“IL PECCATO – IL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE – IL PERDONO, LA PENITENZA E L’ESPIAZIONE DEI PECCATI” Beato Fulton J. Sheen

IL PECCATO – IL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE – IL PERDONO, LA PENITENZA E L’ESPIAZIONE DEI PECCATI

Gesù alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». (Giovanni 20,23).

Amici, credo sia conveniente avvertire i faciloni che negano l’esistenza di quella cosa che si chiama peccato, che proprio il peccato sarà il tema della trasmissione odierna. Non è vero ciò che dicono questi “santi innocenti” e cioè che chi crede nel peccato sia affetto da un complesso di colpevolezza, tanto varrebbe dire una persona malata affetta da un complesso medico o una massaia dalla dispensa vuota affetta da un complesso di magazzino alimentari all’ingrosso.

Il fatto è che i peccatori peccano. Vi sono due modi per conoscere il peccato: coloro che hanno fede conoscono il peccato nelle sue cause; quelli che non hanno fede lo conoscono nei suoi effetti.

Per coloro che conoscendo Dio cercano di amarlo, il peccato è conosciuto nelle sue cause, cioè consiste nella rottura dei rapporti dell’amore. Le più grandi tragedie della vita derivano dal male fatto alle persone amate. E poiché Dio è supremo Amore, il peccato è sentito come l’assenza completa dell’Amore. Chi non ricorda di essere stato allontanato, nei giorni dell’infanzia, dal babbo o dalla mamma con un: “Vattene, non sei più il mio bambino!”. Il cuore piccino era spezzato dal dolore, il mondo pareva dissolversi di fronte all’esclusione delle manifestazioni affettuose e tenere delle persone amate. Un membro della Chiesa, del Corpo Mistico di Cristo, sente nello stesso modo quando è separato da quell’Amore di cui non si può fare a meno, una volta che si sia gustato: resta miserabile ed infelice finché non si è ristabilita la comunione degli affetti.

Quelli, invece, che non hanno fede e che negano la legge morale, conoscono il peccato dai suoi effetti. Il senso della colpevolezza, il rimorso, non si manifesta solo nel corpo, ma soprattutto nella mente, in varie forme di psicosi neurotica, segni certi della coscienza di aver peccato, di essere in colpa. Essi negano la realtà del peccato, ma non possono negare la realtà dei suoi effetti: io posso negare la legge di gravità, ma se mi getto dal più alto grattacielo, non posso sfuggire agli effetti di quello che ho negato. Un uomo può essere ateo fin che gli pare, ma non può sfuggire agli effetti del vuoto della sua anima. Un uomo che sbandiera la sua incredulità, la sua immoralità ed il disprezzo per le leggi della moralità, è ancora sotto il dominio degli effetti del peccato…

La coscienza del peccato in un cristiano praticante è una ferita aperta, viva, mentre l’incoscienza del peccato in un pagano, in un ateo, è simile ad un cancro…

Ogni peccatore sente rimorso, paura e nausea: rimorso rispetto al passato, nausea nel presente, paura per l’avvenire. Il Sacramento della Confessione-Penitenza ci libera da questi tre sentimenti…

La Chiesa ci dice: “Affronta questo stato di peccato come provocato da te stesso, riconoscilo come conseguenza di un atto della tua libera volontà, sii un uomo, non un freudiano, la repressione morale ti farà impazzire; confessa i tuoi peccati gettandoti nelle braccia del tuo Misericordioso Signore”.

In secondo luogo la Chiesa tratta col peccato, nel presente, eliminando la causa di tedio, nausea ed ansietà per mezzo dell’auto-accusa dei peccati e della riconciliazione. Il tedio è allontanato dal Divino; è qualcosa come una desolata solitudine, dovuta all’interruzione di ogni legame di simpatia e di amore. Una volta che il disordine del passato è venuto a galla, il Signore offre un rimedio per questa angoscia nella Confessione per mezzo della quale la nostra colpa, da noi riconosciuta, possa essere cancellata, poiché siamo ritornati al Suo Amore.

Quando lo stomaco prende una sostanza estranea che non può assimilare, la rigetta; questo è il suo modo di liberarsene o la sua confessione. Così è altrettanto naturale per uno spirito inquieto trovare sollievo, liberazione nell’accusa dei suoi stessi peccati. La dignità della persona umana è rispettata in pieno giacché uno diventa, di volta in volta, l’avvocato che accusa e l’avvocato che difende se stesso. Uno confessa non un suo particolare stato mentale, ma uno stato della sua coscienza: e non allo scopo di farsi spiegare la colpa, che ha commessa, ma allo scopo di farsela perdonare da Colui che ha detto: “Per quanto i vostri peccati siano scarlatti, diventeranno bianchi come la neve”.

Ma perché Nostro Signore, istituendo questo Sacramento diede il potere di rimettere i peccati a questi umili uomini, membri del Corpo Mistico della Chiesa? Perché non ci ha detto di avvolgerci la testa nel nostro fazzoletto e di dire a Lui solo che siamo pentiti dei nostri peccati?

Bene! Provate ad avvolgervi la testa in un fazzoletto quando un poliziotto vi ferma per un eccesso di velocità! Come sarebbe comoda la vita se noi potessimo farci perdonare tutti i peccati portando sempre con noi un comodo “foulard” legale per quando si trasgredisce la legge civile e magari un prezioso drappo guarnito di frange e merletti per quando si violi la legge Divina!

Dal momento che Nostro Signore Gesù, che è Dio incarnato, perdonò i peccati attraverso una natura umana, è semplicemente naturale che ci aspettiamo che Egli continui a perdonarci attraverso un’altra natura umana, nel Corpo Mistico della Chiesa.

Ma vi è un’altra ragione per dire i nostri peccati al Sacerdote. Ogni peccato è un’offesa non soltanto contro Dio, ma anche contro i nostri fratelli e sorelle nel Corpo Mistico della Chiesa. Quindi poiché noi offendiamo sia Dio che la società di Cristo nel Corpo Mistico, è giusto che il sacerdote, rappresentante di quella società, ci riconcili di nuovo con Dio ed anche con quella comunità della quale Cristo è Capo.

Molte persone cantano quando fanno la doccia, non perché il marmo, le mattonelle o i rubinetti o la piccola stanza diano alla loro voce una particolare risonanza, ma soprattutto per la gioia di sentirsi più puri. Questo è il senso di purezza che invade un’anima dopo una buona Confessione. È tanto felice che potrebbe cantare al pensiero di essere rinata.

La Chiesa vince la paura riguardo al futuro, tenendo conto della differenza fra il perdono del peccato e la pena per il peccato.

Supponete che io rubassi il vostro orologio: sono sicuro che mi perdonereste, ma che mi direste anche: “Restituiscimi il mio orologio!”. Se non lo restituissi, dimostrerei evidentemente di non poter essere perdonato, di non avere cioè la volontà di riparare il il torto che vi ho fatto. Se un alcolizzato si converte e cambia vita, i suoi peccati gli sono perdonati, ma egli ha ancora il fegato infiammato. Dio gli perdona quando si pente, ma il castigo resta, resta la punizione.

Supponete che commettendo un peccato, uno conficchi ogni volta un chiodo in un’asse e che pentendosi un chiodo ne venga estratto; l’asse quindi resta segnata da tanti buchi. La penitenza per il peccato continua anche per il futuro, anche dopo che i peccati sono stati rimessi e perdonati.

Nella Confessione, pronunciate le parole dell’assoluzione, il sacerdote assegna al peccatore la penitenza cioè una riparazione, un sacrificio, una espiazione qualsiasi per rimediare al peccato. Sentiamo anche noi rimorso dopo aver fatto del male. Tutti i bambini sentono, a modo loro, che quando hanno subito una punizione, il male fatto viene cancellato. La paura del castigo futuro viene bandita in quanto facciamo la penitenza che ci viene assegnata, come l’ansia del creditore svanisce con il pagamento del debito.

Questo spiega la particolare psicologia dei buoni Cattolici che si assoggettano umilmente non soltanto alla penitenza, ma anche a tutte le traversie e sofferenze della vita! Migliaia e migliaia di ammalati, bruciati dalla febbre e torturati da qualsiasi dolore accettano ogni giorno, ogni ora, ogni minuto le sofferenze della loro vita in espiazione non solo per i loro peccati, ma per i peccati di tutto il mondo. Offrono le loro sofferenze per unirle a quelle di Nostro Signore sulla Croce. Essi fanno così, perché sanno di sostituirsi a coloro che non pagano per i propri peccati. La pena è insopportabile senza l’amore, ma l’Amore lenisce la pena, soprattutto quando essa viene dall’Amore Infinito che ha portato la Croce e che offre il Suo Cuore al nostro gioioso riposo.

Quando noi ci confessiamo e facciamo la nostra penitenza, noi pensiamo talvolta, e molto erroneamente, che in Dio sia avvenuto un cambiamento: prima Egli era il Dio dell’Ira ed ora è il Dio dell’Amore. Non è vero, il cambiamento è in noi, non in Lui! Quando noi siamo in peccato, prevediamo il castigo che sappiamo di meritare da Dio, e così gli diamo l’aspetto di Dio della Vendetta. Quando ci confessiamo e facciamo penitenza per i nostri peccati, non abbiamo più paura: Egli ci appare, come realmente è, il Dio dell’Amore.

Avete certamente notato che, di mano in mano che vi allontanate dalla luce, le vostre ombre si allungano; è così anche per le anime che si allontanano dal Dio della Luce. Dopo un po’ perseguono soltanto ombre e fantasmi e li scambiano per cose vere e corrono dagli psicanalisti per esserne liberati. Se noi camminiamo verso la Luce di Cristo, le ombre restano dietro di noi. Se voi siete infelice, c’è un solo motivo per la vostra infelicità: non siete amato. Un raggio di sole sarebbe una povera cosa senza il sole, così un’anima peccatrice senza Dio…

Posso domandare a tutti i Cattolici di buttarsi tra le braccia del loro misericordioso Signore nella Confessione?

Il Nostro Divin Maestro disse: “Non sono venuto per salvare i giusti, ma per i peccatori!”. Egli abbandona le novantanove pecore nel campo per cercare quella che è perduta, Egli ci dice come, a somiglianza della donna del Vangelo si rallegra maggiormente per la gioia di aver trovato la moneta perduta che per il possesso delle nove che non aveva mai smarrite. Del resto anche una madre si rallegra di più della guarigione di uno dei suoi bambini malati che della costante salute della famiglia intera.

Non disperate! Non importa quale è stata fino ad ora la vostra vita! Colui che perdonò alla Maddalena perdonerà anche a voi, se vi umilierete come lei e se riempirete la casa del profumo delle vostre virtù.

Avete migliore occasione di salvezza voi che siete un peccatore deciso a farla finita con il peccato, di colui che nega il peccato e crede di essere più santo degli altri. Come disse Nostro Signore: “Le prostitute ed i pubblicani entreranno nel Regno di Dio prima degli scribi e dei farisei”.

Ricordate il Buon Ladrone che, dalla croce, chiese a Gesù Nostro Signore di perdonarlo? Immediatamente il Salvatore gli rispose: “Oggi sarai con Me in Paradiso”. E il Buon Ladrone morì da ladro…perché, proprio alla fine, rubò il Paradiso.

E questa è la nostra speranza: “POSSIAMO ANCORA RUBARE IL PARADISO!”

(Beato Fulton J. Sheen, da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 26 Marzo 1950”)

-IL VERO MOTIVO DELLA CRISI DEL MONDO E DELLA CHIESA- “Il caos ed il disordine sono il risultato storico di una civiltà senza Dio” – “Quando una civiltà pecca e nega di peccare, diventa necessario per Dio farle sentire gli effetti del peccato” – “Come fargli sentire gli effetti del peccato? Con una crisi immane” Beato Fulton J. Sheen

-IL VERO MOTIVO DELLA CRISI DEL MONDO E DELLA CHIESA-

“Il caos ed il disordine sono il risultato storico di una civiltà senza Dio” – “Quando una civiltà pecca e nega di peccare, diventa necessario per Dio farle sentire gli effetti del peccato” – “Come fargli sentire gli effetti del peccato? Con una crisi immane”

Nei tempi in cui la fede era più viva, la gente peccava come pecca oggi, ma “sapeva” di peccare; infrangeva la Legge di Dio, ma l’ammetteva e la riteneva giusta e sapeva pure che l’unica strada del ritorno non era la giustificazione del peccato, ma la sua Confessione e la conseguente Penitenza…

Quando una civiltà pecca e nega di peccare, diventa necessario per Dio farle sentire gli effetti del peccato…

Questa è la ragione per cui noi siamo tanto preoccupati ed ansiosi. Divorzi, assassinii, educazione atea, peccati carnali, calunnie ed egoismi ecc.., tutti questi peccati sono commessi con grandiosa disinvoltura per poter far toccare con mano a questo nostro mondo quanto si sia allontanato dalle basi della vita di Dio; come fargli sentire gli effetti del peccato? Con una crisi immane.

Come una salute rovinata nel corpo e nella mente è il risultato dell’alcolismo, come una famiglia in rovina è il risultato morale dell’infedeltà e del divorzio, così il caos ed il disordine sono il risultato storico di una civiltà senza Dio…

Dio non manda arbitrariamente i disastri su di noi, ma piuttosto i disastri derivano dalla violazione della Legge di Dio; come il tuono segue il lampo, e come l’ignoranza deriva dall’indolenza. Dio ha fatto il mondo in modo che il peccato produca certi effetti e questi momenti caotici della storia attuale sono un poco la manifestazione del Giudizio di Dio sul nostro modo di vivere.

(Beato Fulton J. Sheen, da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 26 Marzo 1950”)

ECCO LA VERA SPIEGAZIONE DELLA VITA “Imparate la vera psicologia del Corpo Mistico di Cristo, della Chiesa, che vi definisce per ciò che di migliore e più elevato è in voi, per la vostra immagine e somiglianza al Dio che vi ha creati” Beato Fulton J. Sheen

ECCO LA VERA SPIEGAZIONE DELLA VITA

-Imparate la vera psicologia del Corpo Mistico di Cristo, della Chiesa, che vi definisce per ciò che di migliore e più elevato è in voi, per la vostra immagine e somiglianza al Dio che vi ha creati-

Gesù disse: “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26, 41)

Lo psicologo che parte dall’idea che l’uomo è null’altro che un animale ammalato, non potrà mai ridonargli la pace..

Gli psichiatri del sesso fanno ricadere ogni responsabilità sul povero padre e sulla povera madre.. è una sciocchezza.

Ecco la vera spiegazione della vita.

L’uomo è composto di:

1) anima o mente; 2) corpo o carne; ed è influenzato dall’ambiente costituito dal mondo che lo circonda.

Scopo della mente è di conoscere il vero; scopo del corpo di godere i piaceri per amore dell’anima; scopo del mondo di servire il corpo e l’anima per amore di Dio! Questo è il vero ordine.

La Chiesa ci dice che, per un abuso di libertà, la natura umana divenne disordinata e scentrata. Ne consegue che in ogni uomo vi è una tendenza a considerare ciascuno di essi, la mente, il corpo e il mondo, isolati l’uno dall’altro e da Dio.

Per esempio, la mente tende, per parte sua, ad esaltare l’io all’infinito da farne un Dio, indipendente da qualsiasi legge e autorità. Questa è la concupiscenza dell’egoismo od orgoglio. Vi è un secondo impulso da parte del corpo, la fame dei piaceri della carne, senza badare alle norme della retta ragione e alle esigenze della legge di Dio. Tale è la concupiscenza del sesso. Il terzo impulso è la tendenza ad usare il mondo, non come mezzo per raggiungere Dio, ma come fine a se stesso. E questa è la concupiscenza dei beni terreni o avarizia.

La Chiesa inoltre ci dice che esse sono simili a tre piccoli demoni che annidati nel fondo della nostra coscienza, tentano sempre di salire a disturbare la nostra ragione…

Guardate quanto saggia e scientifica, al contrario, è la psicologia Cattolica riguardo agli impulsi umani. I maggiori psicologi del mondo sono ristretti, nel senso che ammettono un solo impulso. Un tipo di psicologia riduce tutto al sesso, un altro al desiderio di asserzione; un altro ancora alla sicurezza. Ma nessuno al pari della Chiesa, li considera tutti e tre…

Ma veniamo al pratico. La posizione della Chiesa si può così riassumere:

1) Non allarmarti se sei tentato al male. Sarebbe anormale che tu non lo fossi.
2) Le tentazioni non provano che tu sia perverso; ma soltanto fatto di carne.
3) Non sei intrinsecamente corrotto, altrimenti tali istigazioni al male non ti disturberebbero.
4) Resistendo ad ogni tentazione nel nome di Dio, acquisti meriti per il Cielo. Ecco come provi l’amore per Dio, preferendo Lui e la sua legge al male e al peccato.
5) Resistendo continuamente alla tentazione, acquisti padronanza di te, condizione essenziale alla Pace Eterna, senza essere dominato da fattori esterni al pari di un alcolizzato, di un pervertito sessuale o di un materialista.

La Chiesa raccomanda la pratica delle tre virtù per poter vincere le tre tentazioni:

1) L’ umiltà per vincere l’egoismo, che ci fa credere migliori degli altri.
2) La castità per vincere la sensualità-lussuria, col dirci che il corpo è il tempio di Dio.
3) La beneficienza, la bontà e la carità per temperare la nostra avida cupidigia.

Se fossi ammalato chiameresti un medico. Dacché sei debole, rivolgiti al Signore.

Il secondo maggiore tormento è la noia.

La psicologia della Chiesa dà queste tre spiegazioni:

1) L’uomo è composto di corpo e di anima, di finito e infinito. Finché è sulla terra, sente la spinta di entrambi e si può paragonare ad uno scalatore, a mezza via su per le pareti scoscese. Al di sopra è la vetta verso cui tende; al di sotto l’abisso della rovina dove c’è il pericolo di cadere. In questa vita l’uomo è in uno stato di sospensione. Soltanto la perfezione di vita, il vero e l’Amore possono soddisfarlo. Perciò non trova pace finché non riposa in Dio!

2) La Chiesa ci dice che tale noia si accresce in proporzione diretta alla perdita di uno scopo nella vita, cioè della salvezza eterna della nostra anima immortale. Ciò spiega la stanchezza nei giovani. Appena imbarcati per i mari della vita sono disgustati del viaggio. Nulla da meravigliarsi! Può esservi niente di più insopportabile che veleggiare verso un pauroso ignoto senza sapere dove si vada, o se vi sia un’altra sponda?
Gli stanchi sono simili al figliol prodigo che fuggì dalla casa paterna. Aveva ragione ad aver fame; aveva torto a vivere delle ghiande dei maiali. Così essi hanno ragione di aspirare ad un amore, ad una verità, ad una vita più completa di quanto non abbiano. Ma sono tristi, infelici ed hanno torto perché cercano di soddisfare l’infinito, vivendo di ghiande, come se fossero stati creati solo per respirare, accoppiarsi e morire. Essi si sentono quasi soffocare, ma non si tratta che della snervante afflizione di essere separati da Dio. Respirano la stessa aria che emettono. Di qui la stanchezza dell’umanità.

3) La Chiesa ci dice che Dio fa in modo che l’anima sia ansiosa, delusa e stanca quando si allontana da Dio, perché essa possa ritornare a Lui. Con l’agitare continuamente le acque dell’anima con il Suo Dito, Egli tiene lontana la falsa pace. Disgustati ed inquieti, ci slanciamo allora sul Suo Sacro Cuore. La noia è sete dell’Infinito; la stanchezza sete di Dio, la disillusione desiderio dell’amore estatico di Dio…

Coloro che hanno la fede ed una completa filosofia di vita, non solo godono di questo mondo mentre lo hanno, ma vivono nella meravigliosa speranza di quell’altro dove Dio è voluttà dei puri.

Il mondo, per i Cattolici, è simile ad una impalcatura per la quale l’anima sale al Regno dei Cieli. Quando l’ultima anima ha superato quell’impalcatura per occupare i posti lasciati dagli angeli ribelli caduti, codesta viene invasa e distrutta dalle fiamme, non perché sia abietta, ma perché ha compiuto il suo lavoro. Ci ha ricondotti a Dio.

Se siamo deboli e fragili, la Chiesa ci comanda di non scoraggiarci. Se la vostra carne o sangue sono inclinati al male, la Chiesa vi trasfonde Carne e Sangue Divini nel Sacramento dell’Eucaristia, perché possiate superare le vostre debolezze. Se siete stanchi ricordatevi che non lo potreste mai essere se non foste creati per qualcosa di più del finito. Un maiale non è mai stanco e annoiato del suo stalletto, né una rondine del suo nido, ma l’uomo lo può essere della sua casa. E ciò perché sta proprio ritornando a Dio…

Io chiedo a voi che siete stanchi, infelici, tristi, depressi ed ansiosi, di uscirne da quest’inferno sgombrandolo per mezzo della Confessione, e di riempire la vostra anima di quel Pane di Vita e di quel Vino di cui si cibano i Vergini!

Anime senza guida, a voi mi rivolgo!

Basta con coloro che vi misurano per quello che vi è di più “abbietto” in voi: le vostre ghiandole, la vostra sensualità!

Imparate la vera psicologia del Corpo Mistico di Cristo, che vi definisce per ciò che di migliore e più elevato è in voi, per la vostra immagine e somiglianza al Dio che vi ha creati.

Il mondo vi definisce per il vostro ambiente; il Signore per il vostro destino! Provate e vedrete quanto il Signore è soave!

Alcuni dicono che abbiamo il nostro inferno in terra; è proprio così! Ma non tutto: lo iniziamo appena qui! Così avviene anche per il Cielo, per il Paradiso! Noi iniziamo pure esso qui!

E se potessi, tra i miei radio-ascoltatori indurre un’anima sola a superare le proprie ansie amando Dio con tutto il cuore, la mente e le forze, sarei l’uomo più felice della terra!

Nell’amore di Gesù!

(Beato Fulton J. Sheen, da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 19 Marzo 1950”)

“NON TUTTI I CATTOLICI ANDRANNO IN PARADISO” Beato Fulton J. Sheen

-NON TUTTI I CATTOLICI ANDRANNO IN PARADISO-

Perché alcuni cattolici si perdono?

Primo, nessuno si separa dal Corpo Mistico di Cristo per vivere una vita più santa. Secondo, nessuno si allontana dalla Chiesa per dei dubbi sul Credo, ma per delle difficoltà riguardo i Comandamenti…

A questo mondo, nulla è più difficile ad essere capito, da coloro che vivono nel peccato, della Verità di Cristo vivente nel Suo Corpo Mistico. Ma, appena voltate le spalle al peccato, la Verità riappare in tutta la sua chiarezza.

Un ladro non ama la luce quando si accinge a rubare; l’uomo che conduce una vita di peccato, odia Cristo, Luce del Mondo.

Quando Dio punisce, ci lascia soli; e nulla vi è di più terribile al mondo che vivere soli con noi stessi. È il nostro “Ego” che brucia nell’inferno.

Coloro che sono fuori dalla Chiesa a causa di un cattivo matrimonio, soffrono di un’ansietà e un timore noti solo a quelli che non ricevettero mai la Santa Comunione. Essi si sentono delusi di ciò che hanno e, come Giuda, si accorgono di aver pazzamente venduto Gesù per un nulla. Il loro piacere diminuisce sensibilmente, gli anni passano, il corpo perde la sua bellezza. Essi hanno ciò che potrebbe definirsi la “grazia oscura”; quel senso di solitudine proprio di chi è separato da Dio. La “Grazia bianca” è la presenza di Dio nell’anima. La “Grazia nera” è la sensazione della sua assenza, l’impressione di essere “senza Dio”. Ogni volta che un uomo cade e si allontana da Dio, cade in se stesso. Ciò avviene quando il suo “Ego” diventa insopportabile.

Una cosa è certa: la nostra Fede non impedisce a una persona di peccare, non la rende impeccabile, ma toglie al peccato anche quelle gioie amare che potrebbe donare a chi lo commette. La coscienza inquieta diviene un po’ come il mal di denti che ripeta: “Vai dal dottore!”. Il rimorso e l’inquietudine sussurrano molesti: “Questa non è la strada che conduce alla pace; torna, torna a Dio!”.

Io scongiuro tutti coloro che lasciarono la Casa del Padre a voler tornare! Il nostro amore vi spalanca la porta, ve la tiene aperta ad ogni ora.

Gesù, il Buon Pastore, vuole che torniate!

La Madonna vuole che torniate! Ella sa che cosa voglia dire stare senza Gesù, perché Lo perse per tre giorni.

Gesù Vuole che torniate! Vi aspetta nel Suo Tabernacolo, perché Egli sospira di ridarvi il bacio che vi aveva dato nel giorno della vostra prima Comunione.

Vi attende nel Confessionale! Non potreste mai chiamare Gesù col dolce nome di Salvatore, se non aveste mai peccato.

Non disperate mai, mai! Finché non siate diventati infinitamente cattivi e il Signore abbia cessato di essere infinitamente Buono e Misericordioso. Non dovete mai disperarvi!

Vi sono del resto due vie per conoscere la Bontà di Dio: la prima è quella di non perderLo; l’altra è quella di ritrovarLo dopo averLo perduto. Sia almeno questa la vostra via, quella del ritorno.

Voi avete un “gioiello” che Dio non ha nell’immensità dei suoi tesori, e che voi soli Gli potete offrire per farLo felice con voi: i vostri peccati.

(Beato Fulton J. Sheen, da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 12 Marzo 1950”)

CO-REDENTORI CON CRISTO “Chi appartiene a Cristo deve vivere fino in fondo tutta la vita di Cristo” Dagli scritti di Santa Teresa Benedetta della Croce ( Edith Stein)

CO-REDENTORI CON CRISTO – Dagli scritti di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Carmelitana Scalza, Martire

“Chi appartiene a Cristo deve vivere fino in fondo tutta la vita di Cristo. Deve crescere sino alla maturità di Cristo, deve intraprendere la Via Crucis, deve passare per il Getsemani e per il Golgota. E tutte le sofferenze che possono venirgli dall’esterno sono nulla a paragone della notte oscura dell’anima, quando la luce divina non brilla più e la voce del Signore non si ode più. Dio è sempre là, ma sta nascosto.

Cristo è Dio e Uomo, e chi ha parte con Lui, deve aver parte a una vita divina e umana. La natura umana, che egli assunse, gli diede la possibilità di soffrire e di morire. La natura divina, ch’egli possedeva ab eterno, conferì alla sofferenza e alla morte un valore infinito e un potere espiatorio, redentivo. Le sofferenze e la morte del Cristo proseguono nel suo Corpo mistico, e in ognuna delle membra di esso. Soffrire e morire è il destino di ogni uomo. Ma se egli è un membro vivo del Corpo mistico di Cristo, il suo soffrire e il suo morire assumono per tramite della divinità del capo un valore espiatorio, co-redentivo. Non si tratta di una bramosia perversa di soffrire. Agli occhi della razionalità naturale appare una perversione. Alla luce del mistero della Redenzione si rivela super-razionale, somma ragionevolezza. Così, colui che è legato a Cristo persevererà anche nella notte oscura della soggettiva lontananza da Dio e assenza di Dio; forse l’economia divina della salvezza impiega i suoi tormenti per liberare qualcuno che è oggettivamente incatenato dal peccato. Perciò: Fiat voluntas tua! (sia fatta la tua volontà) Anche, e anzi proprio in seno alla notte più tenebrosa…”

Edith Stein, “La vita come totalità”, tr. di Teresa Franzosi, Città Nuova Editrice, Roma pp. 204.205

“Questo vuol dire essere Cattolici: essere eternamente inquieti ed eternamente in pace” Beato Fulton J. Sheen

-Questo vuol dire essere Cattolici: essere eternamente inquieti ed eternamente in pace-

“Nel mondo avrete tribolazioni; ma confidate in Me, Io ho vinto il mondo” (Giovanni 16,33)

In un certo senso si può rispondere con un paradosso: Cattolico è colui che risente nello stesso momento ciò che può sembrare una contraddizione: inquietudine e pace. Prima l’inquietudine che non è, naturalmente, la falsa inquietudine di coloro che non hanno ancora trovato Dio o che, avendolo trovato, lo hanno riperduto attraverso il peccato. La nostra inquietudine ha una doppia origine: la sublimità dell’ideale e la tensione che ha l’anima e il corpo.

Richiede molto sforzo domare i nostri più bassi istinti tanto da poter mettere in pratica le parole di San Paolo: “I seguaci di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze”.

Abbiamo una tentazione da respingere; abbiamo paura che le Sue Mani ferite tocchino le nostre e vi lascino un’impronta di sangue…

È un fatto psicologico che più noi serviamo il Corpo Mistico di Cristo, maggiore è lo scontento di noi stessi; più ci avviciniamo a Lui, più ci convinciamo di non saper far niente…

Più ci allontaniamo dall’ideale Divino più vantiamo le nostre perfezioni, ma maggiormente ci avviciniamo a Cristo e più distinguiamo le nostre imperfezioni. Questo è il nostro tormento. Nessuno si sente sicuro della propria innocenza di fronte alla Purezza Assoluta, ma tutti chiedono con gli apostoli: “Sono io Signore? Sono io?”.

L’inquietudine e l’irrequietezza hanno una seconda origine nel tremendo contrasto tra anima e corpo, o meglio, nell’insufficienza del corpo a seguire l’anima. Quali uccelli in gabbia abbiamo a volte momenti di grande aspirazione alla vicinanza di Dio, specialmente dopo il Sacramento della Comunione Eucaristica, ma ben presto il nostro corpo ci butta a terra e limita, imprigiona, costringe l’anima.

La parte migliore della poesia romantica è pianto e lamento. Di fronte alla bellezza terrestre il cuore soffre della sua deficienza. Se coloro che amano sulla terra sentono la loro impossibilità ad esprimersi, che cosa sentirà l’anima umana di fronte al “Suo, tra tanti amori che noi sentiamo incompleti?”. E tra uguali può esserci giustizia ma non amore; la identica parità fra i sessi è fatale: il vero dell’amore non sta nell’uguaglianza, ma nell’inferiorità di colui che ama e nella superiorità dell’amato. Chi ama è spinto a inginocchiarsi e chi è amato ad essere messo sul piedistallo, e ogni amante lamenta la sua indegnità.

Eleviamo questo esperimento psicologico all’Infinito Amore, nel momento della maggiore intimità, quando, nel Sacramento della Comunione, riceviamo il Signore dell’Amore e della Vita. È ben giusto che la Chiesa metta allora sulle nostre labbra queste parole: “Oh! Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”. Niente di quanto possiamo dire della nostra anima al Divino Visitatore sembra convogliare il nostro amore. Unito al nostro desiderio insaziabile di maggior amore, sta un senso struggente della nostra adolescenza di fronte all’Eterno. Noi sappiamo di offrire erbacce, quando vorremmo donare rose, sentiamo di essere cenere mentre dovremmo essere carboni ardenti, tendiamo braccia che non raggiungono lo Spirito, mentre dovremmo avere ali per volare all’Eterno. E sopra tutto questo, la tremenda sensazione di non amare abbastanza, di essere morti, freddi, distratti, quando niente ci può rendere soddisfatti se non appartenere all’amato come tralci alla Vite.

Più profonda è la nostra Fede, più acuta la nostra impazienza di conoscere la pienezza della Luce; più viva la speranza, più appassionato il nostro desiderio di essere posseduti; più ardente l’amore, più intenso il desiderio di strappare i veli della carne, che dobbiamo perdere e che ci nascondono, per ora, la Bellezza del Volto che “Lascia ogni altra bellezza oscurata”.

In breve, la nostra inquietudine è quella dell’innamorato che è ancora separato dall’amata. La nostra Anima è quella per la quale Sant’Agostino scrive: “I nostri cuori sono fatti per Te, Signore, e saranno inquieti finché non riposeranno in Te”.

Unita a questa pena, che viene dalla nostra indegnità, sta una pace ineffabile e una gioia indescrivibile. C’è la gioia dell’intelletto di conoscere la Verità di Cristo, continuata attraverso il Suo Corpo Mistico, la Chiesa…

E non c’è solo pace dell’intelletto, c’è anche gioia per il cuore attraverso l’amore del Cuore di Gesù.

Il vero innamorato di Dio non si trattiene dal peccare solo per timore di mancare ad un comandamento, ma perché rifugge dal ferire Cristo-Amore. L’amore ha due necessità: vuol piacere, obbedire, essere in armonia con Dio.
L’amore di Dio fa cambiare tutti i punti di vista del mondo: ci accorgiamo di amare tutti in Lui, perché tutti sono fatti da Lui e per Lui; se il Signore li ama, anch’io li amerò.

Nel dolore la fede ci ricorda che noi siamo nati da una tragedia: la disfatta del Venerdì Santo. Il Crocefisso sulle pareti delle nostre case, sugli altari, ci rammenta la bontà di Dio che, raccogliendo tutti i mali del mondo e offrendoli in Alto, ha vinto il male. Sappiamo che Nostro Signore Gesù non ci disse mai che saremmo stati senza tentazioni, ma affermò che non sarebbero mai state superiori alle nostre forze. Per questo difficilmente vengono stroncati coloro che nel dolore, nelle crisi della vita sono sostenuti da Cristo-Amore.

C’è gioia nell’animo di un credente, anche quando il corpo soffre; ma non c’è mai dolore del corpo che possa affliggere l’animo. Questo vuol dire essere Cattolici: essere eternamente inquieti ed eternamente in pace.

Non c’è contraddizione perché la nostra ansia e la nostra serenità si fondano dolcemente nell’ amore. Siamo inquieti perché non possediamo completamente il Signore; siamo sereni in proporzione di quanto facciamo per essere a Lui uniti. La comune sorgente è l’amore. Perché amiamo l’Infinito, noi ci divincoliamo al guinzaglio del finito; se Egli tocca le estremità delle nostre dita siamo rapiti da un’estasi celeste, perché sappiamo che un giorno Egli ci prenderà la mano. Siamo inquieti perché amiamo troppo poco; siamo in pace perché c’è tanto da amare. Siamo invidiati per la nostra pace felice; siamo disprezzati perché il suo prezzo è la Croce…

La prossima volta che vorrete sapere che cosa significa essere in pace, non chiedetelo a coloro che spargono bugie sul nostro conto; chiedetelo ad uno di coloro che, ogni mattina nella Messa, riceve nel suo cuore, il Cristo che è nostra Verità, nostra Pace, nostra Gioia.

(Beato Fulton J. Sheen, da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 12 Febbraio 1950”)

“La Vita soprannaturale è una Vita interiore, il cui principio è nascosto con Cristo in Dio e nell’anima” Beato Columba Marmion

-La Vita soprannaturale è una Vita interiore, il cui principio è nascosto con Cristo in Dio e nell’anima-

Nessuna buona azione è dunque esclusa, se noi vogliamo, da questa salutare influenza della Grazia di Dio e della Carità; nessun lavoro, nessuna opera, nessuna rinuncia, nessuna sofferenza, nessuna pena e nessuna lacrima sfugge. Oh! Quanto è semplice e sublime la Vita Cristiana!

Dio non ci domanda, per essere suoi figli, per diventare coeredi del Figlio suo, di compiere molteplici atti eroici; non ci domanda “di attraversare i mari nè di salire i cieli”. No, il Regno di Dio si trova dentro di noi (Luca 17-21). In noi si edifica, si abbellisce e si perfeziona. La Vita soprannaturale è una Vita interiore, il cui principio è nascosto con Cristo in Dio e nell’anima. Noi non dobbiamo cambiare di natura, ma raddrizzare ciò che essa ha di difettoso. Non dobbiamo usare lunghe formule. L’intensità dell’amore può riassumersi in un solo sguardo del cuore. Ci basta restare nella Grazia Santificante di Dio, riferire tutto a Dio e alla sua gloria per mezzo di un’intenzione pura, e vivere da uomini nel posto che la Provvidenza ci ha assegnato, compiendo la volontà divina, adempiendo il dovere del momento presente. E ciò semplicemente, con calma, senza agitazione, con quella confidenza intima e profonda del fanciullo che si sente amato dal Padre e gli rende quest’amore nella misura della sua debolezza. Gesù l’ha detto: “Senza di me non potete fare nulla”(Giovanni 15-5).

Ma quando possediamo la Sua Grazia in noi, essa deve diventare, con l’amore, il principio di una Vita tutta Divina. Bisogna che, con la Grazia di Cristo, facciamo tutto per piacere al Padre Suo. Utilizziamo tutte le nostre azioni, le più piccole come le più grandi, le più oscure come le più brillanti, per avanzare a grandi passi nella Vita Divina, grazie all’amore intenso col quale compiamo queste azioni. Allora Dio ci guarderà con compiacenza, perché troverà in noi l’immagine di Suo Figlio, immagine che va perfezionandosi sempre di più. Con l’accrescersi della Grazia, della Carità e delle altre virtù, i lineamenti di Cristo si riproducono in noi con più fedeltà, per la gloria di Dio e la gioia dell’anima nostra. Finché siamo quaggiù possiamo sempre crescere nella Grazia. Il fiume di Vita Divina ha avuto in noi la sua sorgente nel giorno del Battesimo, ma può ingrandire continuamente, a conforto dell’anima nostra, che esso irriga e feconda, fino a che si getti nell’Oceano Divino.

(Beato Columba Marmion, da “Cristo Vita dell’Anima”.)

“L’Amante Gesù tratta le anime sue dilette in quel modo che Egli fu trattato dal suo Padre Celeste. Croci ricevette, croci dona a chi ama: ricevette spine, fiele e aceto; e di questi regali onora i suoi servi più cari e più fedeli” Beato Gennaro Maria Sarnelli

“L’Amante Gesù tratta le anime sue dilette in quel modo che Egli fu trattato dal suo Padre Celeste. Croci ricevette, croci dona a chi ama: ricevette spine, fiele e aceto; e di questi regali onora i suoi servi più cari e più fedeli. Fu Gesù crocifisso, morto e sepolto; e così ama vedere crocifissi al mondo, mortificati nelle passioni, sepolti a tutte le cose create, a tutto ciò che sa di terra e di amor proprio, i suoi amatissimi eletti”

“L’umanità è troppo amante di sè stessa, e quella natural compiacenza non muore a sè stessa fra le consolazioni; ma bensì tra il fuoco della tribolazione, e dopo un lungo e penoso martirio di pene, e di spasimi, interni ed esterni, senza misura e senza fine”

“Considera, che il cuore umano è come una fiamma, accesa dalla concupiscenza, la quale di continuo gli somministra materia per divampare. Col fuoco della tribolazione si va passo a passo disseccando questo impetuoso torrente dell’amor proprio, che produce sì perniciosi effetti: e il cuore umano sotto il grave carico della Croce va cacciando da sè gli umori velenosi, concentrati e nascosti sin nel suo intimo. Un cuore in mezzo alle sue pene è come l’oro tra il fuoco, che depone la sua scoria, e si rinnova; e la parte inferiore mortificata, umiliata, si rende soggettissima, e ubbidiente ad ogni cenno della parte superiore; con che l’anima conoscendo più vivamente la vanità, la brevità, la fugacità, l’insufficienza delle cose terrene, comincia a nausearle, e sollevandosi a Dio, aspira al Cielo. Oh santa tribolazione, che ripari a tanti disordini del cuore umano, ah, ti conoscesse, e t’amasse l’anima mia! Sicché invece di abborrirti, e di scansarti, come una morte, ti venisse appresso, come alla vita. L’infinita bontà del Padre Celeste ci voglia illuminare per Gesù Cristo”

Beato Gennaro Maria Sarnelli