San Gregorio magno: “Colui che ama veramente Dio, ne osserva i comandamenti, e Dio entra nel suo cuore e vi rimane, perché l’amor di Dio riempie talmente il suo cuore, che al tempo della tentazione, non si muove” «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23)

Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23)

 

San Gregorio magno, Papa e Dottore della Chiesa:

Lo Spirito Santo stesso è amore. Perciò Giovanni dice: “Dio è amore” (1Gv 4,8). Chi con tutto il cuore cerca Dio, ha già colui che ama. E nessuno potrebbe amare Dio, se non possedesse colui che ama. Ma, ecco, se a uno di voi si domandasse se egli ami Dio, egli fiduciosamente e con sicurezza risponderebbe di sì. Però a principio della lettura avete sentito che la Verità dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14,23). La prova dell’amore è l’azione. Perciò Giovanni nella sua epistola dice: “Chi dice di amar Dio, ma non ne osserva i precetti, è bugiardo” (1Gv 4,20). Allora veramente amiamo Dio, quando restringiamo il nostro piacere a norma dei suoi comandamenti. Infatti chi corre ancora dietro a piaceri illeciti, non può dire d’amar Dio, alla cui volontà poi contraddice.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Pensate che festa, fratelli carissimi; avere in casa Dio! Certo, se venisse a casa vostra un ricco o un amico molto importante, voi vi affrettereste a pulir tutto, perché nulla ne turbi lo sguardo. Purifichi, dunque, le macchie delle opere, chi prepara a Dio la casa nella sua anima. Ma guardate meglio le parole: “Verremo e metteremo casa presso di lui”. In alcuni, cioè, Dio vi entra, ma non vi si ferma, perché questi, attraverso la compunzione, fanno posto a Dio, ma, al momento della tentazione, si dimenticano della loro compunzione, e tornano al peccato, come se non l’avessero mai detestato. Invece colui cha ama veramente Dio, ne osserva i comandamenti, e Dio entra nel suo cuore e vi rimane, perché l’amor di Dio riempie talmente il suo cuore, che al tempo della tentazione, non si muove. Questo, allora, ama davvero, poiché un piacere illecito non ne cambia la mente. Tanto più uno si allontana dall’amore celeste quanto più s’ingolfa nei piaceri terrestri. Perciò è detto ancora: “Chi non mi ama, non osserva i miei comandamenti”(Gv 14,24). Rientrate in voi stessi, fratelli; esaminate se veramente amate Dio, ma non credete a voi stessi, se non avete la prova delle azioni. Guardate se con la lingua, col pensiero, con le azioni amate davvero il Creatore. L’amor di Dio non è mai ozioso. Se c’è, fa cose grandi; se non ci sono le opere, non c’è amore.

“E le parole che avete udito, non son mie, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24). Sapete, fratelli, che chi parla è il Verbo del Padre, perché il Figlio è Verbo del Padre.

“Lo Spirito Santo Paraclito, che il Padre manderà nel mio nome, v’insegnerà tutto e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto” (Gv 14,26). Sapete quasi tutti che la parola greca Paraclito, significa avvocato o consolatore. E lo chiama avvocato, perché interviene presso il Padre in favore dei nostri delitti. Di questo stesso Spirito poi giustamente si dice: “V’insegnerà ogni cosa”, perché se lo Spirito non è vicino al cuore di chi ascolta, il discorso di chi insegna, non ha effetto.»

(da San Gregorio Magno, Papa, Omelie sui Vangeli, 30,1)

 

“La via del Signore si dirige al cuore quando si ascolta umilmente la predicazione della verità; la via del Signore si dirige al cuore, quando la vita si uniforma ai comandi di Dio. Per questo sta scritto: <<Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e verremo a lui e dimoreremo in lui>> (Gv 14,23).

Chiunque monta in superbia, chiunque arde del fuoco di avarizia, chiunque si macchia con le lordure della lussuria, chiude la porta del cuore dinanzi alla verità, pone i serrami dei vizi all’entrata dell’anima, per impedire l’ingresso del Signore.”

(San Gregorio Magno, Papa e Dottore della chiesa, Omelie sui vangeli, VII , pag. 90)

 

STUPENDA OMELIA -VI DOMENICA DI PASQUA-

di Padre Mariano Pellegrini (dei Francescani dell’ Immacolata)

 

“Dio ci ama a tal punto da voler rimanere sempre con noi. Egli non si disinteressa delle sue creature. Con la sua grazia, Egli entra nell’anima come il sole entra attraverso il vetro e illumina l’interno di una stanza. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo prendono dimora nel nostro cuore e noi, pertanto, diveniamo tempio della Santissima Trinità. Non c’è più distanza tra noi e Dio. Dio è in cielo e in terra, e anche nel nostro cuore, se accettiamo che Egli abiti dentro di noi, se noi lo amiamo. Gesù ce lo dice chiaramente nel Vangelo di oggi: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Questo ci insegna che non siamo mai soli, se veramente vogliamo amare Dio. La vita del cristiano è una vita di comunione con Colui che ci ha creati e ci ha redenti. Anzi, diciamo di più: quanto più ci sembra di essere soli, tanto più siamo vicini al nostro Dio. Egli non fa sentire la sua presenza del chiasso e nel frastuono, ma solamente nel silenzio e nella solitudine. Questa certezza ci deve spingere a cercare, nel corso della giornata, dei momenti da dedicare a questa presenza silenziosa e misteriosa. Quando preghiamo, chiudiamo la porta della nostra stanza, chiudiamo i nostri occhi, e pensiamo che Dio è dentro di noi. Parliamogli con grande familiarità e Lui ci ispirerà sempre qualche buon proposito. Sarà soprattutto nel momento della prova che sperimenteremo la sua presenza benefica: quanto più si sarà lontani dagli aiuti umani, tanto più saremo vicini all’aiuto divino.
Il fatto, purtroppo, è che, quando preghiamo, siamo molto distratti. La nostra preghiera si riduce a una ripetizione superficiale di parole, alle quali nemmeno pensiamo. Per pregare bene, dobbiamo pensare innanzitutto che Dio è presente in noi e dobbiamo porre attenzione al senso delle parole che pronunciamo. Allora, e solo allora, la nostra preghiera non rimarrà mai senza effetto: od otterrà quello che domandiamo, oppure ci procurerà qualcosa di ancora più grande.
Dio in me e io in Lui! Certo, con un Ospite così vivo e così grande, badiamo bene di non sfigurare. Pensiamo spesso che Dio ci vede, che Dio è nel nostro cuore. Pertanto non dobbiamo offendere questa presenza in noi con il peccato. C’è, infatti, una condizione affinché Dio dimori in noi: dobbiamo amarlo. E lo ameremo veramente solo se osserveremo la sua parola, oppure, se non lo abbiamo fatto per il passato, se ci impegneremo ad osservarla. Anche queste sono parole di Gesù: «Chi non mi ama, non osserva le mie parole» (Gv 14,24). Se si ama veramente Dio, non costerà fatica fare la sua Volontà, osservare i suoi Comandamenti d’amore. Solo se faremo così, godremo della pace che Gesù è venuto a portare su questa terra. Altrimenti, nei nostri cuori, nelle nostre famiglie e nella società umana, vi sarà sempre guerra e divisione.
Il Vangelo di oggi ci parla inoltre del Paraclito, ovvero dello Spirito Santo. Paraclito significa Consolatore. Egli consola i nostri cuori nelle prove della vita e ci fa assaporare, nel segreto della preghiera, quella che sarà la gioia senza fine del Paradiso. Lo Spirito Santo è il santificatore della nostra anima. Il Padre lo ha inviato su questa terra nel giorno di Pentecoste. Nel brano del Vangelo di oggi, Gesù dice che il Paraclito ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto ciò che Gesù ha insegnato (cf Gv 14,26).
Bisogna dunque pregarlo. Ci avviciniamo ormai alla sua festa. Proponiamoci fin d’ora di invocare la sua discesa nei nostri cuori, affinché Egli ci arricchisca con i suoi Sette Doni e ci faccia comprendere sempre di più le parole di Gesù.”

Pseudo-Macario (San Macario il Grande) : Con un cuore umile e povero “Il Peccato, la Grazia e il Libero Arbitrio”

 

PSEUDO-MACARIO (SAN MACARIO IL GRANDE) : CON UN CUORE UMILE E POVERO “IL PECCATO, LA GRAZIA E IL LIBERO ARBITRIO”

1. Il vaso prezioso dell’anima si trova a grande profondità, come è detto da qualche parte: Egli scruta l’abisso e il cuore. Quando l’uomo infatti si fu allontanato dal comandamento e si trovò sotto una sentenza di collera, il peccato lo ridusse in suo potere, e il peccato è come un abisso di amarezza, sottile e profondo; penetrato nell’uomo, prese possesso dei pascoli dell’anima fin nei più profondi recessi. Potremmo paragonare l’anima e il peccato unito ad essa a un albero enorme dai molti rami, le cui radici sono immerse nelle profondità della terra; allo stesso modo il peccato, penetrando nell’anima, ne ha occupato i più profondi recessi, è diventato abitudine e predisposizione, è cresciuto con ciascuno dall’infanzia sviluppandosi con lui e insegnandogli il male.

2. Quando l’energia della grazia divina ricopre l’anima nella misura della fede di ciascuno e questa accoglie l’aiuto dall’alto, la grazia ricopre l’anima ancora parzialmente. Nessuno pensi che tutta l’anima sia illuminata. Dentro di essa resta ancora molto spazio per il peccato e sono necessarie all’uomo molta pena e fatica per accordarsi alla grazia che ha ricevuto. Per questo motivo la grazia divina iniziò a visitare l’anima parzialmente, pur potendo purificare l’uomo e portare a compimento la sua opera in un istante; fa così per mettere alla prova la libera volontà dell’uomo e vedere se mantiene integro l’amore di Dio e in nulla si unisce al malvagio, ma consegna tutto se stesso alla grazia. E così l’anima, che nel tempo ha dato buona prova di sé e non ha contristato in nulla la grazia, né le ha arrecato offesa, a poco a poco riceve aiuto. E la grazia stessa prende posto nell’anima e si radica nelle regioni e nei pensieri più profondi quando l’anima offre molteplici e buone prove e corrisponde alla grazia, finché viene tutta avvolta dalla grazia celeste che finalmente regna in essa.

3. Ma se uno non possiede una grande umiltà, viene consegnato a Satana e spogliato della grazia divina venuta a lui, e subisce la prova di numerose tribolazioni, e allora appare manifesta la sua presunzione perché egli resta ignudo e miserabile. Chi è ricco della grazia di Dio deve custodirsi in grande umiltà e contrizione di cuore e ritenersi un povero, uno che nulla possiede. Ciò che ha, infatti, non gli appartiene, un altro glielo ha dato e, quando vuole, glielo toglie. Chi si umilia in questo modo davanti a Dio e agli uomini può custodire la grazia che gli è stata data, come dice il Signore: Chi si umilia sarà innalzato. Anche se è un eletto di Dio, si consideri riprovato e, pur essendo fedele, si reputi indegno. Tali anime infatti sono gradite a Dio e sono vivificate nel Cristo, al quale è gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Sforzati dunque di piacere al Signore attendendolo sempre dentro di te (…). E vedi come viene a te e stabilisce la sua dimora presso di te. Quanto più unifichi il tuo cuore per la ricerca di lui, tanto più egli è costretto dalla sua compassione e dalla sua bontà a venire a te e a riposare in te. Egli sta a guardare il tuo cuore, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti (…).

 
(Tratto da PSEUDO-MACARIO, Spirito e fuoco, ed. Qiqaion a cui si rimanda vivamente per l’approfondimento)

 

 

Pseudo Macario, Consigli spirituali:

“Il Cristianesimo è cibo e bevanda; quanto più uno se ne nutre, tanto più dalla sua dolcezza la mente è attratta trovandosene sempre insaziabilmente bisognosa. In verità lo Spirito è cibo e bevanda che mai dà sazietà.

Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti Il volto, cosicchè quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae: ma se il re è girato dalla parte opposta, il pittore non può compiere l’opera sua, perchè il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati. Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà in se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinchè nel nostro intimo si imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.”

(Pseudo Macario, Consigli spirituali)

 

« La sua casa siamo noi » (Eb 3, 6)

Il Signore si stabilisce in un’anima fervente. Fa di essa il suo trono di gloria, vi si siede e vi dimora… Come la casa abitata dal suo padrone è tutta grazia, ordine e bellezza, così l’anima con la quale e nella quale il Signore dimora è tutta ordine e bellezza. Possiede il Signore e tutti i suoi tesori spirituali. Egli ne è l’abitante, ne è il capo.

Invece, orrenda è la casa il cui padrone è assente, il cui Signore è lontano ! Va in rovina, crolla, si riempie di sozzure e di disordine. Diventa, secondo la parola del profeta, un covo di serpenti e di demoni (Is 34, 14). La casa abbandonata si riempie di gatti, di cani, di immondizie. Com’è infelice quell’anima che non può rialzarsi dalla sua caduta funesta, che si lascia trascinare e giunge ad odiare il suo sposo e strappare i suoi pensieri da Gesù Cristo !

Ma quando il Signore la vede raccogliersi e cercare giorno e notte il suo Signore, gridare verso di lui com’egli stesso la invita : « Pregate sempre, senza stancarvi », allora « Dio le farà giustizia » (Lc 18, 1.7) – l’ha promesso – e la purificherà da ogni cattiveria. La farà sua sposa « senza macchia, né ruga » (Ef 5, 27). Credi nella sua promessa ; è verità. Guarda se la tua anima ha già trovato la luce che rischiarerà i suoi passi e il Signore che è suo cibo e bevanda. Queste cose ti mancano ancora ? Cercale giorno e notte, le troverai.

(Pseudo-Macario,Omelia 33 ; PG 34, 741-743)

Rivelazioni di Gesù Cristo a Santa Brigida: “Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

 

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazienza, affinché l’umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, perché l’umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l’esempio. Ho dato all’uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l’uomo, perciò, deve lodarmi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l’ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri della carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compassione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidassero l’unità divina e la concordia. Se ho dato all’uomo il riposo del corpo, l’ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l’anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

«Ho dato all’uomo il libero arbitrio, affinché abbandonasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l’affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemente buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall’uomo, o per metterlo alla prova, o ancora per l’utilità degli animali e affinché l’uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccelle in felicità. Ma, poiché l’uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole. La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l’amore dell’obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici – considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensando a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la perversità che anima il mondo -, chiedono con maggior decisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con sufficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tuttavia raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimettono la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribolazioni e, sebbene al momento essi non capiscano completamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V, 1, Interrogazione 6

 

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendole: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri vari e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «È questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che svariati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tuttavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da corona per l’anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell’astinenza e nella presunzione della grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, ebbene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c’è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente.

Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all’uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infatti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l’insensibilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di meritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di compiere il male, perché fai anche del bene; quand’anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commessi, né soddisfare Dio, l’amore che nutre nei tuoi confronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si insinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedire loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza cadere, permane nella virtù dell’unico Dio.

Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano abbandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: essi, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi vedere in quest’anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acuito con la consuetudine, fidando in qualche buona azione compiuta, senza considerare che io giudico ogni minima cosa; così l’anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto approssimarsi il Giudizio e la fine dell’esistenza. Per questo, al volgere della vita, d’un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall’altra sapeva che Dio soffriva e che l’avrebbe attesa sino all’ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abbandonare la volontà libertina che la spingeva a commettere il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l’anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato secondo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l’anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l’anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

 

Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quando la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell’influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spirito Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco».

 

Disposizione interiore dell’anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l’anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l’anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l’intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte preziosa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell’intelligenza. Altri ancora hanno l’intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece sono fiorenti nell’anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l’intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo protegge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l’uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva.

Allo stesso modo l’anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ardente come un cuore acceso, in modo che essa non desideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diversamente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta disposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secondo l’ordine della divina Provvidenza, con saggezza e utilità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contrizione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D’altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui progredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l’anima assapora nella carità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conseguenza, così come l’uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l’anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell’anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della divina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell’anima, essendo la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c’è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell’anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l’anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l’anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l’anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l’anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115

 

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l’uomo; ma questi abusa di ognuna di esse a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l’ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchiodato, flagellato e incoronato; l’altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi diedero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d’oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di peccare; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incoronano con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la dolorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credono uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l’intero mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale vedere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi indietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall’incomparabile amore che provo per l’uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed ella rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore riprese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi dovrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ricevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene?

Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la sedia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i desideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è contro l’ordine naturale delle cose essere sempre nella medesima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

(Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia)

 

Santa Maria Maddalena de’ Pazzi: “Vita vitale, dolce e amabile! O amore, vieni ad abitare dentro al mio petto. Accendimi tutta di te, sì che amar ti possa. Vieni amore. O amore, se tu ti riposi in quelli che cercano l’amore e l’onor tuo, che mai altro io cerco?”

Dagli Scritti di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi

 

«Jesu, dolce amore,

transformaci in Te

e transforma Te in noi,

acciò che così transformati

e uniti in Te

possiamo adempire

perfettamente

la volontà tua».

 

«Vita vitale, dolce e amabile! O amore, vieni ad abitare dentro al mio petto. Accendimi tutta di te, sì che amar ti possa. Vieni amore. O amore, se tu ti riposi in quelli che cercano l’amore e l’onor tuo, che mai altro io cerco? Perciò affretta il passo, e vieni amore!»

«Creati da Dio per amore e con amore, è per tale via che dobbiamo ritornare a lui […] O felice quell’anima che sta unita con te, Verbo, e che si pasce e nutrisce di te, Verbo, e non trova quiete e non si contenta se non in te, Verbo. Solo l’amore di te, Verbo, ci può far quieti, perché siam creati per amare e posseder te. Quanto più ti trovo, tanto più sono assetata di cercarti»

«Vedevo dal Costato di Gesù anzi nel Cuore, una grandissima fornace d’amore, che di continuo mandava saette e per questo essa era posta in razzi infocati nei cuori dei suoi eletti, e tanto era la grandezza e preziosità di quell’anima, e l’amore che Dio infondeva in lei e essa cooperando a esso amore, riamava Dio d’amor puro […] Vedevo lo Spirito Santo stare in continuo moto, per dire a nostro modo, non però che egli si movesse donde era; ma vedevo che esso continuamente mandava razzi, frecce e saette d’amor puro nei cuori delle creature»

“Vita vitale, dolce e amabile! O amore, vieni ad habitare dentro al mio petto. Accendimi tutta di te, sì che amar ti possa. Vieni amore. O amore, se tu ti riposi in quelli che cercano l’amore e l’honor tuo, che mai altro io cerco? Però affretta il passo, e vieni amore! Se tu, amore, ti riposi nel sen del Padre, e io fui ab eterno nella mente sua. Tu mi dirai che sei l’istesso Dio, e io son fatta a inmagine e similitudine tua. Se tu riposi ne’ vaselli puri, eccone uno che non ha mai desiderato altro che purità. Ti concedo, sì, che l’ho macchiata, e dico mia colpa; ma ricevo sì spesso il Sangue del Verbo che lieva via ogni macchia. Se tu habiti nelle spose sua, mi glorierò in questo, che lui mi chiamò e io udi’ la voce sua e li risposi. Lui mi sposò, e io stesi il dito; e però vieni, amore! Amore, tu di’ che ti cibi di Sangue; questo non te lo posso dare, ma ti offerirò quel del Verbo, e m’è testimonio il mio Christo chiovellato in croce che mi glorierei di lassarmi tagliare ogni hora mille volte a membro a membro per poter dare il mio sangue. E però vieni, amore. Amore, se io sapessi un’anima che totalmente possedessi amore, hor hora andrei a trovarla; ma perché non la so, chiamerò te, amore. Che intendi tu amore che io chiegga quando io chieggo di esser transformata in te? Ti chieggo che tu mi porti sopra le tua ale e mi congiunga a quel Verbo divino” (PRO II, 99-100).

“Mi pareva intendere ancor poi che l’Amore per tre cose univa con seco tanto strettamente l’anima: prima, perché essa era creata per amore; seconda, perché essa facci per quello che è creata, che è amar l’Amore; terza, perché essa in eterno ha a godere esso amore e inseparabilmente essere con seco unita. Et di questa unione, che tutte riescono in una, vedevo che nessuna, nessuna creatura ne può esser capace, ma solamente esso Dio e lo stesso Amore Unitivo, che è mezzo fra l’anima e Dio.”

“E questo è il nome di Jesu che è in cielo, in terra e ancora nell’inferno: in cielo è per gloria e per eternità; nell’inferno per giustitia e per potentia; et in terra per carità e per misericordia; et nella anima è ancora per purità e amore”

“Il morire a sé e perdersi in Dio è un sicuro impegno per l’eternità”

 

Santa Maria Maddalena de’ Pazzi

Parole di Gesù a Beata Alexandrina da Costa: «Voglio molte anime eucaristiche…Che mi invochino per gli infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che hanno un’ anima da salvare e un’eternità li aspetta tra breve»

Parole di Gesù a Beata Alexandrina da Costa:

 

«Figlia mia, la sofferenza, la Croce è la chiave del Cielo. Ho tanto sofferto per aprire il Cielo all’umanità e, per molti, inutilmente.

 Dicono: – Voglio godere, venni al mondo soltanto per questo, voglio soddisfare le Mie passioni.

 Dicono: – Non esiste l’inferno! – Io sono morto per loro e dicono che non Me lo avevano chiesto, e contro di Me pronunciano eresie e bestemmie. Per salvarli Io scelgo anime e metto sulle loro spalle la Croce e Mi assoggetto ad aiutarle. Felice l’anima che comprende il valore della sofferenza! La mia Croce è soave se è portata per amore Mio». (L p. 60)

 «Vengo a chiederti ciò che in nome mio venne a chiedere a Fatima la Mia Madre benedetta: penitenza, orazione, emendamento di vita. Dammi il tuo dolore, placa la giustizia di Mio Padre, ripara il Mio Divin Cuore. Lo esigono i peccati di lussuria, le iniquità degli sposi, delle anime pie a Me consacrate». (S p. 56)

 «La purezza, la castità è il fior fiore (delle virtù), è quello che Mi incanta di più. Poiché sei veramente pura, vengo alla tua purezza a chiedere riparazione per gli impuri e la riparazione per le famiglie.

 Quale dolore per me!

 Le famiglie profanano il grande Sacramento del Matrimonio. Peccano, e io a vederli peccare! Peccano alla mia Divina Presenza. Io volto le spalle, nascondo il mio volto. Non hanno vergogna di me, mi vergogno Io di loro. Riparami, riparami per tante anime folli, che, mostrandosi nude invitano al peccato, mi offendono gravemente». (S p. 331)

 «Io piango, Io piango, mia cara figlia per non poter aiutare di più i miei figli. Io li amo ed essi non mi amano; Io li voglio ed essi non Mi vogliono; voglio perdonare loro ed essi non vogliono il Mio perdono!».

 «Sono il tuo Maestro. Felice te se imparerai bene le mie lezioni e le metterai bene in pratica! Ho stabilito in te la Mia dimora. Sei un Tabernacolo non costruito da mani umane, ma da mani divine…

 …Cercami nei Miei Tabernacoli, così Mi consolerai molto; ma cercami (anche) dentro di te, nel Tabernacolo della tua anima che lo ho preparato per Mia abitazione. Là Mi troverai… lo desidero ansiosamente che tu impari le Mie lezioni, ed io ho molto da insegnarti, e tu hai molto da imparare affinché molti vengano ad imparare da te le stesse lezioni, calcando le stesse orme per seguire gli stessi cammini». (Lp.40)

 «Io voglio molte anime eucaristiche: io voglio anime, molte anime che stiano attorno ai Tabernacoli, che volino a Me come le rondinelle a stormo volano verso i loro nidi. (S p. 143, 48)

 Che mi chiedano tutto ciò che vorranno davanti a Me, nella Santissima Eucaristia: è da là che viene il rimedio per tutti i mali. Che mi invochino per gli infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che hanno un’ anima da salvare e un’eternità li aspetta tra breve». (L p. 84)

 

«O sposa cara, Io sono qui nel Tabernacolo del tuo cuore… Tu sei il Tabernacolo ove abito giorno e notte senza assentarmi. Tu sei l’ostia che con Me si immola, tu sei l’ostia con la quale le anime comunicano con me.  Tu vivi con Me nell’Eucaristia, vivi la Mia Vita. In questa immolazione continua, in questa unione indissolubile, in questa vita tanto mistica e Divina, le anime Mi ricevono attraverso te».

 «Vuoi consolarmi? Vuoi consolare il Santificatore della tua anima? Sai chi è? È il tuo Gesù! Va’ ai Tabernacoli! Va’ a praticare opere di Misericordia. Va’ a consolare i tristi. lo sono tanto triste! Sono tanto offeso! Va’ al tuo compito: soffrire, amare, riparare». (L p. 48)

 «Obbedienza al Papa, obbedienza alla Chiesa». (S p. 356)

 «Figlia Mia, non giudicarmi assente da te, perché mai ti abbandono. In te abita sempre la Santissima Trinità, credi nella Mia Presenza Sacramentale in te, perché mai, mai ti abbandono». (L p. 125)

 «Con il tuo dolore, figlia Mia! Soltanto con il dolore le anime rimangono attaccate alle fibre della tua anima e poi si lasceranno incendiare i cuori nel Mio Amore. Lascia che questi raggi delle Mie Piaghe Divine penetrino nelle tue piaghe nascoste, nelle tue piaghe mistiche. Lascia che il Mio balsamo le addolcisca, come anche le spine del tuo capo. Tu non vivi la vita del mondo, anche se sei nel mondo. Vivi la Mia Vita Divina…». (S p. 370)

 «Tieni nelle tue mani la Croce, stringila forte al cuore. L’umanità intera rimarrà dentro al Rosario. Parla alle anime, parla loro del Rosario e dell’Eucaristia. Rosario, Rosario, Rosario! Eucaristia, il Mio Corpo, il Mio Sangue! L’Eucaristia con le Mie vittime: ecco la salvezza del mondo…-».

 

«Che trionfo la tua entrata in Cielo! Le anime che salvasti col tuo martirio, strette al Rosario, alle perle innumerevoli delle tue virtù e all’ombra del tuo manto, canteranno, loderanno il Signore per averti creata. (S pp. 424, 443)

 Subito dopo la tua entrata in Cielo, andrai verso il Trono della Santissima Trinità, farai scendere rugiade fecondatrici, piogge di benedizioni e di grazie… Su quanti ti sono cari e su quanti invocheranno il tuo aiuto, lascio che tu mandi una pioggia di pietre preziose. Ti darò tutto quello che mi chiederai.

 Figlia Mia, dove sta scritto tutto quanto è Divino. In te impareranno ad amare, in te impareranno a soffrire, in te impareranno a conoscere come Io Mi comunico alle anime.

 lo vorrei, sposa cara, che la tua vita venisse diffusa, arrivando presto ai confini del mondo, come pioggia di belle rose cadute dal Cielo: quale pioggia di meraviglie, quale balsamo di salvezza per le anime».

Dal diario spirituale di Gabrielle Bossis, parla Gesù: «Un santo è un uomo come gli altri. Ma si è svuotato di sé e ha invitato lo Spirito a prendere il suo posto. Ed è lo Spirito che è santo».

Da: “LUI e io” antologia del diario spirituale di Gabrielle Bossis

 

Parla Gesù:

20 dicembre 1948 – «Un santo è un uomo come gli altri. Ma si è svuotato di sé e ha invitato lo Spirito a prendere il suo posto. Ed è lo Spirito che è santo».

22 gennaio 1948 – «Io sono il Dio di tutti i momenti della tua vita perché sono l’anima della tua anima».

Dopo la Comunione. «Cerca di evitare le più piccole colpe. Questo è il tuo lavoro, perché sei chiamata alla santità, e la santità è l’assenza di ogni macchia volontaria. Lavoro d’amore, d’amore, capisci?».

«Sii crocifissa con me. Essere crocifissi è venire lacerati contro la propria natura, contro i propri desideri, contro l’amore di sé. Nella povertà, nell’oscurità, nell’obbedienza al Padre. Ricordati che la crocifissione è il preludio della Risurrezione, cioè di tutte le gioie».

18 aprile 1937 – In un teatro. «Perché mi parli come se Io fossi molto lontano? Io sono vicinissimo… nel tuo cuore».

10 agosto 1937 – Lione. «Per esser santa, bisogna innanzi tutto voler esser santa. Voi nascete solo per la santità».

 

“Il diario spirituale di Gabrielle Bossis inviterà i lettori ad entrare nell’intimità del Signore che parla a coloro che sanno ascoltare” (Giovanni Paolo II)

L’antologia del diario è scaricabile dal seguente Linkhttp://www.bylov.it/bossis/Diario_Lui_e_io_garamond12.pdf

Sant’Agostino: Ma che cosa amo amando Te? amo una certa luce, una voce, un profumo, un cibo e un amplesso che sono la luce la voce, il profumo, il cibo, l’amplesso dell’ uomo interiore che è in me”

 

… ma che cosa amo amando Te?

 

Non una bellezza corporea

né una grazia transitoria,

non lo splendore di una luce così cara a questi occhi,

non dolci melodie di canti d’ ogni specie,

non soave profumo di fiori, di unguenti, di aromi,

non manna né miele,

non membra invitanti ad amplessi carnali.

Non coteste cose amo io,

amando il mio Dio.

 

E tuttavia nell’ amare Lui

amo una certa luce,

una voce, un profumo, un cibo e un amplesso

che sono la luce la voce, il profumo, il cibo,

 l’ amplesso dell’ uomo interiore che è in me,

dove splende alla mia anima

una luce che nessun fluire di secoli può portar via,

dove si espande un profumo

che nessuna ventata può disperdere,

dove si gusta un sapore

che nessuna voracità può sminuire,

dove si intreccia un rapporto

che nessuna sazietà può spezzare.

 

Tutto questo io amo quando amo il mio Dio …

 

Sant’Agostino, Le Confessioni

Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein): “Ti salutiamo, Croce santa, nostra unica speranza!” “Egli ha versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore”

 

“Ave Crux, Spes unica” “Ti salutiamo, Croce santa, nostra unica speranza!”

 

Così la Chiesa ci fa dire nel tempo di passione dedicato alla contemplazione delle amare sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo. Il mondo è in fiamme: la lotta tra Cristo e anticristo si è accanita apertamente, perciò se ti decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita.

 

Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di Croce. Egli venne nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre. Se vuoi essere la sposa del Crocifisso devi rinunciare totalmente alla tua volontà e non avere altra aspirazione che quella di adempiere la volontà di Dio.

 

Di fronte a te il Redentore pende dalla Croce spogliato e nudo, perché ha scelto la povertà. Chi vuole seguirlo deve rinunciare ad ogni possesso terreno. Stai davanti al Signore che pende dalla Croce con il cuore squarciato: Egli ha versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore. Per poterlo seguire in santa castità, il tuo cuore dev’essere libero da ogni aspirazione terrena; Gesù Crocifisso dev’essere l’oggetto di ogni tua brama, di ogni tuo desiderio, di ogni tuo pensiero.

 

Il mondo è in fiamme: l’incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa, ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata. La Croce è la via che dalla terra conduce al cielo. Chi l’abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino al seno della Trinità.

 

Il mondo è in fiamme: desideri spegnerle? Contempla la Croce: dal Cuore aperto sgorga il sangue del Redentore, sangue capace di spegnere anche le fiamme dell’inferno. Attraverso la fedele osservanza dei voti rendi il tuo cuore libero e aperto; allora si potranno riversare in esso i flutti dell’amore divino, sì da farlo traboccare e renderlo fecondo fino ai confini della terra.

 

Attraverso la potenza della Croce puoi essere presente su tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti rende capace di spargere ovunque il suo preziosissimo sangue per lenire, salvare, redimere.

 

Gli occhi del Crocifisso ti fissano interrogandoti, interpellandoti. Vuoi stringere di nuovo con ogni serietà l’alleanza con Lui? Quale sarà la tua risposta? “Signore, dove andare? Tu solo hai parole di vita”. Ave Crux, spes unica!

 

Dagli scritti spirituali di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, Vita, Dottrina, Testi inediti. Roma, pp. 127-130.)

Sant’Alberto Magno: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19). “Anzitutto l’Eucaristia é utile per la remissione dei peccati per chi é spiritualmente morto, utilissima poi all’aumento della grazia per chi é spiritualmente vivo”

 

«Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19). L’eucaristia

 

«Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19). Qui sono da sottolineare due cose. La prima é il comando di usare di questo sacramento, quando dice: «Fate questo». La seconda poi é che esso sia il memoriale del Signore che va alla morte per noi. Dice dunque: «Fate questo». Non si poteva infatti comandare nulla di più, nulla di più dolce, nulla di più salutare, nulla di più amabile, nulla di più somigliante alla vita eterna. Cerchiamo di considerare una per una tutte queste qualità.

Anzitutto l’Eucaristia é utile per la remissione dei peccati per chi é spiritualmente morto, utilissima poi all’aumento della grazia per chi é spiritualmente vivo. Il salvatore delle nostre anime ci istruisce su ciò che é utile per ricevere la sua santificazione.

Ora la sua santificazione consiste nel suo sacrificio, in quanto nell’oblazione sacramentale si offre per noi al Padre, e si offre a noi in comunione. «Per loro io consacro me stesso» (Gv 17, 19). Cristo, che per mezzo dello Spirito Santo offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente (cfr. Eb 9, 14). Niente noi possiamo fare di più dolce. Che cosa infatti vi potrebbe essere di più delizioso del sacramento che contiene tutte le delizie divine? «Dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, pieno di ogni delizia e gradito a ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; si adattava al guisto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava» (Sap 16, 20-21). Niente poteva essere comandato di più salutare.

Questo sacramento infatti é il frutto del legno della vita. Se qualcuno lo riceve con devozione e fede sincera, non gusterà la morte in eterno. «E’ un albero di vita per chi ad essa di attiene, e chi ad essa si stringe é beato» (Pro 3, 18); «Colui che mangia di me, vivrà per me» (Gv 6, 57). Niente ci poté essere comandato di più amabile. Questo infatti é il sacramento che crea l’amore e l’unione. E’ segno del massimo amore dare se stesso in cibo. «Non diceva forse la gente della mia tenda: A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?» (Gb 31, 31); quasi avesse detto: tanto ho amato loro ed essi me, che io volevo trovarmi dentro di loro ed essi ricevermi in sé, di modo che, incorporati a me, diventassero mie membra. Non potevano infatti unirsi più intimamente e più naturalmente a me, né io a loro.

Niente infine ci poteva essere comandato di più connaturale alla vita eterna. Infatti la vita eterna esiste e dura perché Dio si comunica con tutta la sua felicità ai santi che vivono nella condizione di beati.

 

Dal «Commento sul vangelo di Luca» di Sant’Alberto Magno, vescovo

Sant’Antonio Maria Claret: «L’amore di Cristo ci spinge»

 

«L’amore di Cristo ci spinge» (2 Cor 5, 14).

 

La carità di Cristo ci sprona, ci spinge a correre e a volare, portati sulle ali di un santo zelo. Chi ama davvero, ama Dio e il prossimo. Chi é davvero zelante é anche amante, ma in un grado più alto, secondo il grado dell’amore; di modo che quanto più arde d’amore, tanto più é spinto dallo zelo. Se qualcuno non ha zelo, questo sta a testimoniare che nel suo cuore l’amore e la carità sono spenti. Chi é zelante, brama e compie cose sublimi e lavora perché Dio sia sempre più conosciuto, amato e servito in questa e nell’altra vita.

Questo santo amore, infatti non ha fine. La stessa cosa fa con il prossimo. Desidera e procura sollecitamente che tutti siano contenti su questa terra e felici e beati nella patria celeste; che tutti si salvino, che nessuno si perda per l’eternità, né offenda Dio e resti, sia pure un istante, nel peccato. Così fecero i santi apostoli e tutti quelli che furono mossi da spirito apostolico.

Io dico a me stesso: Il figlio del Cuore immacolato di Maria é una persona che arde di carità e dovunque passa brucia. Desidera effettivamente e si dà da fare con tutte le forze per infiammare gli uomini con il fuoco dell’amor divino. Non si lascia distogliere da nulla, gode delle privazioni, affronta le fatiche, abbraccia i travagli, si rallegra delle calunnie, é felice nei tormenti. A null’altro pensa se non come seguire Gesù Cristo e imitarlo nella preghiera, nella fatica, nella sopportazione e nel cercare sempre e solo la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

(L’Egoismo vinto, Roma 1869, 60).L’amore di Cristo ci spinge.

Dalle «Opere» di Sant’Antonio Maria Claret, vescovo