“Dal Dialogo della divina Provvidenza: le rivelazioni di Dio Padre a Santa Caterina da Siena”
SULL’INCARNAZIONE DEL VERBO
– IL PECCATO, LA GRAZIA E IL LIBERO ARBITRIO, LA GIUSTIZIA E MISERICORDIA DI DIO –
PARLA DIO PADRE:
“E però donai il Verbo de l’unigenito mio Figlio, perché la massa de l’umana generazione era corrotta per lo peccato del primo uomo Adam; e però tutti voi, vaselli fatti di questa massa, eravate corrotti e non disposti ad avere vita eterna. Così per questo Io, altezza, unii me con la bassezza della vostra umanità, per rimediare alla corruzione e morte dell’umana generazione e per restituirla a grazia, la quale per lo peccato perdette. (1Gv 4,9-10) Non potendo Io sostenere pena, e della colpa voleva la divina mia giustizia che n’uscisse la pena, e non essendo sufficiente pur uomo a soddisfare – che se egli avesse pure in alcuna cosa soddisfatto, non soddisfaceva altro che per sé e non per l’altre creature che hanno in loro ragione; benché di questa colpa né per sé né per altrui poteva egli soddisfare, perché la colpa era fatta contro a me, che sono infinita bontà – volendo Io pure restituire l’uomo, il quale era indebolito, e non poteva soddisfare per la cagione detta e perché era molto indebolito, mandai il Verbo del mio Figlio vestito di questa medesima natura che voi, massa corrotta d’Adam, affinché sostenesse pena in quella natura medesima che aveva offeso; e sostenendo sopra il corpo suo fino all’obrobiosa morte della croce, placasse l’ira mia.
E così satisfeci alla mia giustizia e saziai la divina mia misericordia, la quale misericordia volse soddisfare la colpa dell’uomo e disponerlo a quel bene per mezzo del quale Io l’avevo creato. Sì che la natura umana unita con la natura divina fu sufficiente a soddisfare per tutta l’umana generazione, non solo per la pena che sostenne nella natura finita, cioè della massa d’Adam, ma per la virtù della deità eterna, natura divina infinita. Unita l’una natura e l’altra, ricevetti e accettai lo sacrificio del sangue de l’unigenito mio Figlio, intriso e impastato con la natura divina col fuoco della divina mia carità, la quale fu quello legame che il tenne confitto e chiavellato in croce.
Or per questo modo fu sufficiente a soddisfare la colpa la natura umana, solo per virtù della natura divina.
Per questo modo fu tolta la colpa del peccato d’Adam, e rimase solo il segno, cioè l’inclinazione al peccato, e ogni difetto corporale, sì come la conseguenza che rimane quando l’uomo è guarito della piaga.
Cosí la colpa d’Adamo, la quale menò marcia mortale: venuto il grande medico de l’unigenito mio Figlio, curò questo infermo, bevendo la medicina amara, la quale l’uomo bere non poteva perché era molto indebolito (Mt 9,12 Lc 5,31). Lui fece come baglia che piglia la medicina in persona del fanciullo, perché ella è grande e forte ed il fanciullo non è forte per potere portare l’amarezza. Sì che egli fu baglia, portando con la grandezza e fortezza della deità, unita con la natura vostra, l’amara medicina della penosa morte della croce, per sanare e dar vita a voi, fanciulli indeboliti per la colpa. Solo lo segno rimase del peccato originale, il quale peccato contraete dal padre e dalla madre quando sete concepiti da loro. Il quale segno si toglie dell’anima, bene che non a tutto, e questo si fa nel santo battesimo, il quale battesimo ha virtù e dà vita di grazia in virtù di questo glorioso e prezioso sangue.
Subito che l’anima ha ricevuto lo santo battesimo l’è tolto il peccato originale, e l’è infusa la grazia. E l’inclinazione al peccato, che è la conseguenza che rimane del peccato originale, come detto è, indebolisce, ma può l’anima frenarlo se ella vuole.
Allora il vasello dell’anima è disposto a ricevere e aumentare in sé la grazia, assai e poco; secondo che piacerà a lei di voler disporre se medesima, con affetto e desiderio, ad amare e servire me. Così si può disporre al male come al bene, non ostante che egli abbi ricevuta la grazia nel santo battesimo. Così, venuto il tempo della discrezione, per lo libero arbitrio può usare il bene e il male secondo che piace alla volontà sua.
Ed è tanta la libertà che ha l’uomo, e tanto è fatto forte per la virtù di questo glorioso sangue, che né demonio né creatura lo può costringere a una minima colpa, più che egli si voglia. Tolta gli fu la servitudine e fatto libero, affinché signoreggiasse la sua propria sensualità e avesse il fine per il quale era stato creato.
O miserabile uomo, che si diletta nel loto come fa l’animale, e non riconosce tanto beneficio quanto ha ricevuto da me! Più non poteva ricevere la miserabile creatura piena di tanta ignoranza.
Voglio che tu sappi, figlia mia, che per la grazia che hanno ricevuta, avendoli ricreati nel sangue de l’unigenito mio Figlio, e restituita a grazia l’umana generazione sì come detto ti ho non riconoscendola ma andando sempre di male in peggio e di colpa in colpa, sempre perseguendomi con molte ingiurie e tenendo tanto a vile le grazie che Io gli ho fatte e fo che non tanto che essi se le reputino a grazia, ma i lo’ pare ricevere alcune volte da me ingiuria, né più né meno come se Io volesse altro che la loro santificazione – dico che lo’ sarà più duro, e degni saranno di maggiore punizione. E così saranno più puniti ora, poi che hanno ricevuta la redenzione del sangue del mio Figlio, che innanzi la redenzione, cioè innanzi che fusse tolta via la marcia del peccato d’Adam. (Jn 15,22) Cosa ragionevole è che chi più riceve più renda, e più sia tenuto a colui da cui egli riceve. Molto era tenuto l’uomo a me per l’essere che Io gli avevo dato creandolo ad immagine e similitudine mia. Era tenuto di rendermi gloria, ed egli me la tolse e volsela dare a sé; per la qual cosa trapassò l’obedienzia mia posta a lui e diventommi nimico; ed Io con l’umiltà distrussi la superbia sua, umiliandomi e pigliando la vostra umanità, cavandovi della servitudine del demonio, e fecivi liberi. E non tanto che Io vi dessi libertà, ma, se tu vedi bene, l’uomo è fatto Dio e Dio è fatto uomo per l’unione della natura divina nella natura umana.
Questo è uno debito il quale hanno ricevuto, cioè il tesoro del sangue dove essi sono ricreati a grazia. Sì che vedi quanto essi sono più obligati a rendere a me dopo la redenzione che innanzi la redenzione. Sono tenuti di rendere gloria e loda a me, seguendo le vestigia della Parola incarnata de l’unigenito mio Figlio, e allora mi rendono debito d’amore di me e carità del prossimo, con vere e reali virtù, sì come di sopra ti dissi. Non facendolo, perché molto mi debbono amare, cadono in maggiore offesa, e però Io, per divina mia giustizia, rendo loro più gravezza di pena, dando loro l’eterna dannazione. Così molto ha più pena uno falso cristiano che uno pagano, e più lo consuma il fuoco senza consumare, per divina giustizia, cioè affligge; e affliggendo si sentono consumare col verme (16v) della coscienza, e nondimeno non consuma, (Mc 9,47) perché i dannati non perdono l’essere per alcun tormento che ricevano. Così Io ti dico che essi dimandano la morte e non la possono avere, perché non possono perdere l’essere. Perderon l’essere della grazia per la colpa loro, ma l’essere no.
Sì che la colpa è molto più punita dopo la redenzione del sangue che prima, perché hanno più ricevuto; e non pare che se n’aveggano né si sentano dei mali loro. Essi mi sono fatti nimici, avendoli reconciliati col mezzo del sangue del mio Figlio.
Uno rimedio ci ha, col quale Io placarò l’ira mia, cioè col mezzo dei servi miei, se solliciti saranno di costringermi con la lagrima e legarmi col legame del desiderio. Tu vedi che con questo legame tu mi possiedi legato, il quale legame Io ti diei perché volevo fare misericordia al mondo. E però do Io fame e desiderio nei servi miei verso l’onore di me e salvezza delle anime affinché, costretto dalle lacrime loro, mitighi il furore della divina mia giustizia. (Oraz XII 166ss.) Tolle dunque le lacrime il sudore tuo, e trale della fontana della divina mia carità, tu e gli altri servi miei, e con esse lavate la faccia alla sposa mia, ché Io ti prometto che con questo mezzo le sarà renduta la bellezza sua. Non con coltello né con guerra nei con crudeltà riavarà la bellezza sua, ma con la pace e umili e continue orazioni, sudori e lacrime gittate con veemente desiderio, dei servi miei. (Let 272; § 86 , 2142ss.) E cosí adempirò il desiderio tuo con molto sostenere gittando lume la pazienza vostra nelle tenebre degl’iniqui uomini del mondo. E non temete perché il mondo vi perseguiti, ché Io sarò per voi, e in nessuna cosa vi mancarà la mia Provvidenza.”…..
“Allora Dio, come ebbro d’amore verso la salvezza nostra, teneva modo da accendere maggiore amore e dolore in quella anima in questo modo, mostrando con quanto amore aveva creato l’uomo, sì come di sopra alcuna cosa dicemmo, e diceva: – Or non vedi tu che ognuno mi percuote, (Is 50,6 Ps 101,5) e Io li ho creati con tanto fuoco d’amore, e dotatili di grazia, e molti quasi infiniti doni ho dato a loro per grazia e non per debito? Or vedi figlia, con quanti e diversi peccati essi mi percuotono, e specialmente col miserabile e abominevole amore proprio di loro medesimi, da cui procede ogni male.”…..
“Sappi che alcun può uscire delle mie mani, poiché Io sono colui che sono, (Ex 3,14) e voi non sete per voi medesimi, se non quanto siete fatti da me, il quale sono creatore di tutte le cose che participano essere, eccetto che del peccato che non è, e però non è fatto da me. E perché non è in me, non è degno d’essere amato. E però offende la creatura, perché ama quello che non debba amare, cioè il peccato, e odia me; ché è tenuta e obligata d’amarmi, ché sono sommamente buono e gli ho dato l’essere con tanto fuoco d’amore. Ma di me non possono uscire: o eglino ci stanno per giustizia, per le colpe loro, o eglino ci stanno per misericordia.
Apre dunque l’occhio dell’intelletto e mira nella mia mano, e vedrai ch’egli è la verità quello che Io ti ho detto. – Allora ella, levando l’occhio per obbedire al sommo Padre, vedeva nel pugno suo rinchiuso tutto l’universo mondo, dicendo Dio: – Figlia mia, or vedi e sappi che alcun me ne può essere tolto, poiché tutti ci stanno, o per giustizia o per misericordia (Tb 13,2 Sg 16,15) come detto è, poiché sono miei e creati da me, e amogli ineffabilmente. E però, non ostanti le iniquità loro, Io lo’ farò misericordia col mezzo dei servi miei, e adempirò la petizione tua, che con tanto amore e dolore me l’hai addimandata.”….
“E perché Io ti dissi che del Verbo de l’unigenito mio Figlio avevo fatto ponte, e così è la verità, voglio che sappiate, figli miei, che la strada si ruppe per lo peccato e disobbedienza di Adam, (Is 59,2) per sì fatto modo che alcun poteva arrivare a vita durabile, e non mi rendevano gloria per quel modo che dovevano, non participando quel bene per mezzo del quale Io gli avevo creati, e non avendolo non s’adempiva la mia verità.
Questa verità è che Io l’avevo creato ad imagine e similitudine mia perché egli avesse vita eterna, e participasse me e gustasse la somma ed eterna dolcezza e bontà mia. Per lo peccato suo non giungeva a questo termine, e non s’adempiva la verità mia; e questo era poiché la colpa aveva serrato il cielo e la porta della mia misericordia.
Questa colpa germinò spine e tribolazioni con molte molestie, la creatura trovò ribellione a se medesima: subito che l’uomo ebbe ribellato a me, esso medesimo si fu ribelle.
La carne ribellò subito contro lo spirito perdendo lo stato della innocenzia, e diventò animale immondo, e tutte le cose create le furono ribelle, dove in prima gli sarebbero state obbedienti se egli si fosse conservato nello stato dove Io lo posi. Non conservandosi, trapassò l’obedienzia mia e meritò morte eternale ne l’anima e nel corpo. (Gn 1,28 Gn 3,17-19) E corse, di subito che ebbe peccato, un fiume tempesto che sempre lo percuote con l’onde sue, portando fatiche e molestie da sé e molestie dal demonio e dal mondo. Tutti annegavate, poiché alcun, con tutte le sue giustizie, non poteva arrivare a vita eterna.
E però Io, volendo rimediare a tanti vostri mali, vi ho dato il ponte del mio Figlio, affinché passando il fiume non annegaste; il qual fiume è questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita.
Vedi quanto è tenuta la creatura a me, e quanto è ignorante a volersi pure annegare e non pigliare il rimedio che Io gli ho dato.
Apre l’occhio dell’intelletto tuo e vedrai gli accecati e ignoranti; e vedrai gl’imperfetti, e perfetti che in verità seguono me, affinché tu ti doglia della dannazione degli ignoranti, e rallegrati della perfezione dei diletti figli miei. Ancora vedrai che modo tengono quelli che vanno a lume e quelli che vanno a tenebre.
Ma innanzi voglio che riguardi il ponte de l’unigenito mio Figlio, e vedi la grandezza sua che tiene dal cielo alla terra; cioè riguarda che è unita con la grandezza della deità la terra della vostra umanità. E però dico che tiene dal cielo alla terra: cioè per l’unione che Io ho fatto nell’uomo. Questo fu di necessità a volere rifare la via che era interrotta, sì come Io ti dissi, affinché giungeste a vita e passaste l’amarezza del mondo. Pure di terra non si poteva fare di tanta grandezza che fosse sufficiente a passare il fiume e darvi vita eterna; cioè che pure la terra della natura dell’uomo non era sufficiente a soddisfare la colpa e togliere via la marcia del peccato d’Adam, la quale marcia corruppe tutta l’umana generazione e trasse puzza da lei, sì come di sopra ti dissi. Convennesi dunque unire con l’altezza della natura mia, Deità eterna, affinché fusse sufficiente a soddisfare a tutta l’umana generazione: la natura umana sostenesse la pena, e la natura divina unita con essa natura umana accettasse il sacrificio del mio Figlio offerto a me per voi, per togliervi la morte e darvi la vita.
Sì che l’altezza s’umiliò alla terra della vostra umanità, e unita l’una con l’altra se ne fece ponte e rifece la strada. Perché si fece via? Affinché in verità veniste a godere con la natura angelica. E non basterebbe a voi, ad avere la vita, perché il Figlio mio vi sia fatto ponte, se voi non passaste per esso.
(Parla Santa Caterina) Qui mostrava, la Verità eterna, che egli ci aveva creati senza noi, ma non ci salverà senza noi. Ma vuole che noi ci mettiamo la volontà libera, col libero arbitrio esercitando il tempo con le vere virtù. E però soggiunse, a mano a mano, dicendo:
“Tutti vi conviene passare per questo ponte, cercando la gloria e loda del nome mio nella salvezza delle anime, con pena sostenendo le molte fatiche, seguendo le vestigia di questo dolce e amoroso Verbo: in altro modo non potreste venire a me.
Voi siete miei lavoratori, ché vi ho messi a lavorare nella vigna della santa Chiesa. (Mt 20,1-16) Voi lavorate nel corpo universale della religione cristiana, messi da me per grazia, avendovi dato il lume del santo battesimo, il quale battesimo aveste nel corpo mistico della santa Chiesa per le mani dei ministri, i quali Io ho posto a lavorare con voi.
Voi sete nel corpo universale, ed essi sono nel corpo mistico, posti a pascere l’anime vostre ministrandovi il sangue nei sacramenti che ricevete da lei traendone essi le spine dei peccati mortali e piantandovi la grazia. Essi sono miei lavoratori nella vigna delle anime vostre, legati nella vigna della santa Chiesa.
Ogni creatura che ha in sé ragione ha la vigna per se medesima, cioè la vigna dell’anima sua, della quale la volontà, col libero arbitrio, nel tempo n’è fatto lavoratore, cioè mentre che egli vive. Ma poi che è passato il tempo nessuno lavorio può fare né buono né cattivo; ma mentre che egli vive può lavorare la vigna sua, nella quale Io l’ho posto. E ha ricevuto tanta fortezza questo lavoratore dell’anima, che né demonio né altra creatura glielo può togliere se egli non vuole; poiché ricevendo il santo battesimo si fortificò, § 14 ,116-120; § 14 ,130-133) e fugli dato uno coltello d’amore di virtù e odio del peccato.
Il quale amore e odio trova nel sangue, poiché per amore di voi e odio del peccato morì l’unigenito mio Figlio dandovi il sangue, per lo qual sangue aveste vita nel santo battesimo. § 75 ; § 115 ,484-5) Sì che avete il coltello, il quale dovete usare col libero arbitrio, mentre che avete il tempo, per divellere le spine dei peccati mortali e piantare le virtù. Poiché in altro modo da essi lavoratori che Io ho posto nella santa Chiesa, dei quali ti dissi che toglievano il peccato mortale della vigna dell’anima e davano la grazia ministrandovi il sangue nei sacramenti che ordinati sono nella santa Chiesa, non ricevereste il frutto del sangue.
Conviensi dunque che prima vi leviate con la contrizione del cuore, pentimento del peccato e amore della virtù e allora riceverete il frutto d’esso sangue. Ma in altro modo non lo potreste ricevere, non disponendovi dalla parte vostra come tralci uniti nella vite de l’unigenito mio Figlio, il quale disse: «Io sono vite vera e voi siete tralci, e il Padre mio è il lavoratore». (Gv 15,1) E così è la verità, che Io sono il lavoratore, poiché ogni cosa che ha essere è uscito ed esce di me. La potenza mia è inestimabile, e con la mia potenza e virtù governo tutto l’universo mondo: nessuna cosa è fatta o governata senza me. Sì che Io sono il lavoratore che piantai la vite vera de l’unigenito mio Figlio nella terra della vostra umanità, affinché voi, tralci, uniti con la vite, faceste frutto.
E però chi non farà frutto di sante e buone opere sarà tagliato da questa vite e seccarassi. § 11 ,630ss.) Poiché, separato da essa vite, perde la vita della grazia ed è messo nel fuoco eternale, sì come il tralcio che non fa frutto, che è tagliato subito dalla vite ed è messo nel fuoco, perché non è buono ad altro. (Gv 15,6) Or così questi cotali tagliati per l’offese loro, morendo nella colpa del peccato mortale, la divina giustizia, non essendo buoni ad altro, gli mette nel fuoco il quale dura eternamente.
Costoro non hanno lavorata la vigna loro, anco l’hanno disfatta, la loro e l’altrui: non solo che ci abbiano messa qualche pianta buona di virtù ma essi n’hanno (20v) tratto il seme della grazia, il quale avevano ricevuto nel lume del santo battesimo partecipando il sangue del mio Figlio, il quale fu il vino che vi porse questa vite vera. Ma essi ne l’hanno tratto, questo seme, e dato da mangiare agli animali, cioè a diversi e molti peccati, e messolo sotto ai piedi del disordinato affetto. (Lc 8,6 Lc 8,12) Col quale affetto hanno offeso me e fatto danno a loro e al prossimo.
Ma i servi miei non fanno così, e così dovete fare voi, cioè essere uniti e innestati in questa vite, e allora riporterete molto frutto perché parteciparete de l’umore di questa vite; (Rm 11,17; OrazX) e stando nel Verbo del mio Figlio state in me perché Io sono una cosa con lui ed egli con me. (Jn 10,30) Stando in lui seguiterete la dottrina sua; seguendo la sua dottrina partecipate della sustanzia di questo Verbo, cioè partecipate della deità eterna unita nell’umanità, traendone voi un amore divino dove l’anima s’inebria. E però ti dissi che partecipate della sustanzia della vite.
Sai che modo Io tengo, poi che i servi miei sono uniti in seguire la dottrina del dolce e amoroso Verbo? Io li poto, affinché facciano molto frutto, e il frutto loro sia provato e non insalvatichisca. Sì come il tralcio che sta nella vite, che il lavoratore lo pota perché facci migliore vino e più, e quello che non fa frutto taglia e mette nel fuoco, e così fo Io, lavoratore vero. I servi miei, che stanno in me, Io li poto con le molte tribolazioni, affinché facciano piú frutto e migliore, e sia provata in loro la virtù. (Gv 15,2; § 145 , 1345) E quegli che non fanno frutto sono tagliati e messi nel fuoco, come detto ti ho.
Questi cotali sono lavoratori veri, e lavorano bene l’anima loro, traendone ogni amore proprio, rivoltando la terra dell’affetto loro in me. E nutrono e crescono il seme della grazia, il quale ebbero nel santo battesimo. Lavorando la loro, lavorano quella del prossimo, e non possono lavorare l’una senza l’altra.
E già sai che Io ti dissi che ogni male si faceva col mezzo del prossimo e ogni bene. Sì che voi siete miei lavoratori esciti di me, sommo ed eterno lavoratore, il quale vi ho uniti e innestati nella vite per l’unione che Io ho fatto con voi.
Tiene a mente che tutte le creature che hanno in loro ragione hanno la vigna loro di per sé, la quale è unita senza alcun mezzo col prossimo loro, cioè l’uno con l’altro; e sono tanto uniti, che nessuno può fare bene a sé che non facci al prossimo suo, né male che non lo facci a lui.
Di tutti quanti voi è fatta una vigna universale, cioè di tutta la congregazione cristiana, i quali sete uniti nella vigna del corpo mistico della santa Chiesa, così traete la vita. Nella quale vigna è piantata questa vite de l’unigenito mio Figlio, in cui dovete essere innestati. Non essendo voi innestati in lui, sete subito ribelli alla santa Chiesa e sete come membri tagliati dal corpo, che subito imputridisce.
E’ vero che, mentre che avete il tempo, vi potete levare dalla puzza del peccato col vero pentimento e ricorrere ai miei ministri, i quali sono lavoratori che tengono le chiavi del vino, cioè del sangue, uscito di questa vite; il quale sangue è sì fatto e di tanta perfezione, che per alcun difetto del ministro non vi può essere tolto il frutto d’esso sangue. Il legame della carità è quello che li lega con vera umiltà, acquistata nel conoscimento di sé e di me. Sì che vedi che tutti vi ho messi per lavoratori. Ed ora di nuovo v’invito, perché il mondo già viene meno, tanto sono multiplicate le spine che hanno affogato il seme, (Lc 8,7) in tanto che nessuno frutto di grazia vogliono fare.
Voglio dunque che siate lavoratori veri, che con molta sollicitudine aiutiate a lavorare l’anime nel corpo mistico della santa Chiesa. A questo vi scelgo, perché Io voglio fare misericordia al mondo, per mezzo del quale tu tanto mi preghi”
(dal “Dialogo della divina Provvidenza” di Santa Caterina da Siena”)