LE TENEBRE DI OGGI ANCHE FRA I CATTOLICI: “È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.” DON DOLINDO RUOTOLO

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-Le tenebre di oggi anche fra i cattolici-

Ecco, noi viviamo in un’epoca di tenebre fitte, in un momento di frenesia collettiva che ci fa correre verso la catastrofe; si affondano le navi, si distruggono immani ricchezze, si corre come esercito mobilitato verso la morte, e perché? Perché manca la luce di Gesù Cristo che è Lume di vita! Si assiste al miserando spettacolo della creazione di nuove fedi fondate sull’ignoranza, di nuove religioni fondate su idoli scelleratissimi, carichi di delitti, e persino di nuovi misticismi che mostrano come simboli e oggetto di contemplazione la rivoltella, il pugnale, la bomba a mano e il teschio di morte, non per considerare la morte in ordine alla Vita eterna ma per darla spietatamente o incontrarla disperatamente.

Gli uomini sembrano impazziti, impazziti fino al delirio; sconvolgono tutto per creare, secondo loro, un ordine nuovo, e fanno rovinare tutto, travolgendo tutto nell’immane cataclisma delle rivoluzioni e delle guerre. Si presta una fede cieca ai corifei dell’empietà, fino a considerarli come dèi, e si nega l’assenso nobilissimo dell’intelletto e del cuore a Gesù Cristo. È una cosa penosissima! È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.

Ci sono infatti, fra essi, gravi sintomi di assideramento e di disorientamento; serpeggiano fra loro a man salva errori funestissimi e pochi se ne accorgono, assorbendone il veleno nella vita. C’è una forte infiltrazione di razionalismo, di materialismo e di naturalismo nelle anime, un aborrimento del soprannaturale, una forzata paralisi degli slanci dell’anima verso vette più alte, un subcosciente disprezzo di tutto quello che è vita interiore e vita di santità e, soprattutto, un rispetto umano spinto fino a ostentare rispetto e simpatia per gli eretici e i perversi e disprezzo e noncuranza per tutto quello che può far temere l’accusa di piccolezza d’animo o di pietà da donnette.

Citiamo, a questo proposito, un brano del padre Faber, perché è troppo importante che si riaccenda in pieno la luce che ci ha dato Gesù Cristo tra i fedeli e – bisogna dirlo – tra quelli stessi che li guidano, perché il disorientamento è anche tra le anime consacrate a Dio.

«Vi sono molti, ai nostri tempi, i quali non dicono di non essere cristiani, ma pure scrivono e parlano come se fossero fuori e come se fossero, allo stesso tempo, cristiani e non cristiani. Essi non si diedero pena di formulare una miscredenza positiva, ma non comprendono come mai il progresso, la perfettibilità e le scoperte moderne… possano conciliarsi con quella collezione di antichi dogmi che costituiscono la religione cristiana, e inclinerebbero a rinunciare ai dogmi piuttosto che alle scoperte e invenzioni. Tali persone mettono la dignità umana fra le considerazioni di prim’ordine, mentre, secondo loro, l’assenso dell’uomo alle dottrine e alle pratiche della Chiesa è tanto degradante alla sua nobiltà intellettuale, quanto la sua obbedienza alle medesime è superstiziosa e umiliante. Papa e teologia, Madonna e Santi, grazie e Sacramenti, penitenza e Purgatorio, scapolari e rosari, ascetismo e misticismo, combinandosi per formare un carattere perfettamente distinto e riconoscibile, arrecano un tono alla mente e un fare alla condotta che non lasciano dubbio, e che difficilmente si sbaglia a riconoscerli… Le persone delle quali ora parliamo sono ben lontane dal nutrire stima per un tale carattere. Ai loro occhi è un carattere piccolo, debole, spregevole, codardo, gretto, pusillanime. Difetta di quell’espansione e ardire della grandezza morale, secondo il loro modo di misurare la grandezza. Queste persone tracciarono dei limiti al servizio di Dio, cercarono con lui un compromesso, lo ridussero da Creatore ad un ente che può imporre tasse e tributi e nulla più, perché Egli è un monarca costituzionale e non dispotico, ed essi si formarono della perfezione un’opinione sfavorevole, come di un’aggressione incostituzionale per parte di Dio e del suo esecutivo».

Noi non ci accorgiamo che Gesù Cristo non è più considerato come luce del mondo e che alla Chiesa stessa si tende a dare una fisionomia che non discordi troppo o dal mondo o dalle pompose esibizioni di sapienza, di equilibrio e di serietà delle sette. Quasi quasi ci piace quell’ipocrita austerità di riti senz’anima e senza slanci, quel bando dato a tutto quello che riscalda il cuore e lo muta in un vibrante motore spirituale che porta l’anima nei voli dell’amore. Ci mostriamo disgustati dalle pose dei Santi che ci sembrano esagerate e tendiamo sempre più a vestirci dello smoking del mondo, per mostrarci a nostro modo seri ed equilibrati, rinnegando così la divina stoltezza della Croce. Crediamo quasi indecoroso che un cardinale si mostri con la corona in mano o che baci un’immagine sacra; ci abituiamo troppo a confondere la luminosa maestà dell’anima che crede, spera e ama, con la boria di una serietà mondana, più ridicola di quella di un pagliaccio.

Siamo come schiavi, incatenati dalla miscredenza e dagli errori altrui, tremanti a ogni cenno del loro disprezzo per quello che è frutto di devozione e di pietà cristiana, premurosi di toglierci ogni segno di riconoscimento cristiano, rinnegatori della nostra divina nazionalità, diremmo snobisti di satana e di quello che satana ha prodotto per renderci come stranieri e forestieri nella stessa Chiesa, simili a quegli zulù africani che passano dal loro deserto ardente in una delle nostre rumorose piazze, smarriti nello splendore della civiltà e desiderosi del covo delle loro montagne.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

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Faccia a faccia con Gesù

-DON DOLINDO RUOTOLO- Sia dato il bando alla mormorazione, alla maldicenza, alle dissensioni, e alle divisioni nella Chiesa: “La grande piaga della mormorazione su tutto ciò che in un modo o in un altro fanno i Superiori, arresta spesso tutta la circolazione della vita soprannaturale in una Diocesi”

Non si riformano i costumi con le ribellioni, ma con la vita di abnegazione, di preghiera e di apostolato, in piena ed umile dipendenza dalla legittima Autorità della Chiesa, come fecero S. Domenico, S. Francesco d’Assisi, e tanti altri Santi, splendore e gloria della Chiesa di Dio. Molti si lamentano che il mondo sia cattivo, dice S. Agostino, eppure se questi molti si migliorassero, il mondo sarebbe più buono. (…)

Le controversie e i dissensi rovinosi sono fenomeni violenti di purificazione nella Chiesa, che la liberano dagl’ingombri della sua vita; ma le contese latenti e dissimulate, che rimangono in lei come un eczema purulento, sono più comuni di quello che si creda. La grande piaga della mormorazione su tutto ciò che in un modo o in un altro fanno i Superiori, arresta spesso tutta la circolazione della vita soprannaturale in una Diocesi, in una Parrocchia, in una Comunità religiosa.

Il fenomeno delle dieci tribù dissidenti d’Israele si rinnova in piccolo dovunque c’è un’autorità, poichè tutti credono di poter riformare, e tutti si mostrano scontenti del regime al quale sottostanno. La prudenza dei capi sta nel non urtare soverchiamente la debolezza dei sudditi, ma il dovere strettissimo dei sudditi sta nel non presumere di dettare leggi all’autorità. Se c’è un disordine da riparare se ne parla ai Superiori con rispetto, come a rappresentanti di Dio, se non ascoltano le nostre suppliche, si ricorre alla preghiera, si volge lo sguardo sul proprio cuore, si migliora la propria vita, pensando che noi abbiamo la nostra parte di responsabilità in quello che avviene d’increscioso nel governo dei Superiori.

A che cosa serve il mormorare se non a rendere peggiori le situazioni? A che cosa servono gli ostruzionismi spirituali più o meno palliati, se non a paralizzare il bene ? Il Signore ci ha dato il mezzo per giungere là dove non può giungere la nostra attività; preghiamo ed umiliamoci, preghiamo e taciamo, affidando solo a Dio certe situazioni penose.

Alcune anime possono trovarsi nella dolorosa circostanza di essere oppresse innocentemente da un giogo aspro di avversità e di persecuzioni, da quelli stessi che rappresentano Dio. A volte persino i Santi hanno malmenato i Santi, come avvenne a S. Gerardo Maiella da parte di S. Alfonso M. De Liguori. In queste situazioni penosissime non rimane che tacere e pregare, riguardando la tribolazione come un dono speciale di Dio. Qualunque dichiarazione può peggiorare le disposizioni contrarie dell’avversario, e può determinare un male più grave.

Ricordiamoci che abbiamo un Padre Divino, una Mamma Celeste, e facciamo appello alla paternità di Dio ed alla maternità di Maria nelle nostre angustie. Quante grazie non si ottengono proprio perché non si fa appello alla paternità di Dio! È questa la chiave che apre il Cielo, è il fondamento della preghiera insegnataci da Gesù Cristo: “Padre nostro che sei nei Cieli”. Quante volte, vedendo intorno a noi un disordine vero, desideriamo eliminarlo non avendone una precisa missione da Dio! Facciamo allora le nostre dichiarazioni, e come frutto ne abbiamo una guerra aspra che non ci dà pace. Lasciamo le responsabilità a chi le ha, e contentiamoci di pregare e sopratutto di migliorare noi stessi. Ogni passo fatto per nostra iniziativa personale produce una dissensione maggiore e ci cagiona spesso amarezze inenarrabili e sterili.

Sia dato dunque il bando alla mormorazione, alla maldicenza, alle dissensioni, alle divisioni. Non perdiamo il tempo a protestare con gli uomini, ma parliamo a Dio. Pensiamo che la sua Provvidenza dispone tutto per nostro maggior bene, e che si vincono più battaglie col silenzio della preghiera che con le ire e le maldicenze. Quando si sparano i grandi cannoni che tirano a cento chilometri di distanza, il colpo non è diretto al bersaglio ma al cielo; il proiettile, sparato in linea, affonda nel terreno e non colpisce, dall’alto invece compie una parabola e va a segno. Cadano dall’alto i nostri desideri di restaurazione e di riforma, vadano a Dio i nostri sospiri angosciosi, e da Lui ricadano in terra; così non si producono le inutili e disastrose dissensioni che gettano lo scompiglio nell’armonia delle singole istituzioni della Chiesa.

La mormorazione è acqua che straripa e trascina tutto in rovina, la preghiera è acqua che svapora nel cielo e che ricade dolcemente come pioggia salutare. La mormorazione è fuoco d’incendio che non riscalda ma consuma, la preghiera è calore di sole che scende dall’alto e disgela anche i monti agghiacciati. Siamo più fedeli alla preghiera in ogni necessità ed in ogni angustia della vita e saremo nella Chiesa elementi di pace, di fecondità e di ordine.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro 2 delle Cronache)

CONSIGLI DI DON DOLINDO RUOTOLO AD UN’ANIMA CHE COMINCIA A CAMMINARE PER LA VIA DELLA SANTITÀ: “La pietà superficiale è tutta impregnata di soddisfazioni e di dolcezze; la pietà vera è tutta cosparsa di spine e di tenebre”

CONSIGLI AD UN’ANIMA CHE COMINCIA A CAMMINARE PER LA VIA DELLA PERFEZIONE:

“Se ci volessimo offrire a Dio come vorremmo, non ci offriremmo mai”

La nostra miseria non deve mai allontanarci dalla più completa ed illimitata fiducia in Dio. Il più bell’atto di amore vero a Dio, è il riconoscimento di tutto l’ammasso di putredine che è in noi. Perché gemere nella miseria, quasi che essa ci meravigliasse, e non piuttosto pigliarne occasione per essere tutti di Dio nell’umiltà? Se siete tiepida dite a Gesù: «Signore, ecco quello che ti sa dare questo cuore, e tu abbracciami nella tua misericordia e nel tuo amore ed abbi pietà di me!». Amore! È la prima grazia che nasce da questo sentimento di umiltà e di annientamento, e noi possiamo domandarla a Dio anche pretendendola. E sì, perché che cosa sarebbe questo amore senza il soffio di quella divina onda di amore che sola può dargli la vita? Dunque è una grazia che Dio ci fa quando noi gli sappiamo offrire il nostro nulla e la nostra miseria! Se ci volessimo offrire a Dio come vorremmo essere, non ci offriremmo mai! Non complicate l’anima in molte cose, o, peggio, in preoccupazioni di spirito; spesso la freddezza, l’indifferenza, la volubilità sono effetti di esagerazioni. Poche cose, e tutte fatte semplicemente. La santa Comunione è la vita del cuore, ed è la fonte di quell’amore vero che non istà tanto nella sensibilità quanto nell’apprezzamento di Dio. Andate dunque a Gesù sicuramente, con fiducia! Gesù vi vuole bene assai e vi desidera. Oh, come è amabile e buono Gesù con noi! Gli faremo il torto di credere che la nostra miseria sia superiore alla sua misericordia? Innanzi alla luce di Gesù voi distinguete meglio i vostri difetti. Fuggite una volta al giorno almeno un piccolo difetto che potete commettere avvertitamente. Questi piccoli difetti sono lacci che paralizzano la vita dell’anima Se non sapete meditare, umiliatevi. Vale più una meditazione fatta sulla propria miseria, che cento meditazioni studiate sui libri. Una esclamazione fatta di cuore a Gesù, vale un volume per Lui che è padre tanto amoroso e buono. Gesù buono vi trasforma nel dolore intimo dell’anima, e vi mette tutta nel suo Cuore, attraendovi a Sé per la prova ed il dolore. Sentendovi nulla innanzi a Lui, siete più agile a volargli nel Cuore. Siate dunque viva in Gesù e morta fuori di Lui. Pregate per i peccatori perché essi ritornino a Gesu, farete così un bello apostolato nascosto. Desiderate assai di amare Dio, ma non desiderate le gioie sensibili di questo amore. L’amore puro e desolato è il più accetto al Cuore di Gesù ed il più meritorio per voi. Siate tranquilla e in pace, riposando sul Cuore infinito del Re della pace. Amen. (…)

È nel sonno che l’organismo si rifà tutto a nuovo… ed è nella oscurità fitta dello spirito che in noi resta annullata la natura, e resta fortificata la grazia! (…)

Io so più di voi, figlia mia, perché ho esperimentato di più, e vi posso dire che mai ho avuto tanta ragione di ringraziare Dio di avermi legato alla Chiesa come quando sono stato percosso e annientato dalla Chiesa stessa! E sì, perché la Chiesa è sempre la fonte pura della verità, e chi sta con la Chiesa sta con Gesù che disse: «Io sono la via, la verità e la vita». Amate assai la Chiesa, e se vedeste tutti i suoi membri, anche porporati, traviare, ricordatevi che Gesù non travia, e che Gesù è l’unica ragione sufficiente del nostro amore alla Chiesa! (…)

Sono un istrumento semplice e nullo, che dalle opere di Dio piglia occasione di glorificarlo, sono una povera lente che a volte concentra i suoi raggi e pare un sole… in realtà è sempre un poco di vetro. Così in tutto rimane glorificato Dio solo, perché nessuno si glori di sé. Questa è la più grande attività che possa avere una creatura: diventare tanto inutile, tanto povera, tanto stolta, tanto meschina, da rendersi capace di essere sostituita dalla bontà di Dio. (…)

Gesù non può farci grazia maggiore che quando ci opprime nell’intimo dell’anima, perché è allora che il nostro piccolo io si schiaccia e svanisce in una amarezza che è salutare e che è sempre il principio di un passo novello nel compimento della sua santissima volontà… Oh!, veramente, questo poco di desolazione che mi opprime è nulla in confronto alla miseria mia. Gesù dovrebbe amareggiarmi assai di più per stampare nel mio rozzo cuore un bacio più caldo di amore e di carità! (…)

La vera vita dello spirito non è quella che sognano tante divote… è assai più profonda e misteriosa; non è un succedersi di esperienze dolci e soavi, ma piuttosto un alternarsi di tenebre, di incertezze, di umiliazioni, miste a quel senso di pace che lascia sempre nel cuore lo spirito di Dio! La pietà superficiale è tutta impregnata, dirò, di soddisfazioni e di dolcezze; la pietà vera è tutta cosparsa di spine e di tenebre. Sono spine dolci perché rappresentano lo storzo della meschinità della creatura a raggiungere il suo Creatore. Siate perciò benedetta, cara figlia, in questa novella via nella quale siete entrata senza accorgervene; abbiate un abbandono filiale e totale nelle mani di Dio, affidatevi alla sua grande misericordia e ditegli spesso: «Gesu mio, fa’ di me quello che vuoi». (…)

E venendo allo stato del vostro spirito vi dirò che voi vi sentite di andare indietro non perché sia realmente così, ma perché riflettete di più sulle miserie del vostro cuore. A misura che la luce di Dio si irradia, il cuore scopre i suoi nei, come il pulviscolo atmosferico si scopre quando nella stanza penetra il raggio di sole. A me reca conforto il sapere che voi vi sentiate sempre più piccola e miserabile, perché questo è il vero segno della presenza di Dio e dell’azione sua in un’anima. Non vi scoraggiate mai, quando vi sentite irritata, punta, impaziente, stizzosa, umiliatevi e frenatevi. Non date mai sfogo all’ira, e se qualche momento scattate, sappiate depositare nel Cuore di Gesù la vostra miseria, sappiate abbandonarvi da figlia nelle braccia della sua misericordia e bontà! (…)

Alle tenebre del mio spirito si è unita una forte tensione nervosa; ho un povero mio fratello che soffre di nervi e che spesso si agita e si adira; pregai Gesù che passasse in me quegli urti, e mi ha esaudito. Provo col fatto che i nervosi debbono soffrire assai, ma veggo che i nervi sono una fonte preziosa di umiltà. Come si sente profondamente il proprio nulla quando ogni cosa ci urta e quando bisogna mantenersi sempre vigilanti per non cadere in irruenze di carattere! In questo stato di nervi verrebbe la voglia di piangere e nella irrequietezza del carattere il cuore si accosta di più a Dio senza accorgersene. (…)

-Raramente nel fervore glorifichiamo Dio, apprezzandolo-

Coraggio, buona figlia! Io non vi parlo per dire parole, ma perché sento profondamente quello che vi dico: Non è il fervore che vi rende apostola, non è la soddisfazione di vedervi più buona; no! È l’umiltà e l’aridità dello spirito! ln questa aridità voi dovete stare innanzi a Gesù pregandolo solo per la sua gloria: «Oh! Gesù caro, glorifica il tuo nome, venga il tuo regno in tutto il mondo»…Voi mi direte che il vostro cuore è freddo proprio per questa gloria di Dio, ed io vi rispondo che voi con la ragione arrivate certamente a capire che Dio solo è tutto e che a Lui solo si deve onore e gloria! Basta la ragione per farci desiderare solo la gloria di Dio, per farcela apprezzare; poco conta se il nostro cuore rimane arido, freddo e senza fervore alcuno. Non è il fervore sensibile la via per glorificare Dio; il fervore può dare a noi la soddisfazione di noi stessi, può farci sentire con Dio, ma vi assicuro che raramente noi nel fervore glorifichiamo Dio, apprezzandolo! Il più delle volte sentiamo appagamento vanitoso di quel poco di fervore e ci smarriamo nel nostro egoismo! Desideriamo solo la gloria di Dio, vi ripeto, e non pensiamo ai nostri interessi, fossero pure spirituali. È tempo ormai di prestare a Dio l’omaggio completo del nostro povero cuore, ed io desidero che voi entriate in questo novello ordine di vedute spirituali che veramente vi trasformeranno e vi faranno intimamente familiare con Dio. Dunque, quando vi vedrete povera, meschina, irritata e piena di stizza, dite a Gesù: «Caro Gesù, queste sono le gemme che sa produrre la mia vita; ma io non desidero che la tua gloria!». È così che l’anima in Dio vive davvero e senza miserie reali di spirito! (…)

Non temete, non temete, il Signore non vi abbandona mai, e nella sua bontà utilizza tutte le vostre afflizioni per la sua gloria. Alle volte noi crediamo di essere oziosi; ma non è vero! Siamo più attivi quando siamo crocifissi insieme con Gesù, quando insieme con Lui agonizziamo nel Getsemani! Le vie della Divina Provvidenza sono tante, e tutti gli sforzi della nostra povera attività sono un nulla di fronte ad un solo dolore sofferto con pazienza e con piena rassegnazione.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Epistolario 1, lettere a Laura de Rosis”)

CHI SI SCANDALIZZA DEL MALE CHE VEDE NELLA CHIESA DIMOSTRA DI NON CONOSCERE LE VERE VIE DI DIO E RISCHIA DI PERDERE LA FEDE: “Invece di lamentarci della Chiesa, diventiamo noi il suo decoro con la nostra santità” DON DOLINDO RUOTOLO

Stringiamoci alla Chiesa Cattolica, Apostolica Romana e non ci scandalizziamo se vediamo in lei le spine, la paglia, i bruchi; sono proprio questi i contrassegni di un fiore vivo, che ha radici viventi e che prospera nella terra. Le miserie della Chiesa non sono la sua vita, ma la sua dolorosa passione. Se Gesù Cristo si diede in mano ai peccatori, ed apparve come il rifuto di tutti, quale difficoltà che il suo corpo mistico sia anch’esso piagato, coperto di sputi, coronato di spine e crocifisso? La passione non tolse a Gesù la sua santità, la sua maestà, la sua bontà; sotto quella spoglia mortale insanguinata vi era il Verbo di Dio.

Nello stesso modo le miserie degli uomini che piagano la Chiesa, non tolgono nulla alla sua santità ed alla sua bellezza. Ora cresce il grano insieme con la zizzania, e nella stessa rete si raccolgono i pesci buoni e quelli cattivi; ma poi verrà l’ora della messe finale, la paglia sarà bruciata ed il pesce cattivo sarà gettato via; allora apparirà la Chiesa in tutta la sua meravigliosa bellezza. L’oro non cessa di essere oro sol perché è mescolato con la scoria; quando si getta nel crogiuolo, allora la scoria si divide dalla lucida massa ed è gettata nel posto dei poveri rifiuti. Invece di lamentarci della Chiesa, diventiamo noi il suo decoro con la nostra santità, e rendiamoci degni di contemplarne l’ineffabile bellezza nel Cielo. (…)

I Santi di fronte alle lotte ed alle opposizioni non hanno atteggiamenti di rivolta, ma rinnovano la loro professione di fede, come fecero i figli di Ruben, di Gad e di Manasse: “Il fortissimo Dio Signore, il fortissimo Dio Signore, Egli lo sa”. Non si affidano all’umana testimonianza ma a Dio, non si ribellano alla Chiesa, ma si rimettono al suo giudizio dicendo: “Anche Israele lo comprenderà”. Manifestano semplicemente quello che Dio compie in loro e non presumono di formare una Chiesa distinta, ma attendono con profonda riverenza quello che decide l’autorità.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro di Giosuè)

Nella via della fede, della speranza e dell’amore uno dei cimenti più gravi al quale noi siamo esposti è questo: la Chiesa Cattolica è santa; lo ripetiamo tutti i giorni nella nostra professione di fede; intanto, osservando quelli che ne fanno parte, noi constatiamo una cosa tanto diversa, poiché vediamo spesso in loro colpe e miserie gravi; le vediamo nei nostri tempi e nei periodi passati della storia. Eppure se noi negassimo alla Chiesa la nota della santità, avremmo già fatto naufragio nella fede. (…)

Noi vediamo la Chiesa prima della messe finale e crediamo che sia formata da ogni foglia ingiallita, da ogni frutto marcito, ma non è così, il suo cammino attraverso i secoli non è che un lavoro di purificazione e di cernita, ed in mezzo ai cattivi, in mezzo agli scandali stessi, Essa è santa nel suo nucleo vitale, in quegli eletti che la mano di Dio sceglie, e che permette siano mescolati ai cattivi perché la loro fedeltà sia più bella, e sia provata nel fuoco come l’oro. (…)

Ora il Signore manifesta quelle anime che sono fecondate da Lui, quei germogli veri piantati dalla sua mano attraverso le tribolazioni, le prove e gli scandali stessi del mondo. Sotto la raffica inaridiscono le piante selvatiche, come l’erba dei tetti, e si fortificano le piante feconde. Le anime buone, nella convivenza con le cattive, sono come potate di ogni germoglio naturale; è una Provvidenza ammirabile di Dio. La vera carità soprannaturale per esempio nasce dalla compagnia degli esseri insopportabili; allora si guarda Dio solo, allora si sfrondano le sensibilità dell’affetto umano, allora si compiono atti nascosti di eroismo vero che Dio solo vede.

La vera umiltà non è un atteggiamento più o meno untuoso, una protesta verbale d’indegnità, ma è una ferma convinzione del proprio nulla in mezzo alle miserie ed alle umiliazioni che fanno cadere la pompa dell’orgogliosa natura. La vera fede e la vera pietà germina fra le oscurità ed in mezzo alle assordanti voci della stolta miscredenza. Allora si vede se l’anima è veramente fecondata da Dio, se è fedele oppure no. Per questo chi si scandalizza del male che vede nella Chiesa mostra di non conoscere le vere vie di Dio. Il Signore non vuole e non approva quel male; ma dato che l’umana malignità lo produce, Egli se ne serve per il bene dei suoi eletti. (…)

Dato che la malizia umana mescola nella Chiesa di Dio il male col bene, il Signore lo permette e lo tollera affinché le anime si addestrino al combattimento. È in mezzo alle ostilità che l’apologia cristiana si sviluppa; è in mezzo alle persecuzioni che si forma lo spirito eroico dei Martiri, è in mezzo agli scandali che l’anima combatte col male, lo scova nella sua piega più nascosta, e lo elimina. II Signore permette che vi sia il male, per non violentare la nostra libertà, e lo utilizza per provare la fedeltà del suo gregge. Quando il male prende il sopravvento e invade la parte eletta del suo ovile, Egli con i castighi richiama i suoi fedeli nella retta via. Per questo, quando gli Ebrei non vissero soltanto in mezzo ai Cananei ma sposarono le loro figlie e diedero loro come mogli le proprie figliuole, quando fecero il male ed adorarono gl’idoli, il Signore si adirò e li diede nelle mani dei nemici.

Così Egli fa anche nella Chiesa; nei momenti di rilassamento la flagella, ed in mezzo alle tribolazioni suscita in lei quelli che la difendono; il flagello scuote il torpore degl’ignavi, i Santi riconducono i traviati all’ovile. È tutta una Provvidenza ammirabile della quale noi appena appena riusciamo a scorgere qualche barlume. La Chiesa rimane sempre quale l’ha fatta il suo Sposo divino, Una, Santa, Cattolica, Apostolica. A volte le annate del suo campo sono più scarse, a volte sono più abbondanti, ma il suo raccolto è sempre puro e santo, perché attraverso le lotte e le prove, Essa è crivellata, e cade da lei il rifiuto perché rimanga solo il buon grano. Il Salvatore divino, il vero Giudice dei vivi e dei morti, è sempre pronto a soccorrerla nelle sue maggiori necessità, come sorgevano i Giudici per aiutare Israele. Egli allora si leva sulla nave pericolante, comanda ai venti ed alle tempeste, e si fa subito una grande tranquillità.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro dei Giudici)

LA MORMORAZIONE CONTRO I SUPERIORI E IL PAPA È UN GRAN MALE – COME AGISCE LA CHIESA QUANDO C’È IL RISCHIO DI UNO SCISMA?: “Chi si ribella all’autorità della Chiesa dimostra di non aver avuta nessuna missione dal Signore e di essere un’anima falsa.” RIBELLARSI ALLA CHIESA È MATRICIDIO – COMMENTO MOLTO ATTUALE E IMPORTANTE DI DON DOLINDO RUOTOLO!

Anche nella Chiesa, nei momenti più difficili della sua vita, il Signore suscita provvidenzialmente alcune anime che ricevono da Lui direttamente una missione. Sono casi piuttosto rari; su settanta anziani (i 70 d’Israele), anzi può dirsi su tutto il popolo, due soltanto furono ripieni dello Spirito Santo da Dio stesso. Queste anime, a cui il Signore affida una missione straordinaria, non possono essere giudicate con le leggi comuni, appunto perché costituiscono un’eccezione. Dio ha con loro una speciale provvidenza, ma non le sottrae per nulla all’autorità della Chiesa; chi si ribella a questa, per ciò stesso dimostra di non aver avuta nessuna missione dal Signore e di essere un’anima falsa.

In fondo Mosè, non impedendo a quei due di profetare, indirettamente li autorizzava a farlo. Lutero che s’inalberò contro la Chiesa non aveva un mandato da Dio, e perciò non profetò, ma dolorosamente bestemmiò. I protestanti perciò errano supponendo che Lutero avesse avuta la missione di riformare la Chiesa. Dio non chiama nessuno a compiere tale riforma, ma quando vuol farlo, suscita in Essa i capi provvidenziali che compiono la sua volontà.

Dio suscita direttamente nella Chiesa solo le anime che gemendo ed immolandosi, nell’ umiltà e nell’obbedienza, gettano in Lei il fermento santo di una vita novella, o vivificano in Lei gli occulti germi della sua feconda ricchezza. Queste anime, anche quando sono perseguitate e contraddette, non si ribellano, ma profetano con l’umiltà, con il dolore, con l’esempio, con le preghiere, e portano su di loro la Croce che è il segnale più bello dello Spirito di Dio. (…)

Non bisogna illudersi; i superiori rappresentano Dio, ed è un grave affronto fatto al Signore il mormorare contro di loro. Noi oggi non ci vediamo colpiti evidentemente dai divini castighi quando mormoriamo contro i superiori, ma questo non significa che Dio non se ne offenda. Nell’antica legge, com’era esterna e legale la santità, così erano più manifesti i castighi contro le prevaricazioni; nella nuova legge la santità è interiore ed il castigo è il più delle volte interiore, non si vede, ma non è meno vero e grave.

L’anima ribelle diventa lebbrosa; Dio si ritira da lei e ritira le sue grazie, come si ritirò dalla nube e ritirò la stessa nube dal Tabernacolo. L’anima senza obbedienza è corrosa dalle sue miserie come da una lebbra, e non guarisce che dopo essersi umiliata dinanzi a chi le rappresenta il Signore. È terribile il pensare che Dio sputi in faccia all’anima che non si sottomette all’autorità, e ne mormora, riguardandosi come sua eguale.

Così fanno i poveri protestanti che riguardano il Papa come uno di loro, e dicono spavaldamente: “Forse Dio parla solo al Papa ? Non ha parlato anche a noi?”
Abbiamo nella Santa Scrittura due che profetano, Eldad e Medad, ma non presumono di fare a meno di Mosè, e Dio rimane con loro; abbiamo due, Maria e Aronne, che protestano contro la supremazia di Mosè, e sono sputati in faccia da Dio. La frase apparisce dura, senza dubbio, ma l’ha detta Dio stesso: la povera chiesa protestante è sputata in faccia da Dio, perché rifiuta l’autorità e la supremazia del Papa.

Nelle stesse condizioni si trovano pure le chiese scismatiche che presumono di fare a meno dell’autorità del Papa. È vano illudersi, è vano appellarsi alle proprie ispirazioni, come faceva Maria (sorella di Mosè) quando mormorava; bisogna sottomettersi. Dio non parla che dal Tabernacolo vivo della Chiesa Cattolica, e dalla nube dove discende, che è solo il Papa. II Papa è l’uomo di fiducia nella casa di Dio, perché è il Vicario di Gesù Cristo; il Papa ha il sacro deposito della divina rivelazione ed è illuminato infallibilmente da Dio.

Non c’è cosa più sublime della sua infallibilità, in tutto ciò che riguarda la Fede ed i costumi; in questo “Egli solo vede Dio faccia a faccia, cioè come è”; lo vede nelle Sue sembianze, cioè come si rivela, senza enigmi e senza figure. Nessuno ardisca dunque di sparlare di questo servo di Dio, che gli è caro come la pupilla degli occhi! Lo sdegno divino cade sugli individui, sulle famiglie, sulle nazioni che sparlano del Papa, e Dio si ritira lasciandole nella desolazione della lebbra intellettuale e morale che le deturpa e le avvilisce. (…)

Quando l’uomo è preso dall’ambizione e vuole elevarsi, rinnova la triste ribellione degli Angeli caduti, e dalla sua altezza precipita nell’abisso. È questo il fondo di tutte le sedizioni che hanno desolata la Chiesa nel corso dei secoli, e principalmente della sedizione protestante. Come Core (cugino di Mosè) desiderava il comando e voleva compiere un ufficio che non gli spettava, così si sono levati nel suo seno uomini ambiziosi che hanno rinnegato l’autorità del Papa, che hanno preteso di avere essi una missione, che hanno lusingata l’ambizione altrui, ed hanno rinnegato le verità fondamentali della Fede, formando una falsa Chiesa e cagionando in tal modo la perdizione di tante anime. Come Core s’inalberò in un momento nel quale il popolo d’Israele era decaduto dal suo primitivo fervore, così nella Chiesa di Dio le rivolte sono frutto del decadimento della vita cristiana, sono come il verminare di una piaga purulenta. Lutero alzò il suo vessillo di rivolta in uno di questi momenti e dalla pretesa di predicare le Indulgenze passò a quella di riformare la Chiesa, ribellandosi al suo capo legittimo e sostituendosi a lui. Quando le grazie sono poche nella Chiesa, per l’impedimento che vi pone la rilassata vita dei Sacerdoti e dei fedeli, le insidie diaboliche sono molte, l’ovile santo è indifeso per il sonno dei suoi pastori, ed il male dilaga facilmente come un malanno. Dio però veglia sulla sua Chiesa e la sorregge anche nei momenti più tristi, e la potenza infernale non può giammai prevalere contro di essa. (…)

Noi vediamo le cose dal nostro limitato orizzonte e non sappiamo valutare i disegni di Dio. Egli ha formata nel mondo una meraviglia stupenda, la Chiesa Cattolica, peregrinante e militante; è una milizia singolare questa, il cui vessillo è la Croce, e la cui forza è l’immolazione ed il dolore. La Chiesa è come agnella fra i lupi, è indifesa, benché assalita fieramente da tutte le potenze dell’inferno. L’unica sua difesa e l’unica sua forza è Dio che le dona la resistenza a tutti gli assalti ; è proprio questa resistenza, storicamente provata, che ha lasciato tante volte pensosi e perplessi i suoi nemici.

Il carattere soprannaturale, evidentissimo, della forza della Chiesa e della divina assistenza che la tutela, è una delle più grandi testimonianze dell’infinita realtà divina. La Chiesa non ha che armi spirituali; quando è assalita, a somiglianza di Mosè, si getta con la faccia per terra e prega, rifugiandosi nel Santuario presso la divina Arca Eucaristica; quando è minacciata nella sua unità, fa appello a Dio, e fulmina le sue pene spirituali contro i sediziosi che intaccano la sua Fede e la sua autorità. Le sue pene spirituali sono una tremenda potenza, che Dio stesso conferma e sanziona. Mosè, vedendo che si voleva intaccare l’unità d’Israele creando un’altra autorità e cagionando per necessità uno scisma, ricorse all’unica forza che aveva, alla potenza della sua autorità, e domandò che i dissidenti sediziosi fossero inghiottiti dalla terra.

Così fa la Chiesa nei momenti nei quali è in pericolo la sua mirabile unità, solo così ha resistito all’urto dei secoli ed è ancora rigogliosa per la sua perenne giovinezza. L’uomo non sa intendere questa potenza tutta spirituale che si leva gigante nelle tempeste e negli uragani; egli è capace solo d’intimorirsi delle armi. Era dunque necessario alla vita stessa della Chiesa il formare gradatamente nell’umana coscienza la persuasione di una potenza spirituale più formidabile di un esercito schierato. Chi ardisce toccare il pesce torpedine, quando sa che da quel corpo si scarica una potente corrente elettrica che può produrre un danno? Dio vuol dimostrare che la sua Chiesa è capace di ricacciare da sè le insidie e le sedizioni facendo sperimentare la potenza della vitale corrente ch’Essa possiede. È logico quindi che in mezzo al popolo ebreo, immagine e figura della Chiesa, Egli manifesti in modo sensibile questa potenza, che non fa capo alle armi ma a Lui, e che pure è capace di travolgere ogni insidia.

(Don Dolindo Ruotolo, dal commento al libro dei Numeri)

LA NOVITÀ NELLA LITURGIA E LE ANIME SCANDALIZZATE

Quando la Chiesa apre le fonti delle sue ineffabili ricchezze, non siamo così meschini e gretti di cuore da scandalizzarci o da porre ostacolo alle sue materne sollecitudini. La Chiesa è eminentemente conservatrice, perchè è completa nella sua compagine ed è perfetta nella sua costituzione, ma alcuni scambiano la propria mania di non volere novità con l’immobile saldezza della Chiesa, e si ostinano a conservare anche quello che fu manomesso dall’incoscienza degli uomini, e che la Chiesa ridona al suo primitivo splendore.

Dimenticano queste anime grette, piovre pericolose della vita spirituale, che la Chiesa è perenne freschezza di vita, e può avere anche nel suo seno quello che Essa stessa nell’orazione del martedì santo chiama “la santa novità”.

Quando il Papa parla, i fedeli non debbono fare altro che obbedire, perchè il Papa ha in custodia le fonti della Chiesa, ed il Papa sa come deve distribuirle secondo l’opportunità dei tempi.

Alcuni, per esempio, si scandalizzano delle preghiere liturgiche tradotte in italiano o dei canti italiani fatte nelle Chiese, appellandosi alla tradizione antica. Essi dimenticano queste severe parole di San Paolo, che da sole basterebbero a disingannarli:

“Se io faccio orazione in una lingua (sconosciuta a me), il mio spirito prega, (perchè è unito a Dio), ma la mia mente rimane priva di frutto. Che farò dunque? Pregherò con lo spirito e pregherò con la mente, salmeggerò con lo spirito e salmeggerò con la mente. Se tu invero renderai grazie (cioè pregherai) con lo spirito, quegli che sta al posto dell’idiota come risponderà amen al tuo rendimento di grazie, mentre non intende quello che tu dici? Tu per certo fai il tuo rendimento di grazie, ma l’altro non è edificato. Rendo grazie al mio Dio che io parlo le lingue che parlate tutti voi, poichè nella Chiesa io amo dire piuttosto cinque parole in modo da essere compreso, per istruire anche gli altri, che diecimila parole in altra lingua. Fratelli, non siate fanciulli nell’intelligenza. (I Corint. XIV, 14-20).

Sì, non siamo fanciulli nell’intelligenza e non presumiamo di saperne più del Papa, nè pretendiamo di monopolizzare le nostre idee, perchè la Chiesa non ha monopoli. Così quando Pio X riformò il canto gregoriano, ci furono quelli che pretesero conservare i loro libroni corali, ripieni di strafalcioni, perchè credevano conservare l’antico, mentre custodivano solo ciò che era stato corrotto.

Allorchè Pio X invitò i fanciulli ad andare a Gesù, ci furono quelli ai quali l’età di sette anni, ed anche meno, stabilita dal Papa, sembrò prematura e mormorarono.

Quando il Papa vuole aprire il pozzo delle ricchezze della Chiesa, non siamo così stolti da appellarci agli usi comuni, come fecero i pastori che parlavano con Giacobbe, ma conduciamo le greggi alla fonte perché si dissetino.

(Dal commento alla Genesi del Sacerdote Dolindo Ruotolo)

RIBELLARSI ALLA CHIESA È MATRICIDIO:

La Chiesa cominciava a dare i primi passi nel mondo. Fondata sugli Apostoli, raccolta nella preghiera, sotto la protezione materna di Maria SS., guidata e retta da S. Pietro nell’unità della carità, in attesa dello Spirito Santo, che doveva vivificarla soprannaturalmente santificandola, e doveva diffonderla in tutto il mondo, i suoi caratteri erano già ben definiti e determinati.

Le sette che dolorosamente sarebbero sorte nei tempi futuri con la presunzione di riformarla, si sarebbero fondate non su Pietro e sugli Apostoli, ma su poveri traviati dalla verità e dalla disciplina, che avrebbero rifiutato il materno e dolcissimo appoggio di Maria SS., e sarebbero state fonte e fomite di dissensioni e di rovine.

Leghiamoci perciò con vivo amore alla unità della Chiesa, anche se per la miseria e la cattiveria degli uomini che ne fanno parte ciò dovesse costarci sacrificio. È una forma di martirio che è carissima e graditissima a Dio, il quale avrà cura nella sua carità infinita di farci giustizia.

Morire anche nell’obbrobrio, anche come malfattori, per l’unità e la disciplina della Chiesa, ecco la più grande abnegazione di un’anima cristiana e sacerdotale, posta alle strette dall’ingiustizia e dalla miseria umana.

Ribellarsi sarebbe un matricidio, perché la rivolta non colpisce gli uomini ma la Chiesa, e sarebbe anche un suicidio, perché la ribellione dividerebbe l’anima non dai mestatori ma dalla Chiesa. Che cosa importa la misera vita, la gloria od anche semplicemente la buona riputazione di uno o di pochi di fronte all’interesse della vita della Chiesa?

Difendersi è un diritto e può essere anche un dovere quando la propria difesa implica la difesa della gloria di Dio; ma quando non è possibile la difensiva senza l’offensiva contro i supremi poteri della Chiesa, chi l’ama veramente, per amore di Gesù Cristo che l’ha fondata e l’ha resa intangibile, si raccoglie nel silenzio, si umilia, prega e rimette al Signore la propria causa, che diventa allora causa di gloria divina.

Allontanarsi da questa linea di condotta significa agire da stolti, poiché significa compromettere la salute del corpo per salvaguardare quella di un membro. La rovina del corpo porta anche quella del povero membro offeso.

Per un patereccio punirai il cuore colpendolo? Per una infezione di pelle avvelenerai tutto il sangue? E quale salute puoi sperare da un cuore spezzato o da un sangue avvelenato? La nostra figura storica è un atomo fuggente, che rimane seppellita dall’oblio, mentre la figura della Chiesa è una perennità di sempre freschissima vita. Or tu che farai? Disseccherai l’albero per conservare la piccola pianta che vive nelle sue radici, e che da una stagione all’altra si dissecca e non lascia traccia di sé?

O poveri cuori ulcerati dall’ingiustizia, posti al cimento della malignità umana, sollevatevi al di sopra di essa e vincetela col vostro sacrificio e la vostra immolazione. Qui sta l’eroismo, qui sta la grandezza vera d’un vero e profondo amore alla Chiesa Cattolica.

Chi sente diversamente ha la sorte di Giuda traditore: compra il “campo del vasaio” e lo muta in “akeldamà”, poiché il prezzo della gloria della sua povera argilla diventa prezzo del sangue della vita della Chiesa; “acquista, si, un campo con la mercede della sua iniquità”, un campo ristretto di misera soddisfazione e di più misera vendetta, ma si “appicca” con le sue mani e “crepa nel mezzo, spargendo tutte le sue viscere”, perché rovina se stesso e cade negli orrori della morte interiore e nel disordine dei sensi.

Noi siamo nella vita mortale come in una continua attesa dello Spirito Santo, perché non possiamo vivere ed operare soprannaturalmente senza la grazia del Signore; perseveriamo perciò concordi nell’orazione unendoci alle preghiere della Chiesa, a quelle delle anime sante ed a quella della SS. Vergine Maria, dalla cui materna mediazione possiamo aspettarci gli aiuti particolari dei quali abbiamo bisogno.

Persuadiamoci che tutte le nostre iniziative e la nostra scienza non valgono nulla, e che solo per lo Spirito Santo possiamo essere rivestiti di soprannaturale vigore dall’alto.

Ogni giorno perciò tendiamo le mani allo Spirito Santo, e come piante intristite dalla siccità, imploriamo da Lui la rugiada della grazia che ci faccia rifiorire e ci faccia portare frutti abbondanti.

(Dal commento agli Atti degli Apostoli del Sacerdote Dolindo Ruotolo)

Ascoltiamo don Dolindo Ruotolo:

“La Chiesa è guidata dalla Provvidenza di Dio.
Gli scandali dei membri della Chiesa sono un segno della sua vita, poiché le malattie non colpiscono le statue o le figure dipinte, ma gli esseri vivi. Nella sua anima la Chiesa è invece immacolata, santa, senza macchie e senza rughe.

Le sette che sono un corpo senza vita, hanno spesso un volto incipriato e dipinto, si gloriano della loro apparenza, ma vanamente. Un fiore soverchiamente manierato e simmetrico, è un fiore artificiale, senza profumo e senza vita, mentre quasi sempre il fiore sbocciato da una pianta viva, ha qualche petalo che cade, o qualche foglia intristita dal gelo. La Chiesa non è una vetrina di fiori artificiali, belli solo in apparenza; è un giardino fecondo dove cresce il germe cattivo con quello buono, fino alla raccolta e alla mietitura.

Non ci scandalizziamo dunque quando veniamo a conoscenza di Sacerdoti cattivi o di membra guaste della Chiesa, piuttosto pensiamo noi a consolarla nei suoi dolori con la nostra virtù.

La Chiesa in mezzo alle sue pene dà a Dio le anime privilegiate, formate esse pure dall’angustia e dal dolore; fioriscono in Lei per la lotta fra il bene ed il male gli atti più vivi di amore, le riparazioni, l’apostolato, la virtù. Germinano in Lei i gigli candidi della purezza, i fiori vermigli del martirio, e le gemme profumate della carità in mezzo all’uragano che vorrebbe sradicare da Lei ogni vita, come germinarono dal Corpo piagato del suo Redentore i fiori dell’amore, della riparazione e della vita che salvò il mondo.

Persuadiamoci che la Chiesa è guidata da una specialissima Provvidenza di Dio, e che ogni male in Lei è utilizzato come concime delle piante buone. Essa è tutto un ricamo ammirabile della grazia, dove, proprio come nel ricamo; ci sono anche dei vuoti, che fanno risaltare la bellezza dell’insieme. Giudicarla a modo umano, significa non intendere nulla della sua divina costituzione, significa smarrirsi nelle conclusioni più stolte e più menzognere.”

(Don Dolindo Ruotolo)

“Non si rinnova il popolo cristiano con le rivoluzioni, con le ribellioni, con i sogni del proprio cervello, ma lo si rinnova, come hanno fatto i Santi, con la vita perfetta, con l’obbedienza cieca, col dolore e con l’immolazione”

Molte anime nella Chiesa sono state elette dal Signore per compiere un’opera santa di rinnovazione nel popolo cristiano, e sopraffatte dal loro orgoglio e dalla loro ambizione, sono diventate pietra di scandalo e causa di litigio e di dissensione. Chi veramente vuole cooperare al bene dei fedeli, deve essere pieno di vera santità e sopratutto pieno di sottomissione alle Autorità costituite da Dio nella Chiesa. (…)

Non si rinnova il popolo cristiano con le rivoluzioni, con le ribellioni, con i sogni del proprio cervello, ma lo si rinnova, come hanno fatto i Santi, con la vita perfetta, con l’obbedienza cieca, col dolore e con l’immolazione. Un movimento di rinascita e di riforma quando non fa capo all’autorità, diventa una congestione nell’organismo della Chiesa, e non può produrre altro che l’infiammazione, il tumore purulento e la paralisi in una parte del popolo cristiano. Il sangue non può rinnovare l’organismo se non passa per il cuore e per i polmoni, se non pulsa nel cuore e non depone le tossine che lo infettano.

I movimenti arbitrari nella Chiesa sono afflussi di sangue disordinati al cervello, che producono solo la trombosi cerebrale e la morte. Il protestantesimo che pretese e pretende rinnovare la vita della Chiesa senza passare per il Papa che ne è il cuore vivo e pulsante, non rinnova e non ha rinnovato nulla; ha reso solo anchilosate le membra del corpo mistico del Redentore e le ha private della Circolazione del Sangue divino.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al Terzo libro dei Re)

COME RICONOSCERE UN VERO UOMO DI DIO DA UNO FALSO?

“Intorno alle anime false si forma sempre un’atmosfera di ribellione alla Chiesa”

I Santi e le Sante vere hanno altro carattere, per la carità sono sepolti nel loro nulla, sono a contatto con poche anime, e vivono nel caldo e vivifico seno della Chiesa. Intorno alle anime false si forma sempre un’atmosfera di ribellione alla Chiesa, perché il fanatismo è sempre ostinato ed orgoglioso fino al delirio. I Santi veri sono nascosti, disprezzati, umiliati, confusi con la massa del popolo, rifuggono da ogni ostentazione, non osano consigliare, non osano parlare, e compiono gemendo la missione che loro dà il Signore.

Elia disse agli uomini che venivano a catturarlo: “Se io sono uomo di Dio, discenda il fuoco dal cielo e vi divori”. Ecco il segno di un vero Sacerdote di Dio: il fuoco che discende dal cielo, che divora nelle anime il male e le iniquità. Quando il Sacerdote non brucia intorno a sè il male che viene a catturarlo, le passioni delle creature lo assalgono per catturarne l’amore nei lacci dell’inganno, allora non è uomo di Dio, è già caduto prigioniero; deve tremare e deve ritornare a Dio spezzando col fuoco del pentimento e della penitenza i lacci di morte che lo avvincono.

Un predicatore non è uomo di Dio se alle sue parole non discende dall’alto il fuoco divino che incenerisce nelle anime le illusioni dell’idolatria della ragione e dei sensi. Un pastore di anime non è uomo di Dio se non dà fuoco di azione e di vita alla sua parrocchia od alla sua diocesi. Un cristiano, anche un semplice cristiano, non è uomo di Dio se non diffonde dalla sua vita il fuoco santo di un carattere fermo nella Fede, che incenerisce intorno a sé tutto quello che non è cristiano, senza farsi catturare dalle suggestioni del mondo o dell’empietà. Un’anima consacrata al Signore in un casa religiosa non è di Dio se non manda fuori le fiamme vive di quel purissimo amore dello Sposo divino che incenerisce intorno a lei tutto quello che non è santo e perfetto.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al Quarto libro dei Re)

I PECCATI DELLA CARNE, L’IMPURITÀ E LA LUSSURIA ATTIRANO I FLAGELLI DI DIO: “È un fatto che nessun peccato è colpito più severamente da Dio quanto quello dell’impurità; i più spaventosi flagelli che l’umanità ricorda, sono dovuti a questo peccato, le più gravi angustie della vita hanno questa triste radice. Le calamità del mondo, la rovina di tante città, i terremoti, le pestilenze, le guerre, la fame, hanno origine dall’impurità.” DON DOLINDO RUOTOLO

(Distruzione di Sodoma e Gomorra)

Gli uomini antidiluviani furono colpiti per l’impurità, ma i Sodomiti erano come l’emblema stesso dell’impurità più degradante, perchè contraria alle leggi della vita, e perciò Dio li colpì col fuoco. Il Signore è inesorabile con l’impurità, perché questo è il peccato che più direttamente contrasta il suo Amore. Egli ci ama immensamente e ci ha fatti liberi per avere il nostro amore. L’amore suo vuol riversarsi in noi e l’amor nostro deve rifondersi in Lui. Egli ci lascia liberi, ma è geloso di questo amore perchè è proprio l’amor suo che vuol renderci sommamente felici nella sua eterna felicità.

Ora, che cosa contrasta di più l’amore di Dio quanto l’impurità? Quando il nostro cuore s’infanga, quando si riempie di un amore estraneo al Signore, quando si concentra nelle creature o peggio in se stesso, senza dare adito al Creatore, allora è stretto da ogni parte da tribolazioni, che sono le voci dell’Amore che picchia alle sue porte per entrare. L’amore umano dev’essere dominato da Dio, poiché questo è diritto dell’Eterno Amore. Il Signore ci ha dato la legge della carità, perchè noi lo amassimo nel prossimo, ed ha santificato il Matrimonio rendendolo Sacramento, perchè la funzione dell’amore umano si mutasse in funzione del divino amore.

Egli così non ha menomato la nostra libertà, ma nello stesso tempo ha salvaguardato i diritti del suo amore, che sono imprescrittibili. Egli, può dirsi, ci lascia liberi in tutto e sembra quasi assente da noi, fuorché nell’amore, perchè ci ama e vuole essere amato. L’amore Suo si fa sentire appena è offeso, reagisce, c’insegue, ci percuote, ci ricaccia nelle più tormentose angustie ma non cede. L’impurità lo contrasta in questo amore, ed Egli l’insegue e la combatte fino alla distruzione. Egli è vigilante amore anche quando le creature si uniscono santamente; le tribolazioni della carne, proprie dei coniugi, delle quali parla S. Paolo (I Corint. VII, 28), sono l’amor vigilante di Dio che impedisce il pieno riversarsi di una creatura nell’altra, che le costringe a ricercarlo fuori dei diletti della carne o delle effimere armonie della vita.

Non lo vediamo noi che l’amore troppo vivo ed ardente fra due creature è troncato presto dal Signore, e che persino l’amore materno o paterno troppo concentrato nel figliuolo è spezzato dalla morte? Se Dio fa questo con l’amore benedetto da Lui, che cosa non farà con l’amore che gli é estraneo, o peggio con quello che si concentra in se stesso?

Chi ama illecitamente una creatura nei limiti della legge naturale, conserva ancora un barlume di amore, perchè ama la creatura di Dio, ed in certo modo esce ancora fuori di sè, pur fermandosi sull’umana nullità; ma chi si riversa in se stesso, o ama per se stesso il turpe diletto che lo soddisfa, s’allontana così completamente dall’Amore, che si trova per necessità di fronte ai fulmini dell’Amore contrastato e profanato. Un peccato contro natura non conserva più neppure il più piccolo vestigio di amore, è turpe concentramento in se stesso, è orrore che Dio abomina e colpisce senza misericordia.

È un fatto che nessun peccato è colpito più severamente da Dio quanto quello dell’impurità; i più spaventosi flagelli che l’umanità ricorda, sono dovuti a questo peccato, le più gravi angustie della vita hanno questa triste radice. Le calamità del mondo, la rovina di tante città, i terremoti, le pestilenze, le guerre, la fame, hanno origine dall’impurità. Anche quando sono castighi dell’irreligione e della miscredenza hanno la radice nell’impurità, perchè l’irreligione è l’impurità dello spirito che infallibilmente, presto o tardi, diventa impurità della carne, come l’impurità della carne porta con sè quella dello spirito ed allontana da Dio.

Tu, piccolo verme umano, inutilmente tenti persuaderti che certi peccati sono frutto del tuo istinto o delle tue esigenze fisiologiche, inutilmente neghi Dio e la sua giustizia per essere più libero nelle tue degradazioni. L’Amore Eterno non ti dà tregua, ti insegue, e la lotta fra Lui e l’amore tuo recalcitrante è duello all’ultimo sangue. Egli ti castiga nel corpo e te ne fa sentire il peso, finchè tu non l’abomini e non ricacci da te la carne come oggetto indegno del tuo amore; Egli t’acceca la mente, t’indurisce il cuore, ti priva di ogni grazia, perchè tu nell’angoscia del tuo spirito lo cerchi come refrigerio. Egli a volte ti punisce con la stessa impurità, e permette che tu cada in abissi profondi di abominazione, che ti senta schiavo di abiti inveterati, e ti riconosca un orrore fin che non confessi il tuo male, e non ti emendi, dandoti vinto all’Amore che ti cerca e che solo può purificarti. Le tue vie sono tenebrose e piene di affanni, il tuo cuore è stretto da un torchio, l’anima tua cammina, come lo spirito immondo del quale parla l’Evangelo (Matt. XII, 43), per luoghi aridi, cercando riposo e non lo trova; cerca compagnie più cattive per tentare almeno così di gustificare il suo operato, ma è sempre angustiata finché non cede all’Amore Eterno che la insegue per amore!

Dio non rinunzia alle esigenze del suo amore, è l’unico diritto che vuol conservare pieno su di noi, perchè sa che solo l’amor suo ci sazia. L’affanno col quale l’impurità ci tormenta viene da Lui direttamente, Egli non si affida ad altri per punire l’amore infedele, e come per Sodoma e Gomorra è detto: “Il Signore piovve dal Signore sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco dal cielo”, così per ogni anima il flagello che punisce l’impurità viene direttamente dal Signore. Non fu un’eruzione vulcanica l’inabissamento delle città peccatrici, fu l’impeto dell’Amore contrastato che arse di sdegno; non vengono dalle creature i castighi sugli uomini impuri, vengono da Dio, è “il Signore che piove dal Signore fuoco e zolfo” di angustie e di desolazione su di loro. (…)

Il Signore facendo dire a Lot di salvarsi sulla montagna, di non voltarsi indietro e di non rimanere nel distretto della città peccatrice, c’insegna come dobbiamo salvarci dall’impurità: dobbiamo salire sui monti della contemplazione e dell’amor divino, dobbiamo allontanarci dai luoghi dove può ardere la concupiscenza, dobbiamo fuggire la colpa senza mai guardare ciò che c’indusse al peccato. Chi si converte e poi si volge indietro ritornando nelle occasioni del peccato, volontariamente si espone ad ardere nel fuoco della concupiscenza e perisce miseramente.

Vinci dunque Tu, o Signore, in questa mia carne già macchiata, vincimi con un altro fuoco, mandami lo Spirito Santo perchè io sia pura e ami Te solo sopra tutte le cose! Non permettere che io bruci nella fiamma della concupiscenza, ma brucia Tu col fuoco del tuo Santo Spirito le mie reni ed il mio cuore, affinché io ti serva col corpo casto e ti piaccia col cuore mondo. Eccomi, io mi ti do interamente, e non voglio che in me ci sia nulla di estraneo al tuo amore. Che se io sentissi in me gl’involontari moti della mia miseria, siano essi come gemiti della carne inferma che sospira a Te; e se fossi tormentato dalle tentazioni di satana, siano esse come combattimenti trionfanti per darti una vittoria più gloriosa e più piena. Tu nella morte dissolverai questo mio corpo per cancellarvi persino le orme che vi lasciò quello che ti è estraneo; sarà l’ultimo colpo del tuo amore trionfante, che strapperà l’anima all’angustia della carne, la libererà dal laccio e le darà ali di colomba per volare a Te. Io accetto sin da ora la morte e la dissoluzione di questo mio corpo in espiazione delle infedeltà del mio amore, e ti supplico a purificare l’anima mia col tuo Sangue, affinché essa non sia toccata da altra fiamma e non bruci d’altro amore che in quello dell’infinito tuo Amore!

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

DIO NON È MAI TANTO VICINO A NOI PER CONSOLARCI COME QUANDO SEMBRA PIÙ LONTANO: Quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore. Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate. CONSIGLI SPIRITUALI DI DON DOLINDO RUOTOLO

Così sono anche le tribolazioni della nostra vita; noi le crediamo un’irruenza di sfortuna cieca e spietata, e ci sentiamo oppressi da un perfido destino, eppure se potessimo vedere il retroscena di certe pene, quanti ricami di amore vedremmo tra le linee oscure!

Le anime tribolate, nei momenti nei quali i dolori incalzano come raffiche di tempesta, non veggono più una disposizione di Dio in quello che avviene, ed è questa la più pericolosa delle tentazioni diaboliche; sembra loro che il Signore non possa volere tanti strazi, guardano solo alle cause seconde dei loro affanni, e si smarriscono in un dolore cupo e senza conforto.

Ma è proprio in questi oscuri momenti che bisogna di più riguardare la Divina Volontà e confidare nel Signore, poiché è proprio in questi momenti che nelle vie della Provvidenza si svolgono i piani delicati di amore. Dio non è mai tanto vicino a noi per consolarci come quando sembra più lontano; quello che ci appare fosco, è luminoso, quello che ci appare disordinato è armonico, quello che ci appare spietato è delicatezza di particolarissimo amore.

Abbiamo fede in Dio, abbiamo fede nella sua dolcissima paternità, riposiamo nelle sue braccia, affidiamoci a Lui; perché quando la tempesta si fa più violenta, è allora che già soffiano i venti che spazzano il cielo e fanno riapparire il sereno. (…)

Anche noi, vedendoci tribolati da Dio, vedendoci vessati dai malanni, dalle contraddizioni e dalle persecuzioni, crediamo sempre di non meritare quello che soffriamo, e ci esaminiamo non sulle colpe commesse, ma su quelle delle quali ci crediamo innocenti, senza pensare che le pene ci vengono dalla giustizia di Dio per i peccati commessi, dei quali purtroppo ci dimentichiamo facilmente.

Nei momenti di angustia andiamo rievocando le preghiere fatte, le opere di carità, gli atti di bontà, la vita ritirata che conduciamo, e non ricordiamo le impurità passate, i libri perversi letti avidamente, le Messe perdute, le Comunioni di precetto tralasciate, la superbia, le mormorazioni, gli atti di avarizia, d’ira, di gola, d’immodestia e simili peccati che sono quelli che ci rendono tribolati.

Ancora: quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci perdona e ci fa scontare un poco le nostre colpe; ma ce le fa scontare avvolgendoci con le fiamme del suo Amore, e noi crediamo che Egli sia spietato…Se vedessimo lo sguardo di Dio, ed il suo amore per noi mentre siamo tribolati, moriremmo di gioia e di riconoscenza. Quando Dio sembra corrucciato con noi, proprio allora dobbiamo pensare che ci cura con paterno amore, e sta per darci grandi consolazioni.

Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore, e rende più bella l’espansione del nostro amore filiale in Lui. La gloria terrena ci dissipa, c’inorgoglisce, ci rende proclivi al peccato, ci fa dimenticare di Dio, ci fa correre pericolo di perderci; il Signore che ci conosce bene ci si mostra severo proprio per prepararci il banchetto dell’eterna vita.

La stessa morte non è per noi la massima delle angustie? Eppure soffrendola in unione con la Divina Volontà, l’anima si trova nel vestibolo dell’eterna gloria, poiché la morte è per noi espiazione, è purificazione, è penitenza ed è l’ultimo merito della vita. (…)

Certe tribolazioni della vita, certe disdette che sembrano un crudele destino, sono come la coppa che il Signore pone nel nostro sacco, per costringerci a detestare i peccati commessi. Noi attribuiamo alla malasorte certi eventi, eppure essi rispondono esattamente alla nostra condotta. Certe calunnie spietate sono la coppa che è posta nella nostra vita affinché ci confessiamo rei di aver tante volte manomessa la gloria di Dio. Ci credono impuri innocentemente, perché lo siamo stati veramente nel segreto del cuore, ci credono calunniatori innocentemente, perché abbiamo veramente manomessa la stima del prossimo, ci credono ladri magari, perché veramente abbiamo rubato a Dio la gloria ed alle anime la virtù coi nostri scandali.

Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate, poiché senza la riparazione non si può ottenere il perdono. Chi si converte a Dio crede di essersi in un momento mutato in un’altra creatura, e non sa spiegarsi come mai il Signore ancora lo triboli; ma spesso il nostro mutamento non è ancora profondo, ha bisogno di rassodarsi, ha bisogno di nuove purificazioni.

Tu eri creta melmosa, il sole della grazia ti ha disseccato e credi di essere a posto; ma se piovesse un po’ su questa creta, se il mondo cioè ti facesse novellamente sentire i suoi influssi, tu ti dissolveresti nuovamente in creta melmosa. Il Signore ti comprime nella forma e ti getta nel fuoco della tribolazione, perché allora ti rassodi e diventi refrattario ad ogni dissolvimento. Non basta un esercizio di ginnastica per abituare i muscoli a quei determinati movimenti, ma spesso è necessario quasi stancarli nell’allenamento; il Signore sa quando l’anima nostra è veramente allenata nel dolore, alle attività alle quali Egli la ordina. Perciò certe tribolazioni non terminano, nonostante le nostre preghiere; perciò, come avveniva ai fratelli di Giuseppe, certi periodi della vita sembrano maledetti e pieni di sventure insanabili.

Il chirurgo che opera un ascesso, non chiude subito la ferita, vi pone dentro la garza, la tiene apposta aperta, perché il pus non vi ristagni dentro, con pericolo d’infezione generale; eppure un infermo superficiale non saprebbe spiegarsi quell’incrudelire sulla piaga. Abbandoniamoci a Dio, lasciamoci guidare dalla sua Provvidenza, uniamoci alla sua adorabile volontà, poiché in quest’abbandono ed in questa unione sta la nostra pace e la nostra salvezza.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

NON CI SCANDALIZZIAMO PER I SACERDOTI CATTIVI E LE MEMBRA GUASTE DELLA CHIESA: “Gli scandali dei membri della Chiesa sono un segno della sua vita” – “È un errore il credere che la Chiesa debba essere senza angustie e senza membri disordinati o peccatori” Don Dolindo Ruotolo

La Chiesa è una madre sempre addolorata, poiché in ogni tempo la sua fecondità è frutto di angustie. Essendo Essa il Corpo mistico del Redentore, è tutta piagata, come il Corpo reale del suo Capo Divino. Quello che nella Chiesa ci appare come disordine, i suoi membri infetti, le sue angustie, sono le piaghe dolorose per le quali Essa, sanguinando di pena, genera a Dio gli eletti.

È un errore il credere che la Chiesa debba essere senza angustie e senza membri disordinati o peccatori, perché Essa è pellegrina e sta sempre nella prova; per questo Gesù Cristo stesso disse: “È necessario che vi siano degli scandali” (Matth. 18, 7). Gli scandali dei membri della Chiesa sono un segno della sua vita, poiché le malattie non colpiscono le statue o le figure dipinte, ma gli esseri vivi. Nella sua anima la Chiesa è invece immacolata, santa, senza macchie e senza rughe.

Le sette che sono un corpo senza vita, hanno spesso un volto incipriato e dipinto, si gloriano della loro apparenza, ma vanamente. Un fiore soverchiamente manierato e simmetrico, è un fiore artificiale, senza profumo e senza vita, mentre quasi sempre il fiore sbocciato da una pianta viva, ha qualche petalo che cade, o qualche foglia intristita dal gelo. La Chiesa non è una vetrina di fiori artificiali, belli solo in apparenza; è un giardino fecondo dove cresce il germe cattivo con quello buono, fino alla raccolta e alla mietitura.

Non ci scandalizziamo dunque quando veniamo a conoscenza di Sacerdoti cattivi o di membra guaste della Chiesa, piuttosto pensiamo noi a consolarla nei suoi dolori con la nostra virtù. La Chiesa in mezzo alle sue pene dà a Dio le anime privilegiate, formate esse pure dall’angustia e dal dolore; fioriscono in Lei per la lotta fra il bene ed il male gli atti più vivi di amore, le riparazioni, l’apostolato, la virtù. Germinano in Lei i gigli candidi della purezza, i fiori vermigli del martirio, e le gemme profumate della carità in mezzo all’uragano che vorrebbe sradicare da Lei ogni vita, come germinarono dal Corpo piagato del suo Redentore i fiori dell’amore, della riparazione e della vita che salvò il mondo.

Persuadiamoci che la Chiesa è guidata da una specialissima Provvidenza di Dio, e che ogni male in Lei è utilizzato come concime delle piante buone. Essa è tutto un ricamo ammirabile della grazia, dove, proprio come nel ricamo, ci sono anche dei vuoti, che fanno risaltare la bellezza dell’insieme. Giudicarla a modo umano, significa non intendere nulla della sua divina costituzione, significa smarrirsi nelle conclusioni più stolte e più menzognere.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

-DIO METTE A DURA PROVA LE ANIME DI CUI PUÒ FIDARSI E CHE LO AMANO; IL DOLORE È UN DONO DI GRAZIA- Preziosi consigli spirituali di Don Dolindo Ruotolo

(Abramo e il sacrificio di Isacco)

Volendo il Signore rendere feconda la terra di mille meraviglie, la fece emergere dalle acque. Essa fu per un tempo arida e sterile, ma poi Dio l’arricchì di una magnifica vegetazione. Egli fa così nelle anime predilette dal suo amore quando le vuol rendere soprannaturalmente feconde: le inaridisce, ritira loro le grazie sensibili e le rende desolate. L’anima ridotta così in uno stato di angoscia, geme e si turba, credendosi abbandonata dal Signore. Ma proprio quando più soffre, la voce di Dio risuona sopra di lei e la chiama ad una vita novella.

Nel campo della grazia l’uomo segue lo stesso cammino di quello naturale, benchè diversamente: è creato da Dio come cielo e come terra, perchè è formato di anima e di corpo, è pieno di aspirazioni celesti e d’inclinazioni terrene, è libero ma è come un caos, ed ha bisogno della parola di Dio per ordinarsi al bene. La luce della Fede lo illumina e si separano in lui nettamente le tenebre del male dal fulgore del bene, le attività naturali dalle soprannaturali; il cielo è il limite di questa separazione, poiché quello che è ordinato alla vita eterna è soprannaturale, e quello che è ristretto alla terra è naturale.

L’anima è inaridita, e sottoposta alle prove, è flagellata dalle tempeste, perchè si rassodi nella Fede e produca poi i frutti della vita eterna. Le acque delle passioni che la inondano cedono il posto alle attività della grazia, ed anche nel cuore più tempestoso si formano a poco a poco le oasi della stabile serenità, dove l’anima produce il buon frutto per la gloria di Dio e per la propria salvezza. (…)

IL DOLORE È UN DONO DI GRAZIA

Dio ha permesso che l’uomo cadesse nel dolore (dopo il peccato originale) e tuttora permette che sia nelle angustie, perchè il dolore, spuntato come roveto dalle nostre miserie, è quello che ci fa fiorire soprannaturalmente.

Il dolore è come il fermento divino gettato nella massa per mutarlo in pane di cielo, è come lo svaporarsi della nostra miseria attraverso i pori sanguinosi dell’angoscia, è un dono di grazia che cadendo nella piccola nostra carne la fa stridere, è il segreto mirabile per rendere spirituale la nostra carne, anche quando recalcitra e reagisce alla pena.

Per la Redenzione poi il dolore è l’unione intima della creatura al Redentore Crocifisso, è la riproduzione di Lui paziente in noi, perchè possa riprodursi in noi Lui glorioso; è quindi come il divinizzarsi della nostra carne nei fulgori del Calvario.

Il dolore poi è brevissimo, la gloria che fa germinare è eterna; Dio lo permette perchè esso per noi è ricchezza di meriti, ed è la barriera più forte che ci libera dalla perdizione; anche se non intendiamo questo mistero, dobbiamo adorare Dio, unirci alla sua Volontà ed attendere nell’eternità la rivelazione del mistero. (…)

DIO METTE A DURA PROVA LE ANIME DI CUI PUÒ FIDARSI E CHE LO AMANO

Dio “tentò Abramo”, ossia lo mise ad un grande cimento, e lo sottopose ad una prova così grande da suscitargli nell’anima dei contrasti e delle tentazioni. Quando il Signore ci prova, infatti, satana è sempre pronto ad intervenire per turbarci e per renderci ribelli alla Divina Volontà, e quindi la prova è tanto inseparabile dalle insidie diaboliche che può chiamarsi proprio una tentazione.

Di poche anime è detto nella Sacra Scrittura che Dio “le tentò”, perchè il Signore non mette a dura prova, che appare senza uscita e senza speranza, le anime mediocri, ma le anime grandi, delle quali può fidarsi. Egli, perchè le ama, le mette alla suprema prova dell’amore, affinchè abbiano poi nel Cielo e sulla terra stessa una gloria singolarissima. Si mostra quasi duro, crudele, spietato, insensibile ad ogni preghiera, ma lo fa solo con quelle anime che veramente Lo amano, affinchè il loro amore diventi gigante, e la loro carità tocchi la sommità dei cieli. Egli poi a suo tempo restituisce a queste anime l’amore che gli hanno mostrato, con una generosità degna di Lui, e muta l’affanno in gaudio ineffabile.

Abramo era il padre dei credenti, colui che doveva raccogliere la benedizione divina per tutte le genti; non bastava dunque che avesse avuto una fede qualunque, doveva essere un eroe; non bastava che avesse avuto una comune santità, doveva essere sommo nella perfezione, e questa non poteva venirgli che dall’unione alla Divina Volontà. Dio lo pose alla prova dolorosa per dargli il massimo dell’unione alla Sua Volontà, a quella volontà misericordiosa che voleva benedire tutte le genti nel sacrificio del suo Divin Figliuolo. Comandandogli d’immolare Isacco, Dio lo associò a Sé, gli dette un tratto di meravigliosa somiglianza col suo ineffabile amore, e gl’impresse sul volto un raggio più vivo della sua carità.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

LA LOTTA DI DIO CON L’UOMO: LA VITTORIA È DI CHI SOFFRE. LA CROCE, LA NOTTE OSCURA DELL’ANIMA, LE PURIFICAZIONI INTERIORI: LA PAURA ED IL TERRORE SONO LA PROFONDA PENA DEI GRANDI SERVI DI DIO. Edificanti e preziosi consigli spirituali di Don Dolindo Ruotolo.

(L’Agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi)
(La Lotta di Giacobbe con l’Angelo)

Con infinita delicatezza il Signore non solo ci fa custodire dagli Angeli, ma prima di certe grandi tribolazioni ci conforta con un senso di pace interna, effetto proprio della presenza degli Angeli. Chi può immaginare quanto sia grande la bontà di Dio nel custodirci in questo pellegrinaggio di prove e di affanni?

Solo le anime che sono vittime o predilette in modo particolarissimo dal Signore, possono essere lasciate nella desolazione più squallida; ma allora il Signore le sostiene con grazie singolari, anche quando credono di essere nel fondo dell’abisso, rendendo più bella la loro corona.

La paura ed il terrore, dice il Padre Faber, sono la profonda pena dei grandi servi di Dio. Questa pena li rende partecipi dell’agonia di Gesù Cristo nell’Orto, e li rende fecondi di grandi opere soprannaturali. Tra le purificazioni interiori è forse quella che maggiormente demolisce l’io avvicinandolo a Dio; è una pena purificatrice che quando passa, lascia nell’anima un profondo senso di freschezza spirituale.

Quando si è presi dalla paura e dal terrore, l’anima sente uno spasimo interno penosissimo, un incubo che le fa sembrare come se tutti i mali le piombassero addosso; prega, ma a volte trova difficoltà nella stessa preghiera; non vede più Dio, anzi è proprio l’eclissamento di Dio che le produce questo spasimo interno e la riempie di terrore, facendole apparire in tutto il loro peso le insidie e le angustie della carne. Essa allora cerca l’aiuto delle creature, si appiglia alle norme della prudenza umana anche esageratamente, è tentata di scoraggiamento, è incerta nel suo operare.

Tutta questa lotta può sembrare nociva per l’anima ed invece è come vento che spazza da lei ogni veduta umana, la purifica, la prepara a maggiori intimità col Signore, la umilia salutarmente e la rende più adatta alla grazia.

Le vie dello spirito sono misteriose, ed hanno un cammino perfettamente opposto al nostro modo comune di pensare: la fede cresce nelle tentazioni contro la fede, la speranza nelle tentazioni di disperazione, l’amore nelle tentazioni di avversione al Signore stesso, la purezza nelle lotte contro la carne, l’umiltà in quelle d’orgoglio.

Non bisogna spaventarsi di certi stati interiori dell’anima, e bisogna solo pregare e confidare in Dio, anche aridamente, anche senza gustarne la compagnia e la presenza. Ricordiamoci che Gesù Cristo stesso volle provare le angustie del terrore e della paura, e che Egli per primo ricorse all’aiuto degli Apostoli dormienti, perché si trovò come smarrito nel suo immenso dolore. (…)

-COME DIO LOTTA CON NOI. LA VITTORIA È DI CHI SOFFRE-

Anche Dio lotta con l’uomo e l’uomo lotta con lui. È la lotta dell’Infinito Amore che vuol vincerci abbracciandoci, è la lotta delle anime sante che si stringono a Dio con le loro preghiere, e non lo lasciano prima che egli abbia usato misericordia alla terra. La grazia divina lotta con la nostra volontà e con la nostra libertà, e tocca i movimenti della nostra natura per vincerla. Quando Dio non può vincere la sua creatura nella libera volontà che Egli rispetta sempre, allora l’assale nel corpo, come l’Angelo assalì Giacobbe toccandogli il nervo.

Le malattie, le pene, le croci della vita sono i tocchi dolorosi di Dio che vuol vincerci per amore. Dio combatte con le anime che più lo amano, provandole con le afflizioni; ma queste anime non lo lasciano, anzi si uniscono maggiormente a Lui e lo amano di più. Così esse vincono Dio stesso, ed ottengono da Lui la benedizione, cioè una ricchezza più grande di grazia e di amore.

L’Angelo disse a Giacobbe: “Lasciami andare perchè già spunta l’aurora”. Voleva andarsene, non per non essere visto, come dicono alcuni, perchè egli poteva rendersi invisibile, ma piuttosto voleva tentare Giacobbe, facendogli riflettere che spuntando l’aurora, doveva badare agl’interessi materiali ed ai suoi cari. Ma il Patriarca non antepose alla benedizione di Dio i propri interessi, continuò a combattere, e vinse. Anche noi siamo posti alla prova, e la giornata ci si presenta come un tempo indispensabile alle nostre occupazioni temporali. Non ci lasciamo assorbire dalle ansiose preoccupazioni della vita, e pensiamo che la giornata è vana quando non comincia con la benedizione di Dio, quando non è santificata, fin dal suo primo nascere con la S. Messa e con la Comunione Sacramentale.

Quando cala la notte sulla terra, allora comincia un combattimento più aspro tra la creatura e il Creatore, perchè allora si fanno i peccati più gravi. Sorge più forte nell’uomo la natura brutale, e si accentua la lotta delle passioni. Mentre l’uomo lotta col Signore per offenderlo, lottiamo anche noi per ottenere il perdono e la misericordia. Noi vinceremo quando saremo immolati dalla penitenza, quando la carne sarà mortificata, quando l’orgoglio che è come il nervo motore della nostra vita miserabile rimarrà inaridito.

Nel nostro combattimento non dobbiamo scoraggiarci, perché esso dura solo nella notte della vita mortale. Quando spunta la luce divina, il giorno eterno che non conosce tenebre, allora Dio benedice le sue creature fedeli che hanno sofferto in vita, e le introduce nella gloria eterna. Guardiamo il Crocifisso; Egli è il lottatore divino che ha vinto col dolore, con le piaghe, con le spine, con la morte, e noi dobbiamo essere immagine sua, dobbiamo abbracciare la nostra Croce e dobbiamo seguirlo per ottenere la vittoria dell’amore.

Nella lotta interiore dell’anima, quando si fa in noi una fitta oscurità, e l’uomo vecchio combatte contro l’uomo nuovo, l’unico mezzo per vincere è il dolore, è la crocifissione della carne con tutte le sue concupiscenze. Nella notte mistica del cuore, in quelle oscurità angosciose che Dio dona solo alle anime privilegiate, in quelle notti nelle quali Egli appare eclissato, e quasi come un avversario, come un combattente che tocca l’anima e la colpisce con molti dolori, quasi volesse allontanarla da Sé, l’anima deve essergli fedele, avvincendosi a Lui fino all’ultimo, anche nello spasimo atroce che la fa apparire come inerte ed incapace di ogni movimento.

Essa si vede come strappata da Dio, crede di essere peggiorata, non si riconosce più, perché non trova più in se stessa gli slanci del suo primitivo fervore; ma se rimane ferma nell’angosciosa prova e non lascia il suo Signore, si trova mutata in una novella creatura. Dio le cambia il nome, cioè le dà una novella vita, ed essa si trova veramente a Fanuel, “in faccia a Dio”, in una comunicazione più intima col suo Creatore, in un oceano di dolcissimo amore.

Signore Gesù, dà forza alle anime che combattono per possedere il tuo amore, perchè il loro combattimento è arduo. Stringile al tuo Cuore, rendile piene di fiducia in Te solo, e fa’ che esse, provate dalle angustie, non cedano alla tentazione, ma unite più intimamente a Te, non ti lascino mai, fino al conseguimento dell’eterna benedizione.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)