LA PREGHIERA DEL PADRE NOSTRO SPIEGATA DA DON DOLINDO RUOTOLO: “Credere veramente in Dio, confidare in Lui come figli ed essergli amici per la Grazia: ecco il fondamento di ogni vera preghiera”

QUI DI SEGUITO, POTETE LEGGERE UN ESTRATTO DALL’ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO APPENA PUBBLICATA DALLE SUORE DELLA CASA EDITRICE MIMEP. ALLA FINE, SE SIETE INTERESSATI, TROVERETE IL LINK PER L’ACQUISTO.

-Il Padre Nostro-

“Padre”, ecco il modo come l’anima deve orientarsi a Dio. Non deve considerarlo col terrore superstizioso che avevano i pagani della divinità, espresso a volte dalle stesse forme dei loro idoli, né col timore servile dell’ebraismo di allora, che aveva deviato dallo spirito dei patriarchi; doveva riguardarlo come Padre, quindi come creatore di tutto e come proprio creatore, provvido ed amorosissimo.

Il padre naturale dà la vita al figlio amando, e la conserva amando, quando non è ridotto allo stato brutale dal vizio. Dio dà la vita per un atto della sua Volontà infinita che è Amore; e la conserva con la Provvidenza che è Amore; l’anima, dunque, prega confessando la realtà di Dio, il suo Amore e la sua Provvidenza, e confessandola in un atto di viva fede. Se non c’è questa fede che ci fa parlare a Dio come all’Essere infinitamente esistente, sapiente ed amante, se non si ha con Lui l’intimità filiale che viene dalla fede veramente e praticamente sentita e convinta, la preghiera non supera la nostra povera atmosfera e diventa più uno sfogo della propria impotenza, che una fiduciosa domanda fatta a Dio.

La vacuità di tante preghiere che facciamo sta proprio nella mancanza della fede vera in Dio. Molti, moltissimi, pregando hanno ancora lo spirito idolatrico; credono e non credono a Dio, lo ammettono e non lo ammettono, esitano nel loro cuore e, subcoscientemente, vorrebbero metterlo alla prova, come può mettersi alla prova, l’efficacia di una medicina.

“Padre, sia santificato il Nome tuo”. Ecco una seconda direttiva assolutamente necessaria alla nostra preghiera: considerare tutto alla luce della gloria di Dio e volere tutto secondo i fini della sua Volontà. A volte noi giungiamo alla stoltezza somma di volere imporre le nostre vedute e i nostri interessi umani al Signore, e rimaniamo, quindi, inetti ed impotenti, nell’ambito delle nostre povere forze. Quando l’anima crede veramente ed apprezza Dio per quello che è, domanda in piena sottomissione alle esigenze della gloria di Lui, che è diffusione di misericordia e di bene anche per noi.

Come potrebbe aversi il calore del sole sottraendosi ai suoi raggi, e pretendendo di ridurli nell’ambito della propria meschinità? Il trionfo della luce del sole, e quindi la rimozione degli ostacoli che ne impediscono la diffusione, è anche il conseguimento pieno del nostro desiderio di calore vivificante. Nell’orazione bisogna, dunque, dare a Dio il posto che gli spetta, e desiderare la vita a ciò che è necessario alla vita, unicamente per la sua Gloria e per il trionfo del suo Amore in noi, nella pienezza del suo Regno: “Venga il regno tuo”. Se si pondera veramente la meschinità delle nostre aspirazioni nella preghiera, volta tutta al compimento del nostro egoismo, e se si pensa che la massa del popolo ignora quasi completamente che cosa significhi amare Dio e desiderarne la gloria, non fa più meraviglia che tante preghiere rimangano nella nostra povera cerchia, e sono inesaudite.

Nel tracciarci la direttiva delle nostre preghiere, Gesù Cristo distingue nettamente le esigenze della vita dell’anima da quelle della vita del corpo nella nostra condizione naturale. Per questo il Pater noster ha due parti determinate: alla vita dell’anima è necessaria l’intimità filiale con Dio, per la Grazia che la rende sua figlia: “Padre”. In questa semplice parola c’è la sintesi stupenda delle elevazioni dell’anima negli splendori della Grazia, che la restaura, la santifica e la eleva. L’intimità con Dio è amore nelle sue molteplici gradazioni e sfumature e questo amore si sintetizza tutto nel desiderio di glorificare Dio e di farlo regnare nella propria vita ed in quella di tutti.

Noi, quindi, domandiamo a Dio lo stato di Grazia, l’amore verso di Lui, lo zelo per la sua Gloria, la santificazione delle anime ed il suo Regno in tutte nel dominio soavissimo dell’Amore. Tutte le grandi manifestazioni della vita della santità e della vita della Chiesa stanno in queste brevi e mirabili parole. Per la vita del corpo, ordinata a quella dello spirito, noi abbiamo bisogno dell’alimento e di tutto quello che serve all’ordine ed alla missione temporale della medesima vita: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”; abbiamo bisogno della pace, bene assolutamente imprescindibile da una vita che non sia concepita, come si fa oggi, quale esasperante tramestio di prepotenze e di oppressioni.

Ora la pace non è fuori dell’anima, e tanto meno può considerarsi come l’oppressione del più forte sul più debole; essa è tranquillità dell’ordine, e questa tranquillità viene dall’armonia della coscienza e da quella della carità: “Rimetti a noi i nostri peccati, come noi li rimettiamo ad ogni nostro debitore”. Siamo tutti miserabili, e nessuno può presumere di essere da più di un altro; ci confessiamo peccatori per avere il perdono e promettiamo perdono a quelli che ci fanno del torto. Così viene stroncato nella radice quello che disturba la pace.

Grazia di Dio in noi e carità verso il prossimo sono due beni spirituali dai quali dipende la tranquilla prosperità temporale della vita; i peccatori non hanno mai bene; anche quando satana si sforza di farli apparire prosperati, e dove manca la generosa carità, manca la benedizione di Dio. Satana sfrutta la posizione di alcuni (molto pochi in realtà rispetto alle masse), che, non essendo più capaci di beni eterni, raccolgono come tenue premio di qualche opera buona, i miseri beni temporali; egli li presenta come esseri felici nel male, ma è una menzogna anche in questi la pace, perché sono infelicissimi nel loro cuore ed è una menzogna maggiore il far credere od il supporre che il peccato porti la prosperità.

No, la massa dei peccatori sta in mille tribolazioni, e la massa dei prepotenti è infelicissima, perché è stretta dai rimorsi e dalle angustie interiori che tolgono loro la pace. Che cosa sono i beni temporali senza la pace? E come si può avere pace senza il perdono di Dio e senza la Grazia? Come poi si può avere la Grazia ed il perdono senza darlo a chi ci è debitore?

Quando la nostra preghiera per i beni temporali non sta su queste direttive precise è una preghiera vana; quando cioè non si domanda ciò che serve alla vita, e non più, e non lo si domanda nell’armonia della Grazia e della carità, la preghiera diventa vana, ed a volte può farci credere, per illusione diabolica, che produca anche l’effetto contrario. Quanti hanno l’anima piena di avidità, di odio, d’invidia e di peccati di ogni genere e domandano a Dio non ciò che serve al corpo per la vita dello spirito, ma ciò che serve al corpo per la vita materiale, e si lamentano poi di non essere esauditi!

Quanti hanno peccati impuri che disordinano la vita, anche occultamente e senza che nessuno lo sappia, e si lamentano della miseria corporale che ne è immediata conseguenza! Quanti sono spietati nel giudicare e più spietati nell’inveire contro il prossimo, e pretendono da questa bolgia far risuonare la loro preghiera nei cieli, dove tutto è armonia soavissima di carità!

La vita è una prova di pochi anni, nei quali dobbiamo meritarci, per la grazia di Dio, il premio eterno. Questa prova ci viene dalla condizione stessa nella quale viviamo e può venirci anche dalle insidie e dagli assalti di satana. C’è dunque un terzo elemento della nostra vita terrena: la difesa nei pericoli. Senza la difesa provvida che può venirci solo da Dio la vita dell’anima è travolta dalla colpa e la vita del corpo dalle sventure. Perciò Gesù Cristo ci fa domandare a Dio: “Non ci indurre in tentazione”, cioè non permettere che ci vinca la tentazione e, nel provarci, Tu donaci la forza di esserti fedeli, riducendo le prove a causa della nostra fragilità. È, in fondo, un atto di umiltà che ci concilia la misericordia di Dio, poiché è la confessione della nostra debolezza, in un atto di fiducia e di abbandono alla misericordia di Dio. Chi presume di sé, crede di poter affrontare i cimenti della vita ordinaria e quelli più ardui della santità, e può esserne vinto; ma chi è conscio della propria fragilità, domanda a Dio solo la Grazia di resistere alle prove e di non cadere, e lo supplica di attenuare quelle che per la nostra miseria potrebbero travolgerci.

Con quest’ultima domanda la direttiva della preghiera dataci da Gesù è completa: credere veramente in Dio, confidare in Lui come figli ed essergli amici per la Grazia; ecco il fondamento di ogni vera preghiera. Domandare i beni dell’anima, non come nostro appagamento egoistico, ma per rispondere al nostro fine, e quindi domandare la gloria di Dio ed il suo Regno, perché quei beni così si diffondono in noi. Qualunque domanda che prescinda dalla gloria di Dio e dal suo Regno in noi è sterile e può esserci di danno. Per la vita del corpo domandare il sostentamento necessario, il pane quotidiano, senza aggravarla di ingombri inutili, è domandare la pace, frutto della giustizia e della carità. Infine considerarsi fragili nelle prove che servono al conseguimento dell’etema vita è domandare a Dio la difesa e la conservazione della vita spirituale.

Come già si è accennato, Gesù Cristo nel dare agli apostoli le direttive di qualunque preghiera nella formula che loro insegnò, espresse in una sintesi mirabile quello che era la sua medesima vita di preghiera: Egli, Figlio di Dio, era venuto in terra per proclamare la divina paternità di adozione per tutti gli uomini, e per sollevare a Lui, verso le altezze dei Cieli, le sue creature: “Padre nostro che sei nei cieli”. Egli pregava per esaltare il nome di Dio e per far risuonare in terra, nella natura umana da Lui assunta, le lodi che dall’eternità dava al Padre: “Sia santificato il tuo Nome”.

Egli era venuto per stabilirne il Regno su tutte le creature, e proclamava questo Regno realizzandolo con la sua grande preghiera che doveva culminare nel sacrificio del Golgota: “Venga il tuo regno”. Egli stabiliva il regno di Dio nel pieno compimento dei disegni dell’infinito suo Amore, ossia della sua Volontà, ed implorava che questa Volontà amorosa fosse stata in terra il legame e l’armonia di tutte le attività umane per la Gloria divina, come in cielo era l’eterno legame del Padre e del Figlio: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Egli, Figlio di Dio, dunque, si rivolgeva al Padre; Egli, gloria sua sostanziale lo glorificava e ne stabiliva il Regno trionfante, compiendo la sua Volontà, fatto obbediente fino alla morte ed amandolo nell’infinito Amore.

Essendo vero Uomo come era vero Dio, Egli, mediatore nostro e pellegrino della terra, domandava per noi anche i beni della vita mortale: il sostentamento, la pace e la difesa da ogni pericolo, ossia quella sobria prosperità che aiuta la vita ad orientarsi a Dio e non la rende povera lotta per i beni fugaci, confusione di contrasti ed irruenza di prepotenze brutali, misero zimbello di satana e vittima delle stesse prove che debbono orientarla al Signore. Era questa la grande preghiera della vita mortale di Gesù Cristo e logicamente Egli, uscendo da una di queste sue grandi elevazioni, al discepolo che in nome di tutti lo supplicò d’insegnare loro a pregare, dette una formula sublime di preghiera che era la sintesi della sua orazione, e la direttiva di tutte le nostre preghiere.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

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Faccia a faccia con Gesù

LE TENEBRE DI OGGI ANCHE FRA I CATTOLICI: “È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.” DON DOLINDO RUOTOLO

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-Le tenebre di oggi anche fra i cattolici-

Ecco, noi viviamo in un’epoca di tenebre fitte, in un momento di frenesia collettiva che ci fa correre verso la catastrofe; si affondano le navi, si distruggono immani ricchezze, si corre come esercito mobilitato verso la morte, e perché? Perché manca la luce di Gesù Cristo che è Lume di vita! Si assiste al miserando spettacolo della creazione di nuove fedi fondate sull’ignoranza, di nuove religioni fondate su idoli scelleratissimi, carichi di delitti, e persino di nuovi misticismi che mostrano come simboli e oggetto di contemplazione la rivoltella, il pugnale, la bomba a mano e il teschio di morte, non per considerare la morte in ordine alla Vita eterna ma per darla spietatamente o incontrarla disperatamente.

Gli uomini sembrano impazziti, impazziti fino al delirio; sconvolgono tutto per creare, secondo loro, un ordine nuovo, e fanno rovinare tutto, travolgendo tutto nell’immane cataclisma delle rivoluzioni e delle guerre. Si presta una fede cieca ai corifei dell’empietà, fino a considerarli come dèi, e si nega l’assenso nobilissimo dell’intelletto e del cuore a Gesù Cristo. È una cosa penosissima! È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.

Ci sono infatti, fra essi, gravi sintomi di assideramento e di disorientamento; serpeggiano fra loro a man salva errori funestissimi e pochi se ne accorgono, assorbendone il veleno nella vita. C’è una forte infiltrazione di razionalismo, di materialismo e di naturalismo nelle anime, un aborrimento del soprannaturale, una forzata paralisi degli slanci dell’anima verso vette più alte, un subcosciente disprezzo di tutto quello che è vita interiore e vita di santità e, soprattutto, un rispetto umano spinto fino a ostentare rispetto e simpatia per gli eretici e i perversi e disprezzo e noncuranza per tutto quello che può far temere l’accusa di piccolezza d’animo o di pietà da donnette.

Citiamo, a questo proposito, un brano del padre Faber, perché è troppo importante che si riaccenda in pieno la luce che ci ha dato Gesù Cristo tra i fedeli e – bisogna dirlo – tra quelli stessi che li guidano, perché il disorientamento è anche tra le anime consacrate a Dio.

«Vi sono molti, ai nostri tempi, i quali non dicono di non essere cristiani, ma pure scrivono e parlano come se fossero fuori e come se fossero, allo stesso tempo, cristiani e non cristiani. Essi non si diedero pena di formulare una miscredenza positiva, ma non comprendono come mai il progresso, la perfettibilità e le scoperte moderne… possano conciliarsi con quella collezione di antichi dogmi che costituiscono la religione cristiana, e inclinerebbero a rinunciare ai dogmi piuttosto che alle scoperte e invenzioni. Tali persone mettono la dignità umana fra le considerazioni di prim’ordine, mentre, secondo loro, l’assenso dell’uomo alle dottrine e alle pratiche della Chiesa è tanto degradante alla sua nobiltà intellettuale, quanto la sua obbedienza alle medesime è superstiziosa e umiliante. Papa e teologia, Madonna e Santi, grazie e Sacramenti, penitenza e Purgatorio, scapolari e rosari, ascetismo e misticismo, combinandosi per formare un carattere perfettamente distinto e riconoscibile, arrecano un tono alla mente e un fare alla condotta che non lasciano dubbio, e che difficilmente si sbaglia a riconoscerli… Le persone delle quali ora parliamo sono ben lontane dal nutrire stima per un tale carattere. Ai loro occhi è un carattere piccolo, debole, spregevole, codardo, gretto, pusillanime. Difetta di quell’espansione e ardire della grandezza morale, secondo il loro modo di misurare la grandezza. Queste persone tracciarono dei limiti al servizio di Dio, cercarono con lui un compromesso, lo ridussero da Creatore ad un ente che può imporre tasse e tributi e nulla più, perché Egli è un monarca costituzionale e non dispotico, ed essi si formarono della perfezione un’opinione sfavorevole, come di un’aggressione incostituzionale per parte di Dio e del suo esecutivo».

Noi non ci accorgiamo che Gesù Cristo non è più considerato come luce del mondo e che alla Chiesa stessa si tende a dare una fisionomia che non discordi troppo o dal mondo o dalle pompose esibizioni di sapienza, di equilibrio e di serietà delle sette. Quasi quasi ci piace quell’ipocrita austerità di riti senz’anima e senza slanci, quel bando dato a tutto quello che riscalda il cuore e lo muta in un vibrante motore spirituale che porta l’anima nei voli dell’amore. Ci mostriamo disgustati dalle pose dei Santi che ci sembrano esagerate e tendiamo sempre più a vestirci dello smoking del mondo, per mostrarci a nostro modo seri ed equilibrati, rinnegando così la divina stoltezza della Croce. Crediamo quasi indecoroso che un cardinale si mostri con la corona in mano o che baci un’immagine sacra; ci abituiamo troppo a confondere la luminosa maestà dell’anima che crede, spera e ama, con la boria di una serietà mondana, più ridicola di quella di un pagliaccio.

Siamo come schiavi, incatenati dalla miscredenza e dagli errori altrui, tremanti a ogni cenno del loro disprezzo per quello che è frutto di devozione e di pietà cristiana, premurosi di toglierci ogni segno di riconoscimento cristiano, rinnegatori della nostra divina nazionalità, diremmo snobisti di satana e di quello che satana ha prodotto per renderci come stranieri e forestieri nella stessa Chiesa, simili a quegli zulù africani che passano dal loro deserto ardente in una delle nostre rumorose piazze, smarriti nello splendore della civiltà e desiderosi del covo delle loro montagne.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

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Faccia a faccia con Gesù

“FACCIA A FACCIA CON GESÙ. MEDITAZIONI PER LA QUARESIMA E LA VITA SPIRITUALE” UN’ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO!

Ringraziamo le suore della casa editrice “Mimep” per aver pubblicato un’antologia imperdibile di Don Dolindo Ruotolo: “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale”.

Pagine: 320

INDICE:

Parte 1: Passione, morte e risurrezione di Cristo

Parte 2: Il peccato, il mondo, la carne, Satana

Parte 3: Preghiera, conversione e penitenza

Parte 4: La croce, la notte oscura e le prove dell’anima

Un libro con meditazioni di don Dolindo Ruotolo sulla Passione di Gesù e la vita spirituale.

Dolindo Ruotolo è stato insieme a Padre Pio da Pietrelcina un dono di Dio per la Chiesa. Un amanuense dello Spirito Santo, con una sapienza e uno spirito profetico infusi dall’alto, un taumaturgo di non minor potenza del confratello cappuccino, uno stigmatizzato di Cristo già nel nome, un figlio prediletto della Vergine Maria, un servo fedele che volle essere il nulla del nulla in Dio e il tutto di Dio negli uomini per la salvezza delle anime.

Per Don Dolindo l’altare è anche uno scrittoio dove componeva nell’umile scrittura di un intelletto penetrante le infinite pagine di esegesi biblica. Le sue opere sono veramente un’intera biblioteca, un pozzo dove l’anima che vi s’immerge attinge acqua zampillante per la vita eterna, come quella promessa alla Samaritana da Gesù.

In questo volume antologico sono raccolte delle meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale quotidiana con diverse tematiche, tra cui:
– la Passione e la Risurrezione di Cristo
– il peccato e l’azione del demonio
– la preghiera
– la penitenza e la conversione
– la notte oscura
la croce e le prove dell’anima

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Faccia a faccia con Gesù

UNA PROFEZIA DI FULTON SHEEN SULLA CRISI DELLA CHIESA. COSA AVEVA PREVISTO L’ARCIVESCOVO? “La Chiesa prospera meglio quando il presente non è rassicurante e il futuro è dipinto a tinte nere… essa è debole quando trae forza dal potere del mondo, ed è forte quando appare debole agli occhi degli uomini.”

Amici di Fulton John Sheen

L’arcivescovo Fulton Sheen, eminente apologeta, teologo e filosofo cattolico, è stato definito da molti un profeta dei nostri tempi. Aveva una notevole capacità di vedere le sfumature di un mondo che cambia. In uno dei suoi libri scritto nel 1938, “The Cross and the Crisis”, ha fatto una diagnosi accurata della causa della crisi nella Chiesa Cattolica e nel mondo, e ha descritto i cambiamenti inquietanti che stanno avvenendo oggi sotto i nostri occhi. Cosa aveva previsto l’arcivescovo Sheen?

Ecco le sue parole:

-La più grande vittoria di Gesù-

Tuttavia, la secolarizzazione della cultura e l’atteggiamento ostile dello Stato moderno non devono essere motivo di disperazione. La Chiesa prospera meglio quando il presente non è rassicurante e il futuro è dipinto a tinte nere.

La vittoria del mondo non è mai sembrata così imminente come quando Gesù fu inchiodato alla Croce, eppure fu un giorno di sconfitta per il mondo…

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