DAL LIBRO “L’ ANTICRISTO” DEL SACERDOTE AGOSTINO LÉMANN
APPROVAZIONI ECCLESIASTICHE:
Lettera del Cardinale MERRY DEL VAL, Approvazione alla I. edizione, Approvazione alla II. Edizione, Imprimatur
PERSONA, REGNO, PERSECUZIONE,
FINE DELL’ANTICRISTO.
Sommario. – I. Cose certe. – II. Cose probabili. III. Cose indecise. – IV. Cose fantastiche.
Prima certezza: – L’Anticristo sarà una prova per i buoni, un castigo per gli empi e gli apostati.
Prova: – “Ecco che quel corno faceva guerra contro de’ santi e li superava“[1]. – “E fu conceduto a lei (alla Bestia) di far la guerra coi santi e di vincerli“[2].
Castigo: – “L’arrivo di quest’empio apra luogo… con tutte le seduzioni dell’iniquità per coloro i quali si perdono, per non aver abbracciato l’amor della Verità per essere salvi. E perciò manderà Dio l’operazione dell’errore, talmente che credano alla menzogna, onde siano giudicati tutti coloro che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità“[3].
Dio non pone la pietra d’inciampo sulla via dei cattivi, se non allorquando han proprio meritato la punizione: essi mettono allora il colmo ai loro delitti.
È, dunque, per una permissione divina che si avvererà la venuta dell’Anticristo. Per provare, da una parte, la fede degli eletti, per castigare, dall’altra, l’apostasia di un gran numero, Satana riceverà, come avvenne con Giobbe, la libertà d’esercitare, per un dato tempo, la sua funesta possanza contro il genere umano. Allora sorgerà colui che S. Ireneo chiama il compendio di ogni malizia[4], e sorgerà quel tempo di persecuzione, di cui nostro Signore ha detto: “Grande sarà allora la tribolazione, quale non fu dal principio del mondo sino a quest’oggi, nè mai sarà“[5].
Seconda certezza: – L’Anticristo sarà un uomo, un individuo.
“Bisogna che prima si sia manifestato l’uomo del peccato“[6].
L’Anticristo non è dunque una finzione, un mito, come una penna di critico leggiero, quella di Rénan, si è sforzata di stabilire[7]. Esso non deve inoltre esser confuso con una setta qualunque, una collezione d’empi, un centro d’ateismo, un periodo di persecuzione, come hanno pensato alcune anime pie. L’Anticristo sarà un vero individuo, una persona, che sorgerà, è vero, in un’epoca d’ateismo e di sétte perverso, ma, pur ritenendo legami stretti con queste sétte e con questo centro di ateismo, non lascerà d’essere una persona, un individuo “avente gli occhi di un uomo ed una bocca che proferiva grandi cose e bestemmie“[8].
Terza certezza: – L’Anticristo non sarà Satana incarnato, nè un demonio sotto apparenza umana, ma un membro della famiglia umana, un uomo, nient’ altro che un uomo. “L’uomo del peccato“[9].
Senza dubbio quest’essere sarà ispirato da Satana e sarà come il suo strumento; Satana sarà il suo consigliere e il suo ispiratore invisibile: gli presterà il suo appoggio, ma non sarà l’Anticristo egli stesso[10].
Quarta certezza: – L’Anticristo sarà seduttore per certe sue qualità personali.
“Questo corno aveva occhi quasi occhi d’uomo e una bocca che spacciava cose grandi“[11]. – “E fu data alla bestia una bocca per dir cose grandi“[12]. – “E adorarono la bestia dicendo. Chi è da paragonarsi colla bestia?“[13] – L’arrivo di quest’empio sarà con tutte le seduzioni dell’iniquità“[14].
È un errore popolare quello di figurarsi l’Anticristo sotto apparenze ributtanti, come un compendio di tutto le laidezze fisiche. Questo proviene probabilmente dall’interpretazione data a questo passo dell’Apocalisse: “Io vidi una bestia elle saliva dal mare, che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue coma dieci diademi, e sopra le sue teste nomi di bestemmia. E la bestia ch’io vidi era simile al pardo, e i suoi piedi come piedi d’orso, e la sua bocca come bocca di leone”[15].
Lungi dal rappresentare l’esteriore fisico dell’Anticristo, questo passo simbolico non ha altro scopo che di darci un’idea della sua vasta potenza e dell’estensione del suo impero, cose di cui tra poco tratteremo. i. diversi testi, che sono stati riportati, provano, al contrario, che la persona dell’Anticristo non mancherà di attrattive seduttrici. So, infatti, la descrizione di Daniele fa risaltare gli occhi dell’Anticristo: “Questo corno aveva occhi quasi occhi d’uomo” è perchè gli occhi denotano l’intelligenza, la perspicacia, l’abilità. Ma fra le bellezze seduttrici, Daniele e l’Apocalisse s’accordano a descrivere, come più dannose, la bellezza della voce e dell’eloquenza : “E fu dato alla bestia una bocca per dire cose grandi“. Cose grandi! Gli interpreti danno generalmente a queste espressioni il senso di parole strane, di parole d’orgoglio, di ribellione… di enormità. Ma la parola ebraica in Daniele “NDb√rVbår” significando “grandissimo“, indica che si può trattare anche di parole sublimi, eloquenti, affascinanti. L’angelo decaduto avendo scelto l’Anticristo come capo visibile dell’ultima battaglia da combattersi contro Cristo e la sua Chiesa, gli comunicherà qualche cosa delle bellezze naturali e incomparabili che l’Eden contemplò un tempo con stupore in Lucifero, bellezze che a lui non furon tolte, ma di cui abusa per fare il male. Sotto questa influenza occulta, il sublime, nella bocca dei figliuolo di perdizione, s’ unirà alla bestemmia; e questa tentazione del sublime sarà così attraente, che gli eletti stessi, se è possibile, saranno ingannati[16]. V’ha di più: il ritratto, tracciato nell’epistola ai Tessalonicesi, lascia intravedere nell’Anticristo una potenza di seduzione più vasta di quella della voce e dell’eloquenza: Con tutte le seduzioni dell’iniquità, vi è detto; per conseguenza, seduzione di una bella presenza e di un bel volto, seduzione di un bell’ingegno, seduzione di una falsa virtù, seduzione di prestigi e falsi miracoli uniti alla seduzione della voce e dell’eloquenza. Ed è, per questo che la terra, sedotta e in mezzo all’ammirazione griderà: Chi è da paragonarsi colla Bestia?
Quinta certezza: – I principî dell’Anticristo saranno umili e poco osservati.
“Io considerava le corna, quand’ecco un altro piccolo corno spuntò in mezzo a queste“[17].
L’espressione piccolo significa una potenza debole al suo principio; essa parrà da prima affatto trascurabile[18].
Sesta certezza: – L’Anticristo crescerà e farà conquiste.
“Tre delle prime corna le furono svelte all’apparire di questo“[19]. – “Questo corno era maggiore di tutti gli altri“[20]. – “E l’angelo così mi disse: I dieci corni saran dieci re; e un altro si alzerà dopo di essi… e umilierà tre regi“[21].
L’Anticristo crescerà sino a diventar re, e re conquistatore. Tre de’ dieci corni, cioè tre degli Stati nati, smembrati dall’antico impero romano, cadranno sotto la sua potenza. Essi saranno svèlti all’apparire di esso; ebraismo che significa: svèlti da lui. E anche notato che l’aspetto del piccolo corno divenne maggiore di quello de’ suoi compagni. Questa denominazione di “compagni“, applicata ai dieci corni indica che i dieci Stati esisteranno simultaneamente; l’Anticristo, undicesimo corno, è sorto e cresciuto in mezzo ad essi, e riesce ad abbatterne tre. Se è detto dall’Angelo che un altro si alzerà dopo di essi, l’espressione dopo di essi significa che l’Anticristo apparirà dopo la sparizione dei dieci re o dei dieci Stati, poichè, secondo il versetto 8 (quinta certezza), il piccolo corno (l’Anticristo) sorge, s’innalza in mezzo ai dieci Stati (ai dieci corni) e riesce ad abbatterne tre. Che significa dunque l’espressione dopo di essi? Significa che il regno dell’Anticristo deriverà dalla medesima sorgente che gli altri suoi predecessori, cioè dalle rovine dell’antico impero romano[22].
Settima certezza: – L’impero dell’Anticristo sarà universale.
“E fu dato potere alla Bestia sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione“[23].
Quest’accumulamento di espressioni non lascia alcun dubbio sulla universalità dell’ impero dell’Anticristo. Esso diventerà, o da sè medesimo o per mezzo de’ suoi luogotenenti, padrone del mondo. Si avrà allora la cattolicità dell’anticristianesimo dinanzi alla cattolicità della Chiesa.
Come nostro Signore meritò di riscattare col suo sangue l’umanità tutta intera[24], così l’Anticristo, in maniera opposta e per una permissione divina, estenderà per un dato tempo, il suo giogo di ferro e di empietà sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione[25]. Le scoperte moderne, che abbreviano il tempo e fanno sparire le distanze, mostrano che “l’uomo del peccato” non mancherà dei mezzi per arrivare a questo dominio. Alla facilità delle comunicazioni, unirà al suo servizio la potenza, detta scientifica, con tutto ciò che v’è mischiato di antirazionale e di anticristiano. Concentrando così le forze dello spirito rivoluzionario, trascinerà le folle sempre pronte a seguire tutti i servaggi. Coll’appoggio che troverà nelle società anticristiane[26], questo nemico di Gesù Cristo potrà formare in breve tempo un impero gigantesco. Allora si avvereranno in tutta la loro pienezza quelle espressioni dell’epistola ai Tessalonicesi: Revelabitur ille iniquus, quest’empio si manifesterà: egli sarà in evidenza, la sua potenza risplenderà per ogni dove.
Ottava certezza: – L’Anticristo farà una guerra accanita a Dio e alla Chiesa.
“E parlerà male contro l’Altissimo e calpesterà i santi dell’Altissimo e si crederà di poter cangiare i tempi e le leggi“[27]. – “Ed essa (la Bestia) aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e gli abitatori del cielo. E fu conceduto a lei di far guerra ai santi e di vincerli“[28].
Se si interroga la Tradizione e le si domanda in qual maniera avverrà, secondo i testi, la persecuzione dell’ Anticristo, si alza S. Agostino e risponde: “La prima persecuzione (quella dei Cesari), fu violenta: per costringere i cristiani a sacrificare agli idoli, si proscrivevano, si tormentavano, si scannavano. La seconda, quella attuale, è insidiosa e ipocrita : gli eretici ed i fratelli sleali ne sono gli autori. Più tardi ne succederà un’altra, più funesta delle precedenti; perchè aggiungerà la seduzione alla violenza, e questa sarà la persecuzione dell’Anticristo”[29].
Subito il suo odio si rivolgerà contro Dio medesimo: “E la Bestia aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e gli abitatori del cielo“. Proibizione di rendere a Dio il menomo culto, proibizione di pronunziarne il nome, proibizione di comunicare colla Chiesa, suo tabernacolo vivente, proibizione di onorare i santi del cielo. Ma, al contrario, libertà di bestemmia contro Dio, libertà di bestemmia contro il suo nome, libertà di bestemmia contro la Chiesa, libertà di bestemmia contro i santi del cielo! Ma, tra tutte queste bestemmie, quelle proferite dall’Anticristo provocheranno un entusiasmo indescrivibile. Da un punto all’altro del mondo si spaccerà, si ripeterà: “Chi è da paragonarsi colla Bestia?” Tale sarà il grido di trionfo di empietà e d’orgia che farà rintronare l’aria! grido selvaggio che sarà la più grande bestemmia di cui gli uomini si saranno resi colpevoli, poichè esso supporrà che tutto ciò che esiste e che viene da Dio sia inferiore alla Bestia, portavoce di Lucifero[30].
E, insieme a questi attentati contro Dio, oppressione della Chiesa, oppressione di tutti coloro che vorranno rimanere fedeli a Gesù Cristo[31]. Contro di essi ogni sorta d’iniqui provvedimenti. Eccone alcuni:
Proscrizione di ogni insegnamento cristiano. Non più neutralità, ma proscrizione! Proibizione assoluta d’insegnare le verità cristiane e, per conseguenza, soppressione di scuole, chiusura di chiese, interdizione di predicazione. Esclusione eziandio di un insegnamento qualunque.
Già sotto Giuliano l’Apostata s’era fatta un a prova di questo iniquo provvedimento. “Allora, così scrive S. Gregorio di Nazianzo, si spogliarono le chiese, e le ricchezze ne furono trasportato nei templi degli idoli che si restauravano a spese de’ cristiani. Allora si chiusero le scuole e fu vietato ai cristiani d’insegnare la grammatica, la retorica, la medicina e le arti liberali. Non sta bene, diceva sghignazzando l’imperatore Giuliano, che gli adoratori del vero Dio coltivino le muse e la letteratura pagana, poichè stimano le nostro divinità infami ed empia la nostra scienza”[32].
Altro iniquo provvedimento: Lacerazione e distruzione dei Libri santi. Si farà anche più che proscrivere le opere in cui s’incontra il nome di Dio, come già si è fatto; si perseguiteranno specialmente i Libri santi, per lacerarli e distruggerli. Così avvenne nei tempi passati, durante la cruda persecuzione di Antioco Epifane, preludio, secondo la testimonianza di S. Girolamo, a quella dell’ Anticristo[33]. Si vide allora, come rilevasi dal primo libro dei Maccabei, tutto un esercito di funzionari e di sbirri occupati a invader le case, e a frugarne tutti i nascondigli. “Stracciati i libri della legge di Dio, li gettarono ad ardere nel fuoco. E se presso alcuni trovavano i libri del testamento del Signore, erano trucidati a tenor dell’editto del re“[34].
Allora eziandio, secondo un altro passo del medesimo libro, torme di Ebrei fedeli abbandonarono Gerusalemme per rifugiarsi nelle montagne, nel profondo delle caverne. Gli sfortunati avevano, per salvarsi la vita, lasciato tutto, salvo qualche foglietto di quei, libri, rapiti alla fiamma e imporporati del sangue dei martiri. Morenti di fame e di freddo, ma vicini a questi foglietti, li leggevano, per rinvigorire l’animo, alla luce vacillante di torce pallide come le loro facce. Ma avvenne che quelle caverne della Giudea s’illuminarono, come più tardi le catacombe romane, di tali fiamme divine e di tali entusiasmi, che, dopo pochi anni di persecuzione, Gionata Maccabeo, uno dei superstiti di quelle lotte eroiche, Poteva rispondere agli Sparziati, i quali gli avean proposto un’alleanza: “Noi, non abbiamo bisogno di consolazioni umane, perché abbiamo per nostra consolazione i Libri santi, che sono nelle nostre mani”[35].
Ancora un altro provvedimento iniquo: Insegnamento obbligatorio ed universale dell’errore. Questo intanto si prepara nelle scuole senza Dio, o piuttosto contro Dio. Rese generali al tempo dell’Anticristo, esso poseranno la loro mano di ferro, per piegarli all’apostasia, non solamente sui giovanotti e le fanciulle, ma ancora sui bambini incapaci di difendersi, ad onta delle proteste dei padri e delle lacrime delle loro madri !
Sotto l’oppressione di questi iniqui provvedimenti e di altri ancora, si vedrà adempire alla lettera una delle più formidabili sentenze della santa Scrittura: “La verità sarà abbattuta sopra la terra, Prosternetur veritas in terra“[36]. Nella lunga serie dei tentativi umani sin dall’origine dei secoli si è veduta la verità diminuita, sbeffeggiata, sfigurata, ma rovesciata a terra, mai! O che ciò sarà al tempo dell’Anticristo? Nessuno lo creda! Se il profeta Daniele adoperò questa espressione, l’adoperò per dipingere in modo energico tutto il furore che si sarebbe visto nella persecuzione di Antioco, e tutto il furore che si vedrà in quella dell’Anticristo. Egli usa lo stesso linguaggio, allorchè, parlando delle prove alle quali i fedeli cristiani saranno sottoposti, annunzia che “il corno farà la guerra contro de’ santi e li supererà“[37]. Si, assalti contro i cristiani, assalti contro la verità cristiana. Ma mentre i santi, assaliti e feriti nei loro corpi, rimarranno impavidi, indipendenti e fermi nella loro anima, la verità cristiana, meglio radicata nel seno della Chiesa di quel che non sono le montagne nelle viscere della terra, renderà vani tutti questi assalti; e gli ultimi discendenti dei nostri contemporanei ripeteranno come noi, all’ora del canto del vespro, quel versetto del salmo, che proclama il felice esito delle battaglie di Dio: “Veritas Domini manet in aeternum, La verità del Signore è immutabile in eterno”![38]
Ma, tra i testi che annunziano la guerra incessante che l’Anticristo farà a Dio e alla Chiesa, ve n’è uno che non bisogna lasciare senza spiegazione: “Ed ei si crederà di poter cangiare, dice Daniele, i tempi e le leggi”. Che stanno a significare queste parole? Voglion dire che l’Anticristo si arrogherà una Potenza sovrumana, poichè appartiene soltanto a Dio, legislatore supremo, di regolare e di cambiare i tempi. L’uomo del peccato vorrà rovesciare tutto le istituzioni più sacre, tutti i fondamenti della religione e della società. Se n’è già avuto una specie di saggio da parte dei suoi precursori. Maometto cambiò i giorni festivi e la legge pubblicando il Corano. Anche ai giorni nefasti della tirannide giacobina, nel 1792, il culto cattolico venne proibito in Francia, ed il computo de’ tempi modificato introducendo un nuovo calendario. Ai santi di ciascun giorno, i cui nomi furono cancellati, si fecero succedere i legumi, gli animali, la carota e perfino il porco…
Ma a che pro rammentare il passato? Il presente non è bastantemente istruttivo e minaccioso? Non vi è stato in sono al parlamento di una grande Nazione europea chi ha osato proporre poco fa la modificazione seguente perchè venisse eretta a legge: “Le quattro feste dette concordatarie, stabilite sotto un vocabolo religioso, si chiameranno, cominciando dalla promulgazione della presente legge: quella dell’Ascensione, festa dei Fiori; quella dell’Assunzione, festa delle Raccolto; quella di Ognissanti, festa dei Ricordi; quella del Natale, festa della Famiglia”?[39] Il motivo allegato dall’autore di tale modificazione era questo: “Il cristianesimo ha fatto sparire tutte le feste dell’ antichità… Le feste pagane avevano almeno un merito, quello di idealizzare la vita, di esaltarla, di celebrarla. Il cristianesimo ha voluto metter sempre tra l’uomo e la natura il suo Dio”. E con 356 voti contro 195 la modificazione proposta venne respinta. Se sarà ripresa al tempo dell’uomo nefasto, che crederà di poter cangiare i tempi e le leggi, otterrà una maggioranza.
Ma ecco l’abominazione delle abominazioni.
Nona certezza: – L’Anticristo si spaccerà per Dio e vorrà essere adorato lui solo.
“L’avversario che s’innalza sopra tutto quello che dicesi Dio, o si adora, talmente che sederà egli nel tempio di Dio, spacciandosi per Dio”[40]. – “Ed essi adoreranno la Bestia”[41].
Le parole: “L’avversario che si innalza sopra tutto quello che dicesi Dio, o si adora” ci stordiscono. Esse rivelano subito che l’uomo d’iniquità vorrà essere adorato, e adorato lui solo. Allorchè il più bello tra gli angeli distolse gli occhi dalla faccia del Signore e li rivolse su sè stesso, rimase sedotto, inebriato della propria bellezza, ed osò pretendere di essere adorato, ma insieme a Dio: “Salirò al cielo, diceva in cuor suo, sopra tutte le stelle innalzerò il mio trono, salirò sul monte del testamento, sarà simile all’Altissimo”[42]. L’ Anticristo sarà più sacrilego di Lucifero. Eccitato da lui non tenterà solamente di eguagliare Dio, di assidersi accanto a lui sulla sommità delle nubi; pretenderà di sostituirlo ed essere adorato lui solo. Persuaderà gli uomini che egli solo è il vero Dio e che fuori di lui non esisto altro Dio. La formula incomunicabile che Dio s, è riserbato sin ab eterno: “Io sono il Signore, e non havvene un altro”[43], l’Anticristo se ne approprierà[44].
La conseguenza di questa pretensione incredibile sarà, il testo lo indica, che l’uomo d’iniquità non farà solamente la guerra al vero Dio e alla vera religione, ma a tutti i culti esistenti. S’è avuto come un abbozzo di questo avvenimento in un fatto della persecuzione di Antioco Epifane. Questo principe empio, di cui erasi vaticinato che s’innalzerebbe e insolentirebbe contro tutti gli dei[45], non si peritò infatti di prendere sulle sue monete il nome di qeóß,, Dio, e di ordinare a tutti i suoi sudditi di praticare la sua propria religione[46]. Cosa degna di nota: tutte le false religioni del suo regno si sottomisero immediatamente a questo editto, senza manco l’ombra di resistenza: “Tutte le nazioni si accordarono in obbedire al comando del re Antioco”[47]. E frattanto non erano in piccolo numero queste false religioni, poichè il regno di Siria, circondato al settentrione dall’Asia Minore, al mezzogiorno dall’Egitto, al levante dall’impero dei Parti, a tramontana dal Mediterraneo, abbracciava, nella vasta estensione, tutte le false divinità della Mesopotamia, di Ninive, della Siria, d’Ammone, di Moab, della Samaria, d’una parte dell’Arabia, dell’Idumea, del paese dei Filistei. Eppure nemmeno l’ombra di una protesta: “Tutte le nazioni si accordarono in obbedire“. Infatti è nella natura dell’ errore, e si vedrà anche meglio al tempo del vero Anticristo, il curvarsi con prontezza sotto il giogo di un padrone, e non opporsi alla più detestabile delle tirannidi, a quella che esige la rinunzia della coscienza, il silenzio del vinto, il silenzio dello schiavo.
A Gerusalemme vi furono molte defezioni.
Parecchi Giudei ebbero la debolezza di sottomettersi. Ma la maggior parte della nazione rimase fedele al vero Dio. Come sotto il colpo di una commozione repentina, la fede assopita si risvegliò, levandosi calma e, intrepida dinanzi al tiranno delle coscienze.
Fu allora che si aprì il martirologio della Sinagoga, dove si videro inseriti, alla testa di migliaia di vittime, i nomi indimenticabili del santo vecchio Eleazaro, dei sette Maccabei e della loro madre[48]. Per tre anni e mezzo, questo martirologio rimarrà aperto…
L’editto di Antioco, che ordinava l’unità dei culto in tutto il regno siriaco, era stato seguito da un secondo editto, speciale per Israele, cioè per la vera religione. Siccome, il suo tenore è molto istruttivo, per il tempo presente, e più specialmente per l’avvenire, così merita di esser fatto conoscere:
“Proibizione di fare nel tempio di Dio gli olocausti e i sacrifizi e le oblazioni.
Proibizione di santificare il sabato e le solennità.
Sian profanati i luoghi santi e il popol santo d’Israele.
Si innalzino altari e templi agli idoli, e a loro s’immolino carni di porco e bestie immonde.
Non si pratichi la circoncisione e si contamini con ogni sorta d’immondezze e di abominazioni, l’anima dei bambini affinchè si diinentichino della legge di Dio e ne conculchino tutti i precetti. E tutti quelli che non obbediscono all’ordine del re Antioco, siano messi a morte”[49].
Per quanto sembrino mostruosi quest’ordini, tuttavia saranno sorpassati sotto il dominio dell’Anticristo, poichè tutti saranno obbligati ad adorare la sua persona[50]. L’autore ispirato dell’Apocalisse, che ha intraveduto da lontano quest’adorazione, ha fremuto e ha mandato questo grido d’orrore: Ed essi adoreranno la Bestia[51]. Così verrà stravolto e profanato, ai piedi del ministro di Satana, quel bel testo delle Scritture consacrato al vero Dio: “Le fatiche dell’Egitto, il commercio dell’Etiopia, e i Sabei uomini di grande statura passeranno dalla tua parte e saran tuoi; cammineran dietro a te colle mani legate e te adoreranno e a te porgeranno preghiere. In te solamente è Dio, e non è Dio fuori di te[52]. L’Apocalisse aggiunge un’ultima notizia: insieme a quest’adorazione della Bestia, vi sarà l’adorazione del Dragone, di Satana “E adorarono il dragone che dette potestà alla Bestia“[53]. L’adorazione di Satana negli antri tenebrosi di certe logge massoniche non si pratica forse già?
Decima certezza: – Per mezzo di prodigi diabolici l’Anticristo pretenderà dimostrare che egli è Dio.
“La venuta di quest’empio per operazione di Satana sarà con tutta potenza e con segni e prodigi bugiardi“[54].
Con miracoli numerosi e strepitosi Gesù Cristo avea provato la sua filiazione e missione divina. “Le opere che mi ha dato il Padre da adempire, queste opere stesse le quali io fo, testificano a favor mio, che il Padre mi ha mandato”[55]. L’Anticristo avrà la pretensione di stabilire ugualmente la sua falsa divinità su prodigi esteriori. E con l’aiuto di Satana, per la potenza di lui, li compirà.
Ma questi miracoli saranno veri ?
“Si domanda spesso, dice S. Agostino, se queste espressioni di segni o prodigi ingannatori vogliono fare intendere l’inanità de’ prodigi di cui l’Anticristo abuserà contro l’uomo, essendo tutte questo opere apparenti: o devo dirsi che la verità stessa di questi miracoli trascinerà alla menzogna coloro che crederanno vedervi la presenza della forza divina?” E l’illustre dottore risponde: “Si saprà più tardi”[56].
Questo imbarazzo ha fatto nascere due opinioni differenti. Alcuni pensano che i miracoli, fatti dall’Anticristo con la potenza di Satana, saranno reali, veri miracoli e che trascineranno alla menzogna, cioè alla credenza della divinità dell’Anticristo[57].
Altri stimano che tutti i miracoli dell’Anticristo saranno bugiardi, il demonio illudendo i sensi de’ suoi seguaci[58].
Qualunque sentenza si adotti, ciò che v’ha di certo, si è che i prodigi compiuti dall’uomo del peccato saranno considerevoli, le parole accumulate di “miracoli, segni, prodigi”, indicano una molteplicità che sbalordisce.
Undecima certezza: – Il dominio e la persecuzione dell’Anticristo saranno passaggeri, l’uomo del peccato sarà distrutto.
“Il giudizio sarà assiso, affinchè si tolga a lui la potenza, ed ei sia distrutto, e per sempre perisca“[59]. “E la Bestia fu presa“[60]. – “…Quest’iniquo, cui il Signor Gesù ucciderà coi fiato della sua bocca, e lo annichilerà con lo splendore di sua venuta“[61].
Dopo tante dure prove, ecco finalmente l’annunzio consolante: L’Anticristo, quando sarà arrivato a poco a poco al fastigio del potere, verrà subito rovesciato per sempre. “E la Bestia fu presa”. La vittoria sarà facile quanto subitanea. Infatti non sarà necessario un grand’atto di potenza divina per distruggere l’Empio, Il soffio di Gesù ed il primo splendore della sua seconda venuta saranno bastanti a rovesciar per sempre il figliuolo di perdizione, l’uomo abominevole, che pareva invincibile.
In qual punto del suo regno nefasto, ne accadrà la ruina? Non ci fermeremo a indagarlo, ma è certissimo che accadrà… Un giorno, quando la persecuzione di Antioco Epifane s’era alquanto rallentata, un cocchio sollevando turbini di polvere, si dirigeva a galoppo vertiginoso sulla via d’Ecbatana a Babilonia, alla volta di Gerusalemme. Irritato, perchè il sangue de’ martiri non correva più a torrenti, un uomo assiso su questo cocchio non cessava di affrettarne, con esecrabili bestemmie, la corsa vertiginosa: “Vola dunque, urlava ad ogni istante al suo auriga, non sai che ho stabilito di arrivare a Gerusalemme! Voglio farne la tomba de’ Giudei; darò i loro cadaveri in preda agli uccelli di rapina e alle fiere; sterminerò anche i loro bambini”[62]. Scintille meno infuocate della rabbia dell’uomo, assiso sul carro[63], mandavano le zampe de’ cavalli; e in questa corsa d’inferno, alberi, case, colline, sparivano come ombre… Or ecco che all’improvviso un romore sinistro si fa sentire. Piomba dal cielo la vendetta divina. L’uomo empio è caduto dal suo cocchio. Dalle sue membra contuse e dalle sue carni ancor vive usciva, di mezzo a migliaia di vermi, un tal fetore che nessuno dell’esercito, che lo seguiva, volle trasportare questo Anticristo dell’Antico Testamento[64].
Infatti era lui, Antioco! ed il compito assegnatogli dalla permissione divina era finito.
Aveva, colla sua persecuzione, ravvivata la fede ed il coraggio degli eletti, le cui vesti si eran purificate nel sangue de’ martiri.
Avea curvato e schiacciato sotto il ferreo piede tutte le false religioni e tutti gli apostati[65].
Egli stesso, apostata e scellerato più di tutti[66], era annichilito senza opera d’uomo, come avea profetizzato Daniele[67].
Ma Gerusalemme era in piedi ! Sotto le sue mura risuonavano le trombe vittoriose dei Maccabei…
Qualche cosa di più rapido e di più improvviso succederà contro il vero Anticristo, quello del Nuovo Testamento. Un semplice soffio della bocca di Cristo lo ucciderà, ed il primo splendore della sua venuta lo annienterà.
Come all’alba le tenebre spariscono all’apparire del sole, così all’avvicinarsi del Sole di giustizia, anche avanti la gloria della seconda venuta, senza alcuno sforzo di Cristo, il Corno sarà svelto, la Bestia sparirà, l’uomo d’iniquità sarà distrutto.
II.
Prima probabilità: I Giudei acclameranno l’Anticristo come Messia e lo aiuteranno a stabilire il suo regno.
“Io son venuto nel nome del Padre Mio e non mi ricevete: se un altro verrà di propria autorità o riceverete“[68].
E su questa parola, indirizzata da Gesù Cristo ai Giudei, suoi contemporanei e suoi nemici, che questa credenza si è stabilita: e si può dire che tale sia il sentimento unanime dei Padri della Chiesa. Nominiamo S. Ireneo, S. Ippolito, S. Ilario, S. Cirillo Gerosolimitano, S. Gregorio di Nazianzo, sant’Efrem, sant’Ambrogio, Rufino, S. Girolamo, S. Giovanni Crisostomo, S. Prospero, S. Cirillo Alessandrino, Teodoreto, Vittorino, S. Gregorio il Grande, Andrea di Cesarea, il Venerabile Beda, S. Giovanni Damasceno, Teofilatto, sant’Anselmo, ecc.
Basterà qui citare i più rinomati.
San Girolamo: “Il Signore, parlando dell’Anticristo, disse ai Giudei: Io son venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete; un altro verrà di propria autorità e lo riceverete. I Giudei dopo aver disprezzata la verità nella persona di Gesù Cristo, riceveranno la menzogna, ricevendo l’Anticristo”[69].
S. Crisostomo: “Chi è colui che il Salvatore annunzia come da venire, ma non in nome del Padre? l’Anticristo: e denunzia in modo evidente la perfidia dei Giudei”[70].
S. Ambrogio: “Questo mostra che i Giudei, i quali non han voluto credere in Gesù Cristo, crederanno nell’Anticristo”[71].
S. Efrem: “L’Anticristo colmerà di favori in modo speciale la nazione giudaica. Ma pur di onori straordinari la Nazione deicida lo coprirà e applaudirà al suo regno”[72].
S. Gregorio Magno: “I Giudei rimetteranno tutta la loro confidenza in un uomo, essi che ricusarono di credere al Redentore, quando alla fine del mondo si affideranno all’Anticristo”[73].
S. Giovanni Damasceno: “I Giudei hanno dunque rigettato il Signore Gesù Cristo e Dio e Figlio di Dio; essi riceveranno al contrario l’impostore che si attribuirà arrogantemente la divinità”[74].
S. Ippolito, discepolo di S. Ireneo e uno dei primi che abbia scritto su questo soggetto, fa cosi parlare i Giudei: “Essi si domanderanno gli uni gli altri: «Si trova nella nostra generazione un uomo così buono e cosi giusto?» Andranno a lui e gli diranno : «Noi tutti ti serviremo; riponiamo in te la nostra confidenza; ti riconosciamo come il più giusto di tutta la terra; da te aspettiamo la salute». E lo proclameranno re”[75].
Ogni meraviglia vien meno dinanzi a questi commenti e a questi annunzi che vengono dall’alto, specialmente quando si vede ogni giorno più crescere l’enorme potenza finanziaria de’ Giudei, i loro intrighi, il salire che fanno ai primi posti nei principali Stati, la loro unione da un punto all’altro del mondo. Dinanzi ad una tal preponderanza non si dura molta fatica a comprendere e ad ammettere come essi potrebbero contribuire allo stabilimento della formidabile potenza dell’Anticristo.
Quest’acclamazione della sua persona e l’aiuto, che gli presterebbero son dunque cose probabili. Ma perchè non certe?
Eccone la ragione:
La maggior parte delle testimonianze patristiche su riferite, si fondano su quelle parole da Gesù Cristo indirizzato ai Giudei: “Io son venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete, un altro verrà, di propria autorità e lo riceverete”[76]. Ora a proposito di questo testo, S. Tommaso d’Aquino osserva che, dopo il vero Cristo, un gran numero di falsi Cristi essendo già comparsi presso i Giudei ed essendo stati ricevuti da loro[77], egli suppone che il testo, considerato in sè stesso, si riferisca non all’Anticristo, ma a qualcuno di que’ falsi Messia, di que’ falsi Cristi. Tuttavia, aggiunge san Tommaso, questo testo può essere con probabilità riferito secondo il senso relativo all’Anticristo, a causa dell’autorità dei SS. Padri, che l’hanno inteso così: “Locus probabilis est propter auctoritatem sanctorum Patrum“[78].
Seconda probabilità: – La persecuzione, dell’Anticristo durerà tre anni e mezzo.
“I santi saranno posti in mano a lui pei un tempo, due tempi e per la meta di un tempo”[79]. – “Fu dato potere alla Bestia di agire per mesi quarantadue”[80].
Si disse precedentemente (11ª certezza) che la potenza e la persecuzione dell’ Anticristo sarebbero passeggere. Questo è certo. Ma sarà possibile precisarne la durata?
Non si può dare, su tal punto, altro che una risposta probabile, non certa, secondo i due testi citati. Quello di Daniele, infatti, è misterioso: esso non precisa che tre tempi e mezzo, senza determinare ciò che bisogna intendere per quelle espressioni, che possono significare un periodo di giorni, di mesi, di anni, di secoli. Molti commentatori antichi (S. Efrem, S. Girolamo, Teodoreto, ecc.), moderni e contemporanei suppongono che un tempo corrisponda ad un anno. Dal testo infatti, dell’Apocalisse è chiarito quello di Daniele. Vaticinando che la persecuzione dell’Anticristo durerà quarantadue mesi, l’Apocalisse autorizza a concludere che “un tempo e due tempi e la metà di un tempo, rappresentano tre anni e mezzo, durata equivalente a quarantadue mesi[81].
Un’osservazione ingegnosa è stata fatta. “Bisogna osservare che Daniele non dice semplicemente tre tempi e mezzo, ma: un tempo, due tempi… Egli divide così l’êra dell’Anticristo in tre periodi integrali: uno relativamente corto, durante il quale il nemico di Dio e degli uomini stabilirà la Sua possanza; il secondo più lungo, che lo vedrà esercitare la sua influenza nefasta: il terzo, che sembrava dovesse prolungarsi più ancora, sarà al contrario cortissimo, perchè il suo potere sarà all’improvviso fiaccato dal Signore”[82].
III.
Son cose indecise quelle che non sono stabilite nè dal consenso unanime dei Padri, nè da testi precisi della Sacra Scrittura.
[4] “Recapitulatio universae iniquitatis” (Ireneus, Advers. Haeres., l. V, XXIX).
[7] Rénan, L’Antéchrist, Paris, 1873, pag, 478, 479.
[8] Dan. VII, 8, 20; Apoc. XIII, 5. – Catech. Conc. Trid., P. 1, art. VII, n. VIII: Signa iudicium praecedentia: – “Dicendum est Antichristum futurum esse verum hominem. Existimo esse assertionem certam de fide. (Suarez, De Antichristo, sect. I, n, 4; ediz. Vivés, t. XIX, Paris 1860).
[10] “Dicendum est, Antichristum non solum futurum verum hominem, sed etiam veram humanam personam, propriam, et connaturalem humanitati: itaque non erit persona demonis incarnata” (Suarez, De Antichr., sect. I, n. 5). – S. Thom., Summ. theol., P. III, q. 8, a. 8. “Erit homo (non daemon incamatus, ut quidam Scholastici opinati sunt); sed homo pessimus“. (Van Stennkiste, Pauli Epistolae, t. II, p. 276).
[18] “Est certum Antichristum non habiturum aliquod regnum ªure haereditario, sed habiturum potius humilem originem, et paulatim ac fraudolenter regnum occupaturum“. (Suarez, De Antichr., sect. V, n. 2).
“Vocatur cornu parvum, quod sensim crescet, quodque non haereditate, sed fraude regnum obtinebit” (Corn. a Lapide, in II Epist. ad Thesss. II, 11, ediz. Vivès, t. XIX).
[22] “Antichristum futurum esse regem magnumque monarcham aperte colligitur ex Daniel VII, supposita communi interpretalione Sanctorum, qui de Antichristo ea loca intelligunt. Cap. enim VII explicatur, cornu illud parvulum, quod Antichristum significare diximus iis verbis: «Cornua decem, decem reges erunt, et alius consurget post eos, et ipso potentior erit prioribus, et tres reges humiliabit». Erit ergo absque ulla dubitatione Antichristo rex temporalis“. (Suarez, De Antichr., sect, V, n. 1).
[25] “Cum dicitur regnaturusrus in universo orbe, non est necesse intelligi de omnibus provinciis Asiae, Africae et Europae, in quibus fides et Ecclesia diutius viguit: Praeterea, etiamsi priori modo intelligitur, non erit factu difficile, preaesertim eum neque copia auri et argenti, neque daemonum industria defutura sit“. (Suarez, De Antichr., sect, V, n. 4). – Cf. Corn. a Lapide, II epist. in Thess, II; ediz. Vivès, t. XIX, p. 162.
[26] Un celebre scrittore, Donoso Cortes, ha avuto come un’intuizione di questo impero nefasto, nei disegni attuali della demagogia: “… Di là quelle aspirazioni immense al dominio universale per la futura demagogia che si estenderà su tutti i continenti e fino agli ultimi confini della terra ; di là quel progetti d’una follia furiosa, che pretende mescolare e confondere tutte le famiglie, tutte le classi, tutti i popoli, tutte le razze umano, per triturarle insieme nel gran mortaio della rivoluzione, affinché da questo oscuro e sanguinoso caos esca un giorno il Dio unico, vincitore di tutto ciò che è dissimile, il Dio universale, vincitore di tutto ciò che e particolare, il Dio eterno, senza principio e senza fine, vincitore di tutto ciò che nasce e muore; il Dio Demagogia annunziato dagli ultimi profeti, astro unico del firmamento futuro, che apparirà portato dalla tempesta, coronato di folgori e servito dagli uragani. La Demagogia è il gran Tutto, il vero Dio, Dio armato d’un solo attributo, l’onnipotenza, e senza bontà, senza misericordia e senza amore che sono le tre grandi debolezze del Dio cattolico. A questi tratti chi non riconoscerebbe il Dio dell’orgoglio, Lucifero?” – “Quando si considerino attentamente queste abbominevoli dottrine, pare impossibile di non vedervi qualcosa del segno misterioso, ma visibile, il cui orrore sarà riconosciuto al tempo annunziato dall’Apocalisse. Se un timore religioso non impedisse cercar di sollevare il velo che cuopre questi tempi terribili, io potrei forse appoggiare su potenti ragioni d’analogia questa opinione: che il grande impero anticristiano sarà un impero demagogico colossale, retto da un plebeo di grandezza satanica, l’uomo del peccato” (Donoso Cortes, Oeuvres, t. II, p. 229, 230).
[29] S. Aug, Enarratio in Psalm., IX, n. 27.
[30] È come una prefazione alle bestemmie dell’Anticristo intese e sopportate dalla società contemporanea. “Il primo dovere dell’uomo intelligente, ha osato dire Proudhon, é scancellare incessantemente l’idea di Dio dal suo spirito e dalla sua coscienza; perché Dio, se esiste, é essenzialmente ostile alla nostra natura… Dio é sciocchezza e viltà; Dio è ipocrisia e menzogna; Dio è tirannia e miseria; Dio è il male”. (Système des contradictions, cap. VIII, t. I, pag. 382).
[31] “Certum est Antichristum persecuturum esse Ecclesiam; et fideles, ac sanctos acerbius ti cri,delius quani ab ullo nunquam tyranno tentati aut afflicti fuerint. Hoc de fide est… Secundo dicendum est persecutionom hanc non tantum futuram esse temporalem, sed etiam spiritualem“. (Suarez, De Antichr., sect. VI, nn. 1 e 2).
[32] Greg. Naz., Oratio 1ª in Julianum.
[33] Hunc locum plerique nostrorum ad Antichristum, et quod sub Antiocho in typo factum est, sub illo veritate dicunt esse complendum… Sicut igitur Salvator habet et Salomonem el caeteros sanctos in typum adventus sui; sic et Antichristus pessimum regem Antiochum, qui sanctos pesecutus est, templumque violavit recte typum sui habuisse credendus est. (Hieron., Comment. in Dan., cc. VIII, 14; XI, 21).
[35] I Mach. II, 28-80; XII, 8, 9, 13, 14, 15, – Joseph, Antiq., lib. XII, c. VI.
[39] Modificazione proposta dal Gérault-Richard alla Camera dei deputati nella seduta del 2 luglio 1905.
[43] Id., XLV, 5, 6, 18, 22.
[44] “Dicendum est Antichristum docturum ac persuasurum hominibus, ut credant nullum esse verum Deum praeter seipsum; verisimile autem est non esse hoc docturum, donec rerum omnium potiatur“. (Suarez, De Antichr., sect. IV n. 4).
[46] I Machab. cap. I, vers. 43; Diodoro Siculo, XXXI, 1; Polibio XXXI, 4 ecc.
[49] I Mach., 46-52. – Joseph, Antiq., lib. XII, cap. V.
[56] S. Agostino, La Città di Dio, lib. XX, n. XX.
[57] Suarez, De Antichr., sect: IV, n. 10.
[58] Bern. a Piconio, II Ep. ad Thess., cap. II, 9. – Corn. a
Lapide. II Thess. II, 9.
[62] “Antioco fuori di se per lo sdegno… ordinò che il suo cocchio accelerasse, e camminava senza darsi riposo, spronato dalla vendetta del cielo, perchè con tanta arroganza avea detto, che andava a Gerusalemme, e che volea farne una sepoltura de’ Giudei… Aveva detto che li darebbe in preda agli uccelli di rapina e alle fiere e di sterminarli anche col loro bambini”. (II Mach. IX, 4,15).
[63] “Spirando fiamme contro i Giudei, pregava perchè si accelerasse il viaggio”. (Id. IX, 7)
[69] Hieron., Epist. 151 ad Algasiam, quaest. II. – Comm. in Dan., II, 24; – in Abdiam, XVIII; – in Zachar., II, 17.
[70] Chrysost., Homil. XL in Joannem.
[71] Ambros., in Psalm. XLIII.
[72] Ephr., Serm. de Antichr.
[73] Gregor. Magn., in I Regum, II.
[74] Johann. Damasc., De fide orthodoxa, lib. IV, oap. XXVII.
[75] Hippol., Oratio de cosummat. Mundi.
[77] Enumeriamo alcuni di questi pseudo Cristi: Teuda, in Palestina, l’anno 45. – Simon Mago, in Palestina, nel 34-37. – Menandro, nello stesso tempo. – Dositeo, in Palestina, nel 50-60. – Barcoba, in Palestina, Del 138. – Mosé, nell’isola di Creta, nel 434. – Giuliano, in Palestina, nel 580. – Un Siro sotto il regno di Leone Isaurico, nel 721. – Sereno, in Ispagna, nel 724. – Un altro in Francia, nel 1137. – Un altro in Persia, nel 1138. – Un altro a Cordova, nel 1157. – Un altro a Fez, nel 1167. – Un altro in Arabia, nel 1167. – Un altro in Babilonia, nel 1168. – Un altro in Persia, nel 1174, – David Almusser, in Moravia, nel 1176. – Un altro, nel 1280. – David Eldavid, in Persia, nel 1300. – Ismael Sophi in Mesopotamia, nel 1497. – Il rabbino Lenilen, in Austria, nel 1500. – Un altro in Ispagna, nel 1534. – Un altro nelle Indie Orientali, nel 1615. – Un altro in Olanda nel 1624, – Zabathai Tzevi, in Turchia, nel 1666.
[78] S. Thomas, Opusc. de Antichr., sect. 1, § 3. – Suarez, De Antichr., sect. 1, n. 7.
[81] “Queste espressioni: un tempo, due tempi e la metà di un tempo, significano un anno e due anni e la metà di un anno: e per conseguenza tre anni e sei mesi… e, in un altro passo della Scrittura, si determina il numero dei mesi. (S. Agost. Città di Dio, lib. XX, n. 23). Anche la persecuzione di Antioco duro tre anni e sei mesi”. Antichristi suprema potestas ac monarchia tantum per tres annos et dimidium durabit. Loquar autem de monarchia et suprema potestate, quia, ut dicitur, data est illi potestas in omnem tribum, et populum, et linguam et gentem. Quantum vero temporis in augenda stabiliendaque monarchia ponere debeat, non mihi constat; quia neque ex preadictis locis satis colligitur, acque videtur admodum verisimile, brevi tempore trium annorum, cum dimidio haec omnia esse perfecturum. Illud ergo solum est certum, ad summum permansurum in throno suo tribus annis cum dimidio, stalimque se ipsum interficiendum, et regnum eius evertendum. (Suarez, De Antichr. sect. II, n. 3).
[82] Fillon, La Sainte Bible commentée: Daniel, cap. VII, vers. 23-27.
Sant’Agostino: -Timore di Dio, coscienza del peccato e Carità- “Chi è senza timore, non potrà essere giustificato (Sir 1, 28). Il timore di Dio è inizio di sapienza (Sir 1, 16) prepara il posto alla carità” “Ma se non vi è alcun timore, manca alla carità la via per entrare nell’animo.”
Dal commento alla prima lettera di san Giovanni, Sant’Agostino:
OMELIA 9
In questo il nostro amore è perfetto…
La carità che ci fa rimanere in Dio, si estende ai nemici e, preparata dal timore servile, guidata da quello casto, ci rende belli agli occhi di Dio, perché la carità è Dio stesso. Con essa rimaniamo uniti a Cristo e nell’unità della Chiesa.
Non so come Giovanni avrebbe potuto farci l’elogio della carità con parole più sublimi di queste: Dio è carità (1 Gv 4, 8). C’è qui una lode tanto breve eppure tanto grande: breve nelle parole, grande nel significato. Si fa tanto presto a pronunciare la frase: Dio è amore! Una frase breve, di un solo periodo, ma quanto peso di significato essa contiene. Dio è amore; e Giovanni aggiunge: Chi resta nell’amore, resta in Dio e Dio resta in lui (1 Gv 4, 16). Dio sia la tua casa e tu sii la casa di Dio: resta in Dio e che Dio resti in te. Dio resta in te per contenerti; tu resti in Dio per non cadere. L’apostolo Paolo dice infatti della carità: La carità non cade mai (1 Cor 13, 8). Come è possibile che cada colui che Dio contiene?
[C’è chi sopporta la morte e chi la vita.]
2. In questo il nostro amore ha raggiunto la perfezione, che nel giorno del giudizio saremo pieni di fiducia, perché anche noi, in questo mondo, siamo così come è lui (1 Gv 4, 17). Ci dice qui in quale modo ciascuno può provare sin dove la carità è progredita in lui o meglio fin dove lui è progredito nella carità. Infatti, se è vero che Dio è carità, Dio né progredisce, né regredisce. Dicendo allora che in te progredisce la carità, si vuol intendere che tu progredisci in essa. Chiediti dunque quanto è il tuo progresso nella carità, ascolta che cosa può risponderti la coscienza, al fine di conoscere la misura dei tuoi progressi. Giovanni ci ha promesso di mostrarci il segno da cui possiamo avere la certezza di conoscere Dio, quando ci disse: In questo consiste la perfezione della carità. Chiedi pure: in che? Nel fatto di sentirci animati da fiducia nel giorno del giudizio. Chi appunto si sentirà animato da fiducia nel giorno del giudizio, ha raggiunto la perfezione della carità. Ma che significa avere fiducia nel giorno del giudizio? Significa non temerne l’arrivo.
Alcuni non credono nel giorno del giudizio; essi non possono certo avere fiducia in quel giorno in cui non credono. Ma costoro lasciamoli pure da parte; Dio un giorno li susciterà alla vita; ma ora a che pro interessarci di morti, quali essi sono? Essi non credono che ci sarà un giorno del giudizio, non lo temono e naturalmente neppure lo desiderano. Tutto questo perché non credono. Ma se uno incomincia a credere che verrà il giorno del giudizio, da quel momento incomincerà anche a temerlo. Se però lo teme soltanto, non è ancora fiducioso nel giorno del giudizio, né la carità in lui è ancora perfetta. Che fare allora? Disperarsi? Ma perché non sperare che ci sarà la fine, allorché vedi che c’è stato l’inizio? Quale inizio? mi chiederai. Quello del timore.
Senti cosa dice la Scrittura: Il timore di Dio è inizio di sapienza (Sir 1, 16). Quando si incomincia a temere il giorno del giudizio, ci si incomincia anche ad emendare ed a combattere i nemici che sono i propri peccati. Si incomincia a risuscitare interiormente e a mortificare le proprie membra terrene, secondo le parole dell’Apostolo: Mortificate le vostre membra terrene (Col 3, 5). Membra terrene sono – a detta dello stesso Apostolo – la malizia spirituale, che viene poi così specificata quando ricorda: l’avarizia, l’immondezza, ed altri vizi di cui ci dà l’enumerazione. Chi ha incominciato a temere il giorno del giudizio, quanto più mortifica le membra terrene tanto più risuscita ed irrobustisce quelle celesti. Membra celesti sono tutte le opere buone. Sviluppandosi le membra celesti, si incomincia anche a desiderare ciò che prima si temeva. Chi prima temeva il ritorno di Cristo, perché pauroso che Cristo avesse trovato in lui un empio da condannare, ora desidera che egli venga, poiché potrà trovare in lui una persona pia da premiare. Dal momento in cui un’anima casta desidera il ritorno di Cristo, desiderando l’abbraccio dello sposo, lascia gli amori adulteri; diventa, interiormente, una vergine ad opera della fede, della speranza e della carità. Essa allora si sente tutta fiduciosa nel giorno del giudizio. Quando prega e dice: Venga il tuo regno (Mt 6, 10), non ripete una frase che potrebbe volgersi a suo danno. Chi teme che venga il Regno di Dio, teme che questa preghiera venga esaudita. Come pregare, se si ha il timore di essere esauditi? Chi prega nella fiducia che nasce dalla carità, brama che il Regno di Dio venga già fin d’ora. Mosso da tale desiderio, così pregava il salmista: Tu, Signore, perché tardi? Volgiti, o Signore, e chiama a te l’anima mia (Sal 6, 4-5). Gemeva perché Dio tardava a mostrarsi. Certi uomini sopportano la morte; altri, che hanno raggiunto la perfezione, sopportano la vita. Mi spiego. Chi ama ancora questa vita mortale, quando giunge la morte, la sopporta con pazienza, lotta contro se stesso, rassegnandosi alla volontà di Dio; e così agisce più per fare la volontà di Dio che non la propria: e dal desiderio della vita presente sorge una lotta tra lui e la morte; ha bisogno di pazienza e fortezza per morire in serenità d’animo. Così chi muore con sopportazione. Ma chi è attratto dal desiderio della morte e brama, come dice l’Apostolo, di andarsene per essere insieme col Cristo, non muore con sopportazione; anzi, dopo aver sopportato la vita, muore con gioia. Ecco l’esempio dell’Apostolo, che ha vissuto sopportando la vita, non amando cioè la vita presente ma tollerandola. E’ molto meglio – afferma lui stesso – partire, per stare col Cristo: ma è pur necessario, a causa di voi, restare nella carne (Fil 1, 23-24). Orsù dunque, o miei fratelli, fate che sorga dentro di voi il desiderio del giorno del giudizio. Non si dà prova di perfetta carità, se non quando si incomincia a desiderare il giorno del giudizio. Ma lo desidera questo giorno chi si sente animato da fiducia al suo pensiero; e questo avviene in coloro la cui coscienza non è agitata da timore, perché confermata dalla perfetta e sincera carità.
[Il timore via alla carità.]
4. Di questa fiducia, che stiamo esaminando, vedete ora quel che ha da dirci Giovanni. Quale è il segno della carità perfetta? Ci risponde negativamente: La vera carità non consiste nel timore. Che cosa diremo di colui che incomincia a temere il giorno del giudizio? Se fosse in lui una carità perfetta, non avrebbe questo timore. La perfetta carità lo renderebbe perfetto nella giustizia e gli toglierebbe perciò ogni motivo di timore: anzi lo porterebbe a desiderare che passi l’ora dell’iniquità e venga il Regno di Dio. Nella carità dunque non c’è posto per il timore. In quale carità? Non certo in quella iniziale: in quale dunque? La perfetta carità – dice Giovanni – esclude il timore (1 Gv 4, 18). All’inizio ci sia pure il timore, perché il timore di Dio è inizio di sapienza. Il timore prepara il posto alla carità. Ma non appena la carità incomincia a prenderne possesso, ne scaccia il timore che le aveva preparato il posto. Quanto più cresce la carità, altrettanto diminuisce il timore; più la carità penetra dentro di noi, più il timore viene espulso fuori. Maggiore è la carità, minore il timore; minore è la carità, maggiore il timore. Ma se non vi è alcun timore, manca alla carità la via per entrare nell’animo.
Così vediamo che si introduce un filo di lino per mezzo di un filo di seta, quando si ha da cucire; si fa prima entrare la seta, ma se poi non la si fa uscire, non si può far entrare il lino: allo stesso modo dapprima il timore occupa la mente, ma non vi resta, perché vi è entrato per questo preciso scopo: far strada alla carità. Stabilita ormai nel nostro animo la sicurezza, quale sarà la gioia in questa e nella vita futura? Chi potrà nuocerci, in questo secolo, così ripieni come siamo di carità? Guardate l’esultanza dell’Apostolo, quando parla della carità: Chi ci separerà dalla carità di Cristo? la tribolazione? le angustie? la persecuzione? la fame? la nudità? il pericolo? la spada? (Rm 8, 35). E Pietro da parte sua afferma: Chi vi potrà nuocere, se sarete gli emulatori del bene? (1 Pt 3, 13). Nell’amore non esiste timore; ma l’amore perfetto esclude il timore; perché il timore procura tormento. Tormenta il cuore la coscienza dei peccati: la giustificazione non è ancora compiuta. C’è qualcosa che lo prude e lo punge. Che cosa si dice nel salmo circa la perfezione della giustizia? Tu hai cambiato in gaudio il mio lutto: hai stracciato il mio sacco di penitenza e mi hai riempito di letizia perché il mio canto ti dia lode e io non resti nell’amarezza (Sal 29, 12-13). Che significa questo “non restare nell’amarezza”? Che più nulla tormenta la mia coscienza. Il timore tormenta la coscienza; ma tu non temere; ecco la carità che subentra per risanare ciò che è ferito dal timore.
Il timore di Dio arreca ferite, come fa il ferro del chirurgo; toglie il marcio e sembra quasi che allarghi la ferita. Quando era nel corpo questo marcio, la ferita era meno larga ma più pericolosa; interviene il ferro del chirurgo e la ferita incomincia a dolorare più di prima. Essa duole di più quando viene curata che non quando la si lascia come è; ma appunto, quando si applica la medicina, duole di più, affinché, conseguita la salute, più non dolga. Il timore dunque entri nel tuo cuore per preparare il posto alla carità; dopo il ferro del chirurgo non resta altro che la cicatrice. Qui si tratta poi di un medico tanto bravo da far scomparire anche le cicatrici. Da parte tua non devi far altro che affidarti alla sua mano. Se non hai il timore, impossibile per te la giustificazione. C’è un testo delle Scritture ad affermarlo: Chi è senza timore, non potrà essere giustificato (Sir 1, 28). Bisogna dunque che il timore entri per primo ed attraverso il timore arrivi la carità. Il timore è medicina, la carità è salute. Ma chi teme non ha raggiunto la perfezione della carità (1 Gv 4, 18). Perché? Perché il timore tormenta così come la ferita aperta dal chirurgo.
[Il timore casto.]
5. C’è tuttavia un’altra affermazione che sembra contraria a questa, se non sarà convenientemente compresa. In un certo passo del salmo si dice: Il timore di Dio è casto, esso dura nei secoli dei secoli (Sal 18, 10). Il salmista ci mostra qui un timore eterno ma casto. Se il timore è eterno, tale affermazione non contraddice forse questa Epistola? Dice infatti l’Epistola: Nella carità non c’è timore, ma la perfetta carità scaccia il timore. Vediamo di penetrare a fondo queste due divine dichiarazioni. Si tratta del medesimo Spirito che parla, anche se la sua parola è riferita in due libri diversi, da due diverse bocche, da due diverse lingue. La prima affermazione è di Giovanni, la seconda di David; ma non bisogna credere che si tratti di ispirazione diversa dell’unico ed identico Spirito. Se avviene che un unico fiato vada a finire in due trombe, non potrà forse un unico Spirito riempire due cuori e muovere due lingue? Se due trombe ripiene di un unico identico fiato emettono insieme uno stesso suono, avverrà forse che due lingue, ripiene dello stesso Spirito, possano dissentire? Le due affermazioni che abbiamo ricordato hanno dunque una loro consonanza, una loro segreta concordanza che esige però un buon intenditore. Ecco dunque che lo Spirito ha soffiato e riempito due cuori, due bocche, ha mosso due lingue. Dalla prima lingua abbiamo udito queste parole: Nella carità non c’è timore, ma la perfetta carità espelle il timore. Dall’altra lingua abbiamo invece sentito queste parole: Casto è il timore di Dio; esso rimane per i secoli dei secoli. Sembra che le due affermazioni discordino tra loro. Ma non è così. Apri bene le tue orecchie, ascolta la melodia. Non è senza motivo che in una delle espressioni è definito casto il timore, perché evidentemente c’è anche un timore non casto. Vediamo di tener ben distinti questi due tipi di timore e capiremo che le due trombe suonano in perfetta armonia.
Come capire, come discernere? Faccia attenzione la vostra Carità. Certi uomini temono Dio, perché non vogliono cadere nell’inferno e bruciare col diavolo in un fuoco eterno. Questo appunto è il timore che prepara il posto alla carità; ma è un timore transeunte. Se tu temi il Signore ancora a causa dei suoi castighi, non lo ami ancora. Non desideri il bene ma ti astieni unicamente dal male. Ma per il fatto che ti astieni dal male, ti correggi ed incominci a desiderare il bene. E quando incominci a desiderare il bene, il tuo timore diventa un casto timore. Quale timore è casto? Il timore di perdere gli stessi beni. Comprendetemi: altra cosa è temere Dio perché non ti mandi all’inferno, altra cosa temerlo perché egli non si allontani da te. Il primo timore che ti porta a scongiurare di essere condannato all’inferno insieme col diavolo, non è ancora un timore casto; non deriva infatti dall’amore di Dio, ma dal timore del castigo. Ma quando tu temi il Signore perché la sua presenza non si sottragga a te, allora tu l’abbracci e desideri godere di lui.
[Due generi di spose.]
6. Non è possibile spiegare meglio la differenza tra questi due timori, quello che esclude la carità e quello casto che resta per sempre, se non ricorrendo all’esempio di due donne sposate di cui una è intenzionata a commettere adulterio e trovare gioia nell’iniquità, ma timorosa delle vendette del marito. Costei teme il marito, ma lo teme precisamente perché ama ciò che è disonesto. La presenza del marito le è tutt’altro che gradita e confortevole. Se per caso la sua condotta è cattiva, essa teme di essere sorpresa dal marito. Simili a questa donna sono quelli che temono la venuta del giorno del giudizio. L’altra donna, che abbiamo preso come esempio, ama il suo sposo, lo circonda di casti amplessi, non si macchia di nessun adulterio, brama la presenza del marito. Come si distinguono questi due tipi di timore? Soggetta al timore è la prima come la seconda donna.
Interrogale; ti daranno quasi la stessa risposta. Interroghiamo la prima: Temi il marito? Essa risponderà: sì, lo temo. Interroga la seconda: Temi tuo marito? Ti risponderà ugualmente: Lo temo. La risposta è identica, ma diverso lo spirito. Interroghiamole ancora, domandando loro perché temono il marito. La prima risponde: Temo che torni mio marito. La seconda invece: Temo che si allontani. La prima: temo di essere castigata; e la seconda: temo di essere abbandonata. Applica queste risposte nell’anima cristiana e scoprirai il timore che esclude la carità ed il casto timore che resta per sempre.
[L’una teme la condanna.]
7. Ci rivolgiamo dapprima a quelli che temono Dio alla maniera della donna disonesta: essa teme che il marito la condanni. Parliamo dunque a costoro. O anima, tu temi Iddio perché Dio non ti condanni, proprio come quella donna che agisce disonestamente e teme il marito per paura di essere castigata. Come a te dispiace quella donna, così dispiaciti di te stesso. Tu non vorresti una moglie che ti teme per paura del castigo e che sarebbe ben contenta di fare il male, ma se ne astiene per la grave paura che ha di te, non perché condanna il male. La vuoi casta, perché ti ami, non già perché ti tema. Anche tu offriti così a Dio, come vorresti che sia la tua sposa. Se ancora non hai moglie ma la vuoi avere, è così che la vuoi. Che cosa stiamo dicendo, o fratelli? Quella moglie che teme il marito solo per non essere ripudiata dal marito, probabilmente non commette adulterio, perché non venga scoperto dal marito e non le tolga questa luce temporale. Il marito potrebbe anche ingannarsi; è infatti una creatura umana come colei che può ingannarlo.
Orbene quella donna teme un marito, ai cui sguardi potrebbe sottrarsi, e tu non temi gli sguardi del tuo sposo sempre fissi sopra di te? La faccia del Signore è sempre rivolta sopra coloro che fanno il male (Sal 33, 17). La donna adultera approfitta dell’assenza del marito ed è sollecitata forse dal piacere dell’adulterio; essa tuttavia dice a se stessa: Non mi azzarderò: egli è assente, è vero, ma la cosa non potrà non essere risaputa da lui. Essa dunque si trattiene dal male per paura che le cose siano sapute da un uomo, soggetto all’ignoranza ed all’errore, che potrebbe giudicare buona anche la donna malvagia, ritenere casta la moglie adultera. Tu invece non temi gli occhi di Dio che nessuno può ingannare? Non temi la presenza del Signore che non può mai esserti tolta? Prega il Signore che rivolga il suo sguardo sopra di te e allontani il suo volto dai tuoi peccati. Allontana la tua faccia dai miei peccati (Sal 50, 11). Come puoi meritare che egli distolga la sua faccia dai tuoi peccati? Facendo in modo che tu non distolga l’attenzione dai tuoi peccati. Sono le parole stesse del salmo che dicono: Io riconosco la mia iniquità ed il mio peccato sta sempre davanti a me (Sal 50, 5). Tu, dunque, riconosci i tuoi peccati ed egli te li condonerà.
[L’altra teme l’abbandono.]
8. Ci siamo rivolti all’anima che ancora nutre un timore non duraturo per l’eternità, ma quel timore che viene scacciato e bandito dalla carità. Ci rivolgiamo anche all’anima che già possiede il timore casto, duraturo nei secoli eterni. Pensiamo forse di trovarla da poterle parlare? Ritieni che ci sia in questo popolo? In questa sala? Su questa terra? Impossibile che non ci sia e tuttavia resta nascosta. Siamo d’inverno ed il verde delle foglie sta ancora tutto dentro la radice. Può darsi però che le nostre parole giungano alle sue orecchie. Dovunque si trovi quell’anima, possa io giungere a scoprirla, e sentire io la sua voce, non lei la mia. Essa mi istruirebbe piuttosto che imparare da me. Un’anima santa, un’anima di fuoco che desidera il regno di Dio; non io le rivolgo la parola ma Dio stesso, e la consola, finché sopporta la presente vita terrena, con queste parole: Tu vuoi che io già venga a te ed io lo so bene: so che sei tale da poter aspettare con serenità la mia venuta. So della tua pena, ma attendi ancora un poco, sopporta: ecco vengo, vengo presto. Questa venuta sembra un ritardo all’anima che ama. Odila cantare come fosse un giglio tra le spine; odila sospirare e dire: Io canterò e comprenderò sulla via dell’innocenza; quando verrai da me? (Sal 100, 1-2).
A ragione essa non teme, stando sulla via dell’innocenza, perché la carità perfetta scaccia ogni timore. Quando quest’anima giungerà all’amplesso del Signore teme, ma nella sicurezza. Che cosa teme? Starà attenta a togliere da sé ogni macchia di peccato, per non peccare più: non per la paura di essere mandata al fuoco, ma per non essere abbandonata dal Signore. E che cosa ci sarà in lei se non il casto timore che resta per sempre? Abbiamo ascoltato dunque le due trombe suonare in perfetto accordo. La prima parla del timore come la seconda; ma la prima parla del timore che ha l’anima di essere condannata, l’altra del timore che ha l’anima di essere abbandonata. Il primo è quel timore che viene eliminato dalla carità, il secondo invece è quel timore che rimane per sempre.
[L’amore ci rende belli.]
9. Noi dunque amiamolo, perché egli per primo ci ha amati (1 Gv 4, 19). Quale fondamento avremmo per amare, se egli non ci avesse amati per primo? Amando, siamo diventati amici; ma egli ha amato noi, quando eravamo suoi nemici, per poterci rendere amici. Ci ha amati per primo e ci ha donato la capacità di amarlo. Ancora noi non lo amavamo; amandolo, diventiamo belli. Che cosa fa un uomo deforme, colla faccia sformata, quando ama una bella donna? Che cosa fa, a sua volta, una donna brutta, sciatta e nera, se amasse un uomo bello? Potrà diventare forse bella, amando quell’uomo? Potrà l’uomo a sua volta diventare bello, amando una donna bella? Ama costei e quando si guarda allo specchio, arrossisce di sollevare il suo volto verso di lei, la bella donna che ama. Che farà per essere bello? aspetta forse che sopraggiunga in lui la bellezza? Nell’attesa, al contrario, sopravviene la vecchiaia che lo rende più brutto. Non c’è dunque nulla da fare, non c’è possibilità di dargli altro consiglio che ritirarsi, perché, non essendo all’altezza, non osi amare una donna a lui superiore. Se per caso l’amasse veramente e desiderasse prenderla in moglie, dovrà amare la sua castità, non la forma del suo corpo. La nostra anima, o fratelli, è brutta per colpa del peccato: essa diviene bella amando Dio. Quale amore rende bella l’anima che ama? Dio sempre è bellezza, mai c’è in lui deformità o mutamento. Per primo ci ha amati lui che sempre è bello, e ci ha amati quando eravamo brutti e deformi. Non ci ha amati per congedarci brutti quali eravamo, ma per mutarci e renderci belli da brutti quali eravamo. In che modo saremo belli? Amando lui, che è sempre bello. Quanto cresce in te l’amore, tanto cresce la bellezza; la carità è appunto la bellezza dell’anima. Noi, dunque, amiamolo, perché lui per primo ci ha amati. Ascolta l’apostolo Paolo: Dio ha dimostrato il suo amore per noi, perché quando ancora eravamo peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8-9), lui giusto per noi ingiusti, lui bello per noi brutti. Quale fonte ci afferma che Gesù è bello? Le parole del salmo: Egli è bello tra i figli degli uomini, sulle sue labbra ride la grazia (Sal 44, 3). Dove sta il fondamento di questa asserzione? Eccolo: Egli è bello tra i figli degli uomini perché in principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Assumendo un corpo, egli prese sopra di sé la tua bruttezza, cioè la tua mortalità, per adattare se stesso a te, per rendersi simile a te e spingerti ad amare la bellezza interiore. Ma quali fonti ci rivelano un Gesù brutto e deforme, come ce lo hanno rivelato bello e grazioso più dei figli degli uomini? Dove troviamo che è deforme? Interroga Isaia. Lo abbiamo visto: egli non aveva più bellezza né decoro (Is 53, 2). Queste affermazioni scritturistiche sono come due trombe che suonano in modo diverso ma uno stesso Spirito vi soffia dentro l’aria. La prima dice: Bello d’aspetto, più dei figli degli uomini; e la seconda, con Isaia, dice: Lo abbiamo visto: egli non aveva bellezza, non decoro. Le due trombe son suonate da un identico Spirito; esse dunque non discordano nel suono. Non devi rinunciare a sentirle, ma cercare di capirle. Interroghiamo l’apostolo Paolo per sentire come ci spiega la perfetta armonia delle due trombe. Suoni la prima: Bello più dei figli degli uomini: essendo nella forma di Dio, non credette che fosse una preda l’essere lui eguale a Dio. Ecco in che cosa egli sorpassa in bellezza i figli degli uomini. Suoni anche la seconda tromba: Lo abbiamo visto e non aveva bellezza, né decoro: questo perché egli annichilò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini, riconosciuto per la sua maniera di essere, come uomo (Fil 2, 6-7). Egli non aveva né bellezza né decoro, per dare a te bellezza e decoro Quale bellezza? Quale decoro? L’amore della carità; affinché tu possa correre amando e possa amare correndo Già sei bello: ma non guardare te stesso, per non perdere ciò che hai preso; guarda a colui dal quale sei stato reso bello. Sii bello in modo tale che egli possa amarti. Da parte tua volgi tutto il tuo pensiero a lui, a lui corri, chiedi i suoi abbracci, temi di allontanarti da lui; affinché sia in te il timore casto che resta in eterno. Noi amiamolo, perché lui stesso ci ha amati per primo.
[Amare il prossimo è amare Dio.]
10. Se uno dirà: io amo Dio. Ma quale Dio? perché lo amiamo? Perché lui stesso per primo ci ha amati e ci ha fatto dono di amarlo. Egli ha amato noi che eravamo empi, per renderci pii; ingiusti, per renderci giusti; ammalati, per renderci sani. Dunque anche noi amiamolo perché per primo ci ha amati. Interroga ciascuno singolarmente e ti dica se ama Dio. Ciascuno grida, ciascuno confessa: io lo amo; lui lo sa. Ma c’è un’altra domanda da fare. Dice Giovanni: Se uno dirà: io amo Dio, ma poi odia suo fratello, è impostore. Quale prova si ha di ciò? Eccola: Chi non ama il suo fratello che vede, come potrà amare Dio, che non vede? (1 Gv 4, 20). Dunque, chi ama il fratello, ama anche Dio? Inevitabilmente ama Dio, inevitabilmente ama l’amore stesso. Si può forse amare il proprio fratello e non amare l’amore? E’ inevitabile che ami l’amore. Ma costui ama Dio appunto perché ama l’amore stesso? Proprio così. Amando l’amore, ama Dio. Hai forse dimenticato che poco prima Giovanni ha detto: Dio è amore? Se Dio è amore, chiunque ama l’amore ama Dio. Ama dunque tuo fratello e sta’ sicuro (cf. 1 Gv 4, 8-16). Tu non puoi dire: Amo il fratello ma non amo Dio. Allo stesso modo che menti quando dici: Amo Dio, se non ami il fratello; così ti inganni, quando dici: io amo il fratello, e poi ritieni di non amare Dio. Necessariamente, amando il fratello, ami l’amore stesso. L’amore infatti è Dio; e chi ama il proprio fratello, necessariamente ama Dio. Ma se non ami il fratello che vedi, come puoi amare Dio che non vedi? Perché questi non vede Dio? Perché non possiede l’amore stesso. Perciò non vede Dio, perché appunto non possiede l’amore; e non possiede l’amore perché non ama il fratello; quindi non vede Dio, proprio perché non possiede l’amore.
Ma se ha l’amore, vede Dio, perché Dio è amore; ed il suo occhio viene sempre più purificato dall’amore, per essere in grado di vedere quella sostanza incommutabile che è Dio, e per poter sempre godere della sua presenza e in eterno gioirne insieme con gli angeli. Ma ora corra in tal modo che possa poi rallegrarsi, quando sarà nella patria. Non ami il pellegrinaggio, non ami la via: tutto consideri amaro, ad eccezione di colui che lo chiama, fino al momento in cui non ci congiungeremo con lui e potremo dire ciò che fu detto nel salmo: Hai mandato in perdizione tutti quelli che si sono prostituiti lontano da te.
Chi sono questi fornicatori? Quelli che se ne vanno via da lui per amare il mondo. Tu in che posizione sei? Prosegue il salmo: Per me è buona cosa stare vicino al Signore (Sal 72, 27-28). Tutto il mio bene è questo: attaccarmi a Dio gratuitamente. Se tu interrogassi il salmista e gli dicessi: perché aderisci a Dio? e ti rispondesse: per avere dei doni da lui; e tu gli chiedessi: quali doni? Lui stesso ha fatto il cielo e la terra: che cosa deve ancora donarti? Già aderisci a lui: trova di meglio ed egli te lo dona.
[Rimaniamo con la carità uniti a Cristo e alla Chiesa.]
11. Chi pertanto non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede? Da lui abbiamo ricevuto questo comandamento, che ami anche il fratello colui che ama Dio (1 Gv 4, 20-21). Tu hai detto molto bene: Amo Dio; ma odi il fratello! O omicida, in che modo puoi amare Dio? Non hai sentito le parole precedenti dell’Epistola? Chi odia il suo fratello, è omicida (1 Gv 3, 15). Ma io continuo ad amare Dio, pur odiando il fratello. Decisamente tu non ami Dio, se odi il fratello. Adesso ve lo dimostro con un altro passo. Giovanni ha detto: Cristo ci ha dato il precetto di amarci a vicenda (1 Gv 3, 23): come puoi amare quel Dio di cui tieni in odio il comandamento? Chi mai direbbe: io amo l’imperatore, ma ne odio le leggi? L’imperatore capisce che lo si ama da questo: se le sue leggi sono osservate nelle province.
Quale è la legge del nostro imperatore? Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate l’un l’altro (Gv 13, 34). Tu affermi di amare Cristo: osserva il suo comandamento ed ama il tuo fratello. Se non ami il fratello, come puoi amare uno di cui disprezzi il comandamento? O fratelli, non mi sazio di parlare della carità, nel nome di Cristo. Più voi siete avari di questo bene, più speriamo che esso cresca in voi, scacci il timore, perché rimanga quel casto timore che dura per sempre. Cerchiamo di tollerare il mondo, le tribolazioni, gli scandali delle tentazioni. Non abbandoniamo la giusta via, manteniamo l’unità della Chiesa, teniamoci uniti a Cristo, conserviamo la carità. Non separiamoci dalle membra della sua sposa, non strappiamoci dalla fede, perché possiamo gloriarci quando egli si farà presente; resteremo in lui senza turbamenti, ora con la fede, più tardi con la visione, di cui abbiamo come caparra certissima il dono dello Spirito Santo.
Condividi
Pubblicato da Amici di Fulton Sheen in ottobre 10, 2012
https://perlamaggiorgloriadidio.wordpress.com/2012/10/10/santagostino-timore-di-dio-coscienza-del-peccato-e-carita-chi-e-senza-timore-non-potra-essere-giustificato-sir-1-28-il-timore-di-dio-e-inizio-di-sapienza-sir-1-16-prepara-il-posto-alla/