SE SEI UN’ANIMA CARA A DIO PREPARATI, E SAPPI CHE VERRÀ UN GIORNO IN CUI TI TROVERAI NEL TRAVAGLIOSO TEMPO DELLA TEMPESTA, DELLA DESOLAZIONE E TRIBOLAZIONE: “Quando il Signore vuole esaltare molto un’anima, molto la umilia”

Considera, anima di Dio, come è sommo beneficio del Signore metterti nello stato della desolazione, per I’esercizio di mille eroiche virtù, che in quello si esercitano; per i grandi meriti che si acquistano, e per gli avanzamenti meravigliosi che fa lo spirito in tali patimenti, senza che neppur se ne accorga l’anima mentre patisce.

Preparati intanto e sappi che, se sei assai cara a Dio, verrà un giorno in cui ti troverai nel travaglioso tempo della tempesta: quando il Signore vorrà mettere alla prova la tua virtù per scorgere se veramente lo ami, e se quelle grandi offerte che ora gli fai, e quelle magnanime espressioni siano vere. E allora lo darai a conoscere, quando ti vedrai arida, afflitta, travagliata, e tentata; quando il tuo cuore sembrerà divenuto un macigno, sconvolte le potenze e ribellati i sensi. Allora, la fantasia ti porrà innanzi mille inezie, fantasmi, apprensioni, terrori, bruttezze; la memoria si ricorderà di tutto ciò che non vorrebbe; I’intelletto si fisserà su cose disordinate, impertinenti e noiose; la volontà sarà stimolata ed inclinata al male, e talvolta alla vanità, ai piaceri, al mondo, alle cose della terra; i sensi saranno come tanti cani affamati, gli appetiti saranno sfrenati, il fomite si solleverà, la concupiscenza bollirà e farà sentire al cuore i moti più violenti dell’irascibile e del concupiscibile; le passioni si porranno in rivoluzione, la parte inferiore si armerà, starà in guerra, strepiterà, metterà tutto in scompiglio, in confusione, in tumulto: tutto ciò, che non è Dio, ti sarà sempre innanzi, e tutti i sentimenti di Dio non si faranno sentire. Il cuore nulla proverà di conforto, ma la volontà, aiutata sensibilmente dalla grazia, si manterrà salda nel non cedere, nel non consentire, sebbene sia all’oscuro e operi con la parte superiore dell’anima, in cui sta il volere e il non volere, tutto il merito e il demerito.

I demoni si scateneranno, ed a misura di quella libertà data loro da Dio, faranno ogni sforzo per abbattere l’anima; useranno astuzie, frodi, inganni, suggestioni; susciteranno ogni sorta di perversi pensieri, terrori, tentazioni, motivi contro la fede, di diffidenza, di bestemmia, di odio contro Dio, per indurre l’anima alla disperazione. Gli uomini ti saranno contrari, ti perseguiteranno, ti mortificheranno, ti copriranno di confusione, tutti ti abbandoneranno, non avrai più di chi fidarti in terra. Addio parenti, addio amici…

Patirai ancora malattie, infermità, debolezze, dolori, povertà, col mancamento d’ogni bene temporale. E ciò che recherà maggior pena, sarà che il cielo sembrerà divenuto per te di bronzo, il cuore s’indurirà, come una pietra, la mente si vedrà tutta coperta di tenebre; non comparirà uno spiraglio di luce a tuo favore: diverrai gravosa, fastidiosa, tediosa, pesante a te stessa, contraria, contraddicente e confusa nel viver tuo; terrori e timori con te non mancheranno. E quel Dio, che è amore e bontà infinita, apparirà agli occhi tuoi tutto rigore, come giudice severo che perseguita il peccato e il peccatore.

Andrai all’orazione, ma ti sembrerà di non poter fare orazione, e ti vedrai in confusione. Cercherai Dio presente, ma non lo troverai; vorrai raccoglierti, ma ti distrarrai. Supplicherai il Signore, e ti sembrerà che non ti esaudisca, che ti scacci e ti rigetti da se. Invocherai Maria, chiamerai i Santi, esclamerai pietà, ma non sentirai conforto e sollievo: ti sembrerà chiuso per te il Paradiso; ti stimerai come da tutti abbandonata.

Ti accosterai alla comunione, andrai a confessarti, ma senza sentimenti di pietà e di contrizione, diverrai come un corpo senz’anima, come un’anima senza spirito, come un legno duro ed insensato: il corpo languente aggraverà lo spirito che, desolato, non darà alcun sollievo al corpo languente. Ti eserciterai nelle opere di misericordia, praticherai gli esercizi di devozione, ma come per necessità e per abitudine, quasi fuor di te, come senza cuore, e ti sembrerà tempo perduto. Dove sono gli amorosi sospiri, dove le fervorose esclamazioni, dove gli ardenti desideri dei beni eterni, dove i teneri sentimenti, dove I’ardore della carità?

Crederai, ma come non credessi; spererai, ma come non sperassi; amerai Dio, ma come non lo amassi; e per compimento del tuo penare, ti riconoscerai inetto a vivere e non buono a morire: avrai a tedio la vita e temerai la morte. Non avrai nemmeno lo sfogo per poter piangere questa vita, che ti sembra una gran disgrazia.

Ah mio Dio! So che la mia volontà fermamente crede in Voi, e pare che vi manchi di fede. Sto certo, che Voi siete tutta la mia speranza, che mi proteggete sotto le ali della vostra protezione, e pure sembra mancarmi il cielo e la terra. Intendo, che non cerco altro, e non desidero altro, se nọn Voi, nonostante tutto sembra solo che da Voi fugga e mi allontani. So che mi amate: devo sperarlo, e lo spero! Nondimeno mi sembra, come se mi scacciaste da Voi!

Anima di Dio, non ti lagnare, non ti rattristare, non diffidare. Le tue pene, i tuoi travagli, le tentazioni, le desolazioni del tuo spirito non sono arrivati a tal segno; e pure non sai un poco soffrire per amore del tuo Gesù, che ha tanto sofferto per amor tuo. Ah questo malvagio amor proprio, che cerca sempre il suo comodo, vuol trovare il suo pascolo e star in possesso di sua proprietà; anche nelle opere più spirituali e più sante, quest’amor proprio è l’origine e la cagione di tanti disordini. Anima troppo delicata e sensibile, deh prega il Signore che ti rassodi, ti purifichi, e cambi le tue tenaci inclinazioni anche in ciò che ha l’apparenza di virtuoso e di buono: dove tanto maggiore è il pericolo, quanto l’inganno è più occulto. E quale maggior beneficio può darsi, che esser trattata dal caro Padre celeste come trattò il suo dilettissimo Unigenito Figliuolo, il quale lo caricò di dolori, lo sazio’ di obbrobri, lo annegò in un mare di pene?

L’amante Gesù tratta le anime sue dilette in quella maniera che egli fu trattato dal celeste suo Genitore. Croci ricevette, e croci dona a chi ama; ricevette spine, fiele, aceto, e di questi regali onora i suoi servi più cari e più fedeli. Fu Gesù crocifisso, morto e seppellito; e così, ancora vivi, ama veder crocifissi al mondo i suoi amatissimi eletti: mortificati nelle passioni, seppelliti a tutte le cose create, a tutto ciò che sa di terra e di amor proprio.

Eccoti, o anima, le visioni, le estasi, le rivelazioni, le profezie, le alte intelligenze, i doni sovrumani che devi desiderare, se vuoi esser perfetta: dico le spine, i chiodi, le pene, le desolazioni, le amarezze, i dolori, il fiele, l’aceto, e la croce del tuo Gesù. Alla croce abbracciati, nella croce riposa, la croce sia nel tuo cuore, né altro cercare che pene e croci in questa vita mortale. Ricordati che i forieri delle grandi misericordie di Dio, sono le grandi croci ed i molti travagli. Quando il Signore vuole esaltare molto l’anima, molto la umilia. Se desideri dolci lumi e soavi consolazioni di spirito, estasi, rivelazioni ed alte contemplazioni, sappi però, che a chi ben l’intende, basta la fede, il vangelo, e adempiere la volontà del suo Dio con l’abnegazione di sé stessa. La maggior grazia che possa fare il Signore alle anime, è fondarle appieno nelle vere e perfette virtù. In fede lo Sposo celeste sposò le anime amanti sue dilette, di cui sta scritto: “Ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Osea 2, 22). E ben si può dire d’ogni anima illuminata che cammini in viva fede, e tutte le opere sue siano nella fede appoggiate.

Resta dunque persuasa, che i gusti e le consolazioni del cielo non sono il tuo fine, ma mezzi per distaccare le anime dal mondo, dalle vanità, dalle creature, ed affezionarle a Dio, ed alle cose eterne. Chi appoggia il suo ben vivere in quei godimenti di spirito, e da quelli è mosso ad esercitare virtù sante, se quelli mancano, come sogliono mancare, ecco I’anima dissipata e l’edificio a terra. Laddove chi ben vive e santamente opera, col solo riguardo a Dio ed appoggiato nella fede, se ogni altra cosa vien meno, Dio è sempre lo stesso, e la sua santa fede non può mai mancare. Dunque, rimane sicura l’anima sempre ferma nel suo santo proposito e sempre risoluta nella carriera del divino volere.

Divinamente parlò il Padre Granata, quando disse: “La vita evangelica, ben considerata in ogni sua parte, altro non è che una continua croce”. E qual cosa poteva trovarsi di più convenevole al cristiano che una foggia di vita che sia tutta croce, come quella in cui visse e morì il Figliuolo di Dio? La croce dunque è il più conveniente rimedio alle nostre infermità. La vita cristiana è il fine delle fatiche e delle pene tollerate per noi da Cristo; sicché noi, seguendo le sue dottrine ed i suoi divini esempi, potessimo condurre vita grata e cara agli occhi di Dio. Dico, dunque, che la vera vita cristiana, non è quella che si pratica da chi attende a sollazzarsi ed a godere con la corrente del mondo, ma quella che condusse Gesù Cristo con i santi Apostoli, le cui fatiche, dolori, travagli e pene, furono così grandi che uno di loro disse: “Siamo divenuti spettacolo a Dio, agli angioli, ed agli uomini” (San paolo).

Da ciò ben può conchiudersi, come la vita del Vangelo è dolore, è croce: vita tessuta di tormenti, che affliggono I’anima e il corpo degli eletti di Dio. II Venerabile P. Avila così scrisse a Santa Teresa di Gesù: “Non è cosa nuova alla bontà del Signore, trasformare dei cattivi in buoni, e dei gran peccatori in grandi santi, con dar loro molti lumi e gusti celesti, come l’ho io stesso veduto. E chi vuol mettere limite alla bontà di Dio? Tanto più che queste consolazioni sensibili non si danno per merito, né per essere uno più virtuoso e più forte. Ma anzi, spesso, si donano ai più deboli e fiacchi; e come che quel godere non fa sempre I’anima più santa, non si dà perciò sempre ai più santi”.

Caro mio Dio, Voi siete stato, Voi siete, e Voi sarete tutta la ragione della mia speranza, l’unico oggetto degli impegni e desideri miei, quantunque oppresso mi vegga, ed annegato di pene, sotto la vostra meravigliosa mano che mi flagella. Sì, mio Signore, provveditore sapientissimo delle anime nostre, questa sia tutta la mia consolazione, vedermi in tale stato; purché non vi offenda e la vostra divina Maestà resti onorata, compiaciuta e glorificata nel mio penare. Ah, Padre celeste, forma sopra di me viva viva l’immagine del tuo caro divino Figliuolo. Fallo, Eterno Dio, per amor di Gesù Cristo, guarisci ad ogni costo quest’anima, purga i miei affetti disordinati, santifica le mie potenze, perfeziona le mie opere e azioni, attira a Te tutto me, tutto il mio cuore: sia pur col ferro, sia pur col fuoco, comunque a Te piace, purché tuo sia: Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum.

O divina Sapienza, quanto sono profondi i vostri giudizi, quanto è ammirabile la vostra provvidenza, quanto amabile la vostra condotta! O me sconoscente ed ingrato! O me cieco, ed ignorante! Credevo, amato mio Signore, che fosse a Voi più cara quell’anima, la quale più godeva del vostro dolce e tenero amore, che era da Voi più soavemente trattata. Ed io mi ritenevo per aborrito e castigato dalla vostra giustizia, perchè mi sentivo duro, arido, desolato, atterrito, spasimante e trafitto da tali pene: chiamavo supplizi le vostre dolorose visite, e sembrava che odiaste in me i miei disordini. Ma ora alla luce di queste divine verità, ben mi accorgo del mio errore, conosco e confesso che le vostre più segnalate grazie, le finezze più sviscerate del vostro altissimo amore, sono nel caricare le anime di tribolazioni e di pene.

Infinita Bontà, infinita Misericordia, infinito Amore, sommo mio e vero Benefattore, io vi ringrazio, vi glorifico, vi benedico, e vi adoro. Quanto vi devo, amabile mio Dio, quanto vi devo! Eccomi tutto rassegnato nelle vostre mani, tutto pronto agli ordini della vostra adorabile provvidenza, disponete di me, come vi piace, fate di me quel che volete: mentre io altro non voglio, altro non desidero e non cerco, se non quello che voi ordinate; ed altro a me non piaccia in eterno, se non ciò che piace alla vostra Maestà. La vostra volontà sia tutta la regola del mio vivere, sia tutto il mio contento. Intanto mi assista con amore la vostra protezione, mi guidi la vostra direzione, mi conforti la vostra grazia: sicché forte e costante nelle pene, nelle desolazioni, nelle confusioni, nelle agonie, nella morte, non manchi la mia fede, non venga meno la mia speranza, non si rallenti il mio amore, non cessi il mio zelo, e sotto i colpi più dolorosi e più amari della vostra mano divina, canti lodi e ringraziamenti a voi, mio sommo Benefattore. Spero bensì, nell’immensa vostra pietà, se così a voi piace, che un giorno abbia ancor io cantar col Profeta, che l’abbondanza delle divine consolazioni riempirà di gioia e di contento I’anima mia, a misura della moltitudine dei miei dolori: “Quand’ero oppresso dall’angoscia, il tuo conforto mi ha consolato” (Salmo 93, 19).

Così sia sopra di me e sopra tutte le anime elette, amato Dio. Resta dunque, anima di Dio, cantando con quel divoto profeta, e dando fede e coraggio a te stesso: confortati nel Signore.

(Beato Gennaro Maria Sarnelli, da “L’anima desolata confortata a patir cristianamente” Napoli 1852)

GIOVANNI TAULERO: Non devi scoraggiarti nella sofferenza né diffidare del cuore paterno, dicendo: “Dio mi ha dimenticato, Dio mi ha abbandonato”. Sappi che Dio castiga chi ama e flagella chi elegge per figlio.

-L’abbandono nella sofferenza è davanti a Dio come un’arpa che suona dolcemente in un soave tocco di corde-

Se ti agita qualche impazienza nelle tue sofferenze, resisti e sopportati. Come Cristo, il più perfetto di tutti gli uomini, che fu così scosso dalla sua imminente passione da dire nell’angoscia del suo cuore: «L’anima mia è triste sino alla morte. E cosa dirò io? Padre, salvami». Ah, come fu scosso il suo spirito, tanto da sprizzare nella sua agonia sudore di sangue! Così nel tuo patire devi raccogliere quanto rapidamente puoi le tue facoltà, rigenerare la sofferenza nella sua origine, essa è infatti scaturita dall’amore che è Dio, offrirla spiritualmente a Dio come un’oblazione dorata, elevarla umilmente al Padre e dire:

«O Padre di ogni paternità, io, tua povera e inferma figlia, ricevo oggi dalla tua mano paterna questa sofferenza come un nobile e prezioso dono d’amore. Padre amorevole, se devo bere il calice di questa sofferenza come un malato beve una pozione amara per vincere la sua malattia, sia fatta, Padre, la tua volontà e non la mia. Ma ti prego, dammi forza di sopportarla secondo la tua volontà, perché senza di te non posso nulla».

E quando fai questo, sappi che gli occhi dell’eterno e clementissimo Padre sono aperti e rivolti alle tue necessità, per aiutarti a tempo opportuno, se vuoi aspettare. Proprio come un padre non può sopportare a lungo il suo diletto figlio nelle angustie senza venire ad aiutarlo e paternamente ricrearlo nella sua sofferenza. Non devi scoraggiarti nella sofferenza né diffidare del cuore paterno, dicendo: “Dio mi ha dimenticato, Dio mi ha abbandonato”. Sappi che Dio castiga chi ama e flagella chi elegge per figlio (Eb 12,6).

Il Padre vide il Figlio suo sudare dolorosamente sangue, lo vide flagellare alla colonna, amaramente inaridire nelle pene sulla croce come fieno, o come un orrore nella sua ignominiosa passione, e per questo non lo amò di meno; gli era così caro sulla croce come oggi in cielo nel suo seno paterno. Allo stesso modo ne è stato di tutti i suoi cari amici i quali hanno dovuto patire tutti amaramente: gli uni furono bolliti, gli altri arrostiti, i terzi ridotti in polvere, i quarti inceneriti. Così è pure per te, o nobile anima. Se vuoi piacere particolarmente a Dio ed essere amata familiarmente da lui, devi pure accettare da lui in singolare carità una particolare sofferenza. Se persevererai sino alla fine, sarai perfetta e salva, come ha detto Cristo, la bocca stessa della verità.

L’abbandono nella sofferenza è davanti a Dio come un’arpa che suona dolcemente in un soave tocco di corde. Infatti sulle sue corde -cioè sulle facoltà dell’anima- modula un così dolce canto lo Spirito Santo in intima devozione, che le loro voci penetrano soavemente nelle orecchie del Padre celeste in un misterioso e interiore silenzio. In esso si ode un doppio canto su questa cetra: le corde grosse hanno un tono basso e le piccole un tono acuto; cioè quando le facoltà del corpo sono ricolme di sofferenza, si ode un canto basso. Ma le facoltà dell’anima, piene di devozione, cantano dolcemente nel volontario e paziente abbandono. E al di sopra di questo canto a doppia voce c’è lo Spirito Santo, maestro d’organo. Le facoltà dell’anima sono le piccole e grandi canne dell’organo, e i santi angeli calcano i mantici dell’organo: essi muovono l’aria spirituale della devozione nelle facoltà, così di frequente come lo Spirito Santo vuol modulare l’acuto canto della devozione interiore su queste facoltà dell’anima e del corpo.

O com’è soave il canto dello Spirito Santo! Chi lo sente gusta una gioia interiore ed angelica e un convito di nozze celesti, ed esso è in questo tempo il preludio dello Spirito Santo del puro gaudio che c’è lassù nell’eternità. (…)

In verità se Dio ti lascia senza molte sofferenze, non sei una delle sue più care regine. Qualunque anima vuol essere la prediletta regina dello Sposo eterno, deve diventarlo attraverso infuocate e ardenti afflizioni che penetrano bruciando l’interno midollo, che ti preparano proprio come la cera è preparata dal fuoco affinché diventi ricettiva di qualunque forma l’artista voglia imprimervi. Se il supremo artefice deve imprimere in te la forma della sua deliziosa, essenziale, eterna immagine, deve cadere senza alcun dubbio la tua vecchia immagine, e per la ragione propria di questa sublime trasformazione, devi deporre in tale operazione soprannaturale la tua vecchia forma.

È impossibile infatti per natura e pure per grazia che una cosa possa ricevere una nuova e nobile forma senza che sia rigettata la vecchia e vile forma. Ed a questo cambiamento della suddetta forma nella trasformazione dell’anima, Dio ha preordinato una pura preparazione attraverso sofferenze intensissime e toccanti le interiori midolla della vita. Qualunque anima il Padre celeste vuol altamente favorire, rapire e trasformare in maniera sublime, egli non suole lavarla lievemente, ma le fa il bagno, l’immerge e la sommerge nel mare dell’amarezza, come fece gettare in mare il profeta Giona. E Davide disse: «Signore, hai condotto sopra di me tutti i tuoi flutti». (…)

La sofferenza degli eletti non è sempre una sofferenza comune. È spesso una sofferenza così inaudita che Dio permette improvvisamente nei loro riguardi, che mai hanno pensato ad una cosa simile né mai ne hanno avuto sospetto. Fatti coraggio, anima nobile e sofferente: in tutta questa amarezza Cristo, l’eletto amico del tuo cuore tra mille, sa entrare a porte chiuse, cioè quando tutte le tue facoltà sono serrate per la durezza, e donarti una nuova e non sperimentata dolcezza. E la tua amarezza soffrila come il tuo inferno e il tuo purgatorio.

Un’anima infatti veramente pura, abbandonata e paziente se ne vola nuda e immacolata dalla bocca al cielo. Là mille anni sono più brevi di un giorno. Tu quindi non devi lasciar passare infruttuosamente nessuna sofferenza, ma devi dire nel tuo cuore : “Signore, ti offro la mia meritata benché involontaria sofferenza e la metto insieme alla tua santa Passione, affinché unita alla virtù di questa, diventi accetta al tuo Padre celeste, come la sofferenza del ladrone sulla croce divenne feconda nella tua Passione”.

Guardati nella sofferenza dal disordine. Un disordine infatti ne genera un altro, e il disordine rende l’animo burrascoso; e uno spirito disordinato è interiormente per l’anima una pena più grave della sofferenza esteriore. Sii perciò ordinato nella sofferenza, perché in tal modo Dio prepara i suoi eletti. E così quando essi non sentono che ripugnante sofferenza all’esterno e insopportabile amarezza all’interno, allora opera ulteriormente la grazia di Dio in virtù della Passione, e distacca e rade esteriormente la vecchia ruggine dei peccati, e monda e purifica interiormente l’anima dalla putrida muffa delle inclinazioni animalesche. E intanto lo spirito di Dio denuda la faccia dell’anima e la trasforma di chiarità in chiarità, finché dallo stesso Spirito del Signore non è trasformata nella sua stessa immagine.

(Giovanni Taulero, da le “Divine istituzioni del Dottore Illuminato”)

DIO NON È MAI TANTO VICINO A NOI PER CONSOLARCI COME QUANDO SEMBRA PIÙ LONTANO: Quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore. Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate. CONSIGLI SPIRITUALI DI DON DOLINDO RUOTOLO

Così sono anche le tribolazioni della nostra vita; noi le crediamo un’irruenza di sfortuna cieca e spietata, e ci sentiamo oppressi da un perfido destino, eppure se potessimo vedere il retroscena di certe pene, quanti ricami di amore vedremmo tra le linee oscure!

Le anime tribolate, nei momenti nei quali i dolori incalzano come raffiche di tempesta, non veggono più una disposizione di Dio in quello che avviene, ed è questa la più pericolosa delle tentazioni diaboliche; sembra loro che il Signore non possa volere tanti strazi, guardano solo alle cause seconde dei loro affanni, e si smarriscono in un dolore cupo e senza conforto.

Ma è proprio in questi oscuri momenti che bisogna di più riguardare la Divina Volontà e confidare nel Signore, poiché è proprio in questi momenti che nelle vie della Provvidenza si svolgono i piani delicati di amore. Dio non è mai tanto vicino a noi per consolarci come quando sembra più lontano; quello che ci appare fosco, è luminoso, quello che ci appare disordinato è armonico, quello che ci appare spietato è delicatezza di particolarissimo amore.

Abbiamo fede in Dio, abbiamo fede nella sua dolcissima paternità, riposiamo nelle sue braccia, affidiamoci a Lui; perché quando la tempesta si fa più violenta, è allora che già soffiano i venti che spazzano il cielo e fanno riapparire il sereno. (…)

Anche noi, vedendoci tribolati da Dio, vedendoci vessati dai malanni, dalle contraddizioni e dalle persecuzioni, crediamo sempre di non meritare quello che soffriamo, e ci esaminiamo non sulle colpe commesse, ma su quelle delle quali ci crediamo innocenti, senza pensare che le pene ci vengono dalla giustizia di Dio per i peccati commessi, dei quali purtroppo ci dimentichiamo facilmente.

Nei momenti di angustia andiamo rievocando le preghiere fatte, le opere di carità, gli atti di bontà, la vita ritirata che conduciamo, e non ricordiamo le impurità passate, i libri perversi letti avidamente, le Messe perdute, le Comunioni di precetto tralasciate, la superbia, le mormorazioni, gli atti di avarizia, d’ira, di gola, d’immodestia e simili peccati che sono quelli che ci rendono tribolati.

Ancora: quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci perdona e ci fa scontare un poco le nostre colpe; ma ce le fa scontare avvolgendoci con le fiamme del suo Amore, e noi crediamo che Egli sia spietato…Se vedessimo lo sguardo di Dio, ed il suo amore per noi mentre siamo tribolati, moriremmo di gioia e di riconoscenza. Quando Dio sembra corrucciato con noi, proprio allora dobbiamo pensare che ci cura con paterno amore, e sta per darci grandi consolazioni.

Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore, e rende più bella l’espansione del nostro amore filiale in Lui. La gloria terrena ci dissipa, c’inorgoglisce, ci rende proclivi al peccato, ci fa dimenticare di Dio, ci fa correre pericolo di perderci; il Signore che ci conosce bene ci si mostra severo proprio per prepararci il banchetto dell’eterna vita.

La stessa morte non è per noi la massima delle angustie? Eppure soffrendola in unione con la Divina Volontà, l’anima si trova nel vestibolo dell’eterna gloria, poiché la morte è per noi espiazione, è purificazione, è penitenza ed è l’ultimo merito della vita. (…)

Certe tribolazioni della vita, certe disdette che sembrano un crudele destino, sono come la coppa che il Signore pone nel nostro sacco, per costringerci a detestare i peccati commessi. Noi attribuiamo alla malasorte certi eventi, eppure essi rispondono esattamente alla nostra condotta. Certe calunnie spietate sono la coppa che è posta nella nostra vita affinché ci confessiamo rei di aver tante volte manomessa la gloria di Dio. Ci credono impuri innocentemente, perché lo siamo stati veramente nel segreto del cuore, ci credono calunniatori innocentemente, perché abbiamo veramente manomessa la stima del prossimo, ci credono ladri magari, perché veramente abbiamo rubato a Dio la gloria ed alle anime la virtù coi nostri scandali.

Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate, poiché senza la riparazione non si può ottenere il perdono. Chi si converte a Dio crede di essersi in un momento mutato in un’altra creatura, e non sa spiegarsi come mai il Signore ancora lo triboli; ma spesso il nostro mutamento non è ancora profondo, ha bisogno di rassodarsi, ha bisogno di nuove purificazioni.

Tu eri creta melmosa, il sole della grazia ti ha disseccato e credi di essere a posto; ma se piovesse un po’ su questa creta, se il mondo cioè ti facesse novellamente sentire i suoi influssi, tu ti dissolveresti nuovamente in creta melmosa. Il Signore ti comprime nella forma e ti getta nel fuoco della tribolazione, perché allora ti rassodi e diventi refrattario ad ogni dissolvimento. Non basta un esercizio di ginnastica per abituare i muscoli a quei determinati movimenti, ma spesso è necessario quasi stancarli nell’allenamento; il Signore sa quando l’anima nostra è veramente allenata nel dolore, alle attività alle quali Egli la ordina. Perciò certe tribolazioni non terminano, nonostante le nostre preghiere; perciò, come avveniva ai fratelli di Giuseppe, certi periodi della vita sembrano maledetti e pieni di sventure insanabili.

Il chirurgo che opera un ascesso, non chiude subito la ferita, vi pone dentro la garza, la tiene apposta aperta, perché il pus non vi ristagni dentro, con pericolo d’infezione generale; eppure un infermo superficiale non saprebbe spiegarsi quell’incrudelire sulla piaga. Abbandoniamoci a Dio, lasciamoci guidare dalla sua Provvidenza, uniamoci alla sua adorabile volontà, poiché in quest’abbandono ed in questa unione sta la nostra pace e la nostra salvezza.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

LA LOTTA DI DIO CON L’UOMO: LA VITTORIA È DI CHI SOFFRE. LA CROCE, LA NOTTE OSCURA DELL’ANIMA, LE PURIFICAZIONI INTERIORI: LA PAURA ED IL TERRORE SONO LA PROFONDA PENA DEI GRANDI SERVI DI DIO. Edificanti e preziosi consigli spirituali di Don Dolindo Ruotolo.

(L’Agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi)
(La Lotta di Giacobbe con l’Angelo)

Con infinita delicatezza il Signore non solo ci fa custodire dagli Angeli, ma prima di certe grandi tribolazioni ci conforta con un senso di pace interna, effetto proprio della presenza degli Angeli. Chi può immaginare quanto sia grande la bontà di Dio nel custodirci in questo pellegrinaggio di prove e di affanni?

Solo le anime che sono vittime o predilette in modo particolarissimo dal Signore, possono essere lasciate nella desolazione più squallida; ma allora il Signore le sostiene con grazie singolari, anche quando credono di essere nel fondo dell’abisso, rendendo più bella la loro corona.

La paura ed il terrore, dice il Padre Faber, sono la profonda pena dei grandi servi di Dio. Questa pena li rende partecipi dell’agonia di Gesù Cristo nell’Orto, e li rende fecondi di grandi opere soprannaturali. Tra le purificazioni interiori è forse quella che maggiormente demolisce l’io avvicinandolo a Dio; è una pena purificatrice che quando passa, lascia nell’anima un profondo senso di freschezza spirituale.

Quando si è presi dalla paura e dal terrore, l’anima sente uno spasimo interno penosissimo, un incubo che le fa sembrare come se tutti i mali le piombassero addosso; prega, ma a volte trova difficoltà nella stessa preghiera; non vede più Dio, anzi è proprio l’eclissamento di Dio che le produce questo spasimo interno e la riempie di terrore, facendole apparire in tutto il loro peso le insidie e le angustie della carne. Essa allora cerca l’aiuto delle creature, si appiglia alle norme della prudenza umana anche esageratamente, è tentata di scoraggiamento, è incerta nel suo operare.

Tutta questa lotta può sembrare nociva per l’anima ed invece è come vento che spazza da lei ogni veduta umana, la purifica, la prepara a maggiori intimità col Signore, la umilia salutarmente e la rende più adatta alla grazia.

Le vie dello spirito sono misteriose, ed hanno un cammino perfettamente opposto al nostro modo comune di pensare: la fede cresce nelle tentazioni contro la fede, la speranza nelle tentazioni di disperazione, l’amore nelle tentazioni di avversione al Signore stesso, la purezza nelle lotte contro la carne, l’umiltà in quelle d’orgoglio.

Non bisogna spaventarsi di certi stati interiori dell’anima, e bisogna solo pregare e confidare in Dio, anche aridamente, anche senza gustarne la compagnia e la presenza. Ricordiamoci che Gesù Cristo stesso volle provare le angustie del terrore e della paura, e che Egli per primo ricorse all’aiuto degli Apostoli dormienti, perché si trovò come smarrito nel suo immenso dolore. (…)

-COME DIO LOTTA CON NOI. LA VITTORIA È DI CHI SOFFRE-

Anche Dio lotta con l’uomo e l’uomo lotta con lui. È la lotta dell’Infinito Amore che vuol vincerci abbracciandoci, è la lotta delle anime sante che si stringono a Dio con le loro preghiere, e non lo lasciano prima che egli abbia usato misericordia alla terra. La grazia divina lotta con la nostra volontà e con la nostra libertà, e tocca i movimenti della nostra natura per vincerla. Quando Dio non può vincere la sua creatura nella libera volontà che Egli rispetta sempre, allora l’assale nel corpo, come l’Angelo assalì Giacobbe toccandogli il nervo.

Le malattie, le pene, le croci della vita sono i tocchi dolorosi di Dio che vuol vincerci per amore. Dio combatte con le anime che più lo amano, provandole con le afflizioni; ma queste anime non lo lasciano, anzi si uniscono maggiormente a Lui e lo amano di più. Così esse vincono Dio stesso, ed ottengono da Lui la benedizione, cioè una ricchezza più grande di grazia e di amore.

L’Angelo disse a Giacobbe: “Lasciami andare perchè già spunta l’aurora”. Voleva andarsene, non per non essere visto, come dicono alcuni, perchè egli poteva rendersi invisibile, ma piuttosto voleva tentare Giacobbe, facendogli riflettere che spuntando l’aurora, doveva badare agl’interessi materiali ed ai suoi cari. Ma il Patriarca non antepose alla benedizione di Dio i propri interessi, continuò a combattere, e vinse. Anche noi siamo posti alla prova, e la giornata ci si presenta come un tempo indispensabile alle nostre occupazioni temporali. Non ci lasciamo assorbire dalle ansiose preoccupazioni della vita, e pensiamo che la giornata è vana quando non comincia con la benedizione di Dio, quando non è santificata, fin dal suo primo nascere con la S. Messa e con la Comunione Sacramentale.

Quando cala la notte sulla terra, allora comincia un combattimento più aspro tra la creatura e il Creatore, perchè allora si fanno i peccati più gravi. Sorge più forte nell’uomo la natura brutale, e si accentua la lotta delle passioni. Mentre l’uomo lotta col Signore per offenderlo, lottiamo anche noi per ottenere il perdono e la misericordia. Noi vinceremo quando saremo immolati dalla penitenza, quando la carne sarà mortificata, quando l’orgoglio che è come il nervo motore della nostra vita miserabile rimarrà inaridito.

Nel nostro combattimento non dobbiamo scoraggiarci, perché esso dura solo nella notte della vita mortale. Quando spunta la luce divina, il giorno eterno che non conosce tenebre, allora Dio benedice le sue creature fedeli che hanno sofferto in vita, e le introduce nella gloria eterna. Guardiamo il Crocifisso; Egli è il lottatore divino che ha vinto col dolore, con le piaghe, con le spine, con la morte, e noi dobbiamo essere immagine sua, dobbiamo abbracciare la nostra Croce e dobbiamo seguirlo per ottenere la vittoria dell’amore.

Nella lotta interiore dell’anima, quando si fa in noi una fitta oscurità, e l’uomo vecchio combatte contro l’uomo nuovo, l’unico mezzo per vincere è il dolore, è la crocifissione della carne con tutte le sue concupiscenze. Nella notte mistica del cuore, in quelle oscurità angosciose che Dio dona solo alle anime privilegiate, in quelle notti nelle quali Egli appare eclissato, e quasi come un avversario, come un combattente che tocca l’anima e la colpisce con molti dolori, quasi volesse allontanarla da Sé, l’anima deve essergli fedele, avvincendosi a Lui fino all’ultimo, anche nello spasimo atroce che la fa apparire come inerte ed incapace di ogni movimento.

Essa si vede come strappata da Dio, crede di essere peggiorata, non si riconosce più, perché non trova più in se stessa gli slanci del suo primitivo fervore; ma se rimane ferma nell’angosciosa prova e non lascia il suo Signore, si trova mutata in una novella creatura. Dio le cambia il nome, cioè le dà una novella vita, ed essa si trova veramente a Fanuel, “in faccia a Dio”, in una comunicazione più intima col suo Creatore, in un oceano di dolcissimo amore.

Signore Gesù, dà forza alle anime che combattono per possedere il tuo amore, perchè il loro combattimento è arduo. Stringile al tuo Cuore, rendile piene di fiducia in Te solo, e fa’ che esse, provate dalle angustie, non cedano alla tentazione, ma unite più intimamente a Te, non ti lascino mai, fino al conseguimento dell’eterna benedizione.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)

San Lorenzo Giustiniani: “Sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne”

 

Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9, 23).

 

San Lorenzo Giustiniani, commento:

“Quanto un uomo possa amare Cristo lo si può sapere pienamente dalla generosità che pone in questa sua lotta spirituale (contro la carne). Si trovano, invece, cristiani che danno anche i loro averi ai poveri, mortificano nel digiuno il loro corpo, vanno pellegrini per il Signore, si espongono ad ogni fatica e pericolo, ma lasciano indomite le loro concupiscenze.

Eppure il Signore ha detto: <<Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua>> (Lc 9, 23). E sappiamo che rinnegare se stessi e prendere la croce sulle proprie spalle non vuol dire altro che rinnegare tutti i desideri della carne, che contrastano con l’anima e profanano la coscienza. Dentro di noi allora e contro di noi Egli ci indica di lottare, se vogliamo avere la speranza dell’eternità e del Cielo.”

(San Lorenzo Giustiniani, da “Opuscoli Spirituali”)

Pseudo-Macario (San Macario il Grande) : Con un cuore umile e povero “Il Peccato, la Grazia e il Libero Arbitrio”

 

PSEUDO-MACARIO (SAN MACARIO IL GRANDE) : CON UN CUORE UMILE E POVERO “IL PECCATO, LA GRAZIA E IL LIBERO ARBITRIO”

1. Il vaso prezioso dell’anima si trova a grande profondità, come è detto da qualche parte: Egli scruta l’abisso e il cuore. Quando l’uomo infatti si fu allontanato dal comandamento e si trovò sotto una sentenza di collera, il peccato lo ridusse in suo potere, e il peccato è come un abisso di amarezza, sottile e profondo; penetrato nell’uomo, prese possesso dei pascoli dell’anima fin nei più profondi recessi. Potremmo paragonare l’anima e il peccato unito ad essa a un albero enorme dai molti rami, le cui radici sono immerse nelle profondità della terra; allo stesso modo il peccato, penetrando nell’anima, ne ha occupato i più profondi recessi, è diventato abitudine e predisposizione, è cresciuto con ciascuno dall’infanzia sviluppandosi con lui e insegnandogli il male.

2. Quando l’energia della grazia divina ricopre l’anima nella misura della fede di ciascuno e questa accoglie l’aiuto dall’alto, la grazia ricopre l’anima ancora parzialmente. Nessuno pensi che tutta l’anima sia illuminata. Dentro di essa resta ancora molto spazio per il peccato e sono necessarie all’uomo molta pena e fatica per accordarsi alla grazia che ha ricevuto. Per questo motivo la grazia divina iniziò a visitare l’anima parzialmente, pur potendo purificare l’uomo e portare a compimento la sua opera in un istante; fa così per mettere alla prova la libera volontà dell’uomo e vedere se mantiene integro l’amore di Dio e in nulla si unisce al malvagio, ma consegna tutto se stesso alla grazia. E così l’anima, che nel tempo ha dato buona prova di sé e non ha contristato in nulla la grazia, né le ha arrecato offesa, a poco a poco riceve aiuto. E la grazia stessa prende posto nell’anima e si radica nelle regioni e nei pensieri più profondi quando l’anima offre molteplici e buone prove e corrisponde alla grazia, finché viene tutta avvolta dalla grazia celeste che finalmente regna in essa.

3. Ma se uno non possiede una grande umiltà, viene consegnato a Satana e spogliato della grazia divina venuta a lui, e subisce la prova di numerose tribolazioni, e allora appare manifesta la sua presunzione perché egli resta ignudo e miserabile. Chi è ricco della grazia di Dio deve custodirsi in grande umiltà e contrizione di cuore e ritenersi un povero, uno che nulla possiede. Ciò che ha, infatti, non gli appartiene, un altro glielo ha dato e, quando vuole, glielo toglie. Chi si umilia in questo modo davanti a Dio e agli uomini può custodire la grazia che gli è stata data, come dice il Signore: Chi si umilia sarà innalzato. Anche se è un eletto di Dio, si consideri riprovato e, pur essendo fedele, si reputi indegno. Tali anime infatti sono gradite a Dio e sono vivificate nel Cristo, al quale è gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Sforzati dunque di piacere al Signore attendendolo sempre dentro di te (…). E vedi come viene a te e stabilisce la sua dimora presso di te. Quanto più unifichi il tuo cuore per la ricerca di lui, tanto più egli è costretto dalla sua compassione e dalla sua bontà a venire a te e a riposare in te. Egli sta a guardare il tuo cuore, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti (…).

 
(Tratto da PSEUDO-MACARIO, Spirito e fuoco, ed. Qiqaion a cui si rimanda vivamente per l’approfondimento)

 

 

Pseudo Macario, Consigli spirituali:

“Il Cristianesimo è cibo e bevanda; quanto più uno se ne nutre, tanto più dalla sua dolcezza la mente è attratta trovandosene sempre insaziabilmente bisognosa. In verità lo Spirito è cibo e bevanda che mai dà sazietà.

Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti Il volto, cosicchè quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae: ma se il re è girato dalla parte opposta, il pittore non può compiere l’opera sua, perchè il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati. Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà in se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinchè nel nostro intimo si imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.”

(Pseudo Macario, Consigli spirituali)

 

« La sua casa siamo noi » (Eb 3, 6)

Il Signore si stabilisce in un’anima fervente. Fa di essa il suo trono di gloria, vi si siede e vi dimora… Come la casa abitata dal suo padrone è tutta grazia, ordine e bellezza, così l’anima con la quale e nella quale il Signore dimora è tutta ordine e bellezza. Possiede il Signore e tutti i suoi tesori spirituali. Egli ne è l’abitante, ne è il capo.

Invece, orrenda è la casa il cui padrone è assente, il cui Signore è lontano ! Va in rovina, crolla, si riempie di sozzure e di disordine. Diventa, secondo la parola del profeta, un covo di serpenti e di demoni (Is 34, 14). La casa abbandonata si riempie di gatti, di cani, di immondizie. Com’è infelice quell’anima che non può rialzarsi dalla sua caduta funesta, che si lascia trascinare e giunge ad odiare il suo sposo e strappare i suoi pensieri da Gesù Cristo !

Ma quando il Signore la vede raccogliersi e cercare giorno e notte il suo Signore, gridare verso di lui com’egli stesso la invita : « Pregate sempre, senza stancarvi », allora « Dio le farà giustizia » (Lc 18, 1.7) – l’ha promesso – e la purificherà da ogni cattiveria. La farà sua sposa « senza macchia, né ruga » (Ef 5, 27). Credi nella sua promessa ; è verità. Guarda se la tua anima ha già trovato la luce che rischiarerà i suoi passi e il Signore che è suo cibo e bevanda. Queste cose ti mancano ancora ? Cercale giorno e notte, le troverai.

(Pseudo-Macario,Omelia 33 ; PG 34, 741-743)

Noi siamo crocifissi al mondo e Cristo è crocifisso in noi: “A Cristo crocifisso appartiene solo chi ha crocifisso nel suo corpo i piaceri carnali e vive santamente per il Vangelo”

La croce nell’anima

“Quando parlo della croce, non penso al legno, ma al dolore. In effetti questa croce si trova nella Britannia, in India e su tutta la terra. Cosa dice il Vangelo? Se non portate la mia croce e non mi seguite ogni giorno… (Lc. 14, 27). Notate cosa dice! Se un animo non è affezionato alla croce, come io alla mia per amor vostro, non può essere mio discepolo. Felice colui che porta nel suo intimo la croce, la risurrezione, il luogo della nascita e dell’ascensione di Cristo! Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore, Cristo nasce ogni giorno! Che significa del resto “Betlemme”? Casa del pane. Siamo anche noi una casa del pane, di quel pane che è disceso dal cielo. Ogni giorno Cristo vien per noi affisso alla croce.

Noi siamo crocifissi al mondo e Cristo è crocifisso in noi. Felice colui nel cui cuore Cristo risuscita ogni giorno, quando egli fa penitenza per i suoi peccati anche i più lievi. Felice chi ascende ogni giorno dal monte degli ulivi al regno dei cieli, ove crescono gli ulivi rigogliosi del Signore, ove si eleva la luce di Cristo, ove si trovano gli uliveti del Signore. Sono come un olivo fecondo nella casa di Dio (Sal. 51, 10). Accendiamo anche la nostra lampada con l’olio di quell’olivo e subito entreremo con Cristo nel regno dei cieli.”

(San Girolamo, Commento al Salmo 95)

“Anche l’apostolo Pietro, a proposito di questo mistero della croce, cioè dei dolori di Cristo, ricorda che coloro i quali a lui si consacrano devono cessar di peccare. Dice infatti: Poiché dunque Cristo patì nella carne, anche voi armatevi del medesimo pensiero, che chi ha patito nella carne l’ha finita col peccato, per vivere, nel tempo che gli rimane di vita corporale, non ai piaceri umani, ma alla volontà di Dio… (1 Pt. 4, 1 s.).

Con ciò mostra, rettamente, che a Cristo crocifisso, il quale ha patito nella carne, appartiene solo chi ha crocifisso nel suo corpo i piaceri carnali e vive santamente per il Vangelo.”

(Sant’Agostino, La fede e le opere, 9, 14-10, 15)

“Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità e rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.”

(San Leone Magno, Sermoni)

“Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l’arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l’esecuzione dei criminali fa fremere d’orrore, immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l’arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone (cf. Ap. 12, 1 ss.; 20, 1 ss.).”

(San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo)

Gesù rivela a Santa Brigida l’esistenza e l’eternità dell’ INFERNO : “La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa.” “Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

Parla Gesù Cristo:

La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa. Ma perché non sia del tutto dimenticata e abbandonata la mia via, alcuni amici miei per il desiderio della patria celeste passano ancora per essa, come uccelli svolazzanti di pruno in pruno, e quasi di nascosto e servendo per timore, perché passare per la via del mondo sembra a tutti felicità e gioia. Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga; ora grido nel deserto, cioè nel mondo, agli amici miei, che estirpino le spine e i triboli dalla via del Cielo e la propongano agli altri. Sta scritto infatti: Beati son quelli che non mi videro e mi credettero. Così son felici quelli che ora credono alle mie parole ed eseguono le mie opere. Io infatti son come una madre che va incontro al figlio errante, gli porge la lucerna sul sentiero, perché veda il cammino e gli va incontro per amore, accorciandogli il tratto, e s’avvicina e l’abbraccia e si congratula con lui. Così son io con tutti quelli che a me tornano, e andrò incontro con amore ai miei amici e illuminerò il cuore e l’anima loro di sapienza divina. Voglio abbracciarli con ogni gloria e con l’adunanza celeste, dove non c’è il Cielo di sotto e di sopra o la terra di sotto, ma la visione di Dio, in cui non c’è cibo né bevanda, ma il celeste diletto.

Ai cattivi invece s’apre la via dell’inferno, ove caduti non ne usciranno mai più: privati della gloria e della grazia, saranno pieni di miseria e di obbrobrio sempiterno. Perciò dico queste cose e metto in mostra la mia carità, affinché tornino a me, quelli che mi abbandonarono e riconoscano che sono io il Creatore, quello che hanno dimenticato. E perciò questi fossi son larghi e profondi: larghi, perché la volontà di tali uomini è da Dio lontana in lungo e in largo; e sono anche profondi, perché contengono molti nel profondo inferno. Perciò questi fossi bisogna oltrepassarli d’un salto. Cos’è infatti il salto spirituale, se non il distacco del cuore dalle vanità e l’ascesa dalle cose terrene al Regno dei cieli?

Ecco, io mi lamento che vi siete da me allontanati e dati al diavolo mio nemico, voi avete abbandonato i miei comandamenti e seguite la volontà del diavolo e obbedite alle sue suggestioni, non pensate ch’io sono l’immutabile ed eterno Dio, vostro Creatore. Venni dal Cielo alla Vergine, da Lei assumendo la carne e ho vissuto con voi. Io in me stesso vi ho aperto la via e vi ho dato i consigli, con i quali andare al cielo. Io fui denudato e flagellato e coronato di spine e tanto stirato sulla croce che quasi tutti i nervi e le giunture del mio corpo furono staccati. Io ho sopportato tutte le ingiurie e l’ignominiosissima morte e l’amarissima ferita al mio cuore per la vostra salvezza.

A tutto questo, o miei nemici, voi non fate attenzione, perché siete stati ingannati. Perciò portate il giogo e il peso del diavolo con falsa gioia e non sapete né sentite queste parole, prima che arrivi lo smisurato dolore. Né vi basta questo, ma è tanta la vostra superbia che, se poteste porvi sopra di me, lo fareste volentieri. E tanta è in voi la voluttà della carne, che volentieri preferireste far senza di me, piuttosto di lasciare il disordine della vostra voluttà. E poi la cupidigia vostra è insaziabile, come un sacco senza fondo, perché non v’è niente che possa soddisfarla.

Giuro perciò – per la Divinità mia – che se morirete nello stato in cui vi trovate, mai vedrete il mio volto. Ma, per la vostra superbia, sprofonderete giù nell’inferno, in modo che tutti i diavoli vi saranno addosso per tormentarvi desolatamente. Per la lussuria poi sarete ricolmi d’un diabolico veleno. E per la cupidigia vostra sarete saziati di dolori e angustie e soffrirete ogni male che è nell’inferno.

O nemici miei, abominevoli e ingrati e degeneri, io sembro a voi come un verme morto nell’inverno, perciò fate tutto ciò che volete e prosperate. Per questo sorgerò contro di voi nell’estate e allora piangerete e non scamperete alla mia mano. Tuttavia, o nemici, poiché vi ho redenti col sangue mio e non chiedo che le vostre anime, tornate umilmente ancora a me e di buon grado vi accoglierò come figliuoli. Scuotete da voi il pesante giogo del diavolo e ricordatevi dell’amor mio e nella coscienza vostra vedrete che io sono soave e mansueto.

Rivelazioni di Gesù Cristo a Santa Brigida: “Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

 

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazienza, affinché l’umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, perché l’umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l’esempio. Ho dato all’uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l’uomo, perciò, deve lodarmi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l’ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri della carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compassione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidassero l’unità divina e la concordia. Se ho dato all’uomo il riposo del corpo, l’ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l’anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

«Ho dato all’uomo il libero arbitrio, affinché abbandonasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l’affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemente buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall’uomo, o per metterlo alla prova, o ancora per l’utilità degli animali e affinché l’uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccelle in felicità. Ma, poiché l’uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole. La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l’amore dell’obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici – considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensando a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la perversità che anima il mondo -, chiedono con maggior decisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con sufficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tuttavia raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimettono la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribolazioni e, sebbene al momento essi non capiscano completamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V, 1, Interrogazione 6

 

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendole: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri vari e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «È questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che svariati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tuttavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da corona per l’anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell’astinenza e nella presunzione della grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, ebbene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c’è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente.

Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all’uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infatti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l’insensibilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di meritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di compiere il male, perché fai anche del bene; quand’anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commessi, né soddisfare Dio, l’amore che nutre nei tuoi confronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si insinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedire loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza cadere, permane nella virtù dell’unico Dio.

Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano abbandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: essi, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi vedere in quest’anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acuito con la consuetudine, fidando in qualche buona azione compiuta, senza considerare che io giudico ogni minima cosa; così l’anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto approssimarsi il Giudizio e la fine dell’esistenza. Per questo, al volgere della vita, d’un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall’altra sapeva che Dio soffriva e che l’avrebbe attesa sino all’ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abbandonare la volontà libertina che la spingeva a commettere il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l’anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato secondo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l’anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l’anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

 

Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quando la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell’influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spirito Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco».

 

Disposizione interiore dell’anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l’anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l’anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l’intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte preziosa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell’intelligenza. Altri ancora hanno l’intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece sono fiorenti nell’anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l’intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo protegge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l’uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva.

Allo stesso modo l’anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ardente come un cuore acceso, in modo che essa non desideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diversamente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta disposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secondo l’ordine della divina Provvidenza, con saggezza e utilità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contrizione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D’altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui progredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l’anima assapora nella carità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conseguenza, così come l’uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l’anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell’anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della divina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell’anima, essendo la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c’è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell’anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l’anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l’anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l’anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l’anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115

 

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l’uomo; ma questi abusa di ognuna di esse a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l’ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchiodato, flagellato e incoronato; l’altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi diedero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d’oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di peccare; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incoronano con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la dolorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credono uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l’intero mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale vedere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi indietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall’incomparabile amore che provo per l’uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed ella rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore riprese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi dovrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ricevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene?

Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la sedia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i desideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è contro l’ordine naturale delle cose essere sempre nella medesima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

(Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia)

 

Parole di Gesù a Beata Alexandrina da Costa: «Voglio molte anime eucaristiche…Che mi invochino per gli infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che hanno un’ anima da salvare e un’eternità li aspetta tra breve»

Parole di Gesù a Beata Alexandrina da Costa:

 

«Figlia mia, la sofferenza, la Croce è la chiave del Cielo. Ho tanto sofferto per aprire il Cielo all’umanità e, per molti, inutilmente.

 Dicono: – Voglio godere, venni al mondo soltanto per questo, voglio soddisfare le Mie passioni.

 Dicono: – Non esiste l’inferno! – Io sono morto per loro e dicono che non Me lo avevano chiesto, e contro di Me pronunciano eresie e bestemmie. Per salvarli Io scelgo anime e metto sulle loro spalle la Croce e Mi assoggetto ad aiutarle. Felice l’anima che comprende il valore della sofferenza! La mia Croce è soave se è portata per amore Mio». (L p. 60)

 «Vengo a chiederti ciò che in nome mio venne a chiedere a Fatima la Mia Madre benedetta: penitenza, orazione, emendamento di vita. Dammi il tuo dolore, placa la giustizia di Mio Padre, ripara il Mio Divin Cuore. Lo esigono i peccati di lussuria, le iniquità degli sposi, delle anime pie a Me consacrate». (S p. 56)

 «La purezza, la castità è il fior fiore (delle virtù), è quello che Mi incanta di più. Poiché sei veramente pura, vengo alla tua purezza a chiedere riparazione per gli impuri e la riparazione per le famiglie.

 Quale dolore per me!

 Le famiglie profanano il grande Sacramento del Matrimonio. Peccano, e io a vederli peccare! Peccano alla mia Divina Presenza. Io volto le spalle, nascondo il mio volto. Non hanno vergogna di me, mi vergogno Io di loro. Riparami, riparami per tante anime folli, che, mostrandosi nude invitano al peccato, mi offendono gravemente». (S p. 331)

 «Io piango, Io piango, mia cara figlia per non poter aiutare di più i miei figli. Io li amo ed essi non mi amano; Io li voglio ed essi non Mi vogliono; voglio perdonare loro ed essi non vogliono il Mio perdono!».

 «Sono il tuo Maestro. Felice te se imparerai bene le mie lezioni e le metterai bene in pratica! Ho stabilito in te la Mia dimora. Sei un Tabernacolo non costruito da mani umane, ma da mani divine…

 …Cercami nei Miei Tabernacoli, così Mi consolerai molto; ma cercami (anche) dentro di te, nel Tabernacolo della tua anima che lo ho preparato per Mia abitazione. Là Mi troverai… lo desidero ansiosamente che tu impari le Mie lezioni, ed io ho molto da insegnarti, e tu hai molto da imparare affinché molti vengano ad imparare da te le stesse lezioni, calcando le stesse orme per seguire gli stessi cammini». (Lp.40)

 «Io voglio molte anime eucaristiche: io voglio anime, molte anime che stiano attorno ai Tabernacoli, che volino a Me come le rondinelle a stormo volano verso i loro nidi. (S p. 143, 48)

 Che mi chiedano tutto ciò che vorranno davanti a Me, nella Santissima Eucaristia: è da là che viene il rimedio per tutti i mali. Che mi invochino per gli infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che hanno un’ anima da salvare e un’eternità li aspetta tra breve». (L p. 84)

 

«O sposa cara, Io sono qui nel Tabernacolo del tuo cuore… Tu sei il Tabernacolo ove abito giorno e notte senza assentarmi. Tu sei l’ostia che con Me si immola, tu sei l’ostia con la quale le anime comunicano con me.  Tu vivi con Me nell’Eucaristia, vivi la Mia Vita. In questa immolazione continua, in questa unione indissolubile, in questa vita tanto mistica e Divina, le anime Mi ricevono attraverso te».

 «Vuoi consolarmi? Vuoi consolare il Santificatore della tua anima? Sai chi è? È il tuo Gesù! Va’ ai Tabernacoli! Va’ a praticare opere di Misericordia. Va’ a consolare i tristi. lo sono tanto triste! Sono tanto offeso! Va’ al tuo compito: soffrire, amare, riparare». (L p. 48)

 «Obbedienza al Papa, obbedienza alla Chiesa». (S p. 356)

 «Figlia Mia, non giudicarmi assente da te, perché mai ti abbandono. In te abita sempre la Santissima Trinità, credi nella Mia Presenza Sacramentale in te, perché mai, mai ti abbandono». (L p. 125)

 «Con il tuo dolore, figlia Mia! Soltanto con il dolore le anime rimangono attaccate alle fibre della tua anima e poi si lasceranno incendiare i cuori nel Mio Amore. Lascia che questi raggi delle Mie Piaghe Divine penetrino nelle tue piaghe nascoste, nelle tue piaghe mistiche. Lascia che il Mio balsamo le addolcisca, come anche le spine del tuo capo. Tu non vivi la vita del mondo, anche se sei nel mondo. Vivi la Mia Vita Divina…». (S p. 370)

 «Tieni nelle tue mani la Croce, stringila forte al cuore. L’umanità intera rimarrà dentro al Rosario. Parla alle anime, parla loro del Rosario e dell’Eucaristia. Rosario, Rosario, Rosario! Eucaristia, il Mio Corpo, il Mio Sangue! L’Eucaristia con le Mie vittime: ecco la salvezza del mondo…-».

 

«Che trionfo la tua entrata in Cielo! Le anime che salvasti col tuo martirio, strette al Rosario, alle perle innumerevoli delle tue virtù e all’ombra del tuo manto, canteranno, loderanno il Signore per averti creata. (S pp. 424, 443)

 Subito dopo la tua entrata in Cielo, andrai verso il Trono della Santissima Trinità, farai scendere rugiade fecondatrici, piogge di benedizioni e di grazie… Su quanti ti sono cari e su quanti invocheranno il tuo aiuto, lascio che tu mandi una pioggia di pietre preziose. Ti darò tutto quello che mi chiederai.

 Figlia Mia, dove sta scritto tutto quanto è Divino. In te impareranno ad amare, in te impareranno a soffrire, in te impareranno a conoscere come Io Mi comunico alle anime.

 lo vorrei, sposa cara, che la tua vita venisse diffusa, arrivando presto ai confini del mondo, come pioggia di belle rose cadute dal Cielo: quale pioggia di meraviglie, quale balsamo di salvezza per le anime».