LE TENEBRE DI OGGI ANCHE FRA I CATTOLICI: “È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.” DON DOLINDO RUOTOLO

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-Le tenebre di oggi anche fra i cattolici-

Ecco, noi viviamo in un’epoca di tenebre fitte, in un momento di frenesia collettiva che ci fa correre verso la catastrofe; si affondano le navi, si distruggono immani ricchezze, si corre come esercito mobilitato verso la morte, e perché? Perché manca la luce di Gesù Cristo che è Lume di vita! Si assiste al miserando spettacolo della creazione di nuove fedi fondate sull’ignoranza, di nuove religioni fondate su idoli scelleratissimi, carichi di delitti, e persino di nuovi misticismi che mostrano come simboli e oggetto di contemplazione la rivoltella, il pugnale, la bomba a mano e il teschio di morte, non per considerare la morte in ordine alla Vita eterna ma per darla spietatamente o incontrarla disperatamente.

Gli uomini sembrano impazziti, impazziti fino al delirio; sconvolgono tutto per creare, secondo loro, un ordine nuovo, e fanno rovinare tutto, travolgendo tutto nell’immane cataclisma delle rivoluzioni e delle guerre. Si presta una fede cieca ai corifei dell’empietà, fino a considerarli come dèi, e si nega l’assenso nobilissimo dell’intelletto e del cuore a Gesù Cristo. È una cosa penosissima! È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.

Ci sono infatti, fra essi, gravi sintomi di assideramento e di disorientamento; serpeggiano fra loro a man salva errori funestissimi e pochi se ne accorgono, assorbendone il veleno nella vita. C’è una forte infiltrazione di razionalismo, di materialismo e di naturalismo nelle anime, un aborrimento del soprannaturale, una forzata paralisi degli slanci dell’anima verso vette più alte, un subcosciente disprezzo di tutto quello che è vita interiore e vita di santità e, soprattutto, un rispetto umano spinto fino a ostentare rispetto e simpatia per gli eretici e i perversi e disprezzo e noncuranza per tutto quello che può far temere l’accusa di piccolezza d’animo o di pietà da donnette.

Citiamo, a questo proposito, un brano del padre Faber, perché è troppo importante che si riaccenda in pieno la luce che ci ha dato Gesù Cristo tra i fedeli e – bisogna dirlo – tra quelli stessi che li guidano, perché il disorientamento è anche tra le anime consacrate a Dio.

«Vi sono molti, ai nostri tempi, i quali non dicono di non essere cristiani, ma pure scrivono e parlano come se fossero fuori e come se fossero, allo stesso tempo, cristiani e non cristiani. Essi non si diedero pena di formulare una miscredenza positiva, ma non comprendono come mai il progresso, la perfettibilità e le scoperte moderne… possano conciliarsi con quella collezione di antichi dogmi che costituiscono la religione cristiana, e inclinerebbero a rinunciare ai dogmi piuttosto che alle scoperte e invenzioni. Tali persone mettono la dignità umana fra le considerazioni di prim’ordine, mentre, secondo loro, l’assenso dell’uomo alle dottrine e alle pratiche della Chiesa è tanto degradante alla sua nobiltà intellettuale, quanto la sua obbedienza alle medesime è superstiziosa e umiliante. Papa e teologia, Madonna e Santi, grazie e Sacramenti, penitenza e Purgatorio, scapolari e rosari, ascetismo e misticismo, combinandosi per formare un carattere perfettamente distinto e riconoscibile, arrecano un tono alla mente e un fare alla condotta che non lasciano dubbio, e che difficilmente si sbaglia a riconoscerli… Le persone delle quali ora parliamo sono ben lontane dal nutrire stima per un tale carattere. Ai loro occhi è un carattere piccolo, debole, spregevole, codardo, gretto, pusillanime. Difetta di quell’espansione e ardire della grandezza morale, secondo il loro modo di misurare la grandezza. Queste persone tracciarono dei limiti al servizio di Dio, cercarono con lui un compromesso, lo ridussero da Creatore ad un ente che può imporre tasse e tributi e nulla più, perché Egli è un monarca costituzionale e non dispotico, ed essi si formarono della perfezione un’opinione sfavorevole, come di un’aggressione incostituzionale per parte di Dio e del suo esecutivo».

Noi non ci accorgiamo che Gesù Cristo non è più considerato come luce del mondo e che alla Chiesa stessa si tende a dare una fisionomia che non discordi troppo o dal mondo o dalle pompose esibizioni di sapienza, di equilibrio e di serietà delle sette. Quasi quasi ci piace quell’ipocrita austerità di riti senz’anima e senza slanci, quel bando dato a tutto quello che riscalda il cuore e lo muta in un vibrante motore spirituale che porta l’anima nei voli dell’amore. Ci mostriamo disgustati dalle pose dei Santi che ci sembrano esagerate e tendiamo sempre più a vestirci dello smoking del mondo, per mostrarci a nostro modo seri ed equilibrati, rinnegando così la divina stoltezza della Croce. Crediamo quasi indecoroso che un cardinale si mostri con la corona in mano o che baci un’immagine sacra; ci abituiamo troppo a confondere la luminosa maestà dell’anima che crede, spera e ama, con la boria di una serietà mondana, più ridicola di quella di un pagliaccio.

Siamo come schiavi, incatenati dalla miscredenza e dagli errori altrui, tremanti a ogni cenno del loro disprezzo per quello che è frutto di devozione e di pietà cristiana, premurosi di toglierci ogni segno di riconoscimento cristiano, rinnegatori della nostra divina nazionalità, diremmo snobisti di satana e di quello che satana ha prodotto per renderci come stranieri e forestieri nella stessa Chiesa, simili a quegli zulù africani che passano dal loro deserto ardente in una delle nostre rumorose piazze, smarriti nello splendore della civiltà e desiderosi del covo delle loro montagne.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

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Faccia a faccia con Gesù

PERCHÉ PAPA FRANCESCO È IL PONTEFICE LEGITTIMO DELLA CHIESA?

Dato che molti fedeli negano che il Papa vero sia Francesco e rischiano di essere oggettivamente scismatici separandosi dalla comunione con la Chiesa, ho deciso di postare alcuni pezzi trovati online per fare chiarezza sulla questione.

BUONA LETTURA E RIFLESSIONE!

Gli eretici Giovanni Wycliffe e Jan Hus respinsero numerosi Papi sulla base del fatto che erano troppo malvagi per essere veri successori di San Pietro. In risposta, il Concilio di Costanza ha formalmente condannato le seguenti definizioni dei due eretici:

-Articoli condannati di Giovanni Wicleff:

  1. Se il papa è predestinato e malvagio, e, quindi, membro del diavolo, non ha potere sui fedeli, se non forse quello che gli sia stato dato da Cesare.
  2. Non si deve temere la scomunica del papa o di qualsiasi prelato perché è una censura dell’anticristo.
  3. La chiesa romana è la sinagoga di Satana. Il papa non è vicario immediato e diretto di Cristo e degli apostoli.

(Il concilio dichiara eretico Giovanni Wicleff, ne condanna la memoria e ne ordina di esumare le sue ossa)

-Articoli condannati di Giovanni Huss (Jan Hus):

  1. Non si è tenuti a credere che questo – chiunque esso sia – particolare romano pontefice sia il capo di qualsiasi santa chiesa particolare, se Dio non lo ha predestinato.
  2. Nessuno fa le veci di Cristo o di Pietro, se non ne segue i costumi: nessun’altra sequela, infatti, è più pertinente né si riceve diversamente da Dio il potere di suo rappresentante, perché per quell’ufficio di vicario si richiede sia la conformità dei costumi, sia l’autorità di colui che lo istituisce.
  3. Il papa non è il successore certo e vero del principe degli apostoli, Pietro, se vive in modo contrario a quello di Pietro. E se è avido di denaro, allora è vicario di Giuda Iscariota. Con uguale chiarezza i cardinali non sono certi e veri successori del collegio degli altri apostoli di Cristo, se non vivono come gli apostoli, osservando i comandamenti e i consigli del signore nostro Gesù Cristo.
  4. Se il papa è cattivo, e specie se è predestinato, allora, come Giuda, l’apostolo, è diavolo, ladro e figlio della perdizione; e non è capo della santa chiesa cattolica militante, non essendo neppure suo membro.
  5. Il papa o il prelato indegno e predestinato, è solo equivocamente pastore; nella realtà è ladro e predone.
  6. Se il papa vive contrariamente a Cristo, anche se è stato scelto con regolare e legittima elezione secondo la costituzione umana vigente, la scelta invece è avvenuta per altra via che per Cristo, anche se si ammettesse che è stato eletto principalmente da Dio. Anche Giuda Iscariota, infatti, regolarmente e legittimamente eletto all’apostolato da Gesù Cristo, Dio, tuttavia salì per altra via nel recinto delle Pecore.
  7. Non perché gli elettori o la maggioranza di essi si sono trovati d’accordo secondo l’uso comune su una persona, per questo essa è legittimamente eletta, o per ciò stesso è vero e certo successore o vicario dell’apostolo Pietro, o di un altro apostolo in un ufficio ecclesiastico. Quindi, l’abbiano eletto bene o male gli elettori, noi dobbiamo guardare alle opere di chi è stato eletto. Infatti, per questo stesso che uno lavora di più, meritoriamente, al progresso della chiesa, ha anche da Dio, a questo fine, una maggiore potestà.
  8. Cristo reggerebbe meglio la sua chiesa mediante i suoi veri discepoli, sparsi sulla terra, senza questi capi mostruosi.

Fonte per il Concilio di Costanza: https://web.archive.org/web/20080604162004/http://www.totustuus.biz/users/concili/costanza.htm

-Di seguito alcuni pezzi, tradotti velocemente, da 2 articoli di un sito americano. Invito a leggere i due articoli interamente per chi conosce l’inglese:

1) Fatto dogmatico: l’unica dottrina che prova che Francesco è papa: https://onepeterfive.wpengine.com/dogmatic-fact-francis-pope/

2) Ad ogni obiezione una risposta. Perché Francesco è papa: https://onepeterfive.com/objection-answer-francis-pope/

-Ecco alcuni pezzi dei 2 articoli:

Il cardinale Louis Billot (che ha scritto l’enciclica Pascendi di Papa San Pio X), spiega tutte le condizioni che sono necessarie per un uomo a diventare un papa legittimo dal momento in cui la Chiesa accetta lui come papa:

“[Un] punto deve essere considerato assolutamente incontrovertibile e posto saldamente al di sopra di ogni dubbio: l’adesione della Chiesa universale sarà sempre, di per sé, segno infallibile della legittimità di un determinato Pontefice, e quindi anche dell’esistenza di tutte le condizioni richieste per la legittimità stessa. Non è necessario cercare lontano la prova di ciò, ma la troviamo subito nella promessa e nella provvidenza infallibile di Cristo: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”, ed “Ecco io sarò con voi tutti i giorni” … Dio può permettere che a volte una vacanza nella Sede Apostolica si prolunghi a lungo. Può anche permettere che sorgano dubbi sulla legittimità di questa o quella elezione. Non può però permettere che tutta la Chiesa accetti come Pontefice colui che non lo è così veramente e legittimamente. Pertanto, dal momento in cui il Papa è accolto dalla Chiesa e unito ad essa come capo del corpo, non è più permesso dubitare di un eventuale vizio di elezione o di un’eventuale mancanza di qualsiasi condizione necessaria per la legittimità. Infatti la suddetta adesione della Chiesa sana alla radice ogni colpa nell’elezione e prova infallibilmente l’esistenza di tutte le condizioni richieste.”

Nota l’ultima parte. Dal “momento” in cui è accettato come Papa dalla Chiesa, non è più consentito dubitare della sua elezione, né della presenza di eventuali condizioni richieste per la legittimità. Poiché Francesco è stato accettato come papa da tutta la Chiesa il giorno della sua elezione, nessuno degli argomenti attualmente in circolazione contro la sua legittimità sono validi, né per un vizio nell’elezione né per l’assenza di qualsiasi condizione (come la condizione che l’ufficio pontificio era vacante all’epoca).

Giovanni di san Tommaso spiega che la certezza che tutte le condizioni fossero soddisfatte è una conclusione teologica derivata dalla verità de fide che l’uomo è papa.

Lui scrive:

“È subito di fede divina che quest’uomo in particolare, legittimamente eletto e accettato dalla Chiesa, è il sommo pontefice e successore di Pietro… poiché è de fide che quest’uomo… è il Papa, si trae la conclusione teologica che erano veri elettori, e una reale intenzione di eleggere, così come gli altri requisiti ( condizioni ) senza i quali la verità de fide non potrebbe reggere. …

Prima dell’elezione esiste la certezza morale che tutte queste condizioni richieste nella persona siano effettivamente soddisfatte. Dopo il fatto dell’elezione e della sua accettazione, il compimento di queste condizioni è conosciuto con la certezza di una conclusione teologica, poiché esse hanno, di per sé, un’implicazione logica con una verità certa, e certificata dalla fede [cioè, che è il vero Papa]. … [T]che sia battezzato e soddisfi gli altri requisiti … si deduce di conseguenza[.] …”

Abbiamo quindi la certezza della fede, per una rivelazione implicitamente contenuta nel Credo e nella promessa fatta a Pietro, e resa più esplicita nella definizione di Martino V, e applicata e dichiarata in atto ( in exercitio ) dall’accettazione della Chiesa, che quest’uomo in particolare, eletto canonicamente secondo l’accettazione della Chiesa, è Papa.

-Risposta all’obbiezione: Se un pretendente al papato usurpasse illecitamente l’ufficio papale, senza diventare il papa legittimo, non sarebbe mai universalmente accettato come papa dalla Chiesa. D’altra parte, se la sua pretesa al papato è universalmente accettata, fornisce la certezza infallibile che è diventato papa. Il cardinale Billot spiega il motivo come segue:

“Dio può permettere che a volte una vacanza nella Sede Apostolica si prolunghi a lungo. Può anche permettere che sorgano dubbi sulla legittimità di questa o quella elezione. Non può però permettere che tutta la Chiesa accetti come Pontefice colui che non lo è così veramente e legittimamente”

-Obiezione: il Vaticano I ha definito che il papa è infallibile e quindi non può perdere la fede o insegnare l’eresia. Francesco chiaramente non ha la Fede, e ha insegnato l’eresia. Ciò dimostra che gli manca la protezione dell’ufficio pontificio e quindi è un segno che non è il papa.

Risposta: Da nessuna parte il Vaticano I ha definito che un papa non può perdere la Fede o insegnare personalmente l’eresia. Ciò che ha definito è che non può sbagliare quando definisce una dottrina, ex cathedra . Il cardinale Camillo Mazzella, che tenne la cattedra di teologia alla Gregoriana nel decennio successivo al Concilio Vaticano I, scrisse quanto segue nel De Religione et Ecclesia (1905):

” una cosa è che il Romano Pontefice non può insegnare un’eresia parlando ex cathedra (ciò che ha definito il Concilio Vaticano); ed è un’altra cosa che non può cadere nell’eresia, cioè diventare eretico come un privato. Su quest’ultima questione il Concilio non ha detto nulla ( De hac question nihil dixit Concilium ); e i teologi ei canonisti non sono d’accordo tra loro al riguardo.”

Più di un secolo dopo il Vaticano I, il cardinale Stickler scrisse:

“Nessun teologo oggi, pur accettando incondizionatamente l’infallibilità del romano pontefice, afferma con ciò che il papa, parlando in astratto, non può diventare personalmente eretico.”

-Obiezione: anche se Francesco è diventato papa dopo la sua elezione, chiaramente non ha la fede ora, quindi non può essere il papa. San Roberto Bellarmino diceva che un eretico è ipso facto deposto.

Risposta: Nel De Ecclesia Militante (Capitolo X), Bellarmino mostra quale sia la sua vera posizione riguardo alla perdita dell’incarico per eresia. Spiega che un papa che cade nell’eresia non perde il pontificato a meno che 1) non si separi pubblicamente dalla Chiesa o 2) sia condannato per eresia dalla Chiesa:

“È certo che, checché ne pensi l’uno o l’altro, un eretico occulto, se fosse Vescovo, o anche Sommo Pontefice, non perde la giurisdizione, né la dignità, né il nome del capo nella Chiesa, finché o non si separa se stesso pubblicamente dalla Chiesa , o essendo condannato per eresia, viene separato contro la sua volontà.”

Francesco non si è separato pubblicamente dalla Chiesa, né è stato condannato per eresia. Pertanto, secondo Bellarmino, non ha perso il suo ufficio. E il fatto che egli rimanga papa è confermato dall’infallibilità del Magistero ordinario e universale, che continua a riconoscerlo come papa, fornendo così «una chiara testimonianza della legittimità della sua successione» (Van Noort).

-Obiezione: Conosco molti cattolici che rifiutano Francesco come papa, quindi nego che sia “universalmente accettato” come papa.

Risposta: Anche se qualcuno nega che Francesco sia “universalmente accettato” ora , non può negare che Francesco sia stato universalmente accettato nelle settimane e nei mesi successivi alla sua elezione. Basta questo a dimostrare che è diventato papa. Come spiega il cardinale Billot, la legittimità di un pontefice romano è infallibilmente certa «dal momento in cui il Papa è accolto dalla Chiesa» . Lo stesso insegna Giovanni di S. Tommaso: “Appena gli uomini vedono o sentono che è stato eletto un Papa, e che l’elezione non è contestata , sono obbligati a credere che quell’uomo è il Papa, e ad accettarlo”.

-Obiezione: Anche se l’abdicazione di Benedetto fosse valida, l’elezione di Francesco era nulla a causa della congiura della mafia di San Gallo, vietata dall’Universi Dominici Gregis, n. 81.

Risposta: Il canonista Ed Peters ha fornito una risposta canonica a questa e ad altre obiezioni canoniche. Teologicamente, tutte queste obiezioni si rivelano false dall’accettazione universale di Francesco, che non avrebbe avuto luogo se eventuali atti illeciti dei cardinali avessero invalidato l’elezione. Rilevante anche qui è il seguente insegnamento di Sant’Alfonso:

“Non importa che nei secoli passati qualche Pontefice sia stato eletto illegittimamente o si sia impossessato del Pontificato con l’inganno; è sufficiente che sia stato poi accettato da tutta la Chiesa come Papa, poiché alla luce di tale accettazione è già diventato il Papa legittimo e vero…”

Va anche notato che l’elezione è semplicemente il meccanismo con cui la Chiesa sceglie un papa, ma è sempre Cristo che fa papa l’uomo conferendogli l’autorità pontificia. Ora, Cristo non è limitato dalla legge umana o impedito di agire a causa di atti illeciti o fraudolenti dell’uomo. Mentre è certo che Cristo sarà agente unendo l’uomo eletto (materia) al pontificato (forma) quando le leggi elettorali sono seguite, Egli non è ostacolato dal farlo a causa di un difetto nelle elezioni. Questo spiega perché alcuni uomini illecitamente eletti divennero papi legittimi.

Ciò si applicherebbe logicamente anche al contrario. Ad esempio, se un papa fingesse di dimettersi dal papato e ingannasse la Chiesa facendogli credere di averlo fatto (che è essenzialmente ciò che gli attribuiscono coloro che negano la validità delle dimissioni di Benedetto), non c’è dubbio che Cristo avrebbe spogliato il tale del pontificato. Ciò è implicitamente confermato dagli esempi storici di veri papi che furono illecitamente deposti ma che tuttavia persero l’ufficio papale quando vi si assoggettarono.

Ora, poiché è certo che solo Cristo può autorevolmente togliere dal pontificato un vero papa, se lo ha fatto nei casi di papi illegalmente deposti ma acconsentiti, non farebbe altrettanto nel caso di un papa che ha finto di dimettersi, orchestrando la propria abdicazione illegale e acconsentendovi? Senza dubbio lo avrebbe fatto, e se il prossimo papa fosse stato universalmente accettato, lo dimostrerebbe.

-il rifiuto della legittimità di un papa che è stato universalmente accettato è un “peccato mortale contro la fede”. Giovanni di San Tommaso lo qualifica come un’eresia:

“Chi negherebbe che un determinato uomo è Papa dopo che è stato pacificamente e canonicamente accettato, sarebbe non solo uno scismatico, ma anche un eretico ; poiché, non solo squarcerebbe l’unità della Chiesa… ma vi aggiungerebbe anche una dottrina perversa, negando che l’uomo accettato dalla Chiesa sia da considerare come il Papa e la regola della fede. Pertinente qui è l’insegnamento di san Girolamo (Commento a Tito, capitolo 3) e di san Tommaso (IIa IIae Q. 39 A. 1 ad 3), secondo cui ogni scisma inventa per sé qualche eresia, per giustificare il suo ritiro dalla Chiesa. Così, sebbene lo scisma sia distinto dall’eresia, nel (…) caso in esame, chi negherebbe la proposizione appena formulata non sarebbe uno scismatico puro, ma anche un eretico, come sostiene anche Suarez.”

Vale la pena notare che il motivo per cui Cartechini lo ha qualificato come “peccato mortale contro la fede”, piuttosto che eresia, è dovuto ad uno sviluppo dottrinale avvenuto negli ultimi secoli. Oggi, in senso stretto, l’eresia si limita al rifiuto di una verità formalmente rivelata (oggetto primario dell’infallibilità), mentre nei secoli passati il ​​rifiuto di qualsiasi dottrina de fide era considerato eresia (cfr ST II q 11, a 2). Ma che sia qualificata come eresia in senso stretto o solo in senso lato, in entrambi i casi, è un peccato mortale contro la fede, che priverà un cattolico dello stato di grazia e meriterà una punizione eterna.

UN FATTO STORICO

PAPA VIGILIO: “la modalità della sua elevazione alla Sede di Roma fu viziata da irregolarità e soprusi.”

Nel frattempo, morto Agapito, grazie all’influenza del re dei goti, era stato nominato papa Silverio (536-537), e non molto tempo dopo il generale bizantino Belisario, in guerra contro i goti, si pose alla difesa di Roma. L’assedio che il re goto Vitige pose alla città suggerì a Teodora il momento propizio per mettere in atto i suoi piani, del cui contenuto Vigilio, rientrato in Italia, aveva già messo al corrente Belisario. Tramite una lettera contraffatta il papa venne accusato di essersi accordato con Vitige. Si affermava che Silverio avrebbe offerto al re di lasciare segretamente aperta una delle porte della città in modo da consentire l’ingresso dei goti e liberare Roma dai bizantini. Convocato l’11 marzo 537 da Belisario per discolparsi, il papa non riuscì a confutare le accuse, quindi fu arrestato, spogliato del suo abito episcopale, vestito con una tonaca da monaco e spedito in esilio a Patara, in Licia. Un suddiacono annunciò al popolo che Silverio non era più papa. Il 29 dello stesso mese, su imposizione di Belisario, Vigilio fu consacrato vescovo di Roma al suo posto.

Liberato successivamente Silverio dall’esilio per intercessione di Giustiniano, venne posto sotto la custodia di Vigilio, che lo relegò nell’isola di Palmarola (mar Tirreno). Ma la sua elezione non poteva ancora considerarsi perfezionata e l’11 novembre 537 Silverio fu indotto a firmare un atto di volontaria abdicazione. Solo allora l’intero clero romano fu costretto ad accettare l’elezione di Vigilio, benché ottenuta con la violenza e con la simonia. Nell’isola in cui era stato deportato, ben presto Silverio morì, forse assassinato, o forse per stenti. Il Liber pontificalis afferma che papa Silverio fu nutrito “del pane della tribolazione e dell’acqua dell’angoscia” fino alla morte[6][7], avvenuta il successivo 2 dicembre.

Molto, in queste accuse contro Vigilio, sembra esagerato, ma sicuramente la modalità della sua elevazione alla Sede di Roma fu viziata da irregolarità e soprusi.

Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Papa_Vigilio

UN PEZZO DEL CATECHISMO PER CONCLUDERE:

Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario.

Ci sono diversi modi di peccare contro la fede:

Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica l’esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l’ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito.

L’incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. « Viene detta eresia l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti ».

(Catechismo della Chiesa Cattolica, 2088-2089)

“Que­sta può essere la condizione futura di alcuni di noi, se oggi induriamo il nostro cuore: l’apostasia. Un giorno, in questo mondo, potremmo trovarci apertamente fra i nemici di Dio e della Sua Chiesa” STRAORDINARIA MEDITAZIONE DI SAN JOHN HENRY NEWMAN

“I propri errori chi li conosce? Purificami, o Signore, dalle mie colpe nascoste” (Sal 18 (19), 13).

Straordinaria meditazione di San John Henry Newman:

“Può sembrare strano, ma molti cristiani trascorrono la loro vita senza alcuno sforzo di raggiungere una corretta conoscenza di se stessi. Si accontentano di impressioni vaghe e generiche circa il loro effettivo stato; se hanno qual­cosa in più di questo, si tratta di esperienze casuali, quali i fatti della vita a volte impongono. Ma nulla di esatto e siste­matico, che non rientra nemmeno nei loro desideri avere.

Quando dico che è strano, non è per suggerire che la conoscenza di sé sia facile; è quanto mai difficile conoscere se stessi anche parzialmente, e da questo punto di vista l’i­gnoranza di se stessi non è una cosa strana. La stranezza sta nel fatto che si affermi di credere e di praticare le grandi verità cristiane, mentre si è così ignoranti di se stessi, tenen­do conto che la conoscenza di sé è una condizione necessa­ria per la comprensione di quelle verità. Quindi non è trop­po dire che tutti quelli che trascurano il dovere di un abitua­le esame di coscienza, adoperano in molti casi parole senza averne il sensoLe dottrine del perdono dei peccati, e della nuova nascita dal peccato, non possono essere comprese senza una certa giusta conoscenza della natura del peccato, cioè, del nostro cuore. […]

Ripeto, senza una qualche idea giusta del nostro cuore e del peccato, non possiamo avere un’idea giusta del governo morale, di un salvatore o santificatore; e nel professare di crederci, useremmo parole senza attribuire ad esse precisi distinti significati. Perciò la conoscenza di sé è alla radice di tutta la reale conoscenza religiosaed è invano – peggio che invano -, un inganno e un danno, pensare di comprendere le dottrine cristiane come cose ovvie, unicamente in merito all’insegnamento che si può ricavare dai libri, o dall’ascolta­re prediche, o da qualsiasi altro mezzo esteriore, per quanto eccellente, preso in sé e per sé. Perché è in proporzione alla conoscenza e alla comprensione del nostro cuore e della nostra natura, che comprendiamo cosa significhi Dio gover­natore e giudice, ed è in proporzione alla nostra compren­sione della natura della disobbedienza e della nostra reale colpevolezza, che avvertiamo quale sia la benedizione della rimozione del peccato, della redenzione, del perdono, della santificazione, che altrimenti si riducono a mere parole. La conoscenza di sé è la chiave dei precetti e delle dottrine della Scrittura. […] E allora, quan­do abbiamo sperimentato cosa sia leggere se stessi, avremo utilità dalle dottrine della Chiesa e della Bibbia.

Certo, la conoscenza di sé può avere gradazioni. Probabilmente nessuno ignora se stesso totalmente; e anche il cristiano più maturo conosce se stesso solo «in parte». Comunque, la maggioranza degli uomini si accontentano di una esigua conoscenza del loro cuore, e quindi di una fede superficialeQuesto è il punto sul quale mi propongo di insistere. Gli uomini non si turbano all’idea di avere innu­merevoli colpe nascoste. Non ci pensano, non le vedono né come peccati né come ostacoli alla forza della fede, e continuano a vivere come se non avessero nulla da apprendere.

Consideriamo con attenzione la forte presunzione che esiste, che cioè noi tutti abbiamo delle serie colpe nascoste: un fatto che, credo, tutti sono pronti ad ammettere in termi­ni generali, anche se pochi amano considerare con calma e in termini pratici; cosa che ora cercherò di fare.

1. Il metodo più rapido per convincerci dell’esistenza in noi di colpe ignote a noi stessi, è considerare come chiara­mente vediamo le colpe nascoste degli altri. Non vi è ragione per supporre che noi siamo diversi dagli altri attorno a noi; e se noi vediamo in loro dei peccati che essi non vedono, si può presumere che anche loro abbiano le loro scoperte su di noi, che ci sorprenderebbe di ascoltare. […] Ad esempio: ci sono persone che agiscono principalmente per interesse, mentre pensano di compiere azioni generose e virtuose; si spendono gratuitamente, oppure si mettono a rischio, lodati dal mondo e da se stessi, come se agissero per alti principi. Ma un osserva­tore più attento può scoprire, quale causa principale delle loro buone azioni, sete di guadagno, amore degli applausi, ostentazione, o la mera soddisfazione di essere indaffarato e attivo. Questa può essere non solo la condizione degli altri, ma anche la nostra; o, se non lo è, può esserlo una infermità simile, la soggezione a qualche altro peccato, che gli altri vedono, e noi non vediamo.

Ma se dite che non c’è alcuno che veda in noi dei peccati di cui noi non siamo consapevoli (benché questa sia una supposizione alquanto temeraria da fare), pure, perché mai la gamma delle nostre mancanze dovrebbe dipendere dalla conoscenza accidentale che qualcuno ha di noi? Se anche tutto il mondo parlasse bene di noi, e le persone buone ci salutassero fraternamente, dopo tutto vi è un Giudice che prova le reni e il cuore. Egli conosce il nostro stato reale. Lo abbiamo pressantemente supplicato di dischiuderci la conoscenza del nostro cuore? Se no, questa stessa omissione fa presumere contro di noi. Anche se dappertutto nella Chiesa fossimo lodati, possiamo essere certi che egli vede in noi innumerevoli pecche, profonde e odiose, di cui non abbiamo l’idea. Se l’uomo vede tanto male nella natura umana, che cosa deve vedere Dio? «Se il nostro cuore ci con­danna, Dio è più grande del nostro cuore, e conosce ogni cosa». Dio non solo registra ogni giorno contro di noi atti peccaminosi, di cui noi non siamo consapevoli, ma anche i pensieri del cuore. Gli impulsi dell’orgoglio, della vanità, della concupiscenza, dell’impurità, del malumore, del risen­timento, che si susseguono nelle momentanee emozioni di ogni giorno, sono a lui noti. Noi non li riconosciamo; ma quanto importante sarebbe riconoscerli!

2. Questa considerazione ci è suggerita già a prima vista. Riflettiamo ora sulla scoperta di nostre mancanze nascoste, provocate da incidenti occasionali. Pietro seguiva Gesù bal­danzosamente, e non sospettava del suo cuore, fino a che nell’ora della tentazione non lo tradì, e lo portò a rinnegare il suo Signore. Davide visse anni di felice obbedienza men­tre conduceva vita privata. Quale fede illuminata e calma appare dalla sua risposta a Saul a proposito di Golia: «Il Signore mi ha liberato dagli artigli del leone e dagli arti­gli dell’orso. Egli mi libererà dalle mani di questo filisteo»! Anzi, non soltanto nella sua vita privata e segregata, fra gravi tribolazioni, e fra gli abusi di Saul, egli continuò a essere fedele al suo Dio; anni e anni egli procedette, irrobu­stendo il suo cuore, e praticando il timor di Dio; ma il potere e la ricchezza indebolirono la sua fede, e ad un certo punto prevalsero su di lui. Venne il momento in cui un profeta poté ritorcere su di lui: «Tu sei quell’uomo» che tu hai condannato. A parole, aveva conservato i suoi principi, ma li aveva smarriti nel suo cuore. Ezechia è un altro esempio di un uomo religioso che resse bene alla tribolazione, ma che ad un certo punto cadde sotto la tentazione delle ricchezze, che al seguito di altre grazie straordinarie gli erano state concesse. – E se le cose stanno così nel caso dei santi, predi­letti di Dio, quale (possiamo supporre) sarà il nostro vero stato spirituale ai suoi occhi? È questo un pensiero serio. L’ammonimento da dedurne è di non pensare mai di avere la dovuta conoscenza di sé stessi fino a che non si sia stati esposti a molti generi di tentazioni e provati da ogni lato. L’integrità da un lato del nostro carattere non attesta l’inte­grità da un altro lato. Non possiamo dire come ci comporte­remmo se venissimo a trovarci in tentazioni differenti da quelle che abbiamo sperimentato finora. Questo pensiero deve tenerci in umiltà. Siamo peccatori, ma non sappiamo quanto. Solo lui che è morto per i nostri peccati lo sa.

3. Fin qui non possiamo scansarci: dobbiamo ammettere di non conoscere noi stessi da quei lati nei quali non siamo stati messi alla prova. Ma al di là di questo; se non ci cono­scessimo nemmeno là dove siamo stati messi alla prova e trovati fedeli? Una circostanza notevole e spesso rilevata è che, se guardiamo ad alcuni dei santi più eminenti della Scrittura, troveremo che i loro errori recensiti si sono verifi­cati in quelle parti dei loro doveri nelle quali ciascuno di loro era stato maggiormente provato, e in cui generalmente aveva dimostrato perfetta obbedienza. Il fedele Abramo per mancanza di fede negò che Sara fosse sua moglie. Mosè, il più mite degli uomini, fu escluso dalla terra promessa per una intemperanza verbale. La sapienza di Salomone fu sedotta ad inchinarsi agli idoli. […] Se dunque uomini, che senza dubbio conoscevano se stessi meglio di quanto ci conosciamo noi, avevano in sé tanta do­se di nascosta infermità, persino in quelle parti del loro ca­rattere che erano più libere da biasimo, che dobbiamo pen­sare di noi stessi? E se le nostre stesse virtù sono così mac­chiate da imperfezioni, che devono essere le molteplici e ignote circostanze aggravanti la colpa dei nostri peccati?Questa è una terza presunzione contro di noi.

4. Pensate anche a questo. Non c’è nessuno che, comin­ciando a esaminare se stesso e a pregare per conoscere se stesso (come Davide nel testò), non trovi entro di sé mancan­ze in abbondanza che prima gli erano interamente o quasi interamente ignote. Che sia così, lo apprendiamo da biogra­fie e agiografie, e dalla nostra esperienza. È per questo che gli uomini migliori sono sempre i più umili: avendo nella loro mente una unità di misura dell’eccellenza morale più esigente di quella che hanno gli altri, e conoscendo meglio se stessi, intravedono l’ampiezza e la profondità della propria natura peccaminosa, e sono costernati e spaventati di sé. Gli’uomini, in genere, non possono capire questo; e se a volte l’autoaccusa, abituale per gli uomini religiosi, si esprime a parole, pensano che provenga da ostentazione, o da uno strano stato di alterazione mentale, o da un accesso di malinconia e depressione. Mentre la confessione di un buon uomo contro se stesso è realmente una testimonianza contro tutte le persone irriflessive che l’ascoltano, e un invito loro rivolto ad esaminare il loro cuore. Senza dubbio, più esami­niamo noi stessi, più imperfetti e ignoranti ci troveremo.

5. Anche se un uomo persevera in preghiera e vigilanza fino al giorno della sua morte, non arriverà al fondo del suo cuore. Benché conosca sempre più di se stesso col diventare più serio e coscienzioso, pure la piena manifestazione dei segreti che là si trovano è riservata per l’altro mondo. E all’ultimo giorno, chi può dire lo spavento e il terrore di un uomo che sulla terra è vissuto per se stesso, assecondan­do la sua volontà perversa, seguendo nozioni improvvisate del vero e del falso, eludendo la croce e i rimproveri di Cristo, quando i suoi occhi si apriranno di fronte al trono di Dio, e gli saranno evidenti i suoi innumerevoli peccati, la sua abituale dimenticanza di Dio, l’abuso dei suoi talenti, il mal-uso e spreco del suo tempo, e l’originaria inesplorata peccaminosità della sua natura? Per gli stessi veri servi di Cristo, la prospettiva è terrificante. […] Senza dubbio, tutti dovremo sopporta­re la cruda e terrificante visione del nostro vero iodovremo sopportare quell’ultima prova del fuoco prima dell’accetta­zione, ma che sarà una agonia spirituale e una seconda morte per tutti coloro che allora non saranno sostenuti dalla forza di colui che morì per portarci in salvo oltre quel fuoco, e nel quale essi sulla terra abbiano creduto.

[…] Richiamiamoci alla mente gli impedimenti che si frappongono alla conoscenza di sé, e al senso della propria ignoranza, e giudicate.

1.Per prima cosa, la conoscenza di sé non è una cosa ovvia; comporta fatica e lavoro. Supporre che la conoscenza delle lingue sia data dalla natura e supporre che la cono­scenza del nostro cuore sia naturale, sarebbero la stessa cosa. Il semplice sforzo di una abituale riflessività è penoso per molti, per non parlare della difficoltà del riflettere cor­rettamente. Chiedersi perché facciamo questo o quello, con­siderare i principi che ci guidano, e vedere se agiamo in coscienza o per più scadenti motivi, è penoso. Siamo pieni di occupazioni, e il tempo libero che abbiamo siamo pronti a dedicarlo a qualche impegno meno severo e affaticante.

2.L’amor proprio, poi, vuole la sua parte. Speriamo il meglio, e questo ci risparmia la noia di esaminarci. L’amor proprio è istintivamente conservatore. Pensiamo di caute­larci sufficientemente ammettendo che al massimo possano esserci rimaste nascoste solo alcune colpe; e le aggiungiamo quando pareggiamo i conti con la nostra coscienza. Ma se conoscessimo la verità, troveremmo che non abbiamo che debiti, debiti maggiori di quanto pensiamo e sempre in aumento.

3.Un tale giudizio favorevole di noi stessi sarà particolar­mente in noi prevalente, se avremo la sfortuna di avere inin­terrottamente buona salute, euforia, comodità. La salute del corpo e della mente è una grande benedizione, se la si sa portarema se non è tenuta a freno da «veglie e digiuni», darà comunemente alla persona l’illusione di essere migliore di quanto sia in realtà. Le difficoltà ad agire correttamente, sia che provengano dall’interiorità che dall’esterno, mettono a prova la coerenza; ma quando le cose procedono senza intoppi, e per attuare qualcosa non abbiamo che da deside­rarlo, non possiamo dire fino a che punto agiamo o non agiamo per senso del dovere. L’euforico si compiace di tutto, specie di se stesso. Può agire con vigore e prontezza, e scambiare per fede quella che è meramente una sua energia costitutiva. È allegro e contento; e pensa che sia quella la pace cristiana. Se è felice in famiglia, egli scambia tali affetti natu­rali per la benevolenza cristiana e per la solida tempra dell’a­more cristiano. In breve, egli è nel sogno, dal quale nulla potrebbe salvarlo tranne una umiltà più profonda; ma nulla, ordinariamente, lo libera tranne l’incontro con la sofferenza. […]

4.C’è ancora da considerare la forza dell’abitudine. La coscienza, inizialmente, ci ammonisce contro il peccato; ma se non è ascoltata, smette presto di richiamarci; in tal modo il peccato, prima conosciuto, diventa occulto. Sembra allora (ed è questa una riflessione impressionante) che più colpe­voli siamo, meno lo sappiamo; e questo perché più spesso pecchiamo, meno ne siamo angosciati. Penso che molti di noi, riflettendo, possano ritrovare, nella loro personale espe­rienza, esempi del fatto che noi gradualmente dimentichia­mo la scorrettezza di certi comportamenti, di cui inizial­mente avevamo avuto l’esatta percezione. Tanta è la forza dell’abitudine. Per suo tramite, ad esempio, gli uomini giungono a permettersi vari generi di disonestà. Giungono, negli affari, ad affermare ciò che non è vero, o quello che non sono sicuri che sia vero. Imbrogliano e ingannano; anzi, probabilmente cadono ancora più in basso nei comporta­menti egoistici, senza accorgersene, mentre continuano meticolosamente nell’osservanza dei precetti della Chiesa e conservano una religiosità formale. Oppure, indulgenti con se stessi, si danno ai piaceri della mensa, fanno sfoggio di residenze lussuose, e meno che mai pensano ai doveri cri­stiani della semplicità e dell’astinenza. Non si può supporre che essi da sempre abbiano ritenuto giustificabile un tal modo di vivere; perché altri ne sono colpiti; e ciò che altri avvertono ora, senza dubbio anch’essi lo avvertivano un tempo. Ma tale è la forza dell’abitudine. Un terzo esempio è quello del dovere della preghiera personale; inizialmente viene omessa con rimorso, ma ben presto con indifferenza. Ma non è meno peccato per il solo fatto che non avvertiamo che lo sia. L’abitudine l’ha resa un peccato nascosto.

5. Alla forza dell’abitudine deve essere aggiunta quella degli usi e costumi. Qui ogni epoca ha le sue storture; e que­ste hanno tale influenza, che persino le persone dabbene, per il fatto di vivere nel mondo, sono inconsapevolmente portate fuori strada da esse. In un’epoca è prevalso un fero­ce odio persecutorio contro gli eretici; in un’altra, un’odiosa esaltazione della ricchezza e dei mezzi per procurarsela; in un’altra, una irreligiosa venerazione delle facoltà pura­mente intellettuali; in un’altra, il lassismo morale; in un’altra, la noncuranza degli ordinamenti e della disciplina della Chiesa. Le persone religiose, se non fanno speciale attenzio­ne, risentiranno delle deviazioni di moda nella loro epoca […]. Tuttavia la loro ignoranza del male non cambia la natura del peccato: il peccato è sempre quello che è, solo le abitudini generali lo rendono segreto.

6. Ora, qual è la nostra principale guida in mezzo alle perverse e seducenti costumanze del mondo? La Bibbia, evi­dentemente. «Il mondo passa, ma la parola del Signore dura in eterno». Quanto esteso e rafforzato deve necessariamen­te essere questo segreto dominio del peccato su di noi, se consideriamo quanto poco leggiamo la Sacra Scrittura! La nostra coscienza si corrompe, è vero; ma la parola della verità, anche se cancellata dalle nostre menti, rimane nella Scrittura, luminosa nella sua eterna giovinezza e purezzaEppure, non studiamo la Sacra Scrittura per svegliare e risa­nare le nostre menti. Chiedetevi, fratelli miei: quanto cono­sco io della Bibbia? Vi è una parte qualsiasi della Bibbia che abbiate letto con attenzione e per intero? Per esempio, uno dei Vangeli? Conoscete qualcosa di più delle opere e delle parole di nostro Signore di quanto avete sentito leggere in chiesa? Avete confrontato i suoi precetti, o quelli di S. Paolo, o quelli di qualcun altro degli Apostoli, con la vostra con­dotta giornaliera? Avete pregato e fatto degli sforzi per conformarvi ad essi? Se sì, bene; perseverate in questo. Se no, è chiaro che non possedete, perché non avete cercato di pos­sedere, un’idea adeguata di quel perfetto carattere cristiano al quale avete il dovere di tendere, e nemmeno della vostra attuale situazione di peccato; siete nel numero di quelli che «non vengono alla luce, perché non siano svelate le loro opere».

Queste osservazioni possono servire per darvi il senso della difficoltà di raggiungere una giusta conoscenza di noi stessi, e del conseguente pericolo a cui siamo esposti: di darci pace, quando non c’è pace.

Molte cose sono contro di noi; è chiaro. Ma il nostro pre­mio futuro non meriterà che lottiamo? E non merita che peniamo e soffriamo, se con ciò potremo sfuggire al fuoco inestinguibile? Ci aggrada il pensiero di scendere nella tomba con sul capo un peso di peccati ignorati e non riprovarli? Possiamo accontentarci di una così irreale fede in Cristo, che ha lasciato uno spazio insufficiente all’umiliazione, o alla gratitudine, o al desiderio e sforzo di santificazione? Come possiamo sentire l’urgenza dell’aiuto di Dio, o la nostra dipendenza da lui, o il nostro debito verso di lui, o la natura del suo dono, se non conosciamo noi stessi? […] Se ricevete la verità rivelata unicamente tramite gli occhi e le orecchie, crederete a delle parole, non a delle cose; e ingannerete voi stessi. Potrete ritenervi saldi nella fede, ma sarete nella più totale ignoranza.

L’unica pratica veramente interprete dell’insegnamento scritturistico è l’obbedienza ai comandamenti di Dio, che implica conoscenza del peccato e della santità, e il desiderio e lo sforzo di piacere a lui. Senza cono­scenza di sé siete personalmente privi di radice in voi stessi; potete resistere per qualche tempo, ma a fronte dell’afflizio­ne o della persecuzione la vostra fede verrà meno. Questo è perché molti in questo tempo (ma pure in ogni epoca) diventano infedeli, eretici, scismatici, sleali spregiatori della Chiesa. Ripudiano la forma della verità, perché non è stata per loro più che una forma. Non reggono, perché non hanno mai provato che Dio fa grazia; e non hanno mai avuto espe­rienza del suo potere e del suo amore, perché non hanno mai conosciuto la loro propria debolezza e indigenza. Que­sta può essere la condizione futura di alcuni di noi, se oggi induriamo il nostro cuore: l’apostasia. Un giorno, in questo mondo, potremmo trovarci apertamente fra i nemici di Dio e della sua Chiesa.

Ma anche se ci fosse risparmiata una tale vergogna, quale vantaggio potremmo, alla fine, avere dal professare senza comprendere? Dire che si ha la fede, quando non si hanno le opere? In tal caso rimarremmo nella vigna celeste come una pianta rachitica, infruttuosi, privi in noi del principio interiore di crescita. E, alla fine, saremmo svergognati di fronte a Cristo e ai suoi angeli, come «alberi di fine stagione, senza frutto, due volte morti, sradicati», anche se morissi­mo in esteriore comunione con la Chiesa.

Pensare a queste cose, e esserne allarmati, è il primo passo verso una obbedienza accettabile; sentirsi tranquilli, è essere in pericolo. Dovremo sperimentare cos’è il peccato nell’al di là, se non ce ne rendiamo conto ora. Dio ci dà ogni grazia per scegliere la sofferenza del pentimento, prima del sopraggiungere dell’ira ventura.”

San John Henry Newman – Sermoni sulla Chiesa. Conferenze sulla dottrina della giustificazione. Sermoni penitenziali. (Fonte: THE INTERNATIONAL CENTRE OF NEWMAN FRIENDS)

LA MORMORAZIONE CONTRO I SUPERIORI E IL PAPA È UN GRAN MALE – COME AGISCE LA CHIESA QUANDO C’È IL RISCHIO DI UNO SCISMA?: “Chi si ribella all’autorità della Chiesa dimostra di non aver avuta nessuna missione dal Signore e di essere un’anima falsa.” RIBELLARSI ALLA CHIESA È MATRICIDIO – COMMENTO MOLTO ATTUALE E IMPORTANTE DI DON DOLINDO RUOTOLO!

Anche nella Chiesa, nei momenti più difficili della sua vita, il Signore suscita provvidenzialmente alcune anime che ricevono da Lui direttamente una missione. Sono casi piuttosto rari; su settanta anziani (i 70 d’Israele), anzi può dirsi su tutto il popolo, due soltanto furono ripieni dello Spirito Santo da Dio stesso. Queste anime, a cui il Signore affida una missione straordinaria, non possono essere giudicate con le leggi comuni, appunto perché costituiscono un’eccezione. Dio ha con loro una speciale provvidenza, ma non le sottrae per nulla all’autorità della Chiesa; chi si ribella a questa, per ciò stesso dimostra di non aver avuta nessuna missione dal Signore e di essere un’anima falsa.

In fondo Mosè, non impedendo a quei due di profetare, indirettamente li autorizzava a farlo. Lutero che s’inalberò contro la Chiesa non aveva un mandato da Dio, e perciò non profetò, ma dolorosamente bestemmiò. I protestanti perciò errano supponendo che Lutero avesse avuta la missione di riformare la Chiesa. Dio non chiama nessuno a compiere tale riforma, ma quando vuol farlo, suscita in Essa i capi provvidenziali che compiono la sua volontà.

Dio suscita direttamente nella Chiesa solo le anime che gemendo ed immolandosi, nell’ umiltà e nell’obbedienza, gettano in Lei il fermento santo di una vita novella, o vivificano in Lei gli occulti germi della sua feconda ricchezza. Queste anime, anche quando sono perseguitate e contraddette, non si ribellano, ma profetano con l’umiltà, con il dolore, con l’esempio, con le preghiere, e portano su di loro la Croce che è il segnale più bello dello Spirito di Dio. (…)

Non bisogna illudersi; i superiori rappresentano Dio, ed è un grave affronto fatto al Signore il mormorare contro di loro. Noi oggi non ci vediamo colpiti evidentemente dai divini castighi quando mormoriamo contro i superiori, ma questo non significa che Dio non se ne offenda. Nell’antica legge, com’era esterna e legale la santità, così erano più manifesti i castighi contro le prevaricazioni; nella nuova legge la santità è interiore ed il castigo è il più delle volte interiore, non si vede, ma non è meno vero e grave.

L’anima ribelle diventa lebbrosa; Dio si ritira da lei e ritira le sue grazie, come si ritirò dalla nube e ritirò la stessa nube dal Tabernacolo. L’anima senza obbedienza è corrosa dalle sue miserie come da una lebbra, e non guarisce che dopo essersi umiliata dinanzi a chi le rappresenta il Signore. È terribile il pensare che Dio sputi in faccia all’anima che non si sottomette all’autorità, e ne mormora, riguardandosi come sua eguale.

Così fanno i poveri protestanti che riguardano il Papa come uno di loro, e dicono spavaldamente: “Forse Dio parla solo al Papa ? Non ha parlato anche a noi?”
Abbiamo nella Santa Scrittura due che profetano, Eldad e Medad, ma non presumono di fare a meno di Mosè, e Dio rimane con loro; abbiamo due, Maria e Aronne, che protestano contro la supremazia di Mosè, e sono sputati in faccia da Dio. La frase apparisce dura, senza dubbio, ma l’ha detta Dio stesso: la povera chiesa protestante è sputata in faccia da Dio, perché rifiuta l’autorità e la supremazia del Papa.

Nelle stesse condizioni si trovano pure le chiese scismatiche che presumono di fare a meno dell’autorità del Papa. È vano illudersi, è vano appellarsi alle proprie ispirazioni, come faceva Maria (sorella di Mosè) quando mormorava; bisogna sottomettersi. Dio non parla che dal Tabernacolo vivo della Chiesa Cattolica, e dalla nube dove discende, che è solo il Papa. II Papa è l’uomo di fiducia nella casa di Dio, perché è il Vicario di Gesù Cristo; il Papa ha il sacro deposito della divina rivelazione ed è illuminato infallibilmente da Dio.

Non c’è cosa più sublime della sua infallibilità, in tutto ciò che riguarda la Fede ed i costumi; in questo “Egli solo vede Dio faccia a faccia, cioè come è”; lo vede nelle Sue sembianze, cioè come si rivela, senza enigmi e senza figure. Nessuno ardisca dunque di sparlare di questo servo di Dio, che gli è caro come la pupilla degli occhi! Lo sdegno divino cade sugli individui, sulle famiglie, sulle nazioni che sparlano del Papa, e Dio si ritira lasciandole nella desolazione della lebbra intellettuale e morale che le deturpa e le avvilisce. (…)

Quando l’uomo è preso dall’ambizione e vuole elevarsi, rinnova la triste ribellione degli Angeli caduti, e dalla sua altezza precipita nell’abisso. È questo il fondo di tutte le sedizioni che hanno desolata la Chiesa nel corso dei secoli, e principalmente della sedizione protestante. Come Core (cugino di Mosè) desiderava il comando e voleva compiere un ufficio che non gli spettava, così si sono levati nel suo seno uomini ambiziosi che hanno rinnegato l’autorità del Papa, che hanno preteso di avere essi una missione, che hanno lusingata l’ambizione altrui, ed hanno rinnegato le verità fondamentali della Fede, formando una falsa Chiesa e cagionando in tal modo la perdizione di tante anime. Come Core s’inalberò in un momento nel quale il popolo d’Israele era decaduto dal suo primitivo fervore, così nella Chiesa di Dio le rivolte sono frutto del decadimento della vita cristiana, sono come il verminare di una piaga purulenta. Lutero alzò il suo vessillo di rivolta in uno di questi momenti e dalla pretesa di predicare le Indulgenze passò a quella di riformare la Chiesa, ribellandosi al suo capo legittimo e sostituendosi a lui. Quando le grazie sono poche nella Chiesa, per l’impedimento che vi pone la rilassata vita dei Sacerdoti e dei fedeli, le insidie diaboliche sono molte, l’ovile santo è indifeso per il sonno dei suoi pastori, ed il male dilaga facilmente come un malanno. Dio però veglia sulla sua Chiesa e la sorregge anche nei momenti più tristi, e la potenza infernale non può giammai prevalere contro di essa. (…)

Noi vediamo le cose dal nostro limitato orizzonte e non sappiamo valutare i disegni di Dio. Egli ha formata nel mondo una meraviglia stupenda, la Chiesa Cattolica, peregrinante e militante; è una milizia singolare questa, il cui vessillo è la Croce, e la cui forza è l’immolazione ed il dolore. La Chiesa è come agnella fra i lupi, è indifesa, benché assalita fieramente da tutte le potenze dell’inferno. L’unica sua difesa e l’unica sua forza è Dio che le dona la resistenza a tutti gli assalti ; è proprio questa resistenza, storicamente provata, che ha lasciato tante volte pensosi e perplessi i suoi nemici.

Il carattere soprannaturale, evidentissimo, della forza della Chiesa e della divina assistenza che la tutela, è una delle più grandi testimonianze dell’infinita realtà divina. La Chiesa non ha che armi spirituali; quando è assalita, a somiglianza di Mosè, si getta con la faccia per terra e prega, rifugiandosi nel Santuario presso la divina Arca Eucaristica; quando è minacciata nella sua unità, fa appello a Dio, e fulmina le sue pene spirituali contro i sediziosi che intaccano la sua Fede e la sua autorità. Le sue pene spirituali sono una tremenda potenza, che Dio stesso conferma e sanziona. Mosè, vedendo che si voleva intaccare l’unità d’Israele creando un’altra autorità e cagionando per necessità uno scisma, ricorse all’unica forza che aveva, alla potenza della sua autorità, e domandò che i dissidenti sediziosi fossero inghiottiti dalla terra.

Così fa la Chiesa nei momenti nei quali è in pericolo la sua mirabile unità, solo così ha resistito all’urto dei secoli ed è ancora rigogliosa per la sua perenne giovinezza. L’uomo non sa intendere questa potenza tutta spirituale che si leva gigante nelle tempeste e negli uragani; egli è capace solo d’intimorirsi delle armi. Era dunque necessario alla vita stessa della Chiesa il formare gradatamente nell’umana coscienza la persuasione di una potenza spirituale più formidabile di un esercito schierato. Chi ardisce toccare il pesce torpedine, quando sa che da quel corpo si scarica una potente corrente elettrica che può produrre un danno? Dio vuol dimostrare che la sua Chiesa è capace di ricacciare da sè le insidie e le sedizioni facendo sperimentare la potenza della vitale corrente ch’Essa possiede. È logico quindi che in mezzo al popolo ebreo, immagine e figura della Chiesa, Egli manifesti in modo sensibile questa potenza, che non fa capo alle armi ma a Lui, e che pure è capace di travolgere ogni insidia.

(Don Dolindo Ruotolo, dal commento al libro dei Numeri)

LA NOVITÀ NELLA LITURGIA E LE ANIME SCANDALIZZATE

Quando la Chiesa apre le fonti delle sue ineffabili ricchezze, non siamo così meschini e gretti di cuore da scandalizzarci o da porre ostacolo alle sue materne sollecitudini. La Chiesa è eminentemente conservatrice, perchè è completa nella sua compagine ed è perfetta nella sua costituzione, ma alcuni scambiano la propria mania di non volere novità con l’immobile saldezza della Chiesa, e si ostinano a conservare anche quello che fu manomesso dall’incoscienza degli uomini, e che la Chiesa ridona al suo primitivo splendore.

Dimenticano queste anime grette, piovre pericolose della vita spirituale, che la Chiesa è perenne freschezza di vita, e può avere anche nel suo seno quello che Essa stessa nell’orazione del martedì santo chiama “la santa novità”.

Quando il Papa parla, i fedeli non debbono fare altro che obbedire, perchè il Papa ha in custodia le fonti della Chiesa, ed il Papa sa come deve distribuirle secondo l’opportunità dei tempi.

Alcuni, per esempio, si scandalizzano delle preghiere liturgiche tradotte in italiano o dei canti italiani fatte nelle Chiese, appellandosi alla tradizione antica. Essi dimenticano queste severe parole di San Paolo, che da sole basterebbero a disingannarli:

“Se io faccio orazione in una lingua (sconosciuta a me), il mio spirito prega, (perchè è unito a Dio), ma la mia mente rimane priva di frutto. Che farò dunque? Pregherò con lo spirito e pregherò con la mente, salmeggerò con lo spirito e salmeggerò con la mente. Se tu invero renderai grazie (cioè pregherai) con lo spirito, quegli che sta al posto dell’idiota come risponderà amen al tuo rendimento di grazie, mentre non intende quello che tu dici? Tu per certo fai il tuo rendimento di grazie, ma l’altro non è edificato. Rendo grazie al mio Dio che io parlo le lingue che parlate tutti voi, poichè nella Chiesa io amo dire piuttosto cinque parole in modo da essere compreso, per istruire anche gli altri, che diecimila parole in altra lingua. Fratelli, non siate fanciulli nell’intelligenza. (I Corint. XIV, 14-20).

Sì, non siamo fanciulli nell’intelligenza e non presumiamo di saperne più del Papa, nè pretendiamo di monopolizzare le nostre idee, perchè la Chiesa non ha monopoli. Così quando Pio X riformò il canto gregoriano, ci furono quelli che pretesero conservare i loro libroni corali, ripieni di strafalcioni, perchè credevano conservare l’antico, mentre custodivano solo ciò che era stato corrotto.

Allorchè Pio X invitò i fanciulli ad andare a Gesù, ci furono quelli ai quali l’età di sette anni, ed anche meno, stabilita dal Papa, sembrò prematura e mormorarono.

Quando il Papa vuole aprire il pozzo delle ricchezze della Chiesa, non siamo così stolti da appellarci agli usi comuni, come fecero i pastori che parlavano con Giacobbe, ma conduciamo le greggi alla fonte perché si dissetino.

(Dal commento alla Genesi del Sacerdote Dolindo Ruotolo)

RIBELLARSI ALLA CHIESA È MATRICIDIO:

La Chiesa cominciava a dare i primi passi nel mondo. Fondata sugli Apostoli, raccolta nella preghiera, sotto la protezione materna di Maria SS., guidata e retta da S. Pietro nell’unità della carità, in attesa dello Spirito Santo, che doveva vivificarla soprannaturalmente santificandola, e doveva diffonderla in tutto il mondo, i suoi caratteri erano già ben definiti e determinati.

Le sette che dolorosamente sarebbero sorte nei tempi futuri con la presunzione di riformarla, si sarebbero fondate non su Pietro e sugli Apostoli, ma su poveri traviati dalla verità e dalla disciplina, che avrebbero rifiutato il materno e dolcissimo appoggio di Maria SS., e sarebbero state fonte e fomite di dissensioni e di rovine.

Leghiamoci perciò con vivo amore alla unità della Chiesa, anche se per la miseria e la cattiveria degli uomini che ne fanno parte ciò dovesse costarci sacrificio. È una forma di martirio che è carissima e graditissima a Dio, il quale avrà cura nella sua carità infinita di farci giustizia.

Morire anche nell’obbrobrio, anche come malfattori, per l’unità e la disciplina della Chiesa, ecco la più grande abnegazione di un’anima cristiana e sacerdotale, posta alle strette dall’ingiustizia e dalla miseria umana.

Ribellarsi sarebbe un matricidio, perché la rivolta non colpisce gli uomini ma la Chiesa, e sarebbe anche un suicidio, perché la ribellione dividerebbe l’anima non dai mestatori ma dalla Chiesa. Che cosa importa la misera vita, la gloria od anche semplicemente la buona riputazione di uno o di pochi di fronte all’interesse della vita della Chiesa?

Difendersi è un diritto e può essere anche un dovere quando la propria difesa implica la difesa della gloria di Dio; ma quando non è possibile la difensiva senza l’offensiva contro i supremi poteri della Chiesa, chi l’ama veramente, per amore di Gesù Cristo che l’ha fondata e l’ha resa intangibile, si raccoglie nel silenzio, si umilia, prega e rimette al Signore la propria causa, che diventa allora causa di gloria divina.

Allontanarsi da questa linea di condotta significa agire da stolti, poiché significa compromettere la salute del corpo per salvaguardare quella di un membro. La rovina del corpo porta anche quella del povero membro offeso.

Per un patereccio punirai il cuore colpendolo? Per una infezione di pelle avvelenerai tutto il sangue? E quale salute puoi sperare da un cuore spezzato o da un sangue avvelenato? La nostra figura storica è un atomo fuggente, che rimane seppellita dall’oblio, mentre la figura della Chiesa è una perennità di sempre freschissima vita. Or tu che farai? Disseccherai l’albero per conservare la piccola pianta che vive nelle sue radici, e che da una stagione all’altra si dissecca e non lascia traccia di sé?

O poveri cuori ulcerati dall’ingiustizia, posti al cimento della malignità umana, sollevatevi al di sopra di essa e vincetela col vostro sacrificio e la vostra immolazione. Qui sta l’eroismo, qui sta la grandezza vera d’un vero e profondo amore alla Chiesa Cattolica.

Chi sente diversamente ha la sorte di Giuda traditore: compra il “campo del vasaio” e lo muta in “akeldamà”, poiché il prezzo della gloria della sua povera argilla diventa prezzo del sangue della vita della Chiesa; “acquista, si, un campo con la mercede della sua iniquità”, un campo ristretto di misera soddisfazione e di più misera vendetta, ma si “appicca” con le sue mani e “crepa nel mezzo, spargendo tutte le sue viscere”, perché rovina se stesso e cade negli orrori della morte interiore e nel disordine dei sensi.

Noi siamo nella vita mortale come in una continua attesa dello Spirito Santo, perché non possiamo vivere ed operare soprannaturalmente senza la grazia del Signore; perseveriamo perciò concordi nell’orazione unendoci alle preghiere della Chiesa, a quelle delle anime sante ed a quella della SS. Vergine Maria, dalla cui materna mediazione possiamo aspettarci gli aiuti particolari dei quali abbiamo bisogno.

Persuadiamoci che tutte le nostre iniziative e la nostra scienza non valgono nulla, e che solo per lo Spirito Santo possiamo essere rivestiti di soprannaturale vigore dall’alto.

Ogni giorno perciò tendiamo le mani allo Spirito Santo, e come piante intristite dalla siccità, imploriamo da Lui la rugiada della grazia che ci faccia rifiorire e ci faccia portare frutti abbondanti.

(Dal commento agli Atti degli Apostoli del Sacerdote Dolindo Ruotolo)

Ascoltiamo don Dolindo Ruotolo:

“La Chiesa è guidata dalla Provvidenza di Dio.
Gli scandali dei membri della Chiesa sono un segno della sua vita, poiché le malattie non colpiscono le statue o le figure dipinte, ma gli esseri vivi. Nella sua anima la Chiesa è invece immacolata, santa, senza macchie e senza rughe.

Le sette che sono un corpo senza vita, hanno spesso un volto incipriato e dipinto, si gloriano della loro apparenza, ma vanamente. Un fiore soverchiamente manierato e simmetrico, è un fiore artificiale, senza profumo e senza vita, mentre quasi sempre il fiore sbocciato da una pianta viva, ha qualche petalo che cade, o qualche foglia intristita dal gelo. La Chiesa non è una vetrina di fiori artificiali, belli solo in apparenza; è un giardino fecondo dove cresce il germe cattivo con quello buono, fino alla raccolta e alla mietitura.

Non ci scandalizziamo dunque quando veniamo a conoscenza di Sacerdoti cattivi o di membra guaste della Chiesa, piuttosto pensiamo noi a consolarla nei suoi dolori con la nostra virtù.

La Chiesa in mezzo alle sue pene dà a Dio le anime privilegiate, formate esse pure dall’angustia e dal dolore; fioriscono in Lei per la lotta fra il bene ed il male gli atti più vivi di amore, le riparazioni, l’apostolato, la virtù. Germinano in Lei i gigli candidi della purezza, i fiori vermigli del martirio, e le gemme profumate della carità in mezzo all’uragano che vorrebbe sradicare da Lei ogni vita, come germinarono dal Corpo piagato del suo Redentore i fiori dell’amore, della riparazione e della vita che salvò il mondo.

Persuadiamoci che la Chiesa è guidata da una specialissima Provvidenza di Dio, e che ogni male in Lei è utilizzato come concime delle piante buone. Essa è tutto un ricamo ammirabile della grazia, dove, proprio come nel ricamo; ci sono anche dei vuoti, che fanno risaltare la bellezza dell’insieme. Giudicarla a modo umano, significa non intendere nulla della sua divina costituzione, significa smarrirsi nelle conclusioni più stolte e più menzognere.”

(Don Dolindo Ruotolo)

“Non si rinnova il popolo cristiano con le rivoluzioni, con le ribellioni, con i sogni del proprio cervello, ma lo si rinnova, come hanno fatto i Santi, con la vita perfetta, con l’obbedienza cieca, col dolore e con l’immolazione”

Molte anime nella Chiesa sono state elette dal Signore per compiere un’opera santa di rinnovazione nel popolo cristiano, e sopraffatte dal loro orgoglio e dalla loro ambizione, sono diventate pietra di scandalo e causa di litigio e di dissensione. Chi veramente vuole cooperare al bene dei fedeli, deve essere pieno di vera santità e sopratutto pieno di sottomissione alle Autorità costituite da Dio nella Chiesa. (…)

Non si rinnova il popolo cristiano con le rivoluzioni, con le ribellioni, con i sogni del proprio cervello, ma lo si rinnova, come hanno fatto i Santi, con la vita perfetta, con l’obbedienza cieca, col dolore e con l’immolazione. Un movimento di rinascita e di riforma quando non fa capo all’autorità, diventa una congestione nell’organismo della Chiesa, e non può produrre altro che l’infiammazione, il tumore purulento e la paralisi in una parte del popolo cristiano. Il sangue non può rinnovare l’organismo se non passa per il cuore e per i polmoni, se non pulsa nel cuore e non depone le tossine che lo infettano.

I movimenti arbitrari nella Chiesa sono afflussi di sangue disordinati al cervello, che producono solo la trombosi cerebrale e la morte. Il protestantesimo che pretese e pretende rinnovare la vita della Chiesa senza passare per il Papa che ne è il cuore vivo e pulsante, non rinnova e non ha rinnovato nulla; ha reso solo anchilosate le membra del corpo mistico del Redentore e le ha private della Circolazione del Sangue divino.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al Terzo libro dei Re)

COME RICONOSCERE UN VERO UOMO DI DIO DA UNO FALSO?

“Intorno alle anime false si forma sempre un’atmosfera di ribellione alla Chiesa”

I Santi e le Sante vere hanno altro carattere, per la carità sono sepolti nel loro nulla, sono a contatto con poche anime, e vivono nel caldo e vivifico seno della Chiesa. Intorno alle anime false si forma sempre un’atmosfera di ribellione alla Chiesa, perché il fanatismo è sempre ostinato ed orgoglioso fino al delirio. I Santi veri sono nascosti, disprezzati, umiliati, confusi con la massa del popolo, rifuggono da ogni ostentazione, non osano consigliare, non osano parlare, e compiono gemendo la missione che loro dà il Signore.

Elia disse agli uomini che venivano a catturarlo: “Se io sono uomo di Dio, discenda il fuoco dal cielo e vi divori”. Ecco il segno di un vero Sacerdote di Dio: il fuoco che discende dal cielo, che divora nelle anime il male e le iniquità. Quando il Sacerdote non brucia intorno a sè il male che viene a catturarlo, le passioni delle creature lo assalgono per catturarne l’amore nei lacci dell’inganno, allora non è uomo di Dio, è già caduto prigioniero; deve tremare e deve ritornare a Dio spezzando col fuoco del pentimento e della penitenza i lacci di morte che lo avvincono.

Un predicatore non è uomo di Dio se alle sue parole non discende dall’alto il fuoco divino che incenerisce nelle anime le illusioni dell’idolatria della ragione e dei sensi. Un pastore di anime non è uomo di Dio se non dà fuoco di azione e di vita alla sua parrocchia od alla sua diocesi. Un cristiano, anche un semplice cristiano, non è uomo di Dio se non diffonde dalla sua vita il fuoco santo di un carattere fermo nella Fede, che incenerisce intorno a sé tutto quello che non è cristiano, senza farsi catturare dalle suggestioni del mondo o dell’empietà. Un’anima consacrata al Signore in un casa religiosa non è di Dio se non manda fuori le fiamme vive di quel purissimo amore dello Sposo divino che incenerisce intorno a lei tutto quello che non è santo e perfetto.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al Quarto libro dei Re)

Sant’Agostino: Noli me Tangere “Questo contatto (con Cristo) si verifica quando il cuore è puro. Tocca con cuore mondo il Cristo colui che lo riconosce uguale al Padre” La Madonna da Medjugorje: “Ho bisogno di apostoli dal cuore puro”

 

 La Madonna da Medjugorje: Messaggio Straordinario del 2 Ottobre 2012 (Mirjana Dragičević)

 

Cari figli, vi chiamo e vengo in mezzo a voi perché ho bisogno di voi. Ho bisogno di apostoli dal cuore puro. Prego, ma pregate anche voi, che lo Spirito Santo vi renda capaci e vi guidi, che vi illumini e vi riempia di amore e di umiltà. Pregate che vi riempia di grazia e di misericordia. Solo allora mi capirete, figli miei. Solo allora capirete il mio dolore per coloro che non hanno conosciuto l’Amore di Dio. Allora potrete aiutarmi. Sarete i miei portatori della luce dell’Amore di Dio. Illuminerete la via a coloro a cui gli occhi sono donati, ma non vogliono vedere. Io desidero che tutti i miei figli vedano mio Figlio. Io desidero che tutti i miei figli vivano il Suo Regno. Vi invito nuovamente e vi prego di pregare per coloro che mio Figlio ha chiamato. Vi ringrazio.

 

Dal COMMENTO ALLA PRIMA LETTERA DI SAN
GIOVANNI di Sant’Agostino

Alcuni pezzi della terza omelia:

 

Nutrendoci della verità e della vita che è Cristo, tendiamo alla perfezione, generosi nelle opere, in unità di carità e respingendo le allettazioni del mondo. Cristo è il maestro interiore e la sua unzione dà incremento alla nostra vita spirituale.

 1). Cristo si è abbassato a divenire il nostro latte ed ancora lui stesso, che pure è uguale al Padre, diventa nostro cibo. Ti nutre col latte affinché giunga anche a saziarti del pane; toccare Cristo spiritualmente col cuore, significa credere che egli è uguale al Padre.

[Riconoscere la divinità di Cristo.]

2. Per questa ragione proibiva a Maria di toccarlo e le diceva: Non mi toccare, poiché ancora non sono salito al Padre (Gv 20, 17). Che significano queste parole? Come mai si fece palpare dai discepoli e volle poi evitare il contatto con Maria? Non si tratta della stessa persona che disse al discepolo dubbioso: Metti qui le tue dita e palpa le mie cicatrici (Gv 20, 27)? A quel tempo era forse già asceso al Padre? Perché dunque trattiene Maria e le dice: Non toccarmi, non sono ancora asceso al Padre? Dovremo forse dire che egli non ebbe timore alcuno di farsi toccare dagli uomini mentre temette di farsi toccare dalle donne? No! Il suo contatto rende puro ogni corpo. Perché avrebbe dovuto temere a farsi toccare da quelli ai quali volle manifestarsi per primo? La sua resurrezione non fu forse rivelata agli uomini da alcune donne, cosicché il serpente fosse sconfitto dalla sua stessa tattica ma in senso contrario? Egli aveva annunciato la morte al primo uomo servendosi di una donna, ed è appunto per mezzo delle donne che è stata annunciata agli uomini la vita. Perché dunque il Signore risorto non volle essere toccato?

Per quest’unica ragione: voleva far capire che occorreva ormai toccarlo attraverso un contatto spirituale. Questo contatto si verifica quando il cuore è puro. Tocca con cuore mondo il Cristo colui che lo riconosce uguale al Padre. Chi ancora non riconosce la divinità di Cristo si arresta alla sua carne e non raggiunge la sua divinità. Non è un gran che arrivare a toccarlo come lo toccarono i persecutori che lo crocifissero. E’ invece importante comprendere il Verbo, Dio presso Dio fin dal principio, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte; egli voleva così essere conosciuto, quando disse a Filippo: Da tanto tempo, o Filippo, sono con voi e non mi avete conosciuto? Colui che vede me, vede anche il Padre (Gv 14, 9).

[Affrettiamoci a progredire perché è l’ultima ora.]

3. Chiunque intende non abbandonare il progresso verso la perfezione, ascolti ancora: Questa, o fanciulli, è l’ultima ora. Orsù progredite, incominciate a correre, crescete: questa è l’ultima ora. E’ un’ora assai lunga ma è pur sempre l’ultima. Con queste parole l’Apostolo intendeva indicarci gli ultimi tempi, poiché negli ultimi tempi verrà il Signore nostro Gesù Cristo. Alcuni potrebbero osservare: Perché questi che viviamo sono gli ultimi tempi? Perché è questa l’ultima ora? Prima deve venire l’Anticristo, poi il giorno del giudizio. Giovanni previene queste obiezioni in modo che nessuno si adagi tranquillo nella persuasione che questa non è l’ultima ora, perché prima deve venire l’Anticristo. Dice dunque l’Apostolo: Avendo voi udito che verrà l’Anticristo, molti già fin d’ora sono divenuti anticristi (1 Gv 2, 18). Sarebbe mai possibile che ci siano molti anticristi senza che sia giunta anche l’ultima ora?

[Anticristo è chi non aderisce sinceramente al corpo di Cristo.]

4. Ma chi sono quelli che l’Apostolo chiama anticristi? Lo dice in seguito. Da questo noi conosciamo che è l’ultima ora. Da che cosa dunque? Dal fatto che molti sono diventati anticristi. Essi sono usciti dalle nostre file (1 Gv 2, 18-19). Eccoli gli anticristi; essi uscirono dalle nostre file. Perciò piangiamo questa perdita. Ma ascolta ciò che ci consola: Non erano dei nostri. Tutti gli eretici, tutti gli scismatici sono usciti dalle nostre file, sono usciti cioè dalla Chiesa. Non ne uscirebbero se fossero dei nostri. Non erano dunque dei nostri già prima di uscire. Ma se già prima di uscire non erano dei nostri, molti ce ne sono dentro, che pur non essendo ancora usciti, sono anticristi. Osiamo fare queste osservazioni perché ciascuno di voi, restando dentro la Chiesa, non sia un anticristo.

Giovanni, come ora vedremo, ci descrive e ci indica chi sono gli anticristi. Ciascuno deve interrogare la propria coscienza e chiedersi se anche lui non sia un anticristo. Vediamo appunto chi sono gli anticristi.

Anticristo in latino significa avversario di Cristo. Alcuni intendono questo termine nel senso di uno che verrà prima di Cristo e dopo del quale ci sarà il ritorno di Cristo. Ma non è questo il vero significato del termine, che non va spiegato in questo modo. Anticristo è colui che si rivela contrario a Cristo. Ma chi dobbiamo intendere come contrario di Cristo? Ammaestrati da Giovanni voi capite che soltanto gli anticristi possono uscire dalla Chiesa. Chi non è contrario a Cristo non può in nessun modo uscire dalla Chiesa. Chi non è contrario a Cristo, si trova unito al suo corpo e ne è ritenuto un membro. Le membra di un corpo non si mettono in opposizione tra di loro. Un corpo è integro quando vi si trovano tutte le membra. Che dice l’Apostolo circa la concordia delle membra? Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; se un membro è trattato con onore, tutte le membra gioiscono (1 Cor 12, 26). Se per l’onore reso ad un membro anche gli altri gioiscono, ne deriva che se un membro soffre, soffrono tutti gli altri.

Questa concordia delle membra non permette che esistano gli anticristi. Ma ci sono di quelli che si trovano nel corpo di Cristo come gli umori cattivi nei corpi mortali (anche il corpo di Cristo abbisogna di cure di quando in quando, poiché esso godrà perfetta salute soltanto nel giorno della resurrezione dei morti). Il corpo trova sollievo quando vengono espulsi gli umori cattivi. Quando i cattivi si allontanano dalla Chiesa, questa ne sente sollievo. Quando il corpo evacua e rigetta gli umori cattivi, pare che dica: questi umori sono usciti da me ma non facevano parte del mio essere. Che cosa significano queste parole? Significano che umori cattivi mi opprimevano, ma non già che essi sono stati tagliati via dal mio corpo.

Dal Libro l’ ANTICRISTO di Agostino Lèmann -Ma se il Papa per mantenere l’ostacolo alla venuta dell’Anticristo viene ad essere disconosciuto, messo da parte, rigettato, con lui sparirà anche l’ostacolo e l’Anticristo sarà libero di comparire-

 

DAL LIBRO “L’ ANTICRISTO” DEL SACERDOTE  AGOSTINO LÉMANN

APPROVAZIONI ECCLESIASTICHE:

 

Lettera del Cardinale MERRY DEL VAL, Approvazione alla I. edizione, Approvazione alla II. Edizione, Imprimatur

 

Conclusione: – Chi or lo rattiene, lo rattenga, fino che sia levato di mezzo.

 

Sommario. – I. Un ostacolo alla venuta dell’Anticristo e un custode per mantenere l’ostacolo. – II Che ha fatto Leone XIII per mantenerlo. – III. Che cosa fa attualmente Pio X. – IV. Che sarebbe l’apostasia se divenisse generale. – V. Tutto si può restaurare in Cristo.

 

I.

 

Poichè l’apostasia deve essere il mezzo preparatorio alla venuta dell’Anticristo, e il flagello più formidabile che metterà in iscompiglio, il mondo; non è dunque chiaro che abbiamo da lottare per respingerlo, sforzandoci di ricondurre a Gesù Cristo e alla chiesa le nazioni, le famiglie, gli individui, che se ne son separati o minacciano di farlo? Il vento d’acciecamento e di defezione che trasporta già una parte della società e la vuol laicizzata, ossia sottratta al Vangelo e alla Chiesa, forse è passeggero, avendo Dio fatto sanabili le nazioni. L’idea cristiana può anche ora rallegrare, imbalsamare e vivificare il mondo come per il passato. Non bisogna dunque scoraggiarsi.

Tutt’altro! bisogna mettersi risolutamente all’opera e mettervisi con confidenza e generosità. Leone XIII non ne dette l’esempio e Pio X non lo dà attualmente?

Che non fece Leone XIII per rattenere gli individui e le nazioni sul baratro fatale dell’apostasia? Limitiamoci alle nazioni.

Tutta la politica religiosa di quel gran Papa sembra essersi ispirata a quella esortazione di S. Paolo: “Chi or lo rattiene, lo rattenga, fino che sia levato di mezzo: Qui tenet nunc, retineat, donec de medio fiat[1].

È noto in qual occasione S. Paolo fece intendere quest’ esortazione. Dopo aver delineato il ritratto dell’Anticristo, come è stato riprodotto in questo pagine, S. Paolo scoprì ancora ai Tessalonicesi che un ostacolo ritardava la venuta dell’uomo del peccato: “Voi sapete che sia quello che lo rattiene, affinchè sia manifestato a suo tempo[2]; poi aggiunge: “Che chi or lo rattiene, lo rattenga, fino che sia tolto di mezzo“. Siccome la Tradizione non ha conservato le spiegazioni verbali date dall’Apostolo ai Tessalonicesi, alcune opinioni contrarissime si sono formate nel corso dei secoli. Rispettando profondamente le une e le altre, noi preferiamo quella data da san Tommaso d’Aquino. L’interpretazione dell’Angelo delle scuole spiega, il passato e rischiara l’avvenire.

Risulta evidentemente dalle parole di san Paolo che v’ha, contro l’apparizione dell’Anticristo , un ostacolo (to« kate«con) e qualcuno che trattiene l’ostacolo (oj kate«cwn); v’ha una barriera e una contro barriera. L’Anticristo non farà la sua apparizione se non quando, rigettato e messo da parte il custode dell’ostacolo, l’ostacolo stesso sarà tolto.

Or qual è quest’ ostacolo, qual è la barriera ?

È, risponde S. Tommaso, l’unione e la sottomissione alla Chiesa Romana, sede e centro della fede cattolica. Finchè la società rimarrà fedele e sottomessa all’impero spirituale romano, trasformazione dell’antico impero temporale romano[3], l’Anticristo non potrà comparire. Questa è la barriera, questo e l’ostacolo.

Ma, per benefizio di Dio, accanto a questo ostacolo, v’è un custode, incaricato di vegliare, incaricato di custodirlo; e questo custode è il Papa, Vicario di Gesù Cristo. Finchè il custode sarà riconosciuto, rispettato, ubbidito, l’ostacolo sussisterà, la società rimarrà fedele all’impero spirituale romano e alla fede cattolica. Ma se questo custode, il Papa, viene ad essere disconosciuto, messo da parte, rigettato, con lui sparirà anche l’ostacolo e l’Anticristo sarà libero di comparire: “Qui tenet, scilicet, romanum imperium, teneat illud donec ipsum fiat de medio. Quia medium est dum universis circumquaque imperat, quibus ab ipso recedentibus, de medio anferetur, et tunc ille iniquus opportuno sibi tempore revelabitur[4].

 

 

II.

 

Ebbene, Leone XIII non fu fedele all’esortazione dell’Apostolo? Non si sforzò di mantenere l’ostacolo, cioè la fedeltà alla fede cattolica e all’impero spirituale romano? È stato questo lo scopo di tutta la sua vita pontificale, come lo esprimeva un giorno al Sacro Collegio: “Il governo della Chiesa, diceva egli, ci apparve da prima come un peso formidabile e tale è ancora pel sopravvenire di tempi malvagi e la condizione fatta difficile alla Chiesa, dal timore di un avvenire più terribile ancora per la Chiesa e la società… A questo scopo abbiamo creduto che l’opera più opportuna e più conforme alla Nostra dignità era di mostrare ai popoli e ai principi questo porto di salute e di aiutarli ad entrarvi. Noi abbiamo consacrato la Nostra vita a questo scopo, persuasi che noi facciamo così per gli interessi della religione e della società”[5].

Con quanta costanza e fermezza questo scopo non è stato seguito dall’augusto Pontefice! Appena posto al governo della navicella di Pietro, Leone XIII, come il pescatore che riprende una dopo l’altra le maglie rotte delle sue reti malconcie, si mise a riprendere tutti i fili intricati delle relazioni diplomatiche. Ogni Stato, non solamente dell’ Europa, ma del mondo intero, fu l’obietto delle sue cortesie e delle sue cure: Chi or rattiene, rattenga. Limitiamoci a un compendio rapido de’ suoi sforzi per ricuperare, magari con un sol filo, le nazioni alla Chiesa:

Concordato con la Repubblica dell’Equatore (nel 1881).

Concordato con l’Austria-Ungheria per la Bosnia e l’Erzegovina (1888l).

Accordo col governo Russo su certe questioni ecclesiastiche (l882).

Convenzioni colla Svizzera per regolare l’amministrazione ecclesiastica del Ticino e l’amministrazione regolare della diocesi di Basilea (1884).

Concordato col Portogallo per le Indie Orientali (1885).

Concordato col Montenegro (1886).

Ristabilimento delle relazioni diplomatiche col Belgio (1886).

Promozione di un cardinale negli Stati Uniti (1886).

Arbitraggio tra la Germania e la Spagna, riguardo alle Caroline (1886).

Scambio di benevoli rapporti con la Turchia, la Persia, la Cocincina, la Cina (1886).

Conciliazioni con la Germania e cessazione del Kulturkampf (1887).

Concordato colla repubblica della Colombia (1887).

Riallacciamento delle relazioni diplomatiche con la Russia (1888).

Conciliazioni col governo Inglese su certi punti dell’amministrazione ecclesiastica dell’isola di Malta (1890).

Appello all’Oriente e visita di un Legato, il cardinal Langénieux, a Gerusalemme (1893) ecc. ecc.

Quanto cure, quanta pazienza, quanta prudenza tutti questi spinosi negoziati non hanno richiesto! Ma importava che Colui che rattiene, rattenga! Nella sua allocuzione al Sacro Collegio, in occasione dei XXV˚ anniversario della sua elezione, il 29 febbr. 1903 Leone XIII diceva: “Ecco l’ultima nostra lezione: ascoltatela ed imprimetevela bene nell’anima: Iddio ordina di ricercare soltanto nella Chiesa la salute, di ricercare l’istrumento della salute, veramente forte e sempre utile, nel Pontificato Romano”.

Ma tra tutte le nazioni che Leone XIII cercò così di richiamare e ritenere nell’unione col Pontificato Romano, ve ne è una, la Francia, ~ cui il suo cuore paterno prodigò forse più che a ogni altra tesori d’affetto, di longanimità e di delicatezza. Perchè il male v’era più profondo, e la tendenza all’apostasia più grave, non indietreggiò dinanzi ad alcun sacrifizio per arrestare la defezione! Il giornale Il Monitore di Roma lo disse con tali parole che ci sembra utile riferire. “Chi più del Papa attuale ha versato sulla Francia tesori d’affettuosa longanimità e di paterna misericordia? Si esamini la storia delle relazioni tra Parigi e Roma durante questo pontificato. Quando si è veduto unirsi il tatto più meraviglioso alla pazienza più dolce, mentre la guerra incrudeliva, le istituzioni religiose minacciavano di cadere in ruina, quando le più basse passioni di parte erano condotte all’assalto contro la Chiesa? È Leone XIII che ha scritto quell’Enciclica Nobilissima Gallorum gens il cui titolo solo, superbo ed armonico, resterà sempre come un omaggio glorioso reso a questa nazione privilegiata; è Leone XIII che ha indirizzato al sig. Grévy una lettera di pace e di spirito di conciliazione, per arrestare la Repubblica sulla via dei conflitti; è lui che, non ostante le riduzioni continuamente fatte al bilancio dei culti, volle onorar quel paese creando tre cardinali, sicchè la Francia resterà sempre, dopo Roma, alla testa del Sacro Collegio; è lui che ha esaurite tutte le vie della riconciliazione, che non ha voluto nè rompere col Governo, nè lasciare scindere il Concordato, che è la base della pace religiosa in Francia; è, in una parola, lui, e forse lui solo che, colla maestà della sua pazienza e maestria, ha mantenuto gli ultimi avanzi di lunghi secoli d’armonia e di feconda cooperazione. Alla dolcezza di Pio VII, Leone XIII ha unito l’affezione affettiva, continuamente operosa, lo spirito ponderato, l’equilibrio armonioso degli atti e degli insegnamenti, per forzare in qualche modo il partito al potere a indietreggiare dinanzi a tante responsabilità e mancanze. Al disopra delle fervide gare delle combriccole parlamentari, Leone XIII ha veduto ed amato la Francia; non ha voluto farne la vittima espiatrice della persecuzione del radicalismo alleato colla framassoneria”[6].

Sì, un giorno la storia lo dirà, Leone XIII fece di tutto per strappare la Francia all’apostasia, per conservarle i benefizi inapprezzabili della pace civile e religiosa. E tuttavia con quanta ingratitudine non hanno pagato i suoi sforzi! Quanti lamenti contro le sue direzioni pontificie! Quante accuse, quante violenze di linguaggio! Ma egli sempre calmo e intrepido in mezzo alle contraddizioni da qualunque parte vengano, non cessò di effettuare la sua parola: “Una gran tempesta si prepara, bisogna sostenere una lotta accanita”. Questa lotta accanita, o magnanimo Pontefice, voi la sosteneste per mantenere l’ostacolo contro l’apostasia della Primogenita della Chiesa. È per esser fedele fino all’ultimo momento alla vostra missione di custode dell’unione, che voi volete morire in piedi!

 

 

III

 

L’esempio dato da Leone XIII viene conti-nuato da Pio X gloriosamente regnante. Assiso appena sulla cattedra di S. Pietro , una delle prime parole del novello Pontefice è questa : “Tutto ciò che Leone XIII ha detto,scritto e fatto, Pio X l’ha confermato e lo conferma”. Leone XIII aveva faticato, lottato e sofferto per tener unite le nazioni, magari con un filo, alla Chiesa Romana, centro della fede cattolica e ostacolo alla venuta dell’Anticristo: Chi or lo rattiene lo rattenga! Prima che allontanarsi da questo programma Pio X ha affermato ed anche aumentato: “Non solamente ricuperare, ma tutto restaurare: Instaurare omnia in Christo, tutto restaurare in Cristo”[7]. , Quando Leone XIII, ben sapendo le distruzioni progettate dalle sette massoniche e anticristiane, ordinò, come segno della perpetuità della Chiesa , il riabbellimento di S. Giovanni Laterano, si racconta elle dicesso agli architetti: “Mentre il mondo s’allontana da Cristo, io voglio che la sua immagine risplenda in una chiesa più bella![8]” Non è solamente in una chiesa più bella, quella del Laterano, ma nel mondo intero, che Pio X ha la nobile ambizione eli far risplendere l’immagine di Cristo: Tutto restaurare in Cristo! Coll’Enciclica pontificia E supremi apostolatus cathedra, le grandi linee di questa restaurazione sono tracciate. Già sotto la condotta sì perspicace, sì ferma del nuovo Papa, i cattolici si organizzano, prendono posizione, riparano le breccie e fanno fronte al nemico. “Perchè, infatti, la guerra è dichiarata”. Il Pontefice lo afferma. Egli ha inteso “fremer le nazioni” ed ha sorpreso “i popoli che meditano cose vane”. O piuttosto ha avvicinato l’orecchio al cuore dell’umanità agonizzante ed ha compreso che una malattia acuta la rode fino a minacciarla di morte. Questa malattia è l’abbandono di Dio: è l’apostasia. È la ribellione dell’orgoglio che si innalza contro il Creatore, contro Dio da cui deriva ogni benefizio, per dirgli di ritirarsi dall’uomo: Recede a nobis, È il delitto dell’uomo che sostituisce sè stesso a Dio. È la follia dell’Anticristo che si presenta invece di Dio medesimo alle adorazioni del mondo: le verità sante non solamente impugnate, ma rigettate con disprezzo; la legge divina calpestata, la morale cristiana sconosciuta o vilipesa. E, come conseguenza inevitabile, in mezzo ai progressi materiali che nessuno può contestare, la lotta dell’uomo contro l’uomo, ogni di più implacabile”[9].

Al momento presente due vie stanno dunque dinanzi alla società umana: O corrispondere agli insegnamenti di Leone XIII e agli inviti di Pio X. E questa sarebbe la restaurazione in Cristo, la guarigione delle nazioni, il ritorno ad una saggia e vera libertà, all’eguaglianza di tutti nel cuore di Dio, a una fratellanza sincera tra i piccoli e i grandi, tra il capitale e il lavoro.

O, disprezzando gli insegnamenti di Leone decimoterzo e gli inviti di Pio X, la società umana si ostinerà a proseguire la via nella quale si è incamminata; e allora questa potrà essere, in un tempo non lontano, il generalizzarsi dell’apostasia.

 

 

IV.

 

Che cos’è dunque l’apostasia generalizzata? Un episodio del popolo ebraico, nell’XI secolo della sua storia, lo spiega:

Uno de’ suoi profeti , Ezechiele , era stato trasportato in ispirito dal soffio di Dio nel tempio di Gerusalemme, in quel famoso tempio in cui si concentrava la vita intiera della nazione: Figliuolo dell’uomo, alza i tuoi occhi e guarda, dice il Signore al suo Profeta. Fili hominis, leva oculos! E il Profeta alzando gli occhi, guardò nel santuario, la parte più santa del tempio, e vi vide un idolo, l’idolo della Gelosia. Questo ora Baal, la più infame di tutto le divinità fenicie, chiamata cosi da Jahvé stesso, ferito al cuore. E davanti a Baal chi dunque stava prostrato? Il sacerdozio!… Si, una parte del sacerdozio, alcuni sacerdoti divenuti apostati![10] Il Profeta rimase stupefatto. Ma già il soffio di Dio lo trascina in un’altra parte del tempio: Figliuolo dell’uomo, apri la muraglia, Fili hominis, fode parietem. Ed a traverso al foro praticato nella muraglia, il Profeta scopre una stanza segreta; sui muri di questa stanza segreta, tutto all’intorno, pitture di rettili e di animali, dinanzi a queste pitture di rettili e d’animali, settanta uomini, co’ turiboli in mano, che le adoravano. E i settanta uomini che cosi adoravano le pitture dei rettili e degli animali, erano settanta seniori, cioè i nobili, la classe dirigente presso il popolo ebraico; e la classe dirigente era divenuta spostata[11]. Il Profeta tremava; ma il soffio di Dio ancora lo trasportò in un’altra parte dei tempio: Figliuolo dell’uomo, volgiti da questa parte e vedrai! Adhuc conversus videbis! Ed il Profeta voltandosi, vide alcune donne assise per terra. Queste donne assise in terra piangevano; ma quello ch’esse piangevano, era Adonai, il Dio della voluttà, che si diceva morto. Lacrime e singhiozzi! Ah! vi ha ordinariamente qualcosa di sacro nelle lacrime. Ma mentre nella donna, solamente le tenerezze legittime o le estasi della pietà dovrebbero farle versare, sulla faccia apostata delle indegne discendenti di Rebecca e di Rachele, era la passione non soddisfatta che io faceva versare![12]

Ma il soffio di Dio trasportò, per la quarta volta, il Profeta, all’ingresso del tempio. Tu, certamente, figliuolo dell’uomo, hai veduto! Se anche altrove ti volgerai, vedrai. Certe vidisti, fili hominis; adhuc conversus videbis. E il Profeta guardando vide venticinque uomini vicini al vestibolo. Questi venticinque uomini vicini al vestibolo voltavano la schiena al tempio dei Signore e la faccia all’oriente e adoravano il sole. Ora, questi venticinque uomini in fondo al tempio appartenevano al popolo; e perchè il popolo è precipitoso nelle sue conclusioni, si vede bene che i venticinque uomini voltavano la schiena al tempio del Signore[13].

E così, popolo, donne, nobili, sacerdozio: l’apostasia era dappertutto, in alto e in basso della società giudaica. L’ apostasia, il più grande de’ peccati, che consiste, come indica l’etimologia della parola (ajpo« stasi«ß) mettersi lontano; lontano dalla verità conosciuta, lontano dalla vera religione. L’apostata nel giudaismo si metteva lontano dal Dio unico. L’apostata nel cristianesimo si mette lontano da Cristo Redentore e dal Papa suo Vicario, che lo rappresenta qui in terra.

Ma il Signore, dice la Bibbia, continua a rivolgersi al profeta Ezechiele: Certamente, o figliuolo dell’uomo, tu hai veduto; è forse piccola cosa per la casa di Giuda il fare queste abominazioni al suo Dio? eppure le hanno commesse e mi hanno irritato[14]. Anch’io pertanto nel mio furore agirò… Successe allora una di quelle scene bibliche che provano quanto è paziente in questo mondo la giustizia di Dio.

La scena s’era ingrandita. Tutti i veli erano caduti. Jeova stesso, in persona, s’era all’improvviso manifestato al suo Profeta. Il Signore aveva preso un atteggiamento di maestà oltraggiata, stava in procinto di andarsene. Fiamme abbaglianti l’attorniavano da tutte le parti. Non eran più angeli dalle forme graziose, come nella visione di Giacobbe, che gli facevano scorta, ma quattro animali straordinari, ciascuno de’ quali aveva alla sua volta figura d’uomo, di toro, di leone, d’aquila, che gli formavano come un cocchio[15]. Ora, cosa degna d’esser notata, Jahvé, che stava per abbandonare Gerusalemme, non poteva risolversi a lasciare muovere il suo cocchio. Il Profeta lo vide, quando, lasciato il santuario, si era fermato nel vestibolo de’ sacerdoti: e pareva attendesse un grido di pentimento; il corteo s’arresta ancora sulla soglia del tempio: una terza volta in mezzo alla città. A ciascuna formata si sentiva come un romore di singhiozzi: “Popolo mio, Popolo mio, che t’ho dunque fatto per dover esser trattato in tal guisa da te Non sono io che ho benedetto la tua cuna, il posto di onore che tu occupi? Non sono io che ti ho dato una terra privilegiata, uomini grandi, eroine, una letteratura, una storia senza uguali? Convertiti dunque, o Gerusalemme, chè vi è tempo ancora! Tu ti sei adirata; ma io non voglio adirarmi!… , Ed il corteo si rimise in marcia. Si era arrivati alle mura della città; il cocchio le passa. Sembrava che tutto fosse ormai finito. Ebbene, no. Oh tenacità dell’amore, che ha risoluto di tentar l’ultima prova. Sovra una montagna vicino a Gerusalemme, quella degli Olivi, andò a porsi la gloria del Signore. Là, riferisce un’antica tradizione ebraica, Jahvé attese tre mesi, nel medesimo punto dove, sei secoli più tardi, il Cristo rigettato doveva fare ascoltare il suo singhiozzo di dolore: Geusalemme, Gerusalemme, io ho voluto radunare i tuoi figli! Ma finalmente, dopo lungo attendere, un giorno, il cocchio disparve…[16].

Alcune settimane più tardi l’esercito dei Caldei col terribile Nabucodonosor e, in seguito, quello de’ Romani con Tito, l’uno e l’altro, agili come leopardi, mettevano tutto a fuoco e sangue: e sulle ruine di quella che ora una patria, si poteva innalzare una colonna con questa iscrizione : Finis Judaeae! Fine della Giudea!

Con l’Anticristo, succeduto all’apostasia generale, questa sarà più che la ruina delle nazioni, sarà un giogo pesante e ignominioso, tale che l’umanità non ne avrà nel passato subito uno simile[17].

Che Dio delle misericordie salvi per lungo tempo ancora la società da un si terribile avvenire. Apportando ai piedi di Pio X un costante e generoso concorso, i cattolici possono sperare una riedificazione dell’edifizio sociale, che richiamerà i bei giorni. Pio X stesso, la pensa così e ne fa cenno nella sua enciclica “sull’Azione cattolica”. – “Quale prosperità e benessere, quale pace e concordia, quale rispettosa soggezione all’Autorità e quale eccellente governo si otterrebbero nel mondo, se si potesse attuare per tutto il perfetto ideale della civiltà cristiana. Ma posta la lotta continua della carne contro lo spirito, delle tenebre contro la luce, di Satana contro Dio, tanto non è da sperare, almeno nella sua piena misura. Non per questo è da perdere punto il coraggio. La Chiesa va innanzi imperterrita, o mentre diffonde il regno di Dio là dove non fu peranco predicato, si studia per ogni maniera di riparare alle perdite nel regno già conquistato. Instaurare omnia in Christo è sempre stata la divisa della Chiesa, ed è particolarmente la Nostra nei trepidi momenti che traversiamo. Ristorare ogni cosa, non in qualsivoglia modo, ma in Cristo. Ristorare in Cristo non solo ciò che appartiene propriamente alla divina missione della Chiesa di condurre le anime a Dio, ma anche ciò che da quella divina missione spontaneamente deriva, la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli gli elementi che la costituiscono”[18].

La nostra vecchia Europa, parte costitutiva e, per lungo tempo, principale di questa civiltà cristiana non contiene più questi elementi di ristorazione?… “Figlio dell’uomo, voltati da questa parte, che vedi tu? Adhuc conversus videbis?

Quello che si vede da questa parte (e vi ringraziamo, o Signore, di farcelo vedere), è un santuario, ma un santuario mondo da ogni idolo di Gelosia. In questo santuario, un sacerdozio, e quanto è bello nella scarsa gerarchia questo sacerdozio! Alcuni sacerdoti intorno ai loro vescovi, alcuni vescovi intorno al Papa, il Papa unito a Cristo! Sulla faccia di molti, le stimmate del dolore; ma sulle loro labbra il cantico di S. Paolo: “Maledetti, benediciamo, Maledicimur et benedicimus: perseguitati, abbiamo pazienza; bestemmiati, porgiamo suppliche”[19]. O Europa puoi andar superba del sacerdozio cattolico! Spera, spera ancora… Questo sacerdozio può giovare ancora per molto tempo al bene delle nazioni!

“Figliuolo dell’uomo, voltati da questa parte, che vedi tu? Adhuc conversus videbis?

Quello che ancora si vede, o Signore, è la fede addormentata che si risveglia nelle classi elevate, un movimento che principia, scuole che rinascono, circoli, patronati, catechismi che si moltiplicano, congressi che si tengono, una stampa coraggiosa che combatte, le idee di giustizia, di diritto, di libertà che si raddrizzano, vibrano, non vogliono morire.

“E da questa parte ancora, figliuolo dell’uomo, che cosa tu vedi? Adhuc conversus videbis?

Si vedono, o Signore, donne in ginocchioni, che piangono. Ma questa volta le lacrime versate sono per il Signore; per il Signore nell’amore; per il Signore nella penitenza; per il Signore nell’espiazione. Vergini dei Carmelo, Figlie della Carità , Piccole suore dei Poveri, o spose di Gesù Cristo! E voi ancora, o madri cristiane, nobili donne di tutti i paesi! Un mondo empio vi motteggia o vi bestemmia. Si sappia almeno che, sovra un suolo che trema e in un orizzonte di tempeste, vi sono cuori di donne che amano Gesù Cristo, la Chiesa e la patria di un amore di cui le labbra sono impotenti a esprimere gli infuocati ardori. Il cielo ne è commosso, e la terra esulta di speranza.

“Figliuolo dell’uomo, voltati da questa parte, che vedi tu? Adhuc conversus videbis?

Quello che si vede, o Signore, è uno spettacolo incantevole! Sono operai, lavoratori, i figliuoli del popolo, di quel popolo il cuore del quale ha per sì lungo tempo e sì fortemente palpitato per Gesù Cristo! Fuori del tempio di Dio, dove i settari e i caporioni li avevano trascinati, si vedono dei gruppi che. rivoltano, che risalgono, che ritornano al tempio del Signore. Le loro mani tese si volgono di nuovo verso la croce: e, al bisogno, il loro petto diverrebbe scudo per difenderla.

 

V.

 

Allo spettacolo di questi segni consolatori e fortificanti, ah! non è la disperazione nè lo scoraggiamento, ma la confidenza e l’energia che devono trovar posto nel loro cuore. Con Pio X abbiamo la volontà e la forza di tutto restaurare in Cristo. Ricondurre la società a Cristo! tutto il resto è secondario dinanzi a questo grande compito. Impavidi e fedeli ai consigli pontifici![20] l Tale dove essere la nostra parola d’ordine. Le ultime generazioni cristiane, nel loro insieme più provate di noi, sapranno innalzarsi sino all’eroismo, per mantenere contro l’Anticristo il complesso delle verità cristiane, base di ogni civiltà. Lasciamo ad esse un profumo d’esempi che le allieti e le incoraggi.

Affermare le verità cristiane, comunicare le verità cristiane, difendere le verità cristiane, sono le tre parole che compendiano i nostri doveri verso Cristo e la società. Per compiere questi doveri la Chiesa non risparmia pene e fatiche e, ad esempio della Chiesa, non le deve risparmiare neppure il cristiano.

 


[1] II  Thess. II, 7.

[2] II  Thess. II, 6,7. “ Et quid deitneat scitis, ut reveletur in suo tempore… tantum ut qui tenet nunc, teneat, donec de medo fiat”.

[3] “Cum temporale Romanorum imperium a longo jam tempore sit eversum, nec tamen apparuerit Antichristus, ipsa patet experientia id de temporali hoc imperio intelligi non debere.

“De qua itaque?

“De defectione a spirituali Romanorum imperio, seu de defectione generali a fide catholica romanae Ecclesiae: Ita S. Thomas, et alii communiter.

“Dicendum, inquit S. Thomas, quod nondum cessavit (Romanorum imperium), sed est commutatum de temporali in spirituale; et ideo dicendum est quod discessio a romano impeio itelligi debet, non solum a temporali, sed a spirituali, scilicet a fide catholica romanae Ecclesiae (Bernard. a Piconio, Epist. B. Pauli triplex expositit.: II Epist. Ad Thess., cap. II, 3.)

[4] S. Thomas, Opusc. LXVIII, De Antichrist., ed. di Parma, 1864, t. XVII, p. 439. – L’espressione ebraica “De medio fiat” significa, dice Estio, la separazione da qualcuno o da più. “Exibunt Angeli, et separabunt malos de medio justorum” (Matth. XIII). “Exite de medio eorum, et separamini” (II Corinth. VI)

[5] Allocuz. di Leone XIII al Sacro Collegio 2 marzo 1887.

[6] Il Monitore di Roma, 24 maggio 1886

[7] Encicl. E supremi apostolatus cathedra.

[8] L’Univers, 26 luglio 1896.

[9] Lettera di S, E. il cardinal Coulliè, arcivescovo di Lione, per la pubblicazione dell’ Encicl. E supremi apostolatus cathedra.

[10] Ezech. VIII, 3-6.

[11] Ezech. VIII, 7-12.

[12] Id. VIII, 13,14.

[13] Ezech. VIII, 15-18.

[14] Id. VIII, 17, 18.

[15] Ezech. VIII, 2-4; I, 4-14; 26-28.

[16] Ezech. VIII, 6; IX, 3; X, 4, 18, 19; XI, 22, 23.

[17] Si domanda: Questo generalizzarsi dell’apostasia, che darà luogo alla venuta dell’Antecristo, sarà un fatto compiuto prima della sua venuta; oppure, già stabilita o, piuttosto, già stabilita in larga scala, si compirà soltanto pel fatto e sotto il regno del figlio di perdizione?

L’apostasia o la separazione dalla fede cattolica e dal Pontificato romano, dovrà essere generale, un fatto compiuto, dicono Engelberto, Trionfo, Estio. – Esso non sarà che una via da compiersi, ma già su larga scala, rispondono il Sote, il Bellarmino, Giustiniano. Quest’ultima opinione sembra più probabile, poichè S. Paolo dice che dopo la defezione e l’apostasia, l’Anticristo apparirà in omne seuctione iniquitatis (II Thess. II, 10). Esso dunque aumenterà l’apostasia e la renderà più universale.

[18] Lett. Encicl. di S. S. Pio X ai vescovi d’Italia sull’Azione Cattolica, 11 giugno 1905.

[19] I Cor. IV, 12.

[20] È questa l’insistente preghiera di Pio X nella lettera indirizzata al cardinale arcivescovo di Lione:

 

Al nostro caro Figlio, S. Eminenza Rev. Pietro Coullié, Cardinal Prete, Arcivescovo di Lione e Vienna.

 

PIO X PAPA

 

Carissimo Figlio, salute e apostolica benedizione.

 

L’attenzione che hai avuto verso di Noi, scrivendoci ultimamente, nell’anniversario della Nostra esaltazione al sommo Pontificato ci é stata di vero conforto in mezzo a tutte le Nostre preoccupazioni specialmente a quelle procurateci, come ben comprenderai, dalle cose di Francia. I sentimenti di profondo attaccamento e di rispettosa unione alla Nostra persona e alla Sede Apostolica, che tu vi manifesti, Ci erano già noti. Ma ciò che nella tua lettera Ci è riuscito particolarmente grato è la confidenza con cui affermi che i  tuoi compatriotti non abbandoneranno giammai la fede degli avi; e che nella tua diocesi specialmente, tutti i fedeli si uniscano fermamente per la difesa della fede e gareggino di zelo nell’obbedire alle prescrizioni del Pontefice romano. Qual soggetto di consolazione per Noi! v’e bisogno di dirtelo? È questa una prova smagliante che Dio è ancora con la Francia, e che non permetterà mai che essa cada nell’abisso in cui vorrebbe precipitarla la malizia di troppi.

In quanto a Noi non cesseremo mai d’implorare la divina misericordia su di te, la tua chiesa e la tua patria; ma al tempo stesso Noi preghiamo, noi supplichiamo tutti i buoni di ascoltare con zelo ogni dì più docile le istruzioni del Vicario di Cristo per la comune salvezza.

Dato in Roma, presso S. Pietro, il 9 agosto 1905, anno terzo del nostro pontificato.

 

PIO X PAPA.

 

 

Dal Libro l’ ANTICRISTO di Agostino Lèmann -INCERTEZZA DELL’EPOCA DELLA VENUTA DELL’ANTICRISTO E PROIBIZIONE DI FISSARLA.-

DAL LIBRO “L’ ANTICRISTO” DEL SACERDOTE  AGOSTINO LÉMANN

APPROVAZIONI ECCLESIASTICHE:

Lettera del Cardinale MERRY DEL VAL, Approvazione alla I. edizione, Approvazione alla II. Edizione, Imprimatur

 

INCERTEZZA DELL’EPOCA DELLA VENUTA

DELL’ANTICRISTO E PROIBIZIONE DI FISSARLA.

 

 

Sommario. – I. Silenzio della Tradizione e della Scrittura sull’epoca della venuta dell’Anticristo. – II. Testo del V Concilio ecumenico di Laterano che proibisce di fissarla. – III. Motivi di questa proibizione. – IV. Ciò che é tollerato.

 

I.

 

In qual anno del mondo comparirà l’Anticristo?

Nessuno saprebbe dirlo, poichè la Tradizione e la Scrittura tacciono su questo punto. Dio solo ne conosce l’anno e l’ora, ed è un segreto che si è riserbato. Tutte le investigazioni son dunque vane. V’ha una barriera che è insormontabile. L’apostolo san Paolo, scrivendo dell’Anticristo ai Tessalonicesi, ha fatto allusione a questa barriera nelle seguenti espressioni: … Affinchè sia manifestato a suo tempo, Ut reveletur in suo tempore[1]. In qual epoca del mondo arriverà questo tempo? Siccome l’apostolo san Paolo non lo ha indicato, ma si e’ servito di un’espressione indeterminata; la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo e sempre prudente, non ha aggiunto nulla e non aggiungerà nulla alla breve indicazione dell’Apostolo. Rispettando la sua riserva, s’è astenuta da sollevare il volo o di guardare più oltre.

 

 

II.

 

Inoltre, per tagliar corto alle indiscrezioni che s’eran prodotte, non ha esitato di proibire sotto pena di scomunica di annunziare per un’epoca determinata la venuta dell’Anticristo e il giorno del giudizio finale. Sotto Leone X, nell’anno 1516, il 11 avanti le calende di gennaio, nel V concilio ecumenico di Laterano[2] venne emanato questo decreto: “Ordiniamo a tutti coloro che esercitano l’ufficio della predicazione o che l’eserciteranno in futuro, di non presumere di fissare nelle loro predicazioni o nelle loro affermazioni un tempo determinato per i mali futuri, sia per la venuta dell’Anticristo, sia per il giudizio finale: attesochè la verità ha detto: Non v’è dato di conoscere il tempo o il momento che il Padre ha fissato di sua propria autorità: coloro dunque che, sino al presente, hanno osato asserire simili cose, hanno mentito, e si è avverato che, per fatto loro, un gran danno è stato arrecato all’autorità di coloro che predicano saggiamente”[3].

 

 

III.

 

I motivi di questa proibizione sono indicati nel testo di essa:

Prima di tutto, il rispetto dovuto alla volontà di Dio. Egli è il padrone assoluto del tempo e di quanto in esso succede: non conviene, dunque, che gli uomini, da indiscreti voglian conoscere, in antecedenza, il risultato de’ suoi eterni decreti. Come si devono comportare, riguardo a questi eterni decreti, lo, dice l’autore ispirato dell’Ecclesiastico: “Non cercare quello the è sopra di te, e non voler indagare quelle cose che sorpassano le tue forze… Non essere curioso scrutatore delle molte opere di Dio[4]. Il rispetto dovuto ai decreti e alle opere di Dio, la penna di sant’Agostino l’ha espresso in quest’ammirabile sentenza: “Onora ciò che ancora non comprendi, e tanto più onoralo quanto i veli son più fitti. Quanto più uno è degno di onore tanti più veli pendono nella sua casa. I veli comandano l’onore dovuto al segreto e si alzano a coloro che si vogliono onorare”[5].

Il secondo motivo della proibizione è di risparmiare ai fedeli preoccupazioni fastidiose, pericolose pe’ doveri da compiere all’ora presente. Si ricordi la paura de’ Tessalonicesi che san Paolo fu costretto a rassicurare: “Noi vi preghiamo, o fratelli, che non vi lasciate atterrire; …quasi imminente sia il giorno del Signore[6]. E dopo aver tracciato il ritratto dell’Anticristo nel capitolo II della sua lettera, l’Apostolo lo fa seguire, al capitolo III, da questo consiglio: “Abbiam udito che alcuni tra voi procedono disordinatamente, i quali non fanno nulla, ma si affaccendano senza pro. Ora a questi tali facciamo sapere e li scongiuriamo nel Signor Gesù Cristo, che lavorando in silenzio mangino il loro pane[7].

Il terzo motivo è d’impedire gli scandali, sempre dannosi alle anime. Perchè allorquando l’avvenimento non giustifica le predizioni avventate, coloro che son deboli nella fede ne prendono occasione per disprezzare le vere profezie della Scrittura e di dubitarne. Così è accaduto più d’una volta in diversi tempi; e la storia ecclesiastica ha dovuto registrare i nomi di molti di questi sognatori che ebbero l’audacia di annunziare per un’epoca determinata la venuta dell’Anticristo; per esempio :

Un giovane parigino visionario annunzia pubblicamente da una cattedra di Parigi, verso il 960, che l’Anticristo verrebbe alla fine dell’anno 1000. Fu confutato vittoriosamente da Abbone, il futuro abate di Fleury[8]:

Fluentino da Firenze, condannato nel 1105 da Pasquale II;

Arnoldo da Villanuova, condannato nel 1311. Avea fissato la venuta e la persecuzione dell’Auticristo all’anno 1377:

Bartolomeo Janovesio, condannato da Papa Urbano V per aver fissato questa venuta nel giorno della Pentecoste del 1360;

Niccolò Cusin l’annunziò per gli anni 1700 o 1734;

Mmmero Bruschio, pel 15S9 o 1643:

Girolamo Cardano, per l’anno 1800:

M. d’Hedouville, tra il 1952 e 1953;

L’autore anonimo dei Precursori dell’Anticristo, per l’anno 1957;

L’abate Maitre fissa la fine del mondo alla fine del secolo XX o nel corso del XXI.

Questi esempi non sono una dimostrazione della sapienza della Chiesa nel proibire che ha fatto di fissare una data determinata sia per questa venuta, sia per la fine del mondo?[9]

 

 

IV

 

Si potrà dire che essa proibisce egualmente di emettere delle congetture? No: la proibizione fatta dal V Concilio ecumenico di Laterano non va più in là. Essa riguarda solamente ogni data fissa. Le generalità, le congetture prudenti, l’indicazione dei segni precursori restano cose permesse, ad esempio di certi Padri e d’eminenti Dottori che non ne sono mancanti.

Eusebio “designa la venuta dell’avversario, il quale avrà la libertà di assalire la Chiesa di Cristo”[10].

Giuda Cyr, altro storico ecclesiastico, crede che la venuta dell’Anticristo sia prossima[11].

Tertulliano parla dell’Anticristo che si avvicina: “Antichristo jam instante[12].

S. Cipriano: “Dovete tener per certo che il tempo dell’afflizione è cominciato, che la fine del secolo e il tempo dell’Anticristo si avvicinano”[13].

Sant’Ilario parla dell’Anticristo imminente: “imminentis Antichristi[14].

San Basilio: “Non siamo all’ultim’ora? Non è questa l’apostasia? Non si manifesta l’empio, il figlio della perdizione?”[15]

Sant’Ambrogio: “Perchè siamo arrivati alla fine del mondo, certe malattie ne sono i segni. La malattia del mondo, è la fame; la malattia del mondo, è la poste la malattia del mondo, è la persecuzione”[16].

San Girolamo: “Noi non curiamo che l’Anticristo si avvicina”[17].

San Bernardo, descrivendo le empietà del suo secolo, emette questo grido d’allarme: “Sol questo ci resta da vedere che l’uomo del peccato, il figliuolo di perdizione, faccia la sua comparsa”[18].

San Gregorio Magno: ” Il re della superbia è vicino. Rex superbiae prope est[19].

Altre citazioni potrebbero esser riferite. Chi non conosce, del resto, la famosa omelia del citato gran Papa san Gregorio, sui “segni della fine del mondo”, omelia che la Chiesa, ogni anno rimette sotto gli occhi dei sacerdoti e dei fedeli, la prima domenica dell’Avvento, per ricordar ad essi la fine dei tempi? Di questi segni precursori, san Gregorio nota che alcuni sono adempiuti, e altri non tarderanno ad esserlo. “Ex quibus profecto onnibus alta jam facta cernimus, alia in proximo ventura formidamus[20].

Come s’è potuto vedere, alcuni de’ Padri citati non si son permessi di fissare una data certa per la venuta dell’Anticristo o per la fine dei mondo. Essi si fermano tutti alle generalità, rammentano i segni, congetturano; non fissano nulla. La loro maniera di predicare o di scrivere, è conforme agli annunzi alle volte deterininati e prudenti del nostro Signore stesso, e del suo apostolo san Paolo. Ai capitoli XXIV e XXV di san Matteo, nostro Signore annunzia chiaramente la fine del mondo, ne dà i segni precursori, ma non fissa la data. Ad esempio del suo Maestro, san Paolo, al capitolo II della seconda lettera ai Tessalonicesi, annunzia chiaramente l’Anticristo, ma non fissa la data della sua venuta; si limita a indicare il segno precursore di questo avvenimento: l’Apostasia: Discessio primum et revelatus fuerit homo peccati[21].

 

 


[1] II Thess. II, 6.

[2] Sess. XI, Constit. Supernus majestatis praesidio.

[3]Mandantes omnibus, qui hoc onus praedicationis sustinent, quique in futurum sustinebunt, ut tempus qua fixum futurorum malorum, vel Antichristi adventum aut certum, diem Judicii praedicare, vel asserere, e nequaquam prasumant; cum Veritas dicat: Non est Vestrum nosse tempora vel momenta, qua Pater posuit in sua potestate: ipsosque qui hactenus, similia asserere ausi sunt, mentitos, ac eorum causa, reliquorum etiam recte praedicantium auctoritati non modicum detractum fuisse constet. (Cit. in Ferraris, Prompt. bibl. alla parola Praedicare. Mansi, Sacrorum Conciliorum collectio, t. XXII. p. 945-947).

[4] Ecclesiastic. III, 22-24.

[5]Honora quod nondum intelligis et tanto magis honora quanto plura vela cernis. Quanto enim quisque honaratior est, tanto plura vela pendent in domo ejus. Vela faciunt honorem secreti; sed honorantibus levantur vela“. (S. August., Serm. LI, 5).

[6] II Thess. II, 11, 12.

[7] II Thess. III. 11, 12.

[8] Abbonis apologeticum in Migne, Patr. Lat.,  t. CXXXIX, c. 162.

[9] Tra gli autori che hanno fissato una data alla venuta dell’Anticristo, ci siamo meravigliati di trovarvi il ven. servo di Dio Bartolomeo Holzhauser, restauratore della disciplina ecclesiastica in Germania, fondatore dell’Associazione dei Preti secolari viventi in comune, morto il 20 maggio 1658. Autore di una Interpretazione dell’Apocalisse, applauditissima in Germania, e in cui vi sono certamente delle pagine bellissime e commoventissime, L’Holzhauser ha scritto quanto segue: “Alla metà dell’anno di Gesù Cristo 1865, nel secolo XIX, nascerà l’Anticristo e vivrà cinquantacinque anni e mezzo. Negli ultimi tra anni e mezzo della sua vita, perseguiterà col più grande furore la cristianità, e d’accordo col suo falso profeta l’antipapa, sterminerà la Chiesa, disperderà il gregge di Gesù Cristo, vincerà ed ucciderá tutti i fedeli colla possanza che gli verrà data per quarantadue mesi sovra ogni tribù, popolo, lingua e nazione, per far guerra contro i santi di Dio e per vincerli durante il tempo in cui sarà assiso nella pienezza del suo regno. Così dunque, nel 1911, il figlio di perdizione sarà ucciso nel cinquantaseiesimo anno della sua vita dal soffio, cioè dalla parola, che uscirà dalla bocca di Gesù di Nazaret crocifisso”. (Interpretazione dell’Apocalisse, 3ª ediz., t. II, pag. 120, Parigi, 1872: librer. Lodovico Vivés). – Se la causa di beatificazione del ven. servo di Dio si dovrà proseguire, queste linee non siano un ostacolo. L’onorevole Promotore della Fede esamini bene da quale spirito provengono. Nel caso in cui non fossero che un’interpretazione personale, non si potrebbe invocare in favore del loro autore l’ignoranza del decreto del V° Concilio Lateranense, cioè la buona fede? Errare humanum est, specialmente quando si tratta di un decreto ricoperto dalla polvere dei secoli, ed ignorato da moltissimi nella Chiesa. Se ci siamo presi la libertà di rimettere in evidenza questo decreto, lo abbiamo fatto perché nei tempi turbolenti in cui si trovano la Chiesa e la società umana, le anime stiano in guardia contro calcoli capaci di inquietarle.

[10] Euseb., Hist. Eccl., lib. V, cap. I.

[11] Euseb., Hist. Eccl., lib. V, cap. VI.

[12] Tertull., De fuga in persecuzione, c. XII.

[13] S. Cyprian., Epist. LVI ad Thibaritanos.

[14] S. Hilar., Lib. contra Auxentium.

[15] S. Basil., Epist. LXXI ad Alexandrinos.

[16] S. Ambros., Oratio in obit. Satyri fratris.

[17] S. Hieronym., Epist. II ad Ageruch.

[18] S. Bernard., Serm. 6 in Psalm. 90.

[19] S. Gregor. Magn., Epist. XXXVIII ad Joan. Constantin.

[20] Id., Hom. I in Evang.

[21] II Thess. II, 3.

Dal Libro l’ ANTICRISTO di Agostino Lèmann -PERSONA, REGNO, PERSECUZIONE,FINE-

 

DAL LIBRO “L’ ANTICRISTO” DEL SACERDOTE  AGOSTINO LÉMANN

APPROVAZIONI ECCLESIASTICHE:

 

Lettera del Cardinale MERRY DEL VAL, Approvazione alla I. edizione, Approvazione alla II. Edizione, Imprimatur

 

PERSONA, REGNO, PERSECUZIONE,

FINE DELL’ANTICRISTO.

 

Sommario. – I. Cose certe. – II. Cose probabili. III. Cose indecise. – IV. Cose fantastiche.

 

Prima certezza: – L’Anticristo sarà una prova per i buoni, un castigo per gli empi e gli apostati.

 

Prova: – “Ecco che quel corno faceva guerra contro de’ santi e li superava[1]. – “E fu conceduto a lei (alla Bestia) di far la guerra coi santi e di vincerli[2].

Castigo: – “L’arrivo di quest’empio apra luogo… con tutte le seduzioni dell’iniquità per coloro i quali si perdono, per non aver abbracciato l’amor della Verità per essere salvi. E perciò manderà Dio l’operazione dell’errore, talmente che credano alla menzogna, onde siano giudicati tutti coloro che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità[3].

Dio non pone la pietra d’inciampo sulla via dei cattivi, se non allorquando han proprio meritato la punizione: essi mettono allora il colmo ai loro delitti.

È, dunque, per una permissione divina che si avvererà la venuta dell’Anticristo. Per provare, da una parte, la fede degli eletti, per castigare, dall’altra, l’apostasia di un gran numero, Satana riceverà, come avvenne con Giobbe, la libertà d’esercitare, per un dato tempo, la sua funesta possanza contro il genere umano. Allora sorgerà colui che S. Ireneo chiama il compendio di ogni malizia[4], e sorgerà quel tempo di persecuzione, di cui nostro Signore ha detto: “Grande sarà allora la tribolazione, quale non fu dal principio del mondo sino a quest’oggi, nè mai sarà[5].

 

Seconda certezza: – L’Anticristo sarà un uomo, un individuo.

 

Bisogna che prima si sia manifestato l’uomo del peccato[6].

L’Anticristo non è dunque una finzione, un mito, come una penna di critico leggiero, quella di Rénan, si è sforzata di stabilire[7]. Esso non deve inoltre esser confuso con una setta qualunque, una collezione d’empi, un centro d’ateismo, un periodo di persecuzione, come hanno pensato alcune anime pie. L’Anticristo sarà un vero individuo, una persona, che sorgerà, è vero, in un’epoca d’ateismo e di sétte perverso, ma, pur ritenendo legami stretti con queste sétte e con questo centro di ateismo, non lascerà d’essere una persona, un individuo “avente gli occhi di un uomo ed una bocca che proferiva grandi cose e bestemmie[8].

 

Terza certezza: – L’Anticristo non sarà Satana incarnato, nè un demonio sotto apparenza umana, ma un membro della famiglia umana, un uomo, nient’ altro che un uomo. “L’uomo del peccato[9].

Senza dubbio quest’essere sarà ispirato da Satana e sarà come il suo strumento; Satana sarà il suo consigliere e il suo ispiratore invisibile: gli presterà il suo appoggio, ma non sarà l’Anticristo egli stesso[10].

 

Quarta certezza: – L’Anticristo sarà seduttore per certe sue qualità personali.

Questo corno aveva occhi quasi occhi d’uomo e una bocca che spacciava cose grandi[11]. – “E fu data alla bestia una bocca per dir cose grandi[12]. – “E adorarono la bestia dicendo. Chi è da paragonarsi colla bestia?[13]L’arrivo di quest’empio sarà con tutte le seduzioni dell’iniquità[14].

È un errore popolare quello di figurarsi l’Anticristo sotto apparenze ributtanti, come un compendio di tutto le laidezze fisiche. Questo proviene probabilmente dall’interpretazione data a questo passo dell’Apocalisse: “Io vidi una bestia elle saliva dal mare, che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue coma dieci diademi, e sopra le sue teste nomi di bestemmia. E la bestia ch’io vidi era simile al pardo, e i suoi piedi come piedi d’orso, e la sua bocca come bocca di leone”[15].

Lungi dal rappresentare l’esteriore fisico dell’Anticristo, questo passo simbolico non ha altro scopo che di darci un’idea della sua vasta potenza e dell’estensione del suo impero, cose di cui tra poco tratteremo. i. diversi testi, che sono stati riportati, provano, al contrario, che la persona dell’Anticristo non mancherà di attrattive seduttrici. So, infatti, la descrizione di Daniele fa risaltare gli occhi dell’Anticristo: “Questo corno aveva occhi quasi occhi d’uomo” è perchè gli occhi denotano l’intelligenza, la perspicacia, l’abilità. Ma fra le bellezze seduttrici, Daniele e l’Apocalisse s’accordano a descrivere, come più dannose, la bellezza della voce e dell’eloquenza : “E fu dato alla bestia una bocca per dire cose grandi“. Cose grandi! Gli interpreti danno generalmente a queste espressioni il senso di parole strane, di parole d’orgoglio, di ribellione… di enormità. Ma la parola ebraica in Daniele “NDb√rVbår” significando “grandissimo“, indica che si può trattare anche di parole sublimi, eloquenti, affascinanti. L’angelo decaduto avendo scelto l’Anticristo come capo visibile dell’ultima battaglia da combattersi contro Cristo e la sua Chiesa, gli comunicherà qualche cosa delle bellezze naturali e incomparabili che l’Eden contemplò un tempo con stupore in Lucifero, bellezze che a lui non furon tolte, ma di cui abusa per fare il male. Sotto questa influenza occulta, il sublime, nella bocca dei figliuolo di perdizione, s’ unirà alla bestemmia; e questa tentazione del sublime sarà così attraente, che gli eletti stessi, se è possibile, saranno ingannati[16]. V’ha di più: il ritratto, tracciato nell’epistola ai Tessalonicesi, lascia intravedere nell’Anticristo una potenza di seduzione più vasta di quella della voce e dell’eloquenza: Con tutte le seduzioni dell’iniquità, vi è detto; per conseguenza, seduzione di una bella presenza e di un bel volto, seduzione di un bell’ingegno, seduzione di una falsa virtù, seduzione di prestigi e falsi miracoli uniti alla seduzione della voce e dell’eloquenza. Ed è, per questo che la terra, sedotta e in mezzo all’ammirazione griderà: Chi è da paragonarsi colla Bestia?

 

Quinta certezza: – I principî dell’Anticristo saranno umili e poco osservati.

Io considerava le corna, quand’ecco un altro piccolo corno spuntò in mezzo a queste[17].

L’espressione piccolo significa una potenza debole al suo principio; essa parrà da prima affatto trascurabile[18].

 

Sesta certezza: – L’Anticristo crescerà e farà conquiste.

Tre delle prime corna le furono svelte all’apparire di questo[19]. – “Questo corno era maggiore di tutti gli altri[20]. – “E l’angelo così mi disse: I dieci corni saran dieci re; e un altro si alzerà dopo di essi… e umilierà tre regi[21].

L’Anticristo crescerà sino a diventar re, e re conquistatore. Tre de’ dieci corni, cioè tre degli Stati nati, smembrati dall’antico impero romano, cadranno sotto la sua potenza. Essi saranno svèlti all’apparire di esso; ebraismo che significa: svèlti da lui. E anche notato che l’aspetto del piccolo corno divenne maggiore di quello de’ suoi compagni. Questa denominazione di “compagni“, applicata ai dieci corni indica che i dieci Stati esisteranno simultaneamente; l’Anticristo, undicesimo corno, è sorto e cresciuto in mezzo ad essi, e riesce ad abbatterne tre. Se è detto dall’Angelo che un altro si alzerà dopo di essi, l’espressione dopo di essi significa che l’Anticristo apparirà dopo la sparizione dei dieci re o dei dieci Stati, poichè, secondo il versetto 8 (quinta certezza), il piccolo corno (l’Anticristo) sorge, s’innalza in mezzo ai dieci Stati (ai dieci corni) e riesce ad abbatterne tre. Che significa dunque l’espressione dopo di essi? Significa che il regno dell’Anticristo deriverà dalla medesima sorgente che gli altri suoi predecessori, cioè dalle rovine dell’antico impero romano[22].

 

Settima certezza: – L’impero dell’Anticristo sarà universale.

E fu dato potere alla Bestia sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione[23].

Quest’accumulamento di espressioni non lascia alcun dubbio sulla universalità dell’ impero dell’Anticristo. Esso diventerà, o da sè medesimo o per mezzo de’ suoi luogotenenti, padrone del mondo. Si avrà allora la cattolicità dell’anticristianesimo dinanzi alla cattolicità della Chiesa.

Come nostro Signore meritò di riscattare col suo sangue l’umanità tutta intera[24], così l’Anticristo, in maniera opposta e per una permissione divina, estenderà per un dato tempo, il suo giogo di ferro e di empietà sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione[25]. Le scoperte moderne, che abbreviano il tempo e fanno sparire le distanze, mostrano che “l’uomo del peccato” non mancherà dei mezzi per arrivare a questo dominio. Alla facilità delle comunicazioni, unirà al suo servizio la potenza, detta scientifica, con tutto ciò che v’è mischiato di antirazionale e di anticristiano. Concentrando così le forze dello spirito rivoluzionario, trascinerà le folle sempre pronte a seguire tutti i servaggi. Coll’appoggio che troverà nelle società anticristiane[26], questo nemico di Gesù Cristo potrà formare in breve tempo un impero gigantesco. Allora si avvereranno in tutta la loro pienezza quelle espressioni dell’epistola ai Tessalonicesi: Revelabitur ille iniquus, quest’empio si manifesterà: egli sarà in evidenza, la sua potenza risplenderà per ogni dove.

 

Ottava certezza: – L’Anticristo farà una guerra accanita a Dio e alla Chiesa.

E parlerà male contro l’Altissimo e calpesterà i santi dell’Altissimo e si crederà di poter cangiare i tempi e le leggi[27]. – “Ed essa (la Bestia) aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e gli abitatori del cielo. E fu conceduto a lei di far guerra ai santi e di vincerli[28].

Se si interroga la Tradizione e le si domanda in qual maniera avverrà, secondo i testi, la persecuzione dell’ Anticristo, si alza S. Agostino e risponde: “La prima persecuzione (quella dei Cesari), fu violenta: per costringere i cristiani a sacrificare agli idoli, si proscrivevano, si tormentavano, si scannavano. La seconda, quella attuale, è insidiosa e ipocrita : gli eretici ed i fratelli sleali ne sono gli autori. Più tardi ne succederà un’altra, più funesta delle precedenti; perchè aggiungerà la seduzione alla violenza, e questa sarà la persecuzione dell’Anticristo”[29].

Subito il suo odio si rivolgerà contro Dio medesimo: “E la Bestia aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e gli abitatori del cielo“. Proibizione di rendere a Dio il menomo culto, proibizione di pronunziarne il nome, proibizione di comunicare colla Chiesa, suo tabernacolo vivente, proibizione di onorare i santi del cielo. Ma, al contrario, libertà di bestemmia contro Dio, libertà di bestemmia contro il suo nome, libertà di bestemmia contro la Chiesa, libertà di bestemmia contro i santi del cielo! Ma, tra tutte queste bestemmie, quelle proferite dall’Anticristo provocheranno un entusiasmo indescrivibile. Da un punto all’altro del mondo si spaccerà, si ripeterà: “Chi è da paragonarsi colla Bestia?” Tale sarà il grido di trionfo di empietà e d’orgia che farà rintronare l’aria! grido selvaggio che sarà la più grande bestemmia di cui gli uomini si saranno resi colpevoli, poichè esso supporrà che tutto ciò che esiste e che viene da Dio sia inferiore alla Bestia, portavoce di Lucifero[30].

E, insieme a questi attentati contro Dio, oppressione della Chiesa, oppressione di tutti coloro che vorranno rimanere fedeli a Gesù Cristo[31]. Contro di essi ogni sorta d’iniqui provvedimenti. Eccone alcuni:

Proscrizione di ogni insegnamento cristiano. Non più neutralità, ma proscrizione! Proibizione assoluta d’insegnare le verità cristiane e, per conseguenza, soppressione di scuole, chiusura di chiese, interdizione di predicazione. Esclusione eziandio di un insegnamento qualunque.

Già sotto Giuliano l’Apostata s’era fatta un a prova di questo iniquo provvedimento. “Allora, così scrive S. Gregorio di Nazianzo, si spogliarono le chiese, e le ricchezze ne furono trasportato nei templi degli idoli che si restauravano a spese de’ cristiani. Allora si chiusero le scuole e fu vietato ai cristiani d’insegnare la grammatica, la retorica, la medicina e le arti liberali. Non sta bene, diceva sghignazzando l’imperatore Giuliano, che gli adoratori del vero Dio coltivino le muse e la letteratura pagana, poichè stimano le nostro divinità infami ed empia la nostra scienza”[32].

Altro iniquo provvedimento: Lacerazione e distruzione dei Libri santi. Si farà anche più che proscrivere le opere in cui s’incontra il nome di Dio, come già si è fatto; si perseguiteranno specialmente i Libri santi, per lacerarli e distruggerli. Così avvenne nei tempi passati, durante la cruda persecuzione di Antioco Epifane, preludio, secondo la testimonianza di S. Girolamo, a quella dell’ Anticristo[33]. Si vide allora, come rilevasi dal primo libro dei Maccabei, tutto un esercito di funzionari e di sbirri occupati a invader le case, e a frugarne tutti i nascondigli. “Stracciati i libri della legge di Dio, li gettarono ad ardere nel fuoco. E se presso alcuni trovavano i libri del testamento del Signore, erano trucidati a tenor dell’editto del re[34].

Allora eziandio, secondo un altro passo del medesimo libro, torme di Ebrei fedeli abbandonarono Gerusalemme per rifugiarsi nelle montagne, nel profondo delle caverne. Gli sfortunati avevano, per salvarsi la vita, lasciato tutto, salvo qualche foglietto di quei, libri, rapiti alla fiamma e imporporati del sangue dei martiri. Morenti di fame e di freddo, ma vicini a questi foglietti, li leggevano, per rinvigorire l’animo, alla luce vacillante di torce pallide come le loro facce. Ma avvenne che quelle caverne della Giudea s’illuminarono, come più tardi le catacombe romane, di tali fiamme divine e di tali entusiasmi, che, dopo pochi anni di persecuzione, Gionata Maccabeo, uno dei superstiti di quelle lotte eroiche, Poteva rispondere agli Sparziati, i quali gli avean proposto un’alleanza: “Noi, non abbiamo bisogno di consolazioni umane, perché abbiamo per nostra consolazione i Libri santi, che sono nelle nostre mani”[35].

Ancora un altro provvedimento iniquo: Insegnamento obbligatorio ed universale dell’errore. Questo intanto si prepara nelle scuole senza Dio, o piuttosto contro Dio. Rese generali al tempo dell’Anticristo, esso poseranno la loro mano di ferro, per piegarli all’apostasia, non solamente sui giovanotti e le fanciulle, ma ancora sui bambini incapaci di difendersi, ad onta delle proteste dei padri e delle lacrime delle loro madri !

Sotto l’oppressione di questi iniqui provvedimenti e di altri ancora, si vedrà adempire alla lettera una delle più formidabili sentenze della santa Scrittura: “La verità sarà abbattuta sopra la terra, Prosternetur veritas in terra[36]. Nella lunga serie dei tentativi umani sin dall’origine dei secoli si è veduta la verità diminuita, sbeffeggiata, sfigurata, ma rovesciata a terra, mai! O che ciò sarà al tempo dell’Anticristo? Nessuno lo creda! Se il profeta Daniele adoperò questa espressione, l’adoperò per dipingere in modo energico tutto il furore che si sarebbe visto nella persecuzione di Antioco, e tutto il furore che si vedrà in quella dell’Anticristo. Egli usa lo stesso linguaggio, allorchè, parlando delle prove alle quali i fedeli cristiani saranno sottoposti, annunzia che “il corno farà la guerra contro de’ santi e li supererà[37]. Si, assalti contro i cristiani, assalti contro la verità cristiana. Ma mentre i santi, assaliti e feriti nei loro corpi, rimarranno impavidi, indipendenti e fermi nella loro anima, la verità cristiana, meglio radicata nel seno della Chiesa di quel che non sono le montagne nelle viscere della terra, renderà vani tutti questi assalti; e gli ultimi discendenti dei nostri contemporanei ripeteranno come noi, all’ora del canto del vespro, quel versetto del salmo, che proclama il felice esito delle battaglie di Dio: “Veritas Domini manet in aeternum, La verità del Signore è immutabile in eterno”![38]

Ma, tra i testi che annunziano la guerra incessante che l’Anticristo farà a Dio e alla Chiesa, ve n’è uno che non bisogna lasciare senza spiegazione: “Ed ei si crederà di poter cangiare, dice Daniele, i tempi e le leggi”. Che stanno a significare queste parole? Voglion dire che l’Anticristo si arrogherà una Potenza sovrumana, poichè appartiene soltanto a Dio, legislatore supremo, di regolare e di cambiare i tempi. L’uomo del peccato vorrà rovesciare tutto le istituzioni più sacre, tutti i fondamenti della religione e della società. Se n’è già avuto una specie di saggio da parte dei suoi precursori. Maometto cambiò i giorni festivi e la legge pubblicando il Corano. Anche ai giorni nefasti della tirannide giacobina, nel 1792, il culto cattolico venne proibito in Francia, ed il computo de’ tempi modificato introducendo un nuovo calendario. Ai santi di ciascun giorno, i cui nomi furono cancellati, si fecero succedere i legumi, gli animali, la carota e perfino il porco…

Ma a che pro rammentare il passato? Il presente non è bastantemente istruttivo e minaccioso? Non vi è stato in sono al parlamento di una grande Nazione europea chi ha osato proporre poco fa la modificazione seguente perchè venisse eretta a legge: “Le quattro feste dette concordatarie, stabilite sotto un vocabolo religioso, si chiameranno, cominciando dalla promulgazione della presente legge: quella dell’Ascensione, festa dei Fiori; quella dell’Assunzione, festa delle Raccolto; quella di Ognissanti, festa dei Ricordi; quella del Natale, festa della Famiglia”?[39] Il motivo allegato dall’autore di tale modificazione era questo: “Il cristianesimo ha fatto sparire tutte le feste dell’ antichità… Le feste pagane avevano almeno un merito, quello di idealizzare la vita, di esaltarla, di celebrarla. Il cristianesimo ha voluto metter sempre tra l’uomo e la natura il suo Dio”. E con 356 voti contro 195 la modificazione proposta venne respinta. Se sarà ripresa al tempo dell’uomo nefasto, che crederà di poter cangiare i tempi e le leggi, otterrà una maggioranza.

Ma ecco l’abominazione delle abominazioni.

 

Nona certezza: – L’Anticristo si spaccerà per Dio e vorrà essere adorato lui solo.

“L’avversario che s’innalza sopra tutto quello che dicesi Dio, o si adora, talmente che sederà egli nel tempio di Dio, spacciandosi per Dio”[40]. – “Ed essi adoreranno la Bestia”[41].

Le parole: “L’avversario che si innalza sopra tutto quello che dicesi Dio, o si adora” ci stordiscono. Esse rivelano subito che l’uomo d’iniquità vorrà essere adorato, e adorato lui solo. Allorchè il più bello tra gli angeli distolse gli occhi dalla faccia del Signore e li rivolse su sè stesso, rimase sedotto, inebriato della propria bellezza, ed osò pretendere di essere adorato, ma insieme a Dio: “Salirò al cielo, diceva in cuor suo, sopra tutte le stelle innalzerò il mio trono, salirò sul monte del testamento, sarà simile all’Altissimo”[42]. L’ Anticristo sarà più sacrilego di Lucifero. Eccitato da lui non tenterà solamente di eguagliare Dio, di assidersi accanto a lui sulla sommità delle nubi; pretenderà di sostituirlo ed essere adorato lui solo. Persuaderà gli uomini che egli solo è il vero Dio e che fuori di lui non esisto altro Dio. La formula incomunicabile che Dio s, è riserbato sin ab eterno: “Io sono il Signore, e non havvene un altro”[43], l’Anticristo se ne approprierà[44].

La conseguenza di questa pretensione incredibile sarà, il testo lo indica, che l’uomo d’iniquità non farà solamente la guerra al vero Dio e alla vera religione, ma a tutti i culti esistenti. S’è avuto come un abbozzo di questo avvenimento in un fatto della persecuzione di Antioco Epifane. Questo principe empio, di cui erasi vaticinato che s’innalzerebbe e insolentirebbe contro tutti gli dei[45], non si peritò infatti di prendere sulle sue monete il nome di qeóß,, Dio, e di ordinare a tutti i suoi sudditi di praticare la sua propria religione[46]. Cosa degna di nota: tutte le false religioni del suo regno si sottomisero immediatamente a questo editto, senza manco l’ombra di resistenza: “Tutte le nazioni si accordarono in obbedire al comando del re Antioco”[47]. E frattanto non erano in piccolo numero queste false religioni, poichè il regno di Siria, circondato al settentrione dall’Asia Minore, al mezzogiorno dall’Egitto, al levante dall’impero dei Parti, a tramontana dal Mediterraneo, abbracciava, nella vasta estensione, tutte le false divinità della Mesopotamia, di Ninive, della Siria, d’Ammone, di Moab, della Samaria, d’una parte dell’Arabia, dell’Idumea, del paese dei Filistei. Eppure nemmeno l’ombra di una protesta: “Tutte le nazioni si accordarono in obbedire“. Infatti è nella natura dell’ errore, e si vedrà anche meglio al tempo del vero Anticristo, il curvarsi con prontezza sotto il giogo di un padrone, e non opporsi alla più detestabile delle tirannidi, a quella che esige la rinunzia della coscienza, il silenzio del vinto, il silenzio dello schiavo.

A Gerusalemme vi furono molte defezioni.

Parecchi Giudei ebbero la debolezza di sottomettersi. Ma la maggior parte della nazione rimase fedele al vero Dio. Come sotto il colpo di una commozione repentina, la fede assopita si risvegliò, levandosi calma e, intrepida dinanzi al tiranno delle coscienze.

Fu allora che si aprì il martirologio della Sinagoga, dove si videro inseriti, alla testa di migliaia di vittime, i nomi indimenticabili del santo vecchio Eleazaro, dei sette Maccabei e della loro madre[48]. Per tre anni e mezzo, questo martirologio rimarrà aperto…

L’editto di Antioco, che ordinava l’unità dei culto in tutto il regno siriaco, era stato seguito da un secondo editto, speciale per Israele, cioè per la vera religione. Siccome, il suo tenore è molto istruttivo, per il tempo presente, e più specialmente per l’avvenire, così merita di esser fatto conoscere:

“Proibizione di fare nel tempio di Dio gli olocausti e i sacrifizi e le oblazioni.

Proibizione di santificare il sabato e le solennità.

Sian profanati i luoghi santi e il popol santo d’Israele.

Si innalzino altari e templi agli idoli, e a loro s’immolino carni di porco e bestie immonde.

Non si pratichi la circoncisione e si contamini con ogni sorta d’immondezze e di abominazioni, l’anima dei bambini affinchè si diinentichino della legge di Dio e ne conculchino tutti i precetti. E tutti quelli che non obbediscono all’ordine del re Antioco, siano messi a morte”[49].

Per quanto sembrino mostruosi quest’ordini, tuttavia saranno sorpassati sotto il dominio dell’Anticristo, poichè tutti saranno obbligati ad adorare la sua persona[50]. L’autore ispirato dell’Apocalisse, che ha intraveduto da lontano quest’adorazione, ha fremuto e ha mandato questo grido d’orrore: Ed essi adoreranno la Bestia[51]. Così verrà stravolto e profanato, ai piedi del ministro di Satana, quel bel testo delle Scritture consacrato al vero Dio: “Le fatiche dell’Egitto, il commercio dell’Etiopia, e i Sabei uomini di grande statura passeranno dalla tua parte e saran tuoi; cammineran dietro a te colle mani legate e te adoreranno e a te porgeranno preghiere. In te solamente è Dio, e non è Dio fuori di te[52]. L’Apocalisse aggiunge un’ultima notizia: insieme a quest’adorazione della Bestia, vi sarà l’adorazione del Dragone, di Satana “E adorarono il dragone che dette potestà alla Bestia[53]. L’adorazione di Satana negli antri tenebrosi di certe logge massoniche non si pratica forse già?

 

Decima certezza: – Per mezzo di prodigi diabolici l’Anticristo pretenderà dimostrare che egli è Dio.

La venuta di quest’empio per operazione di Satana sarà con tutta potenza e con segni e prodigi bugiardi[54].

Con miracoli numerosi e strepitosi Gesù Cristo avea provato la sua filiazione e missione divina. “Le opere che mi ha dato il Padre da adempire, queste opere stesse le quali io fo, testificano a favor mio, che il Padre mi ha mandato”[55]. L’Anticristo avrà la pretensione di stabilire ugualmente la sua falsa divinità su prodigi esteriori. E con l’aiuto di Satana, per la potenza di lui, li compirà.

Ma questi miracoli saranno veri ?

“Si domanda spesso, dice S. Agostino, se queste espressioni di segni o prodigi ingannatori vogliono fare intendere l’inanità de’ prodigi di cui l’Anticristo abuserà contro l’uomo, essendo tutte questo opere apparenti: o devo dirsi che la verità stessa di questi miracoli trascinerà alla menzogna coloro che crederanno vedervi la presenza della forza divina?” E l’illustre dottore risponde: “Si saprà più tardi”[56].

Questo imbarazzo ha fatto nascere due opinioni differenti. Alcuni pensano che i miracoli, fatti dall’Anticristo con la potenza di Satana, saranno reali, veri miracoli e che trascineranno alla menzogna, cioè alla credenza della divinità dell’Anticristo[57].

Altri stimano che tutti i miracoli dell’Anticristo saranno bugiardi, il demonio illudendo i sensi de’ suoi seguaci[58].

Qualunque sentenza si adotti, ciò che v’ha di certo, si è che i prodigi compiuti dall’uomo del peccato saranno considerevoli, le parole accumulate di “miracoli, segni, prodigi”, indicano una molteplicità che sbalordisce.

 

Undecima certezza: – Il dominio e la persecuzione dell’Anticristo saranno passaggeri, l’uomo del peccato sarà distrutto.

Il giudizio sarà assiso, affinchè si tolga a lui la potenza, ed ei sia distrutto, e per sempre perisca[59]. “E la Bestia fu presa[60]. – “…Quest’iniquo, cui il Signor Gesù ucciderà coi fiato della sua bocca, e lo annichilerà con lo splendore di sua venuta[61].

Dopo tante dure prove, ecco finalmente l’annunzio consolante: L’Anticristo, quando sarà arrivato a poco a poco al fastigio del potere, verrà subito rovesciato per sempre. “E la Bestia fu presa”. La vittoria sarà facile quanto subitanea. Infatti non sarà necessario un grand’atto di potenza divina per distruggere l’Empio, Il soffio di Gesù ed il primo splendore della sua seconda venuta saranno bastanti a rovesciar per sempre il figliuolo di perdizione, l’uomo abominevole, che pareva invincibile.

In qual punto del suo regno nefasto, ne accadrà la ruina? Non ci fermeremo a indagarlo, ma è certissimo che accadrà… Un giorno, quando la persecuzione di Antioco Epifane s’era alquanto rallentata, un cocchio sollevando turbini di polvere, si dirigeva a galoppo vertiginoso sulla via d’Ecbatana a Babilonia, alla volta di Gerusalemme. Irritato, perchè il sangue de’ martiri non correva più a torrenti, un uomo assiso su questo cocchio non cessava di affrettarne, con esecrabili bestemmie, la corsa vertiginosa: “Vola dunque, urlava ad ogni istante al suo auriga, non sai che ho stabilito di arrivare a Gerusalemme! Voglio farne la tomba de’ Giudei; darò i loro cadaveri in preda agli uccelli di rapina e alle fiere; sterminerò anche i loro bambini”[62]. Scintille meno infuocate della rabbia dell’uomo, assiso sul carro[63], mandavano le zampe de’ cavalli; e in questa corsa d’inferno, alberi, case, colline, sparivano come ombre… Or ecco che all’improvviso un romore sinistro si fa sentire. Piomba dal cielo la vendetta divina. L’uomo empio è caduto dal suo cocchio. Dalle sue membra contuse e dalle sue carni ancor vive usciva, di mezzo a migliaia di vermi, un tal fetore che nessuno dell’esercito, che lo seguiva, volle trasportare questo Anticristo dell’Antico Testamento[64].

Infatti era lui, Antioco! ed il compito assegnatogli dalla permissione divina era finito.

Aveva, colla sua persecuzione, ravvivata la fede ed il coraggio degli eletti, le cui vesti si eran purificate nel sangue de’ martiri.

Avea curvato e schiacciato sotto il ferreo piede tutte le false religioni e tutti gli apostati[65].

Egli stesso, apostata e scellerato più di tutti[66], era annichilito senza opera d’uomo, come avea profetizzato Daniele[67].

Ma Gerusalemme era in piedi ! Sotto le sue mura risuonavano le trombe vittoriose dei Maccabei…

Qualche cosa di più rapido e di più improvviso succederà contro il vero Anticristo, quello del Nuovo Testamento. Un semplice soffio della bocca di Cristo lo ucciderà, ed il primo splendore della sua venuta lo annienterà.

Come all’alba le tenebre spariscono all’apparire del sole, così all’avvicinarsi del Sole di giustizia, anche avanti la gloria della seconda venuta, senza alcuno sforzo di Cristo, il Corno sarà svelto, la Bestia sparirà, l’uomo d’iniquità sarà distrutto.

 

II.

 

Prima probabilità:   I Giudei acclameranno l’Anticristo come Messia e lo aiuteranno a stabilire il suo regno.

Io son venuto nel nome del Padre Mio e non mi ricevete: se un altro verrà di propria autorità o riceverete[68].

E su questa parola, indirizzata da Gesù Cristo ai Giudei, suoi contemporanei e suoi nemici, che questa credenza si è stabilita: e si può dire che tale sia il sentimento unanime dei Padri della Chiesa. Nominiamo S. Ireneo, S. Ippolito, S. Ilario, S. Cirillo Gerosolimitano, S. Gregorio di Nazianzo, sant’Efrem, sant’Ambrogio, Rufino, S. Girolamo, S. Giovanni Crisostomo, S. Prospero, S. Cirillo Alessandrino, Teodoreto, Vittorino, S. Gregorio il Grande, Andrea di Cesarea, il Venerabile Beda, S. Giovanni Damasceno, Teofilatto, sant’Anselmo, ecc.

Basterà qui citare i più rinomati.

San Girolamo: “Il Signore, parlando dell’Anticristo, disse ai Giudei: Io son venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete; un altro verrà di propria autorità e lo riceverete. I Giudei dopo aver disprezzata la verità nella persona di Gesù Cristo, riceveranno la menzogna, ricevendo l’Anticristo”[69].

S. Crisostomo: “Chi è colui che il Salvatore annunzia come da venire, ma non in nome del Padre? l’Anticristo: e denunzia in modo evidente la perfidia dei Giudei”[70].

S. Ambrogio: “Questo mostra che i Giudei, i quali non han voluto credere in Gesù Cristo, crederanno nell’Anticristo”[71].

S. Efrem: “L’Anticristo colmerà di favori in modo speciale la nazione giudaica. Ma pur di onori straordinari la Nazione deicida lo coprirà e applaudirà al suo regno”[72].

S. Gregorio Magno: “I Giudei rimetteranno tutta la loro confidenza in un uomo, essi che ricusarono di credere al Redentore, quando alla fine del mondo si affideranno all’Anticristo”[73].

S. Giovanni Damasceno: “I Giudei hanno dunque rigettato il Signore Gesù Cristo e Dio e Figlio di Dio; essi riceveranno al contrario l’impostore che si attribuirà arrogantemente la divinità”[74].

S. Ippolito, discepolo di S. Ireneo e uno dei primi che abbia scritto su questo soggetto, fa cosi parlare i Giudei: “Essi si domanderanno gli uni gli altri: «Si trova nella nostra generazione un uomo così buono e cosi giusto?» Andranno a lui e gli diranno : «Noi tutti ti serviremo; riponiamo in te la nostra confidenza; ti riconosciamo come il più giusto di tutta la terra; da te aspettiamo la salute». E lo proclameranno re”[75].

Ogni meraviglia vien meno dinanzi a questi commenti e a questi annunzi che vengono dall’alto, specialmente quando si vede ogni giorno più crescere l’enorme potenza finanziaria de’ Giudei, i loro intrighi, il salire che fanno ai primi posti nei principali Stati, la loro unione da un punto all’altro del mondo. Dinanzi ad una tal preponderanza non si dura molta fatica a comprendere e ad ammettere come essi potrebbero contribuire allo stabilimento della formidabile potenza dell’Anticristo.

Quest’acclamazione della sua persona e l’aiuto, che gli presterebbero son dunque cose probabili. Ma perchè non certe?

Eccone la ragione:

La maggior parte delle testimonianze patristiche su riferite, si fondano su quelle parole da Gesù Cristo indirizzato ai Giudei: “Io son venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete, un altro verrà, di propria autorità e lo riceverete”[76]. Ora a proposito di questo testo, S. Tommaso d’Aquino osserva che, dopo il vero Cristo, un gran numero di falsi Cristi essendo già comparsi presso i Giudei ed essendo stati ricevuti da loro[77], egli suppone che il testo, considerato in sè stesso, si riferisca non all’Anticristo, ma a qualcuno di que’ falsi Messia, di que’ falsi Cristi. Tuttavia, aggiunge san Tommaso, questo testo può essere con probabilità riferito secondo il senso relativo all’Anticristo, a causa dell’autorità dei SS. Padri, che l’hanno inteso così: “Locus probabilis est propter auctoritatem sanctorum Patrum[78].

 

Seconda probabilità: – La persecuzione, dell’Anticristo durerà tre anni e mezzo.

“I santi saranno posti in mano a lui pei un tempo, due tempi e per la meta di un tempo”[79]. – “Fu dato potere alla Bestia di agire per mesi quarantadue”[80].

Si disse precedentemente (11ª certezza) che la potenza e la persecuzione dell’ Anticristo sarebbero passeggere. Questo è certo. Ma sarà possibile precisarne la durata?

Non si può dare, su tal punto, altro che una risposta probabile, non certa, secondo i due testi citati. Quello di Daniele, infatti, è misterioso: esso non precisa che tre tempi e mezzo, senza determinare ciò che bisogna intendere per quelle espressioni, che possono significare un periodo di giorni, di mesi, di anni, di secoli. Molti commentatori antichi (S. Efrem, S. Girolamo, Teodoreto, ecc.), moderni e contemporanei suppongono che un tempo corrisponda ad un anno. Dal testo infatti, dell’Apocalisse è chiarito quello di Daniele. Vaticinando che la persecuzione dell’Anticristo durerà quarantadue mesi, l’Apocalisse autorizza a concludere che “un tempo e due tempi e la metà di un tempo, rappresentano tre anni e mezzo, durata equivalente a quarantadue mesi[81].

Un’osservazione ingegnosa è stata fatta. “Bisogna osservare che Daniele non dice semplicemente tre tempi e mezzo, ma: un tempo, due tempi… Egli divide così l’êra dell’Anticristo in tre periodi integrali: uno relativamente corto, durante il quale il nemico di Dio e degli uomini stabilirà la Sua possanza; il secondo più lungo, che lo vedrà esercitare la sua influenza nefasta: il terzo, che sembrava dovesse prolungarsi più ancora, sarà al contrario cortissimo, perchè il suo potere sarà all’improvviso fiaccato dal Signore”[82].

 

 

III.

 

Son cose indecise quelle che non sono stabilite nè dal consenso unanime dei Padri, nè da testi precisi della Sacra Scrittura.

 


[1] Dan. VII, 21.

[2] Apoc. XIII, 7.

[3] II Thess. II, 9-11.

[4] “Recapitulatio universae iniquitatis” (Ireneus, Advers. Haeres., l. V, XXIX).

[5] Matth. XXIV, 21.

[6] II Thess II, 3.

[7] Rénan, L’Antéchrist, Paris, 1873, pag, 478, 479.

[8] Dan. VII, 8, 20; Apoc. XIII, 5. – Catech. Conc. Trid., P. 1, art. VII, n. VIII: Signa iudicium praecedentia: – “Dicendum est Antichristum futurum esse verum hominem. Existimo esse assertionem certam de fide. (Suarez, De Antichristo, sect. I, n, 4; ediz. Vivés, t. XIX, Paris 1860).

[9] II Thess. II, 3.

[10]Dicendum est, Antichristum non solum futurum verum hominem, sed etiam veram humanam personam, propriam, et connaturalem humanitati: itaque non erit persona demonis incarnata” (Suarez, De Antichr., sect. I, n. 5). – S. Thom., Summ. theol., P. III, q. 8, a. 8. “Erit homo (non daemon incamatus, ut quidam Scholastici opinati sunt); sed homo pessimus“. (Van Stennkiste, Pauli Epistolae, t. II, p. 276).

[11] Dan. VII, 8.

[12] Apoc. XIII, 5.

[13] Id., 4.

[14] II Thess. II, 8-10.

[15] Apoc. XIII, 5.

[16] Matth. XXIV, 24.

[17] Dan. 7, 8.

[18]Est certum Antichristum non habiturum aliquod regnum ªure haereditario, sed habiturum potius humilem originem, et paulatim ac fraudolenter regnum occupaturum“. (Suarez, De Antichr., sect. V, n. 2).

Vocatur cornu parvum, quod sensim crescet, quodque non haereditate, sed fraude regnum obtinebit” (Corn. a Lapide, in II Epist. ad Thesss. II, 11, ediz. Vivès, t. XIX).

[19] Dan. VII, 8.

[20] Id. 20.

[21] Id. 24.

[22]Antichristum futurum esse regem magnumque monarcham aperte colligitur ex Daniel VII, supposita communi interpretalione Sanctorum, qui de Antichristo ea loca intelligunt. Cap. enim VII explicatur, cornu illud parvulum, quod Antichristum significare diximus iis verbis: «Cornua decem, decem reges erunt, et alius consurget post eos, et ipso potentior erit prioribus, et tres reges humiliabit». Erit ergo absque ulla dubitatione Antichristo rex temporalis“. (Suarez, De Antichr., sect, V, n. 1).

[23] Apoc. XIII, 7.

[24] Id. V, 19.

[25]Cum dicitur regnaturusrus in universo orbe, non est necesse intelligi de omnibus provinciis Asiae, Africae et Europae, in quibus fides et Ecclesia diutius viguit: Praeterea, etiamsi priori modo intelligitur, non erit factu difficile, preaesertim eum neque copia auri et argenti, neque daemonum industria defutura sit“. (Suarez, De Antichr., sect, V, n. 4). – Cf. Corn. a Lapide, II epist. in Thess, II; ediz. Vivès, t. XIX, p. 162.

[26] Un celebre scrittore, Donoso Cortes, ha avuto come un’intuizione di questo impero nefasto, nei disegni attuali della demagogia:         “… Di là quelle aspirazioni immense al dominio universale per la futura demagogia che si estenderà su tutti i continenti e fino agli ultimi confini della terra ; di là quel progetti d’una follia furiosa, che pretende mescolare e confondere tutte le famiglie, tutte le classi, tutti i popoli, tutte le razze umano, per triturarle insieme nel gran mortaio della rivoluzione, affinché da questo oscuro e sanguinoso caos esca un giorno il Dio unico, vincitore di tutto ciò che è dissimile, il Dio universale, vincitore di tutto ciò che e particolare, il Dio eterno, senza principio e senza fine, vincitore di tutto ciò che nasce e muore; il Dio Demagogia annunziato dagli ultimi profeti, astro unico del firmamento futuro, che apparirà portato dalla tempesta, coronato di folgori e servito dagli uragani. La Demagogia è il gran Tutto, il vero Dio, Dio armato d’un solo attributo, l’onnipotenza, e senza bontà, senza misericordia e senza amore che sono le tre grandi debolezze del Dio cattolico. A questi tratti chi non riconoscerebbe il Dio dell’orgoglio, Lucifero?” – “Quando si considerino attentamente queste abbominevoli dottrine, pare impossibile di non vedervi qualcosa del segno misterioso, ma visibile, il cui orrore sarà riconosciuto al tempo annunziato dall’Apocalisse. Se un timore religioso non impedisse cercar di sollevare il velo che cuopre questi tempi terribili, io potrei forse appoggiare su potenti ragioni d’analogia questa opinione: che il grande impero anticristiano sarà un impero demagogico colossale, retto da un plebeo di grandezza satanica, l’uomo del peccato” (Donoso Cortes, Oeuvres, t. II, p. 229, 230).

[27] Dan. VII, 27.

[28] Apoc. XIII, 6, 7.

[29] S. Aug, Enarratio in Psalm., IX, n. 27.

[30] È come una prefazione alle bestemmie dell’Anticristo intese e sopportate dalla società contemporanea. “Il primo dovere dell’uomo intelligente, ha osato dire Proudhon, é scancellare incessantemente l’idea di Dio dal suo spirito e dalla sua coscienza; perché Dio, se esiste, é essenzialmente ostile alla nostra natura… Dio é sciocchezza e viltà; Dio è ipocrisia e menzogna; Dio è tirannia e miseria; Dio è il male”. (Système des contradictions, cap. VIII, t. I, pag. 382).

[31]Certum est Antichristum persecuturum esse Ecclesiam; et fideles, ac sanctos acerbius ti cri,delius quani ab ullo nunquam tyranno tentati aut afflicti fuerint. Hoc de fide est… Secundo dicendum est persecutionom hanc non tantum futuram esse temporalem, sed etiam spiritualem“. (Suarez, De Antichr., sect. VI, nn. 1 e 2).

[32] Greg. Naz., Oratio in Julianum.

[33] Hunc locum plerique nostrorum ad Antichristum, et quod sub Antiocho in typo factum est, sub illo veritate dicunt esse complendum… Sicut igitur Salvator habet et Salomonem el caeteros sanctos in typum adventus sui; sic et Antichristus pessimum regem Antiochum, qui sanctos pesecutus est, templumque violavit recte typum sui habuisse credendus est. (Hieron., Comment. in Dan., cc. VIII, 14; XI, 21).

[34] I Mach. I, 59, 60.

[35] I Mach. II, 28-80; XII, 8, 9, 13, 14, 15, – Joseph, Antiq., lib. XII, c. VI.

[36] Dan. VIII, 12.

[37] Dan. VII, 21.

[38] Ps. CXVI, 2.

[39] Modificazione proposta dal Gérault-Richard alla Camera dei deputati nella seduta del 2 luglio 1905.

[40] II Thess. II, 4.

[41] Apoc. XIII, 4.

[42] Isaia, XIV, 14.

[43] Id., XLV, 5, 6, 18, 22.

[44]Dicendum est Antichristum docturum ac persuasurum hominibus, ut credant nullum esse verum Deum praeter seipsum; verisimile autem est non esse hoc docturum, donec rerum omnium potiatur“. (Suarez, De Antichr., sect. IV n. 4).

[45] Dan. XI, 36.

[46] I Machab. cap. I, vers. 43; Diodoro Siculo, XXXI, 1; Polibio XXXI, 4 ecc.

[47] Mach. I, 44.

[48] II Mach. VI e VII.

[49] I Mach., 46-52. – Joseph, Antiq., lib. XII, cap. V.

[50] Apoc. XIII, 12-15.

[51] Id. XIII, 4.

[52] Isaia, XLV, 14.

[53] Apoc. XIII.

[54] II Thess. II, 9.

[55] S. Giovanni, V, 36.

[56] S. Agostino, La Città di Dio, lib. XX, n. XX.

[57] Suarez, De Antichr., sect: IV, n. 10.

[58] Bern. a Piconio, II Ep. ad Thess., cap. II, 9. – Corn. a

Lapide. II Thess. II, 9.

[59] Dan. VII, 26.

[60] Apoc. XIX, 20.

[61] II Thess. II, 8.

[62] “Antioco fuori di se per lo sdegno… ordinò che il suo cocchio accelerasse, e camminava senza darsi riposo, spronato dalla vendetta del cielo, perchè con tanta arroganza avea detto, che andava a Gerusalemme, e che volea farne una sepoltura de’ Giudei… Aveva detto che li darebbe in preda agli uccelli di rapina e alle fiere e di sterminarli anche col loro bambini”. (II Mach. IX, 4,15).

[63] “Spirando fiamme contro i Giudei, pregava perchè si accelerasse il viaggio”. (Id. IX, 7)

[64] II Mach. IX, 7-9.

[65] I Mach. I, 41, 45.

[66] II Mach. IX, 13-28.

[67] Dan. VIII, 25.

[68] S. Giovanni, V, 43.

[69] Hieron., Epist. 151 ad Algasiam, quaest. II. – Comm. in Dan., II, 24; – in Abdiam, XVIII; – in Zachar., II, 17.

[70] Chrysost., Homil. XL in Joannem.

[71] Ambros., in Psalm. XLIII.

[72] Ephr., Serm. de Antichr.

[73] Gregor. Magn., in I Regum, II.

[74] Johann. Damasc., De fide orthodoxa, lib. IV, oap. XXVII.

[75] Hippol., Oratio de cosummat. Mundi.

[76] S. Giovanni, v, 43.

[77] Enumeriamo alcuni di questi pseudo Cristi: Teuda, in Palestina, l’anno 45. – Simon Mago, in Palestina, nel 34-37. – Menandro, nello stesso tempo. – Dositeo, in Palestina, nel 50-60. – Barcoba, in Palestina, Del 138. – Mosé, nell’isola di Creta, nel 434. – Giuliano, in Palestina, nel 580. – Un Siro sotto il regno di Leone Isaurico, nel 721. – Sereno, in Ispagna, nel 724. – Un altro in Francia, nel 1137. – Un altro in Persia, nel 1138. – Un altro a Cordova, nel 1157. – Un altro a Fez, nel 1167. – Un altro in Arabia, nel 1167. – Un altro in Babilonia, nel 1168. – Un altro in Persia, nel 1174, – David Almusser, in Moravia, nel 1176. – Un altro, nel 1280. – David Eldavid, in Persia, nel 1300. – Ismael Sophi in Mesopotamia, nel 1497. – Il rabbino Lenilen, in Austria, nel 1500. – Un altro in Ispagna, nel 1534. – Un altro nelle Indie Orientali, nel 1615. – Un altro in Olanda nel 1624, – Zabathai Tzevi, in Turchia, nel 1666.

[78] S. Thomas, Opusc. de Antichr., sect. 1, § 3. – Suarez, De Antichr., sect. 1, n. 7.

[79] Dan. VII, 25.

[80] Apoc. XII, 5.

[81] “Queste espressioni: un tempo, due tempi e la metà di un tempo, significano un anno e due anni e la metà di un anno: e per conseguenza tre anni e sei mesi… e, in un altro passo della Scrittura, si determina il numero dei mesi. (S. Agost. Città di Dio, lib. XX, n. 23). Anche la persecuzione di Antioco duro tre anni e sei mesi”. Antichristi suprema potestas ac monarchia tantum per tres annos et dimidium durabit. Loquar autem de monarchia et suprema potestate, quia, ut dicitur, data est illi potestas in omnem tribum, et populum, et linguam et gentem. Quantum vero temporis in augenda stabiliendaque monarchia ponere debeat, non mihi constat; quia neque ex preadictis locis satis colligitur, acque videtur admodum verisimile, brevi tempore trium annorum, cum dimidio haec omnia esse perfecturum. Illud ergo solum est certum, ad summum permansurum in throno suo tribus annis cum dimidio, stalimque se ipsum interficiendum, et regnum eius evertendum. (Suarez, De Antichr. sect. II, n. 3).

[82] Fillon, La Sainte Bible commentée: Daniel, cap. VII, vers. 23-27.

Gesù rivela alla mistica Maria Valtorta il futuro dell’umanità

 

 

Il Futuro dell’umanità nelle  profezie di Maria Valtorta

 

(I testi sono  dell’edizione  1985)

 

“Maria: è l’ora delle tenebre. Le cose si compiono come in  sogno te le ho mostrate.       Non è arrivato fin troppo presto il momento della sicura conoscenza?  Prega con tutta te stessa, perché il momento è tremendo per se stesso e per  le conseguenze. Se le persone sapessero riflettere, si sforzerebbero ad essere  buone per piegare la Bontà in loro favore. Invece e sempre la stessa parola che  devo dire: l’egoismo le domina. Perciò preghiere, sacramenti e sacramentali,  resi impuri dall’egoismo, non hanno potere contro Lucifero che sconvolge il  mondo”. “I Quaderni del 1943”, pag.  218

 

Dice Gesù:       Se si osservasse per bene quanto da qualche tempo avviene, e specie dagli inizi di questo secolo che precede il secondo mille, si dovrebbe pensare che i sette sigilli sono stati aperti.       Mai come ora Io mi sono agitato per tornare fra voi con la mia Parola a radunare le schiere dei miei eletti per partire con essi e coi miei angeli a dare battaglia alle forze occulte che lavorano per scavare all’umanità le porte dell’abisso.       Guerra, fame, pestilenze, strumenti di omicidio bellico – che sono più che le bestie feroci menzionate dal Prediletto – terremoti, segni del cielo, eruzioni dalle viscere del suolo e chiamate miracolose a vie mistiche di piccole anime mosse dall’Amore, persecuzioni contro i miei seguaci, altezze d’anime e bassezze di corpi, nulla manca dei segni per cui può parervi prossimo il momento della mia Ira e della mia Giustizia.       Nell’orrore che provate, esclamate: ‘Il tempo è giunto; e più tremendo di così non può divenire!’. E chiamate a gran voce la fine che ve ne liberi.       La chiamano i colpevoli, irridendo e maledicendo come sempre; la chiamano i buoni che non possono più oltre vedere il Male trionfare sul Bene.       Pace miei eletti! Ancora un poco e poi verrò.       La somma di sacrificio necessaria a giustificare la creazione dell’uomo e il Sacrificio del Figlio di Dio non è ancora compiuta.       Ancora non è terminato lo schieramento delle mie coorti e gli Angeli del Segno non hanno ancora posto il sigillo glorioso su tutte le fronti di coloro che hanno meritato d’essere eletti alla gloria.       L’obbrobrio della terra è tale che il suo fumo, di poco dissimile da quello che scaturisce dalla dimora di Satana, sale sino ai piedi del trono di Dio con sacrilego impeto.       Prima della apparizione della mia Gloria occorre che oriente e occidente siano purificati per essere degni dell’apparire del mio Volto.       Incenso che purifica e olio che consacra il grande, sconfinato altare – dove l’ultima Messa sarà celebrata da Me, Pontefice eterno, servito all’altare da tutti i santi che cielo e terra avranno in quell’ora – sono le preghiere dei miei santi, dei diletti al mio Cuore, dei già segnati del mio Segno: della Croce benedetta, prima che gli angeli del Segno li abbiano contrassegnati.       E’ sulla terra che il segno si incide ed è la vostra volontà che lo incide.       Poi gli angeli lo empiono di un oro incandescente che non si cancella e che fa splendere come sole la vostra fronte nel mio Paradiso.       Grande è l’orrore di ora, diletti miei; ma quanto, quanto, quanto ha ancora da aumentare per essere l’Orrore dei Tempi ultimi!       E se veramente pare che  assenzio sia mescolato al pane, al vino, al sonno dell’uomo, molto, molto, molto altro assenzio deve ancora gocciare nelle vostre acque, sulle vostre tavole, sui vostri giacigli prima che abbiate raggiunto l’amarezza totale che sarà la compagnia degli ultimi giorni di questa razza creata dall’Amore, salvata dall’Amore e che si è venduta all’Odio.       Che se Caino andò ramigando sulla terra per avere ucciso un sangue, innocente, ma sempre sangue inquinato dalla colpa d’origine, e non trovò chi lo levasse dal tormento del ricordo perché il segno di Dio era su di lui per suo castigo – e generò nell’amarezza e nell’amarezza visse e vide vivere e nell’amarezza morì – che non deve soffrire la razza dell’uomo che uccise di fatto e uccide, col desiderio, il Sangue innocentissimo che lo ha salvato?       Dunque pensate pure che questi sono i prodromi, ma non è ancora l’ora.

Vi sono i precursori di colui che ho detto potersi chiamare: ‘Negazione’, ‘Male fatto carne’, ‘Orrore’, ‘Sacrilegio’, ‘Figlio di Satana’, ‘Vendetta’, ‘Distruzione’, e potrei continuare a dargli nomi di chiara e paurosa indicazione.       Ma egli non vi è ancora.

Sarà persona molto in alto, in alto come un astro umano che brilli in un cielo umano. Ma un astro di sfera soprannaturale, il quale, cedendo alla lusinga del Nemico, conoscerà la superbia dopo l’umiltà, l’ateismo dopo la fede, la lussuria dopo la castità, la fame dell’oro dopo l’evangelica povertà, la sete degli onori dopo il nascondimento.  Meno pauroso il vedere piombare una stella dal firmamento che non vedere precipitare nelle spire di Satana questa creatura già eletta, la quale del suo padre di elezione copierà il peccato.  Lucifero, per superbia, divenne il Maledetto e l’Oscuro.  L’Anticristo, per superbia di un‘ora, diverrà il maledetto e l’oscuro dopo essere stato un astro del mio esercito.   A premio della sua abiura, che scrollerà i cieli sotto un brivido di orrore e farà tremare le colonne della mia Chiesa nello sgomento che susciterà il suo precipitare, otterrà l’aiuto completo di Satana, il quale darà ad esso le chiavi del pozzo dell’abisso perché lo apra. Ma lo spalanchi del tutto perché ne escano gli strumenti d’orrore che nei millenni Satana ha fabbricato per portare gli uomini alla totale disperazione, di modo che da loro stessi invochino Satana Re, e corrano al seguito dell’Anticristo, l’unico che potrà spalancare le porte d’abisso per farne uscire il Re dell’abisso, così come il Cristo ha aperto le porte dei Cieli per farne uscire la grazia e il perdono, che fanno degli uomini dei simili a Dio e re di un Regno eterno in cui il Re dei re sono Io. Come il Padre ha dato a Me ogni potere, così Satana ha dato ad esso ogni potere, e specie ogni potere di seduzione, per trascinare al suo seguito i deboli e i corrosi dalle febbri delle ambizioni come lo è esso, loro capo. Ma nella sua sfrenata ambizione troverà ancora troppo scarsi gli aiuti soprannaturali di Satana e cercherà altri aiuti nei nemici del Cristo, i quali, armati di armi sempre più micidiali, quali la loro libidine verso il Male li poteva indurre a creare per seminare disperazione nelle folle, lo aiuteranno sinchè Dio non dirà il suo ‘Basta’ e li incenerirà col fulgore del suo aspetto.  Molto, troppo – e non per sete buona e per onesto desiderio di porre riparo al male incalzante, ma sibbene soltanto per curiosità inutile – molto, troppo si è arzigogolato, nei secoli, su quanto Giovanni dice nel Cap. 10 dell’Apocalisse.  Ma sappi, Maria, che Io permetto si sappia quanto può essere utile sapere e velo quanto trovo utile che voi non sappiate.   Troppo deboli siete, poveri figli miei, per conoscere il nome d’onore dei ‘sette tuoni’ apocalittici.       Il mio Angelo ha detto a Giovanni: “Sigilla quello che han detto i sette tuoni e non lo scrivere”. Io dico che ciò che è sigillato non è ancora ora che sia aperto e se Giovanni non lo ha scritto Io non lo dirò.  Del resto non tocca a voi gustare quell’orrore e perciò… Non vi resta che pregare per coloro che lo dovranno subire, perché la forza non naufraghi in essi e non passino a far parte della turba di coloro che sotto la sferza del flagello non conosceranno penitenza e bestemmieranno Iddio in luogo di chiamarlo in loro aiuto.  Molti di questi sono già sulla terra e il loro seme sette volte sette più demoniaco di essi.  Io, non il mio angelo, Io stesso giuro che quando sarà finito il tuono della settima tromba e compito l’orrore del settimo flagello, senza che la razza di Adamo riconosca il Cristo Re, Signore, Redentore e Dio, e invocata la sua Misericordia, il suo Nome nel quale è la salvezza, Io, per il mio Nome e per la mia Natura, giuro che fermerò l’attimo dell’eternità. Cesserà il tempo e comincerà il Giudizio. Il Giudizio che divide in eterno il Bene dal Male dopo millenni di convivenza sulla terra.  Il Bene tornerà alla sorgente da cui è venuto. Il Male precipiterà dove è già stato precipitato dal momento della ribellione di Lucifero e da dove è uscito per turbare la debolezza di Adamo nella seduzione del senso e dell’orgoglio. Allora il Mistero di Dio si compirà. Allora conoscerete Iddio. Tutti, tutti gli uomini della terra, da Adamo all’ultimo nato, radunati come granelli di rena sulla duna del lido eterno, vedranno Iddio Signore, Creatore, Giudice, Re. “I Quaderni del 1943” 20.8.43.      Pagine da 145 a 149

“Ti ho già detto che quanto è detto negli antichi libri ha un  riferimento nel presente. È come se una serie di specchi ripetesse, portandolo  sempre più avanti, uno spettacolo visto più addietro. Il mondo ripete se  stesso negli errori e nei ravvedimenti, con questa differenza però: che gli errori si sono sempre più perfezionati con l’evoluzione della razza  verso la cosiddetta civiltà, mentre i  ravvedimenti sono divenuti sempre più embrionali. Perché?       Perché, col passare del mondo dall’età fanciulla ad età più completa,  sono cresciute la malizia e la superbia del mondo. Ora siete nel culmine  dell’età del mondo e avete raggiunto anche il culmine della malizia e della  superbia. Non pensare però che avete ancora tanto da vivere quanto siete  vissuti. Siete al culmine, e ciò dovrebbe dire: avete altrettanto da vivere. Ma  non sarà.       La parabola discendente del mondo verso la fine non sarà lunga come  quella ascendente. Sara un precipitare nella fine. [La fine dei tempi,  la fine del tempo delle nazioni; poi verrà il Regno di Dio sulla Terra,  un’unica Nazione, un unico popolo, un’ unica Fede]. Vi fanno precipitare  appunto malizia e superbia. Due pesi che vi trascinano nel baratro della fine,  al tremendo giudizio. Superbia e malizia,  oltreché trascinarvi nella parabola discendente, vi ottundono talmente lo  spirito da rendervi sempre più incapaci di fermare, col ravvedimento sincero,  la discesa”, “I Quaderni del 1943”, pagg.  226 – 227

 

“La battaglia fra Me e lui non avrà fine altro che quando l’uomo  sarà giudicato in tutti i suoi esemplari. E la vittoria finale sarà mia ed  eterna. Ora la Belva infernale, sempre vinta e sempre più feroce per esser  vinta, mi odia di odio infinito e sconvolge la Terra per ferire il mio Cuore. Ma Io sono il Vincitore di Satana. Là dove egli insozza, Io passo col fuoco dell’amore  a mondare. E se con inesausta pazienza non avessi continuato la mia opera di  Maestro e Redentore, ormai sareste tutti dei demoni”. “I Quaderni del l943”, pag.  615

“E in verità vi dico che ora è un momento in cui, per ordine del  padre della menzogna, i suoi figli mietono fra le anime, che erano create  per Me e che inutilmente ho fertilizzate col mio Sangue. Messe abbondante più  che ogni diabolica speranza concepisse, e i Cieli fremono per il pianto del  Redentore che vede la rovina dei due terzi del mondo dei cristiani. E dire  due terzi è ancora poco”. “I Quaderni del 1943”, pag.  395

 

“Se il mondo fosse misericordioso!… Il mondo possederebbe Iddio, e  ciò che vi tortura cadrebbe come foglia morta. Ma il mondo, e nel mondo specie  i cristiani, hanno sostituito l’Amore con l’Odio, la Verità con l’Ipocrisia, la  Luce con le Tenebre, Dio con Satana. E Satana, là dove lo seminai Misericordia  e la crebbi col mio Sangue, sparge i suoi triboli e li fa prosperare col suo  soffio d’inferno. Verrà la sua ora di sconfitta. Ma per ora viene Lui perché  voi lo aiutate. Beati però coloro che sanno rimanere nella Verità e  lavorare per la Verità. La loro misericordia avrà il premio in Cielo”. “I Quaderni del 1943”, pag.  213

 

“Le guerre vengono” da Satana che sa che i tempi stringono e  che questa. [II guerra mondiale] è una delle lotte decisive che  anticipano la mia venuta. Sì. Dietro il paravento delle razze, delle  egemonie, dei diritti, dietro il movente delle necessità politiche, si celano,  in realtà, Cielo e Inferno che combattono fra loro. E basterebbe che metà dei  credenti nel Dio vero, ma che dico? meno di questo, meno di un quarto dei credenti,   fosse realmente credente nel mio Nome perché le armi di Satana venissero  domate. Ma dove è la Fede?” “I Quaderni del 1943”, pagg.  24 – 25

 

“Considera il mio Fulgore e la mia Bellezza rispetto alla nera  mostruosità della Bestia. Non avere paura di guardare anche se è spettacolo  repellente. Sei fra le mie braccia. Esso non può accostarsi e nuocerti. Lo  vedi? Non ti guarda neppure. Ha già tante prede da seguire. Ora ti pare che meriti  lasciare Me per seguire lui?.       Eppure il mondo lo segue e lascia Me per lui. Guarda come è satollo e  palpitante. É la sua ora di festa. Ma guarda anche come cerca l’ombra  per agire. Odia la Luce, e si chiamava Lucifero! Lo vedi come ipnotizza coloro  che non sono segnati dal mio Sangue?! Accumula i suoi  sforzi perché sa che è la sua ora e che si avvicina l’ora mia in cui sarà vinto  in eterno. La sua infernale astuzia e intelligenza satanica sono un continuo  operare di Male, in contrapposto al nostro uno e trino operare di Bene, per  aumentare la sua preda.       Ma astuzia e intelligenza non prevarrebbero se negli uomini fossero il  mio Sangue e la loro onesta volontà. Troppe cose mancano all’uomo per avere  armi da opporre alla Bestia, ed essa lo sa e apertamente agisce, senza neppure  più velarsi di apparenze bugiarde. La sua schifosa bruttezza ti spinga ad una  sempre maggiore diligenza e a una sempre maggiore penitenza. Per te e per i  tuoi disgraziati fratelli che hanno l’anima orba o sedotta e non vedono, o vedendolo,  corrono incontro al Maligno, pur di averne l’aiuto di un’ora da pagare con una  eternità di dannazione”. “l Quaderni del l943”, pag.  224

 

“Guai alla terra se venisse un giorno in  cui l’occhio di Dio non potesse più scegliere fra i figli dell’uomo gli esseri predestinati ad essere i miei portatori di  Luce e di Voce! Guai! Vorrebbe dire che fra i miliardi di uomini non vi e più  un giusto e un generoso, poiché i predestinati sono fra i giusti che mai  offesero Giustizia, e i generosi che hanno superato tutto, se stessi per primi,  per servire Me”. “I Quaderni del 1943”, pag.  409

 

La Gerusalemme di cui parla Isaia è  quaggiù la mia Chiesa, anticamera della celeste Gerusalemme. In essa è abbondanza  non di ricchezze umane, ma di tesori divini di Perdono e di Scienza, come nella  celeste Gerusalemme sono tesori divini di beatitudini. Nessuna forza umana  potrà, come turbine, devastare la mia Chiesa  al punto di distruggerla. Io sarò con lei, a far da piolo e da corda.       Quando l’ora sarà, in cui la terra cesserà d’essere, dagli angeli sarà  trasportata in Cielo la mia Chiesa, che non può perire perché cementata dal  Sangue di un Dio e dei suoi santi. “I Quaderni del 1943”,  pag. 330 (vedi il capitolo “l’Anticristo”).

 

Un popolo, dice Isaia, sarà colpito dalla spada di Giustizia. Ma saranno  molti di più, poiché il mondo ha fornicato col demonio in molte sue parti. Ed  altre ancora sono in procinto di peccare, nonostante tutto quanto Io ho operato  per tenerle nella via della Vita. Pregare, pregare, pregare molto per impedire  nuove condanne, originate da nuove fornicazioni. I demoni… oh! i demoni sono  già là dove Io punirò.Sono i  demoni, insediati da padroni nei cuori, quelli che portano a morte le nazioni.   E vi sono popoli in cui pochi cuori non siano dimora dei demoni: legioni e legioni demoniache muovono, come  fantocci, intere nazioni. E come posso Io regnare là dove i cuori si sono fatti dimora dei figli di Lucifero?  Altre applicazioni ha la parola profetica, ma Io ho voluto fartela vedere con  riferimenti all’ora che vivete. Né dirti di più per non accasciarti di più.  Prega. Il tuo Dio ti aprirà le porte prima che tu conosca il massimo orrore  [infatti Maria Valtorta mori ne1 1961]”. “I Quaderni del 1943”, pag.  330

 

“… questa non è guerra di uomini ma di Satana contro gli  spiriti. Né ne sono vittime unicamente chi  perisce in battaglia o sotto le macerie di una casa. Sono vittime della lotta  di Satana agli spiriti anche, e soprattutto, coloro che perdono fede e speranza  e carità, e non la vita di un’ora mortale perdono, ma la Vita eterna, morendo  alla Grazia di Dio”. “I Quaderni del l944”, pag.  353

 

“Vorreste che Io venissi e mi mostrassi per terrorizzare e  incenerire i colpevoli. O miseri! Non sapete quello che chiedete! Purtroppo  verrò. Dico: “Purtroppo”, perché la mia  sarà  venuta di Giudizio e giudizio tremendo. Avessi a venire per salvarvi non  direi così e non cercherei di allontanare i tempi della mia venuta, ma anzi mi  precipiterei con ansia per salvarvi ancora.       Ma il mio secondo avvento sarà avvento di Giudizio severo, inesorabile,  generale, e per la maggior parte di voi sarà giudizio di condanna. Non sapete  quello che chiedete. Ma se anche Io mi mostrassi, dove è nei cuori, e specie in  quelli maggiormente colpevoli delle sciagure di ora, quel tanto residuo di fede  e di rispetto che li farebbe curvare col volto a terra per chiedermi pietà e  perdono?       No, figli che chiedete al Padre vendetta mentre Egli è Padre di perdono!  Se anche il mio Volto balenasse nei vostri cieli e la mia Voce, che ha fatto i  mondi, tuonasse da oriente ad occidente, le cose non muterebbero. Ma soltanto  un nuovo coro blasfemo di insulti, ma soltanto una nuova ridda di ingiurie  sarebbero lanciati contro la mia Persona. Ripeto: potrei fare un miracolo e lo  farei se sapessi che poi voi vi pentite e divenite migliori.       Voi, grandi colpevoli che portate i piccoli a disperare e a chiedere  vendetta, e voi, piccoli colpevoli che chiedete  vendetta. Ma né voi,  grandi colpevoli, né voi, piccoli colpevoli, vi pentireste e non diverreste migliori  dopo il miracolo. Calpestereste anzi, in una furia di gioia colpevole, i corpi  dei puniti, demeritando subito al mio cospetto, e vi montereste sopra per  opprimere, a vostra volta, da quel trono fondato su una punizione. Questo vorreste.  Che Io colpissi per potere colpire a vostra volta.       Io sono Dio e vedo nel cuore degli uomini e perciò non vi ascolto in  questo. Non voglio che vi danniate tutti. I grandi colpevoli sono già  giudicati, Ma voi tento di salvarvi. E quest’ora, per voi, è vaglio di salvezza. Cadranno in potere del Principe dei demoni coloro che già hanno in loro la  zizzania del demoni, mentre coloro che hanno in cuore il grano di frumento  germinante l’eterno Pane, germoglieranno in Me in vita eterna”. “I Quaderni del 1943”, pagg.  26 – 27

 

“Pensatelo bene: la colpa è radice alla colpa. Una nasce  sull’altra. E la marea del male cresce. E Dio non può piegarsi là dove vede  affezione alla colpa. E se è penoso che gli innocenti soffrano per una  espiazione generale, è giusto che coloro che non sanno svellere dal loro cuore  la colpa provino l’abbandono di Dio con tutto il suo tossico che morde le  viscere e fa urlare di spasimo, così come Io ho urlato.

Io che non ho gridato per essere torturato  dai flagelli, dalle spine, dai chiodi. E ancora e sempre vi dico: “State  uniti a Me. Io ero solo a pregare il Padre. Ma voi soli non siete. Voi avete  con voi il Salvatore, il Figlio dell’Altissimo. Pregate il Padre con Me, nel  mio Nome”. E a te, piccolo Giovanni, dico che tu mi vedi così perché  realmente Io grido per voi, facendo mie le vostre presenti lordure per vincere  la Giustizia del Padre, che è talmente offesa che non si vuole piegare a  misericordia.

L’amore che ho per voi e la pietà che provo  per voi mi danno dolore di mistica crocifissione e grido, grido in nome vostro,  per persuadere il Padre a non lasciarvi più oltre nell’abbandono. È l’ora di Satana. Ma voi che siete la mia corte della  Terra, voi, anime vittime, portate al culmine il vostro sacrificio, portatelo  al tormento dell’ora di nona e rimanete fedeli anche in quell’oceano di  desolazione che è quell’ora e dite con Me: “Dio mio, Dio mio”.  Empiamo del nostro pregare il Cielo, o anime che mi imitate nel farvi salvatori  dei fratelli attraverso il sacrificio vostro. Che il Padre senta fondersi in  pietà il suo sdegno, e la sua Giustizia si plachi. Una volta ancora”. “I Quaderni del 1944”, pagg.  217 – 218

 

Ma che credete?. Che Io, che ero così alieno dai discorsi, abbia aggiunto  parole per il gusto di dire delle parole? No. Io ho detto il puro necessario  per portarvi alla perfezione. E se nel grande insegnamento evangelico vi è di  che dare salvezza alla vostra anima, nei tocchi più minuti vi è di che darvi la  perfezione. I primi sono i comandi.   Disubbidire a quelli vuol dire morire alla Vita.    I secondi sono i consigli. Ubbidire a questi vuol dire avere sempre più  sollecita santità e accostarsi sempre più alla Perfezione del Padre. Ora nel  Vangelo di Matteo è detto: “Per il moltiplicarsi dell’iniquità si  raffredderà la carità in molti” [Mt 24,12]. Ecco, figli, una grande verità  che è poco meditata. Di che soffrite ora? Della mancanza di amore. Cosa sono le guerre, in fondo? Odio. Cosa è l’odio? L’antitesi  dell’amore. Le ragioni politiche. Lo spazio vitale? Una frontiera ingiusta? Un affronto  politico? Scuse, scuse. Non vi amate, Non vi sentite fratelli. Non vi ricordate che siete tutti venuti da  un sangue, che nascete tutti a un modo, che morite tutti ad un mondo, che avete  tutti fame, sete, freddo, sonno ad un modo e bisogno di pane, di vesti, di  casa, di fuoco ad un modo. Non vi ricordate che Io ho detto: “Amatevi. Dal  come vi amerete si capirà se siete miei discepoli. Amate il prossimo vostro  come voi stessi”.    Le credete parole di fola queste verità. La credete dottrina di un pazzo  questa dottrina mia. La sostituite con molte povere dottrine umane. Povere o  malvagie a seconda del loro creatore. Ma anche le più perfette fra esse, se  sono diverse dalla mia sono imperfette. Come la mitica statua, avranno molta  parte di esse di metallo pregiato. Ma la base sarà di fango e provocherà infine  il crollo di tutta la dottrina. E nel crollo la rovina di coloro che ad esse si  erano appoggiati, La mia non crolla.  Chi si appoggia ad essa non si rovina, ma sale a sempre maggior sicurezza:  sale al Cielo, all’alleanza con Dio sulla terra, al possesso di Dio oltre la  terra. Ma la carità non può esistere dove vive l’iniquità. Perché la carità è  Dio e Dio non convive col Male. Perciò chi ama il Male odia Dio. Odiando Dio  aumenta le sue iniquità e sempre più si separa da Dio-Carità. Ecco un cerchio  dal quale non si esce e che si stringe per torturarvi. Potenti od umili, avete  aumentato le vostre colpe. Trascurate il Vangelo, deriso i Comandamenti,  dimenticato Iddio, poiché non può dire di ricordarlo chi vive secondo la carne,  chi vive secondo la superbia della mente, chi vive secondo i consigli di Satana,  avete calpestato la famiglia, avete rubato, bestemmiato, ammazzato,  testimoniato il falso, mentito, fornicato, vi siete fatti dell’illecito lecito.  Qui rubando un posto, una moglie, una sostanza; là, più in alto, rubando  un potere o una libertà nazionale, aumentando il vostro ladrocinio con la colpa  di menzogna per giustificare ai popoli il vostro operato che li manda a morte.  I poveri popoli che non chiedono che di vivere tranquilli! E che voi aizzate  con velenose menzogne scagliandoli l’uno contro l’altro per garantirvi un  benessere che non vi è lecito conseguire al prezzo del sangue, delle lacrime,  del sacrificio di intere nazioni. Ma i singoli, quanta colpa hanno nella grande  colpa dei grandi! É la catasta delle piccole colpe singole quella che crea  la base alla Colpa. Se ognuno vivesse santamente senza avidità di carne, di  denaro, di potere, come potrebbe crearsi la Colpa? I delinquenti ci sarebbero  ancora. Ma sarebbero resi innocui perché nessuno li servirebbe.  Come pazzi ben isolati, essi continuerebbero a farneticare dietro ai loro  sogni osceni di sopraffazioni. Ma i sogni non diverrebbero mai realtà. Per  quanto Satana li aiutasse, il suo aiuto sarebbe reso nullo dalla unità contraria  di tutta l’umanità fatta santa dal vivere secondo Dio. E l’umanità avrebbe  inoltre Dio con sé. Dio benigno verso i suoi figli ubbidienti e buoni. La  carità sarebbe dunque nei cuori. Viva e santificante. E l’iniquità cadrebbe.  Vedete, o figli, la necessità di amare per non esser iniqui, e la  necessità di non esser iniqui per possedere l’amore? Sforzatevi ad amare. Se  amaste… Un pochino solo! Se cominciaste ad amare. Basterebbe l’inizio e poi tutto progredirebbe da sè”. 28-03-1944 “I Quaderni del 1944”,  pagg. 294 – 296

 

Giorni fa il Padre [Padre Migliorini] ha scritto che rimaneva perplesso  circa la vera fonte del flagello attuale “perché un regno diviso in se  stesso non è più un regno”. Mostrerò al Padre che ciò può essere, essendo  la divisione puramente apparente. Lucifero, nelle sue manifestazioni, ha sempre  cercato di imitare Iddio. Così come Dio ha dato ad ogni Nazione il suo  angelo tutelare, Lucifero le ha dato il suo demone. Ma come i diversi angeli delle Nazioni  ubbidiscono ad un unico Dio, così i diversi demoni delle Nazioni ubbidiscono ad  un unico Lucifero. L’ordine dato da Lucifero nella presente vicenda ai diversi  demoni non è diverso  a seconda degli Stati. È un ordine unico per tutti. Donde si comprende  che il regno di Satana non è diviso e perciò dura.       Questo ordine può essere enunciato cosi : “Seminate orrore,  disperazione, errori, perché i popoli si stacchino, maledicendolo, da  Dio”. I demoni ubbidiscono e seminano orrore e disperazione, spengono  la fede, strozzano la speranza, distruggono la carità. Sulle rovine seminano  odio, lussuria, ateismo. Seminano l’inferno.       E riescono perché trovano già il terreno propizio. Anche i miei angeli  lottano a difesa del Paese che ho loro assegnato. Ma i miei angeli non trovano  terreno propizio. Onde rimangono soccombenti rispetto ai nemici infernali. Per  vincere, i miei angeli dovrebbero essere aiutati da animi viventi nel e per il  Bene. Viventi in Me. Ne trovano. Ma sono troppo pochi rispetto a quelli che non  credono, non amano, non perdonano, non sanno soffrire. È il caso di ripetere: “Satana ha chiesto di vagliarvi”. E, dal vaglio, risulta che la  corruzione è come nei tempi del diluvio, aggravata dal fatto che voi avete a lato  il Cristo e la sua Chiesa, mentre ai tempi di Noè ciò non era.       L’ ho gai detto e lo ripeto: “Questa è lotta fra Cielo e  inferno”. Voi non siete che un bugiardo paravento. Dietro le vostre  schiere battagliano angeli e demoni. Dietro i vostri pretesti è la ragione  vera: la lotta di Satana contro Cristo. Questa è una delle prime selezioni  dell’Umanità, che si avvicina alla sua ora ultima, per separare la messe  degli eletti dalla messe dei reprobi. Ma purtroppo la messe degli eletti è  piccola rispetto all’altra. Quando Cristo verrà per vincere l’eterno  antagonista nel suo Profeta troverà pochi segnati, nello spirito, dalla  Croce”. “I Quaderni del 1943”, pagg.  182 – 183

“Questo linguaggio è troppo duro! Costui vuole fare di noi delle  vittime della sua follia” dicono tuttora gli uomini quando lo li esorto a  vita giusta e li istruisco sul come va intesa e praticata la Religione per  farne forma di vita che dia Vita eterna. E non si accorgono che così dicendo  confessano di essere degradati dalla loro condizione di uomini. Parlano di evoluzione,  di superuomo. Orbene, mettiamo l’uomo quale Io l’ho trovato portato a questo  punto dopo la sua discesa dal Paradiso. Fa il diagramma come Io ti conduco la  mano e finito il diagramma vedrai che non vi è superamento ma abbassamento. Evoluzione? Quando i  superbi e falsi superbi di ora parlano di evoluzione presuppongono il concetto  “ascesa”. Ma evolversi vuole dire procedere da un punto verso  1’altro. E allora per spirali si può procedere verso l’alto come verso il  basso. Non sai fare la spirale? Fa una parabola.

Vedi? Se faceva la parte di destra evolveva al Cielo. Ha voluto quella di  sinistra. Si è evoluto verso l’Inferno. Ecco il “superuomo” attuale,  “l’evoluto” attuale! Al quale pare follia vivere almeno da “uomo”  se non riesce a divenire “angelo”. E si dice: “vittima”,  perché lo esorto a vivere da uomo. E folle mi dice. Sì, molto folle! Per amore!  Amami. Amami tu piccolo Giovanni…”“I Quaderni dal 1945 al 1950”,  pagg. 146 – 148

 

“Ti ho detto un giorno che l’eterno invidioso cerca di copiare Dio  in tutte le manifestazioni di Dio, Dio ha i suoi arcangeli fedeli. Satana ha i  suoi. Michele: testimonianza di Dio, ha un emulo infernale; e cosi l’ha  Gabriele: forza di Dio. La prima bestia, uscente dal mare, [Ap 13,1-10] che  con voce di bestemmia fa proclamare agli illusi: “Chi e simile alla  bestia?”, corrisponde a Michele.       Vinta e piagata dallo stesso nella battaglia fra le schiere di Dio e di  Lucifero, all’inizio del tempo, guarita da Satana, ha odio di morte verso  Michele, e amore, se d’amore può parlarsi fra i demoni,  ma è meglio dire:  soggezione assoluta per Satana. Ministro fedele del suo re maledetto, usa  della intelligenza per nuocere alla stirpe dell’uomo, creatura di Dio, e per  servire il suo padrone. Forza senza fine e senza misura e usata da essa per persuadere  l’uomo a cancellare, da se stesso, il mio segno che fa orrore agli spiriti  delle tenebre. Levato quello, col peccato che leva la grazia, crisma luminoso  sul vostro essere, la Bestia può accostarsi ed indurre l’uomo ad adorarla come  fosse un Dio ed a servirla nel delitto.

Se l’uomo riflettesse a quale soggezione si dona collo sposare la colpa,  non peccherebbe. Ma l’uomo non riflette. Guarda il momento e la gioia del  momento, e peggio di Esaù baratta la divina genitura per un piatto di lenticchie.  Satana, però, non usa soltanto di questo violento seduttore dell’uomo. Per  quanto l’uomo poco rifletta, in genere, vi sono ancora troppi uomini che, non  per amore, ma per timore del castigo, non vogliono peccare gravemente.       Ed ecco allora l’altro ministro satanico,  la seconda bestia. [Ap 3,11-18] Sotto veste d’agnello ha spirito di dragone.  È la seconda manifestazione di Satana e corrisponde a Gabriele, perché  annuncia la Bestia ed è la sua forza più forte: quella che smantella senza  parere e persuade con tanta dolcezza che è giusto seguire le orme della Bestia.  É inutile parlare di potenza politica e di terra. No. Se mai potete riferire  alla prima il nome di Potenza umana e alla seconda di Scienza umana. E se la  Potenza di per sé stessa produce dei ribelli, la Scienza, quando è unicamente  umana, corrompe senza produrre ribellione e trae in perdizione un numero  infinito di adepti. Quanti si perdono per superbia della mente che fà loro  spregiare la Fede e uccidere l’anima con l’orgoglio che separa da Dio! Che se Io  mieterò all’ultimo giorno la messe della terra, già un mietitore è fra voi. Ed  è questo spirito di Male che vi falcia e non fa di voi spighe di eterno grano,  ma paglia per le dimore di Satana”. “I Quaderni del 1943”, pagg.  152 – 153

29 – l0. Dice Gesù:

Quando faccio dire a Sofonia che io porterò  via ogni cosa dalla terra, gli faccio profetare ciò che avverrà nella  antivigilia del tempo ultimo, quello che poi io annunciai parlando, adombrato  sotto la descrizione della [887] rovina del Tempio e di Gerusalemme, della  distruzione del mondo, e ciò che profetò il Prediletto nel suo Apocalisse.       Le voci si susseguono. Anzi posso dire che, come in un edificio sacro  elevato a testimoniare la gloria del Signore, le voci salgono da pinnacolo a  pinnacolo, da profeta a profeta antecedente a Cristo, sino al culmine maggiore  su cui parla il Verbo durante il suo vivere d’uomo, e poi scendono da pinnacolo  a pinnacolo, nei secoli, per bocca dei profeti susseguenti al Cristo.

È come un concerto che canta le lodi, le volontà, le glorie del  Signore, e durerà sino al momento in cui le trombe angeliche aduneranno i morti  dei sepolcri e i morti dello spirito, i viventi della terra e i viventi del  Cielo, perché si prostrino davanti alla visibile gloria del Signore e odano la  parola della Parola di Dio, quella Parola che infiniti hanno respinta o  trascurata, disubbidita, schernita, disprezzata, quella Parola che venne [888]:  Luce nel mondo, e che il mondo non volle accogliere preferendo le tenebre. >>>”I Quaderni del 1943″, pagg.  506 – 511″


“Verranno giorni in cui nella cristianità si tenterà di risolvere il fatto salvifico in una mera serie di valori”, (Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo.)

“Verranno giorni in cui nella cristianità si tenterà di risolvere il fatto salvifico in una mera serie di valori”, (Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo.)

“Oggi corriamo il rischio di avere un Cristianesimo che mette tra parentesi Gesù con la sua Croce e Risurrezione…
se il cristiano per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, stempera il fatto salvifico, preclude la sua connessione personale con Gesù e si ritrova dalla parte dell’Anticristo… che riesce a influenzare e a condizionare un pò tutti, quasi emblema, ipostatizzazione della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni. L’Anticristo di Solovev è ‘convinto spiritualista’, ammirevole filantropo, pacifista impegnato e solerte, vegetariano osservante, animalista determinato e attivo… un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa a Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare ‘con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza”. ( Giacomo Biffi )