beati in cielo, non è altro che il possesso di questo stato, è chiaro che l’iniziato possesso del medesimo, costituirà la perfezione dell’uomo nella vita presente.

 

 

CAPITOLO IV

L’UOMO DEVE OPERARE SECONDO LA SUA INTELLIGENZA E NON SECONDO I SENSI

 

Bisogna purificare l’anima dalle illusioni e preoccupazioni terrene

Beato colui che allontana da sé assiduamente le illusioni e le immaginazioni, e che orienta ed eleva la sua anima verso Dio. Fortunato colui che riesce ad obliare le apparenze e opera interiormente, dirigendo con purezza e semplicità la propria intelligenza e volontà verso il purissimo Dio!

Sforzatevi di allontanare dalla vostra anima le illusioni, le apparenze, le immaginazioni, insomma tutto ciò che non è Dio (20).

E’ necessario che tutto ciò che voi fate per Iddio derivi da una intelligenza, da una affezione, da una volontà egualmente purificate.

In poche parole, fine di tutte le vostre azioni deve essere di tendere verso Dio e di trovare in lui il riposo intimo, per mezzo di una intelligenza perfettamente pura e di una volontà completamente a lui consacrata, esente da rappresentazioni e preoccupazioni umane.

 

Non si arriva a Dio per mezzo dei sensi

Non con gli organi materiali né coi sensi esterni si arriva a Dio, ma con ciò che caratterizza l’essere umano, vale a dire con l’intelligenza e la volontà (21). Per conseguenza fino a che l’uomo s’indugia e si diverte in cose che interessano l’immaginazione e i sensi, è evidente che non ha ancora superato gli istinti e i limiti di ciò che vi è di animale in lui, di ciò che egli ha in comune coi bruti.

L’animale irragionevole non comprende, e non è impressionato che nella immaginazione e nei sensi, perché non ha facoltà più nobili. Ben altrimenti accade all’uomo, dotato di intelligenza, di volontà, di libero arbitrio, e creato ad immagine e somiglianza di Dio. Soltanto dunque per mezzo di queste facoltà, senza altri intermediari, egli deve tendere a lui e fissarsi in lui (22).

 

Il demonio ci tenta per mezzo dei sensi per impedire la nostra unione con Dio

Il demonio fa tutto il possibile per impedire questo santo esercizio.

Egli vede in esso un principio, un dolce preludio di vita eterna e ne è invidioso; si sforza dunque, con una tentazione o con l’altra, di allontanare l’anima da Dio. Eccita le passioni, provoca agitazioni inutili, preoccupazioni. indiscrete, turbamenti, conversazioni sregolate, irragionevoli curiosità.

Seduce per mezzo della lettura di libri vani, di relazioni pericolose, con l’agitazione e con le novità; ricorre alle dure prove, alle avversità, ecc.

 

Le preoccupazioni terrestri, anche se oneste possono essere di ostacolo alla nostra unione con Dio

Può anche darsi che tutte queste cose non siano talvolta che colpe leggere, o non siano neppure colpe; è nondimeno fuori di dubbio che rappresentino sempre un grande ostacolo all’opera di unione con Dio.

Dobbiamo dunque concludere che quand’anche tutto ciò sembrasse utile o, se si vuole, necessario, conviene 1iberarne i sensi, come di un male, si tratti di grandi o di piccole cose.

Ciò che in qualsiasi modo si è udito o fatto, o detto, non deve lasciare in noi alcuna preoccupazione, o effervescenza dell’immaginazione. Né prima, né dopo, né durante, dobbiamo attaccarvi i sensi interni o esterni al punto da esserne turbati.

 

Risultati del distacco dalle cose terrene

Quando le rappresentazioni sensibili non agitano più la memoria né lo spirito, allora l’uomo non è più disturbato nelle sue preghiere, nelle meditazioni, nella recita del divino ufficio, in nessuno insomma dei suoi esercizi spirituali.

Non vi saranno più in lui quei ricordi del passato che generano le distrazioni.

Voi potrete allora, senza difficoltà e con sicurezza, nel silenzio e nella pace, affidare voi stessi e quanto vi appartiene all’infallibile e salda Provvidenza. Iddio allora combatterà per voi, vi darà una libertà e delle consolazioni migliori, più nobili, più dolci di quelle che avreste goduto abbandonandovi giorno e notte alle corse folli della immaginazione, alle vane agitazioni lusinghiere della vostra anima, che sarebbe stata sacrificata, senza ragione, col vostro corpo, il vostro tempo, le vostre forze (23).

 

Non bisogna impressionarsi di nulla

Bisogna dunque che ogni avvenimento, qualunque ne sia l’origine, sia accettato in silenzio, nella pace e tranquillità dello spirito. Essi ci vengono sempre dalla mano patema della Provvidenza.

Allontaniamo dunque con molta cura le preoccupazioni materiali, per quanto ce lo permette la nostra professione.

Purifichiamo pensieri ed affetti, per fissarci in Colui al quale ci siamo votati così frequentemente e così totalmente.

Non vi siano più intermediari fra lui e la nostra anima.

Allora soltanto noi potremo senza indugi e inciampi, passare direttamente dalle piaghe dell’umanità di Gesù Cristo alla luce della sua divinità.

 

 

CAPITOLO V

DOBBIAMO RICERCARE LA PUREZZA DI CUORE PIÙ D’OGNI ALTRA COSA

 

Si trova la purezza del cuore riunendo le proprie affezioni in Dio

Voi dunque che desiderate percorrere il sentiero più breve e più sicuro per arrivare un giorno alla patria celeste, alla grazia, alla gloria eterna, mettete ogni vostra cura a mantenere il cuore in una inviolabile purezza, l’anima in libertà, i sensi nella quiete.

Raccogliete tutte le affezioni del vostro cuore per gettarle in seno a Dio.

Bisogna, quanto più è possibile, liberarsi dalle preoccupazioni inutili

Staccatevi, per quanto è possibile, dalle vostre conoscenze e da tutto ciò che potrebbe ostacolare i vostri propositi.

Cercate ardentemente e continuamente il luogo, il tempo, il modo di godere la pace e la contemplazione. Non amate nulla più del segreto della solitudine, evitate i discorsi mondani sempre pronti ad ostacolarvi, fuggite le turbolenze di un mondo incessantemente agitato e rumoroso (24).

Sforzatevi costantemente di purificare, di illuminare e pacificare il vostro cuore, chiudete le porte dei sensi carnali, per raccogliervi abitualmente in voi stessi, e fate in modo che il vostro cuore resti chiuso, per quanto è possibile, a tutto ciò che può venirvi dalla terra.

 

Importanza della purezza di cuore

Fra tutti gli esercizi spirituali la purezza del cuore tiene il primo posto.

Essa è il fine e la ricompensa di tutto il lavoro spirituale e non appartiene che a colui il quale vive veramente secondo lo spirito e da buon religioso.

Mettete dunque ogni vostra cura, ogni vostra capacità e ogni energia per liberare il vostro cuore, i vostri sensi e le vostre affezioni da tutto ciò che potrebbe ostacolarne la libertà, incatenarvi e rendervi schiavi.

Combattete costantemente per riunire tutte le affezioni disordinate del vostro cuore nell’amore della sola e pura verità e del bene supremo.

 

Effetti della purezza di cuore

L’anima vostra allora potrà ancorarsi tenacemente in Dio e nelle cose divine, voi sdegnerete le frivolezze della terra e il vostro cuore si verrà trasformando, fino nella più intima fibra, in Nostro Signore Gesù.

Quando avrete incominciato a spogliarvi e a liberarvi di ciò che è terrestre, a semplificare e tranquillizzare con fiducia il cuore e lo spirito in Dio, per bere ed assaporare con tutte le vostre potenze i flutti dei favori divini, e a fissare la vostra volontà ed intelligenza in Dio, allora non vi sarà più necessario ricorrere agli insegnamenti della divina Scrittura per apprendervi l’amor di Dio e del prossimo: lo Spirito Santo vi istruirà e dirigerà (25).

 

Non bisogna trascurare nulla per uscire da se stessi

Non risparmiate dunque nessuno sforzo, nessuna fatica, nessuno slancio, per purificare il vostro cuore, per fissarvi immobili e tranquilli in Dio, come se fosse già spuntato per voi il giorno dell’eternità che è il giorno di Dio.

Per amore di Gesù plasmate in voi stessi un’anima pura, una coscienza serena e una fede sincera, e di fronte a tutte le prove, a tutti gli eventi, confidate in Dio senza restrizione, non curandovi d’altro che di obbedire assolutamente alla sua volontà e ai suoi desideri.

Per arrivare a questo, dovete rientrare frequentemente in voi stessi e rimanervi il più possibile, onde effettuare in voi il distacco da ogni cosa terrena.

Serbate la vostra anima nella purezza e nella calma; preservate la vostra intelligenza dalla polvere di quaggiù, proteggete la libertà della vostra volontà, attaccatevi con ardente amore al bene supremo, tenete la vostra memoria al disopra delle cose di questo mondo, per fissarla nel bene essenziale e increato.

 

L’unione di intelligenza e d’amore con Dio è la suprema perfezione sulla terra

La vostra anima con tutte le sue facoltà e potenze sia raccolta in Dio in modo da formare con lui un solo spirito. In questo consiste tutta la perfezione possibile all’uomo sulla terra.

Tale unione d’intelligenza e d’amore per cui l’uomo si conforma in tutto alla volontà eterna e suprema, ci permette di diventare, per grazia, ciò che Dio è per natura (26).

Non dimentichiamolo: nello stesso istante in cui l’uomo, con l’aiuto di Dio riesce a vincere la sua volontà, vale a dire, riesce ad allontanare da sé ogni amore, ogni preoccupazione disordinata, per lanciarsi decisamente, con tutte le sue miserie, nel seno di Dio, diventa immediatamente così gradito a Dio che ne riceve il dono della grazia.

La grazia poi gli comunica la carità e l’amore; la carità mette termine a tutte le esitazioni, a tutti i timori, ed egli confida soltanto in Dio.

E’ dunque ben vero che la più grande felicità consiste nel porre tutta la nostra fiducia in Colui che non può mancarci. Fino a quando resterete in voi stessi, sarete vacillanti e instabili. Gettatevi con confidenza sul cuore di Dio, egli vi riceverà, vi guarirà, vi salverà (27).

 

La felicità dell’unione con Dio

Se saprete riflettere frequentemente su queste verità, troverete in esse più felicità e gioia per la vita che non in tutte le ricchezze, in tutti gli onori, in tutte le delizie; non solo, ma persino più che in tutta la sapienza e la scienza di questo mondo menzognero e ripieno di corruzione, anche se possedeste tali beni in copia maggiore di quanta ne ebbero coloro che vi hanno preceduti.

 

CAPITOLO VI

L’UOMO CHE VUOLE ACQUISTARE LA VERA PIETA’ DEVE PURIFICARE LA PROPRIA INTELLIGENZA E I PROPRI AFFETTI

 

Il distacco interiore fa gustare le cose del cielo

E’ fuor di dubbio che più voi sarete liberi dalle occupazioni e dai ricordi esteriori e mondani, più la vostra anima riacquisterà forza e capacità per gustare le cose del cielo. Imparate perciò a staccarvi dalle cose terrene.

Dio ama molto tale rinuncia. Le sue delizie sono di stare coi figlioli degli uomini (28) cioè con coloro che dopo avere allontanato le distrazioni e le passioni, sanno, con cuore puro e retto, tendere, donarsi e attaccarsi a lui.

Se la memoria, l’immaginazione, i pensieri strisciano spesso a terra, accadrà necessariamente che gli avvenimenti nuovi, i ricordi del passato e molte altre cose, inevitabilmente vi preoccuperanno e distrarranno. Lo Spirito Santo è assente da questi pensieri che mancano di saggezza.

Il vero amico di Gesù Cristo deve dunque essere talmente unito con la propria intelligenza e buona volontà alla volontà e alla bontà divina, da togliere alle passioni ogni appiglio su lui e da evitare di indagare se è schernito, amato o considerato come persona da poco. La buona volontà può arrivare a tutto, può dominare ogni cosa.

 

Suscita nell’anima il disinteresse per le miserie personali

Se la volontà è buona e pienamente conforme e unita alla volontà di Dio, come consiglia l’intelligenza, poco importa che la carne, i sensi, l’uomo esteriore, siano inclini al male e fiacchi per il bene, oppure che l’uomo interiore si trovi senza amore per le cose spirituali (29). Importa soltanto che per la fede e la buona volontà l’uomo resti unito a Dio con tutta l’anima.

Egli vi riuscirà, se riconoscerà la propria imperfezione e il proprio nulla; se comprenderà che il proprio bene non si trova che nel suo Creatore; se abbandona a Lui se stesso con tutte le sue potenze, le sue forze e le creature tutte, per nascondersi interamente in seno a lui con pieno slancio, per dirigere ogni sua azione verso Dio, senza cercare nulla all’infuori di Dio; se riconosce d’aver trovato in lui tutto il bene e tutta la felicità della perfezione.

 

Divinizza l’uomo

L’uomo allora, giunto a questo stato di perfezione, sarà, in certo qual modo, trasformato in Dio; non potrà più pensare, amare, comprendere, ricordare che Dio o le cose di Dio; non vedrà più se stesso e le altre creature se non in Dio; non avrà altro amore che per Iddio; le creature e se stesso si presenteranno alla sua memoria solo più nella luce di Dio.

 

Rende l’anima veramente umile

Simile conoscenza della verità, rende sempre l’anima umile, severa verso se stessa e non verso gli altri; mentre la saggezza mondana rende l’anima superba, frivola, piena d’orgoglio e d’alterigia.

 

La libertà interiore è necessaria per elevarsi a Dio

E’ dunque necessario considerare come dottrina fondamentale e veramente spirituale quella che ci mostra quanto sia chimerico aspirare di giungere alla conoscenza, al servizio, alla familiarità con Dio e al suo pieno possesso, se non si è prima distaccato il proprio cuore dalle affezioni terrene, non solamente dalle persone, ma da ogni altra creatura o cosa; se non si riesce a tendere verso il Creatore con tutto il cuore, liberamente, senza secondi fini, senza timori né esitazioni, con fiducia illimitata nella sua universale provvidenza (30).

CAPITOLO XII

EFFICACIA DELL’AMORE DI DIO

 

Importanza dell’amore di Dio

Tutto ciò che abbiamo detto nei capitoli precedenti, tutto ciò che è necessario alla salvezza, non può ricevere che dall’amore il suo più intimo e salutare perfezionamento.

L’amore supplisce a tutto ciò che potrebbe mancarci per la nostra salvezza; racchiude in sé l’abbondanza di ogni bene e non gli manca neppure la presenza dell’oggetto supremo dei nostri desideri.

Soltanto per l’amore noi ci orientiamo verso Dio, aderiamo a Dio, siamo uniti a Dio, per diventare uno stesso spirito con lui e ricevere da lui e per lui la felicità, quaggiù nella grazia e lassù nella gloria.

L’amore non trova riposo che nel bene amato, ossia nel suo possesso pacifico e completo.

 

L’amore conduce a Dio

L’amore, o la carità, è la via che conduce Dio all’uomo e l’uomo a Dio.

Dio non può stare ove non c’è la carità.

Chi ha la carità, possiede Dio, perché “Dio è carità ”.

Non vi è nulla di più acuto, sottile, penetrante della carità.

Essa non ha riposo fino a che non ha esplorato tutta la potenza e la profondità dell’oggetto amato. Essa vorrebbe immedesimarsi in lui, e, se lo potesse, essere con lui una cosa sola.

Ecco perché non può sopportare intermediari fra lei e il suo oggetto che è Dio: essa si slancia violentemente verso di lui e non ha pace fino a quando ha superato tutto per giungere a lui.

L’amore ha la virtù di unire e di trasformare; trasforma l’amante nell’amato e l’amato nell’amante. Nei limiti del passibile, l’uno diventa l’altro.

 

L’amore crea l’unione fra l’amante e l’amato

E anzitutto con quale perfezione d’intelligenza trasporta la persona amata in colui che ama!

Con quale dolcezza e soavità l’una vive nel ricordo del secondo! Colui che ama, si sforza di sapere, non in maniera superficiale, ma fino all’intimo, ciò che riguarda la persona amata e di penetrare, per quanto gli è possibile, addentro nella sua vita!

Dopo viene la volontà.

Essa trasporta la persona amata nel soggetto che ama.

Quindi, le due persone, amante e amata, sono unite in una amorosa compiacenza, in una dolce e intima gioia procurata loro dal reciproco possesso.

Inoltre, colui che ama si trova nella persona amata anche per la sua conformità di desideri, di attrazioni e di ripugnanze, di gioie e di tristezze. Si direbbe che è propria una cosa sola con lui.

Poiché “l’amore è forte come la morte” (57), porta l’amante fuori di se stesso e fino nell’intimo dell’amato fortemente ve lo incatena.

L’anima è molto più presente là dove ama che non dove è principio di vita, perché essa è nella persona amata con la sua propria natura, con la ragione e la volontà, mentre nell’essere da essa vivificata è presente soltanto per dargli l’esistenza, ciò che accade anche negli animali (58).

 

Soltanto l’amore di Gesù Cristo può distoglierci da ciò che non è Lui

Bisogna dunque concludere che una cosa sola può distoglierci dagli oggetti esteriori, per ricondurci prima in noi stessi e in seguito nella divina intimità con Gesù Cristo. Essa è l’amore a Gesù e il desiderio delle sue soavità che ci permettono di sentire, comprendere e gustare la presenza della sua divinità.

La forza dell’amore è la sola capace di trasportare l’anima dalla terra alle altezze del cielo.

Nessuno può pervenire alla suprema beatitudine, se l’amore e il desiderio non gli danno le ali.

L’amore è la vita dell’anima, la sua veste nuziale, la sua perfezione (59).

“La legge, le profezie, i precetti del Signore dipendono da esso” (60). Per questo l’Apostolo diceva ai Romani: “Il compimento della legge è l’amore” (61) e nella prima Epistola a Timoteo: “Fine della legge è la carità” (62).

 

 

 

Papa Benedetto XVI:”Senza la preghiera e la carità la vita si affievolisce” Senza la preghiera quotidiana – ha ammonito il Pontefice – il nostro fare si svuota, si riduce spesso ad un semplice attivismo e alla fine lascia insoddisfatti».

mercoledì 25 aprile 2012

Nell’Udienza generale del mercoledì Il Papa ha ricordato l’indispensabilità per i cristiani del cammino spirituale e la necessità di realizzare la Parola di verità e carità!

Senza la preghiera quotidiana – ha ammonito il Pontefice – il nostro fare si svuota, si riduce spesso ad un semplice attivismo e alla fine lascia insoddisfatti».

Il Papa: Non dobbiamo perderci nell’attivismo puro, ma sempre lasciarci anche penetrare nella nostra attività dalla luce della Parola di Dio e così imparare la vera carità, il vero servizio per l’altro, che non ha bisogno di tante cose – ha bisogno certamente delle cose necessarie – ma ha bisogno soprattutto dell’affetto del nostro cuore, della luce di Dio

«Una vita frenetica e attività eccessive spesso finiscono per indurire il cuore e far soffrire lo spirito» e «produttività ed efficienza» non possono essere gli «unici criteri». Questo senza nulla togliere alla «importanza» del lavoro.

Lo ha detto il Papa, ampliando una riflessione di san Bernardo, nel corso dell’udienza generale, dedicata al brano degli Atti degli apostoli in cui la prima chiesa sceglie 7 persone per affidare loro il «ministero» della carità e permettere agli apostoli di dedicarsi «alla preghiera e all’annuncio della Parola».

Soprattutto per la Chiesa, l’attività non può essere l’unico criterio e va coltivata la dimensione spirituale. Il «lavoro» e l’opera di carità è importante, ha commentato papa Ratzinger, tanto che la Chiesa primitiva crea «un proprio ministero» per questo. Le «attività quotidiane vanno svolte con responsabilità e dedizione» ma non vanno disgiunte dal nostro «bisogno di Dio, della sua forza, della sua luce, che ci danno forza e speranza». «Senza la preghiera quotidiana – ha ammonito il Pontefice – il nostro fare si svuota, si riduce spesso ad un semplice attivismo e alla fine lascia insoddisfatti».

Benedetto XVI ha spiegato in questa chiave, alle oltre trentamila persone radunate in piazza San Pietro per l’udienza generale, anche il noto brano del Vangelo su Marta e Maria, le due sorelle dedite l’una alla contemplazione e l’altra al servizio.

In sostanza per Benedetto XVI «La Chiesa non deve solo annunciare la Parola, ma anche realizzare la Parola che è carità e verità». Come si evince dal profondo gesto compiuto dagli Apostoli di imporre le mani sui diaconi designati «dopo aver pregato»: questo fatto, ha spiegato, «è importante perchè evidenzia proprio la dimensione spirituale del gesto; non si tratta semplicemente di conferire un incarico come avviene in un’organizzazione sociale, ma è un evento ecclesiale in cui lo Spirito Santo si appropria di sette uomini scelti dalla Chiesa, consacrandoli nella Verità».

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