“Pare che oggi sia scomparsa dalla Chiesa la condanna del peccato” “La condanna seria del peccato apre l’anima alla possibilità del dolore che salva; la misericordia dona la grazia del perdono, a chi la domanda”

 

Propongo un articolo molto interessante:

Dall’ Editoriale di “Radicati nella fede” n° 1 Gennaio 2013

LA FALSA ALTERNATIVA DELLA MEDICINA DELLA MISERICORDIA:

“Pare che oggi sia scomparsa dalla Chiesa la condanna del peccato.

Non diciamo che non si dichiari più che questo o quello sia peccato; diciamo solo che lo si fa così timidamente e dolcemente da sembrare, anche per la Chiesa, una questione non grave. Sì, generalmente oggi si fa così. Se si dice ancora che un’azione è peccato, parte subito tutta un’opera di addolcimento dell’accusa, per non spaventare il peccatore, per accoglierlo comunque, dicendo subito che la misericordia vince. Ma la misericordia di Dio la si comprende bene solo se si coglie tutta la gravità del peccato. Oggi ormai ha vinto questa linea nella Chiesa, disastrosa dal punto di vista della cura delle anime, disastrosa per la pastorale, come si suol dire oggi.

Non è solo il mondo ad aver fatto il disastro morale di oggi, troppo comodo incolpare solo quelli di fuori! Siamo noi che non abbiamo più parlato con chiarezza della gravità del peccato, del peccato mortale, del pericolo dell’anima che muore in stato di impenitenza finale. Siamo noi che abbiamo “scherzato”, parlando di peccato e di misericordia (quasi fosse questa una concessione preventiva al tradimento di Dio), non aiutando le anime nel ravvedimento e nel vivere secondo Dio. Vivere nel peccato vuol dire perdere la vita. Non abbiamo più detto che il peccato dispiace a Dio, che rovina l’esistenza quaggiù e chiude il Paradiso. Non abbiamo più parlato di dolore del peccato, di contrizione, e poi ci stupiamo che non ci si confessi più!

Il nuovo corso è iniziato quando si è cominciato a dire che la Chiesa (“moderna”) preferisce la medicina della misericordia a quella della condanna. Si è addirittura fatto un Concilio per dire che non si voleva condannare più l’errore. Si è d’autorità deciso, per esempio, di tacere sul male “religioso” del ‘900, il comunismo ateo con tutti i suoi errori ed orrori.

Invece la Chiesa, nel passato, non distinse mai la misericordia dalla condanna del peccato! Sono entrambe azioni necessarie nell’opera di Dio, nell’opera di salvezza delle anime: la condanna seria del peccato apre l’anima alla possibilità del dolore che salva; la misericordia dona la grazia del perdono, a chi la domanda.

 Terminiamo con una pagina di J. H. Newman, dell’Apologia pro vita sua, dove, parlando dell’Infallibilità della Chiesa, la introduce così:

Anzitutto, la dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell’umanità. L’uomo si è ribellato al suo Creatore. Questa ribellione ha provocato l’intervento divino; e la denuncia della ribellione dev’essere il primo atto del messaggio accreditato da Dio. La Chiesa deve denunciare la ribellione come il più grave di tutti i mali possibili. Non può scendere a patti; se vuole essere fedele al suo Maestro, deve bandirla e anatemizzarla. […]

La Chiesa cattolica pensa sia meglio che cadano il sole e la luna dal cielo, che la terra neghi il raccolto e tutti i suoi milioni di abitanti muoiano di fame nella più dura afflizione per quanto riguarda i patimenti temporali, piuttosto che una sola anima, non diciamo si perda, ma commetta un solo peccato veniale, dica una sola bugia volontaria o rubi senza motivo un solo misero centesimo.”

Ecco come il beato Newman, erroneamente considerato come precursore del Vaticano II, fa eco alla grande Tradizione della Chiesa, che anche sugli aspetti morali è di semplice ed estrema chiarezza. Altro che le elucubrazioni pastorali di oggi che hanno prodotto parrocchie dove la maggioranza dei fedeli vive strutturalmente in peccato mortale.

 Ascoltiamo Newman, ascoltiamo la Chiesa: la Misericordia inizia con la denuncia del peccato, dicendone tutta la sua gravità.”

http://radicatinellafede.blogspot.it/2012/12/la-falsa-alternativa-della-medicina.html

“O Trinità infinita, cantiamo la tua gloria in questo vespro, perché nel Cristo tu ci hai resi figli e i nostri cuori sono tua dimora.”

“O Trinità infinita,

 cantiamo la tua gloria in questo vespro,

 perché nel Cristo tu ci hai resi figli

 e i nostri cuori sono tua dimora.

 Eterno senza tempo,

 sorgente della vita che non muore,

 a te la creazione fa ritorno

 nell’incessante flusso dell’Amore.

 Noi ti cantiamo, o Immenso,

 in questo breve sabato del tempo

 che annuncia il grande giorno senza sera

 in cui vedremo te, vivente luce.

 A te la nostra lode,

 o Trinità dolcissima e beata

 che sempre sgorghi e sempre rifluisci

 nel quieto mare del tuo stesso Amore. Amen.”

 (Inno dei Primi Vespri della solennità della Santissima Trinità, Trappiste di Vitorchiano)

-Luce, splendore e grazia della Trinità – Sant’Atanasio

“La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa. Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6).

È al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.

L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).

Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre.

Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.

Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.”

Dalle Lettere di Sant’Atanasio, vescovo, dottore e padre della Chiesa (Lett. 1 a Serap. 28-30; PG 26, 594-595. 599)

San Bernardo di Chiaravalle: “Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore”

L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltà.

San Bernardo di Chiaravalle:

L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. È se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all’infuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere.

Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere.

L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari.

Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore. L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltà. Sia perciò lecito all’amata di riamare. Perché la sposa, e la sposa dell’Amore non dovrebbe amare? Perché non dovrebbe essere amato l’Amore?

Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all’Amore, ella che nel ricambiare l’amore mira a uguagliarlo. Si obietterà, però, che, anche se la sposa si sarà tutta trasformata nell’Amore, non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore. È certo che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dà sempre molto più di quanto basti all’assetato.

Ma che importa tutto questo? Cesserà forse e svanirà del tutto il desiderio della sposa che attende il momento delle nozze, cesserà la brama di chi sospira, l’ardore di chi ama, la fiducia di chi pregusta, perché non è capace di correre alla pari con un gigante, gareggiare in dolcezza col miele, in mitezza con l’agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in carità con colui che è l’Amore? No certo.

Sebbene infatti la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto. Perciò per lei amare così è aver celebrato le nozze, poiché non può amare così ed essere poco amata. Il matrimonio completo e perfetto sta nel consenso dei due, a meno che uno dubiti che l’anima sia amata dal Verbo, e prima e di più.”

(San Bernardo di Chiaravalle, abate  e Dottore della Chiesa, Dai “Discorsi sul Cantico dei Cantici”)

Sant’ Ambrogio: “È dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo..Quali dunque i mezzi con cui trattenere Cristo? Lo trattiene l’amore dell’anima” “Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza”

“Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza”

 Sant’Ambrogio:

È dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo. Anzi te l’ha già insegnato, se ben comprendi ciò che leggi: Avevo appena oltrepassato le guardie, quando trovai l’amato del mio cuore. L’ho stretto forte e non lo lascerò (cfr. Ct 3, 4). Quali dunque i mezzi con cui trattenere Cristo? Non la violenza delle catene, non le strette delle funi, ma i vincoli della carità, i legami dello spirito. Lo trattiene l’amore dell’anima.

Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza. È più facile spesso trovarlo tra i supplizi del corpo, tra le mani dei persecutori.

Lei dice: Poco tempo era trascorso da quando le avevo oltrepassate. Infatti una volta libera dalle mani dei persecutori e vittoriosa sui poteri del male, subito, all’istante ti verrà incontro Cristo, né permetterà che si prolunghi la tua prova.

Colei che così cerca Cristo, che ha trovato Cristo, può dire: L’ho stretto forte e non lo lascerò finché non lo abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza della mia genitrice (cfr. Ct 3, 4).

Che cos’è la casa, la stanza di tua madre, se non il santuario più intimo del tuo essere?

Custodisci questa casa, purificane l’interno. Divenuta perfettamente pulita, e non più inquinata da brutture di infedeltà, sorga quale casa spirituale, cementata con la pietra angolare, si innalzi in un sacerdozio santo, e lo Spirito Paraclito abiti in essa. Colei che cerca Cristo a questo modo, colei che così prega Cristo, non è abbandonata da lui, anzi riceve frequenti visite. Egli infatti è con noi fino alla fine del mondo.”

(Sant’Ambrogio, Vescovo e Dottore della Chiesa, Sulla verginità , Cap. 12)

San Lorenzo Giustiniani: “Sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne”

 

Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9, 23).

 

San Lorenzo Giustiniani, commento:

“Quanto un uomo possa amare Cristo lo si può sapere pienamente dalla generosità che pone in questa sua lotta spirituale (contro la carne). Si trovano, invece, cristiani che danno anche i loro averi ai poveri, mortificano nel digiuno il loro corpo, vanno pellegrini per il Signore, si espongono ad ogni fatica e pericolo, ma lasciano indomite le loro concupiscenze.

Eppure il Signore ha detto: <<Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua>> (Lc 9, 23). E sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne, che contrastano con l’anima e profanano la coscienza. Dentro di noi allora e contro di noi Egli ci indica di lottare, se vogliamo avere la speranza dell’eternità e del Cielo.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “Opuscoli Spirituali”)

San Lorenzo Giustiniani: “E’ dentro di noi il Regno di Dio e quindi è dentro il cuore che Dio vuole abitare”

Gesù: <<Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me>>(Mt 15,8).

“E’ dentro di noi il Regno di Dio e quindi è dentro il cuore che Dio vuole abitare…

Dio non vuole le nostre cose, vuole noi. Come? Ascoltiamo: “Figlio, donami il tuo cuore” (Pr 23,26).

Ci chiede il cuore, per poterlo avere tutto consacrato a Sé, e potergli parlare nella pace interiore, dove solo si ascolta la Sua voce.”

(San Lorenzo Giustiniani, dagli “opuscoli spirituali”)

 

San Cirillo di Gerusalemme: “Male terribile il peccato, malattia dell’anima davvero tremenda la trasgressione dei comandamenti! Il peccato stronca ogni sua vitalità al punto di farla cadere e di farla precipitare nel fuoco dell’inferno, poiché è un male voluto, commesso per scelta deliberata.”

Dalle “Catechesi” di San Cirillo di Gerusalemme, Dottore della Chiesa

 

1. Male terribile ma curabile

Male terribile il peccato, malattia dell’anima davvero tremenda la trasgressione dei comandamenti! Il peccato stronca ogni sua vitalità al punto di farla cadere e di farla precipitare nel fuoco dell’inferno, poiché è un male voluto, commesso per scelta deliberata. Che noi pecchiamo per scelta deliberata, lo dice espressamente il profeta: «Io ti avevo piantata come vigna feconda, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei sciaguratamente mutata in vigna bastarda?». Come mai la pianta buona diede frutti cattivi? Il male è una conseguenza del libero arbitrio: chi creò la pianta è immune da colpa. La vite sarà bruciata dal fuoco perché, sebbene piantata per produrre buoni frutti, fu libera di scegliere anche quelli cattivi. Dice l’Ecclesiaste: «Dio ha fatto l’uomo retto, ma gli uomini cercano tanti fallaci ragionamenti» . Infatti, aggiunge l’Apostolo, siamo davvero opera sua, creati per operare il bene . Il Creatore dunque, proprio perché buono, non ha creato che per il bene; ma la creatura si volse al male per sua scelta deliberata, commettendo come abbiamo detto il male terribile del peccato. Terribile ma non inguaribile! Terribile per chi vi si ostina, ma guaribile per chi se ne pente. È come se uno avesse voluto tenere il fuoco nelle mani; finché si ostina a tenere il carbone ardente, evidentemente non può non bruciarsi, ma se lo butta via elimina la causa della bruciatura. Chi pensasse che il peccato non scotta, ascolti quel che dice la Scrittura : «Si può portare il fuoco sul petto senza bruciare le vesti?». No, il fuoco del peccato consuma la vita dell’anima.

2. Il peccato ha origine dalla nostra volontà

Ma ci si domanda: Cos’è infine il peccato? Una belva? Angelo o demonio? Quale la sua scaturigine?. O uomo, non è un nemico dall’esterno che ti combatte, ma sei tu stesso la causa del male che fai e continui ad aumentare. Se il tuo sguardo è retto, l’occhio non concupisce; se ti contenti del tuo e non prendi la roba d’altri, la ladra avarizia è abbattuta. Se pensi al giudizio, non prevarranno in te né la lussuria, né l’adulterio, né l’omicidio, né qualsivoglia altra inosservanza. Quando ti dimentichi di Dio insorgono i pensieri cattivi e si commettono le trasgressioni dei comandamenti.

3. Concausa del peccato è il diavolo

Non sei però tu soltanto la causa del fatto peccaminoso, ma v’è un altro pessimo istigatore, il diavolo . Egli tenta tutti, ma non trionfa su chi non gli cede. Perciò dice l’Ecclesiaste: «Se l’ira di un potente si accende contro di te, non abbandonare il tuo posto» . Sprangagli contro la porta e tienilo lontano da te, non ti nuocerà. Se invece scioccamente ne accetti le suggestioni alla libidine trattenendoti con i pensieri cattivi, essa si radicherà in te e ti travolgerà incatenandoti la mente e precipitandoti nella voragine del male. Forse mi dirai: Io sono un fedele; anche se spesso mi vengono pensieri cattivi, non mi farò vincere dalla concupiscenza. Ma non sai che una radice non estirpata, spesso spacca anche la roccia? Non accogliere dal primo momento quel seme che a lungo andare finirà col fiaccare la tua fede. Strappa dalle radici il mal seme prima che germogli, perché a causa della tua incuria iniziale non debba poi ricorrere impensierito alla scure e al fuoco. Comincia dagli sguardi morbosi, cura per tempo la vista per non dover ricorrere al medico quando già fossi divenuto cieco.

4.Satana cadde per orgoglio

Primo stratega del peccato fu il diavolo. Perciò fu il primo a generare il male. Non lo dico io, ma lo disse il Signore: «Il diavolo fu peccatore dall’inizio16. Infatti prima di lui non aveva peccato nessuno, e peccò non perché necessitato dalla sua naturale struttura, come se fosse stato costretto al peccato privo di libertà: se così fosse stato, la colpa risalirebbe a Colui che così l’avrebbe strutturato. No, Dio lo creò buono, ma per avere scelto deliberatamente il male divenne diavolo, quel comportamento gli diede questo nome: era un arcangelo e poi fu diavolo. Ebbe questo nome perché da buon servo di Dio era caduto operando da suo nemico, questo significa il nome satana. Non è una mia affermazione, ma lo dice il profeta Ezechiele ispirato dallo Spirito Santo. Intonando infatti quella sua lamentazione sul diavolo, così l’apostrofa: «Eri stato modellato nel paradiso di Dio come sigillo della sua perfezione e aureola della sua bellezza». E poco dopo continua: «Rimanesti perfetto dal giorno in cui fosti creato finché in uno di quei tuoi giorni in te fu trovata l’iniquità». Molto puntuale la giuntura «in te fu trovata». Dice che il peccato non viene dal di fuori ma lo generi tu dal di dentro. Il profeta ne fa così l’eziologia: «Il tuo cuore si inorgoglì per la bellezza di cui splendevi, ma la moltitudine dei peccati di cui ti macchiasti te ne ha fatto perdere il fulgore, e perciò ti ho cacciato sulla terra». Le espressioni dell’Antico Testamento concordano con quelle che il Signore pronunziò secondo il Vangelo: «Io vedevo satana cadere dal cielo come folgore». Vedi che consonanza tra i due Testamenti! Satana trascinò con sé molti angeli apostati, e continua a farlo ancora con quanti gli danno retta eccitandone le concupiscenze, incitando ad adultèri, a fornicazioni e a qualsivoglia altro peccato. Per istigazione sua Adamo, nostro progenitore, fu scacciato da un paradiso spontaneamente prodigo di tanti frutti buoni, ed ebbe in eredità una terra irta di spine.

5.Il peccato è remissibile

Si chiederà: Che faremo dunque? Ora che in conseguenza di quell’inganno siamo caduti, non c’è più salvezza? Non potremmo rialzarci dalla caduta, accecati riacquistare la vista, zoppi tornare a camminare diritti, risorgere insomma dopo essere morti ? Sì, mio caro, potremo ottenerlo per la potenza di Colui che richiamò da morte a vita Lazzaro morto da quattro giorni e già maleodorante. Non potrà farlo e con meno fatica? Egli che ha versato per il nostro riscatto il suo sangue ci libererà dal peccato; non scoraggiamoci, fratelli! Non abbandoniamoci alla disperazione, è una cosa terribile perdere la speranza della conversione! Chi, infatti, dispera di salvarsi non ha più remora, e non fa che aggiungere male a male; chi invece spera di trovare rimedio al suo male lo cerca con ogni cura. Il malfattore se dispera d’essere graziato passa di follia in follia, ma se gli balena la speranza della grazia si avvia spesso al ravvedimento. Se persino il serpente cambia la vecchia pelle, non potremo deporre anche noi l’abito del peccato? Un campo, benché tutto coperto di spine, se ben coltivato diventa terreno fecondo di frutti! E tu credi irrecuperabile la salvezza? Dunque, la natura è suscettibile di salvezza. Ma per ottenerla si richiede una scelta della volontà!

6. Misericordia del Signore

Dio è misericordioso e non lesina il suo perdono. Non dire quindi: «Potrà egli perdonarmi e dimenticare che io ho fornicato, ho commesso non una ma tante volte adulterio e peccati d’ogni genere?». Ascolta cosa dice il Salmista: «Quant’è grande, Signore, la tua bontà». Non supererà la grandezza della misericordia di Dio il cumulo dei tuoi peccati: non supererà la destrezza del sommo Medico la gravità delle tue ferite: purché a lui ti abbandoni con fiducia. Manifesta al Medico il tuo male, e parlagli con le parole che disse Davide: «Ecco, confesserò al Signore l’iniquità che mi sta sempre dinanzi». Così otterrai che si avverino le altre: «Tu hai rimesse le empietà del mio cuore».

(Dalla Seconda catechesi battesimale. La penitenza)

 

Preparate la vostra anima a ricevere lo Spirito Santo

«Gioiscano i cieli, esulti la terra» (Sal 95, 11) per coloro che devono essere aspersi con l’issopò e anzi purificati da un issòpo spirituale, per virtù di colui che durante la passione fu abbeverato d’issòpo per mezzo d’una canna. Gioiscano anche le virtù celesti; si preparino le anime che si devono unire allo Sposo spirituale. Risuona infatti la voce di uno che grida nel deserto: «Preparate la via del Signore» (Mt 3, 3).
Assecondate quindi, o figli della giustizia, Giovanni che esorta e dice: Raddrizzate i sentieri del Signore (cfr. Lc 3, 4). Togliete tutti gli impedimenti ed ostacoli per giungere agevolmente alla vita eterna. Mediante una fede genuina preparate la vostra anima ad accogliere lo Spirito Santo. Cominciate a lavare le vostre vesti con la penitenza per essere trovati puri quando sarete chiamati alle nozze dello Sposo.
Lo Sposo infatti invita tutti, perché generosa e ampia è la grazia e tutti sono radunati dalla voce dei predicatori. Egli poi sceglierà coloro che saranno ammessi alle nozze, figura del battesimo.
Non avvenga ora che qualcuno di coloro che hanno dato i loro nomi debba udire: Amico, come sei entrato qui senza la veste nuziale? (cfr. Mt 22, 12).
Dio voglia invece che tutti possiate udire: «Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darà autorità sul molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25, 21. 23).
Finora infatti siete rimasti fuori della porta, ma vi sia dato di poter dire: Il re mi ha introdotto nella sua stanza. Esulti l’anima mia nel Signore; mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli (cfr. Is 61, 10).
L’anima di voi tutti sia trovata senza macchia o ruga o alcunché del genere, non dico prima di aver ricevuta la grazia (come sarebbe infatti possibile, dato che siete chiamati alla remissione dei peccati?), ma quando vi sarà data la grazia, la coscienza concorra alla sua efficacia, non portando in sé motivo di condanna.
E’ certo una cosa grande, fratelli: accostatevi ad essa con molta cautela. Ognuno di voi comparirà davanti a Dio, alla presenza di molte miriadi di angeli. Lo Spirito Santo porrà il suo sigillo sulle vostre anime, sarete scelti per militare al servizio del gran re.
Perciò preparatevi e siate pronti, non tanto con l’abbigliamento di bianche vesti, quanto con l’interiore ricchezza dell’amore e della piena consapevolezza.

(Catech. 3, 1-3; PG 33, 426-430)

(Dalle «Catechesi» di San Cirillo di Gerusalemme, Vescovo e Dottore della Chiesa)

 

San Giovanni Crisostomo: “È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!” “Perché? Per trasformarla da prostituta in vergine, perché Lui potesse diventare il suo Sposo.”

“È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!”

San Giovanni Crisostomo:

“È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!

Era alto e lei umile; alto non nella posizione ma nella natura, da non poter entrare in ragionamento di mente umana: invisibile, impercettibile, sempre esistente, inalterabile, al si sopra degli angeli, al di sopra delle forze celesti; vincente la ragione, superante la forza cerebrale, impossibile vederlo, ma possibile credere in Lui. Gli Angeli Lo vedevano e tremavano, i Cherubini si coprivano con le ali, tutto gli stava innanzi con timore: volgeva lo sguardo sulla terra e la faceva tremare, minacciava il mare e lo faceva essiccare, faceva spuntare i fiumi nel deserto; ha posto i monti in misura e ha bilanciato le valli.

Come dirlo? Come rappresentarlo?

La Sua grandiosità non ha fine, la Sua Sapienza non la si può stimare con numeri, inspiegabili le Sue decisioni e le Sue vie inesplorabili.

Eppure, Lui, tanto grande e alto ha desiderato una prostituta. Perché? Per trasformarla da prostituta in vergine, perché Lui potesse diventare il suo Sposo.

Cosa fa? Non le manda come ambasciatori uno dei suoi servi, non manda un Angelo dalla prostituta o un Arcangelo, non manda i Cherubini, né i serafini; ma Lui stesso, innamorato, la raggiunge.

Ha desiderato una prostituta e cosa fa? Non avendo potuto lei elevarsi, è stato Lui ad abbassarsi. Viene nella sua capanna. La vede ubriaca! E in che modo viene? Senza manifestare esplicitamente la Sua divinità, ma divenendo identico a lei, perché lei, vedendolo non si spaventi, non si agiti e non gli scappi.

La trova tutta ferita, imbestialita, dominata dai demoni. E cosa fa? La prende e la fa sua donna. Cosa le dona in dote? L’anello. Quale anello? Quello col suo sigillo: Lo Spirito Santo!

Poi le chiede:

“Non ti avevo piantata in Paradiso?”

Gli risponde: “Sì”.

“E come sei caduta di là?”

“È venuto il diavolo e mi ha presa dal Paradiso!”

“Sei stata piantata in Paradiso e lui ti ha messa fuori. Ecco, io ti pianterò in me stesso. L’altro non osa avvicinarsi a me! Ti tiene il pastore e il lupo non viene più!”

“Ma”, risponde, “io sono peccatrice e impura!”

“Non ti preoccupare: io sono medico!”

Presta molta attenzione, guarda cosa fa: È venuto a prendere la prostituta, lei così com’era immersa nella sporcizia, – lo sottolineo. Perché tu sappia dell’amore dello Sposo. È questo che caratterizza l’innamorato: non chiedere le responsabilità per i peccati, ma perdonare errori e cadute!

Prima lei era figlia dei demoni, figlia della terra, indegna della terra; ora è divenuta figlia del Re! E questo perché così ha voluto Colui che di lei si è innamorato. Perché l’innamorato non bada alle maniere. L’amore non vede la bruttezza. Per questo, d’altronde, si chiama amore, perché molte volte ama anche i brutti.

Anche Cristo ha fatto così: ha visto la brutta, e innamoratosi di lei la rinnova! L’ha presa come Sua donna e come figlia Sua la ama e come Sua serva se ne prende cura, come vergine la protegge e come paradiso la cinge, come membra del Proprio corpo la cura e quale suo capo provvede per lei, come radice la pianta e come pastore la guida e come sposo la prende sua sposa, come vittima espiatoria la perdona e quale pecora si sacrifica, come sposo ne mantiene e cura la bellezza e come coniuge provvede perché non le manchi niente.

Oh! Tu Sposo, che fai bella la bruttezza della sposa”

(San Giovanni Crisostomo, Dottore della Chiesa)

 

“IL CRISTO”

IO PADRE, IO SPOSO, IO CASA, IO COLUI CHE NUTRE, IO RADICE, IO FONDAMENTO. TUTTO CIÒ CHE VUOI: IO. PERCHÈ TU NON ABBIA BISOGNO DI NIENTE. IO LAVORERÒ. PERCHÈ SONO VENUTO PER SERVIRE NON PER ESSERE SERVITO.

IO AMICO E OSPITE E CAPO E FRATELLO E SORELLA E MADRE. TUTTO IO. SOLO SII CONFIDENTE CON ME. IO POVERO, PER TE, E GIROVAGO PER TE, SULLA CROCE PER TE, NELLA TOMBA PER TE, SU IN ALTO SUPLLICO IL PADRE PER TE. GIÙ SONO DIVENTATO AMBASCIATORE PRESSO IL PADRE PER TE. TUTTO SEI PER ME: FRATELLO E COEREDE, E AMICO, E MEMBRO.

COSA VUOI DI PIÙ?

(San Giovanni Crisostomo)

San Lorenzo Giustiniani, Elogio della Carità: “Se vogliamo poter vedere, bisogna che il sole ci illumini; allo stesso modo, se vogliamo salvarci, bisogna che la carità ci riscaldi. La carità è principio di ogni bene, poiché viene da Dio e ci eleva a Lui”

 

San Lorenzo Giustiniani  “Elogio della Carità”

 

<<Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore>> (Sal 119,32)

Questa è confessione autentica, e insieme sapienza degna d’esaltazione, che non sa che significhi usurpare l’altrui gloria, o elevarsi oltre misura! Nessuno può arrogarsi un qualche potere, se non per averlo attinto all’eterna fonte della carità. Questa massima esprime in sintesi la sapienza di tutti coloro che amano Dio. Tutti quindi dobbiamo dire al Signore:  <<Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore>>.

Infatti, chi potrebbe osservare anche un solo comandamento senza la carità? Come assolvere a tutti i precetti della legge senza questo fuoco d’amore? No, non c’è anima che senza di Te, Signore, ne sia capace, né che possa elaborare un benché minimo pensiero di bontà. Sei Tu, Signore, che doni agli uomini ogni grazia, che li rendi giusti e che li porti alla gloria. Quelli che in Te hai predestinati, li hai liberamente chiamati e hai loro elargito la carità, dono immenso della Tua grazia, perché potessero meritare poi ulteriore grazia, senza la quale non sarebbe possibile né meritare alcunché, né avanzare nel bene, né raggiungere la gloria. Dunque, chi più ha ricevuto, più in alto giunge nell’esercizio delle virtù e agisce tanto meglio; come ama con più ardore chi ha maggiormente amato, e più svelto percorre le vie dei comandamenti, quanto più il suo cuore è infiammato dalla carità.

E’ davvero impossibile raggiungere la vetta della santità senza la vera madre di ogni virtù, che è appunto la carità. Essa è indispensabile alla salvezza.

( … ) Ecco quindi come la definisce l’Apostolo: <<Il fine di questo richiamo è però la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera>> (1 Tm 1,5). Qui il fine è inteso come il punto culminante, la somma esecuzione, il compimento perfetto di ogni comandamento. E’ detto poi: da un cuore puro, cioè con chiaro intelletto; poiché più si comprende, e più si ama, salvo impedimenti. E’ detto anche: da una buona coscienza, cioè con la speranza nel cuore; perché, se la coscienza è pura, è sicura anche la sua speranza. Quindi: da una fede sincera, cioè non simulata, né debole, ma salda di fronte alle avversità.

La carità può anche definirsi come quell’amore, per cui amiamo Dio per Se Stesso, e il prossimo per Dio e in Dio; oppure quella forza vitale, che stringe in unità amato con amato. E’ anche la virtù per cui desideriamo vedere Dio e gioire di Lui, ed è perciò il più retto sentimento del nostro cuore.

( … ) E infatti Giovanni scrive: <<Dio è amore>> (1 Gv 4,16); e Paolo aggiunge: <<La carità non avrà mai fine>> (1 Cor 13,8).”

(San Lorenzo Giustiniani, L’albero della vita, Cap. VI-1, pag. 87-88)

 

“Se vogliamo poter vedere, bisogna che il sole ci illumini; allo stesso modo, se vogliamo salvarci, bisogna che la carità ci riscaldi. La carità è principio di ogni bene, poiché viene da Dio e ci eleva a Lui; perciò, se regna nel nostro cuore, ci fa compiere senz’altro grandi cose; al contrario, se non ci si dà da fare, significa che la carità non regna in noi.

( … ) Essa è poi il fine di ogni bene, perché tutto compie per Dio e dirige ogni azione al suo giusto fine. Possiamo chiederci in che modo la carità sia fine; ebbene, sappiamo che ci sono tre specie di fine: la distruzione, la perfezione e il termine. Nel primo caso, la carità è la fine dei peccati, perché li distrugge; nel secondo, è il fine dei precetti, perché li attua alla perfezione; nel terzo, perché sia la vita eterna che Dio stesso sono il termine della nostra fatica: nella vita eterna saremo beati, e Dio stesso è il termine ultimo in cui si possiede tanta beatitudine.”

(San Lorenzo Giustiniani, L’albero della vita, cap. VI-2, pag. 89)

 

“Sempre per questa sua supremazia, la carità è paragonabile al fuoco. Lo dice il Signore: <<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!>> (Lc 12,49). Paragone più che esatto, perché è come il fuoco ardente arroventa il ferro fino a ridurlo esso stesso a fuoco, così la carità infiamma l’anima che possiede.

Quest’ultima, una volta accesa dalla carità, non può più appartenere a se stessa. Teme ciò che non conosce; si rattrista del superfluo; e, sollecitata oltre il suo stesso volere, si muove a pietà e ha misericordia anche contro voglia. E ancora: il fuoco non sta mai fermo, e così la carità; perché l’amore di Dio non può placarsi e, se è presente nel cuore, muove a grandi opere; altrimenti non è amore. Il fuoco poi splende, e la carità pure; per cui lo spirito non rifulgerà nella luce della bellezza eterna, se non sarà bruciato prima nel crogiolo della carità.

Il fuoco riduce inoltre tutto in cenere, e anche in questo gli è simile la carità: <<Abramo riprese e disse: Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere>> (Gen 18,27). Il fuoco tende anche a salire, e così la carità: Paolo, infiammato di carità, parla del <<desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo>> (Fil 1,23).

Tanto è l’ardore della santa e impaziente carità, che le pare sempre di vedere, di raggiungere e di abbracciare Colui che ama; e non conosce altra via, se non quella di non pensare sempre all’amato Sposo, e così si innalza fino al Cielo, dove sa essere il suo Amore. Infine, il fuoco consuma, come la carità; per cui, le scorie della colpa sono bruciate da questo fuoco nella misura in cui la carità brucia e purifica il cuore del peccatore.”

(San Lorenzo Giustiniani, L’albero della vita, cap. VI-3, pag. 90.)