Considera, anima di Dio, come è sommo beneficio del Signore metterti nello stato della desolazione, per I’esercizio di mille eroiche virtù, che in quello si esercitano; per i grandi meriti che si acquistano, e per gli avanzamenti meravigliosi che fa lo spirito in tali patimenti, senza che neppur se ne accorga l’anima mentre patisce.
Preparati intanto e sappi che, se sei assai cara a Dio, verrà un giorno in cui ti troverai nel travaglioso tempo della tempesta: quando il Signore vorrà mettere alla prova la tua virtù per scorgere se veramente lo ami, e se quelle grandi offerte che ora gli fai, e quelle magnanime espressioni siano vere. E allora lo darai a conoscere, quando ti vedrai arida, afflitta, travagliata, e tentata; quando il tuo cuore sembrerà divenuto un macigno, sconvolte le potenze e ribellati i sensi. Allora, la fantasia ti porrà innanzi mille inezie, fantasmi, apprensioni, terrori, bruttezze; la memoria si ricorderà di tutto ciò che non vorrebbe; I’intelletto si fisserà su cose disordinate, impertinenti e noiose; la volontà sarà stimolata ed inclinata al male, e talvolta alla vanità, ai piaceri, al mondo, alle cose della terra; i sensi saranno come tanti cani affamati, gli appetiti saranno sfrenati, il fomite si solleverà, la concupiscenza bollirà e farà sentire al cuore i moti più violenti dell’irascibile e del concupiscibile; le passioni si porranno in rivoluzione, la parte inferiore si armerà, starà in guerra, strepiterà, metterà tutto in scompiglio, in confusione, in tumulto: tutto ciò, che non è Dio, ti sarà sempre innanzi, e tutti i sentimenti di Dio non si faranno sentire. Il cuore nulla proverà di conforto, ma la volontà, aiutata sensibilmente dalla grazia, si manterrà salda nel non cedere, nel non consentire, sebbene sia all’oscuro e operi con la parte superiore dell’anima, in cui sta il volere e il non volere, tutto il merito e il demerito.
I demoni si scateneranno, ed a misura di quella libertà data loro da Dio, faranno ogni sforzo per abbattere l’anima; useranno astuzie, frodi, inganni, suggestioni; susciteranno ogni sorta di perversi pensieri, terrori, tentazioni, motivi contro la fede, di diffidenza, di bestemmia, di odio contro Dio, per indurre l’anima alla disperazione. Gli uomini ti saranno contrari, ti perseguiteranno, ti mortificheranno, ti copriranno di confusione, tutti ti abbandoneranno, non avrai più di chi fidarti in terra. Addio parenti, addio amici…
Patirai ancora malattie, infermità, debolezze, dolori, povertà, col mancamento d’ogni bene temporale. E ciò che recherà maggior pena, sarà che il cielo sembrerà divenuto per te di bronzo, il cuore s’indurirà, come una pietra, la mente si vedrà tutta coperta di tenebre; non comparirà uno spiraglio di luce a tuo favore: diverrai gravosa, fastidiosa, tediosa, pesante a te stessa, contraria, contraddicente e confusa nel viver tuo; terrori e timori con te non mancheranno. E quel Dio, che è amore e bontà infinita, apparirà agli occhi tuoi tutto rigore, come giudice severo che perseguita il peccato e il peccatore.
Andrai all’orazione, ma ti sembrerà di non poter fare orazione, e ti vedrai in confusione. Cercherai Dio presente, ma non lo troverai; vorrai raccoglierti, ma ti distrarrai. Supplicherai il Signore, e ti sembrerà che non ti esaudisca, che ti scacci e ti rigetti da se. Invocherai Maria, chiamerai i Santi, esclamerai pietà, ma non sentirai conforto e sollievo: ti sembrerà chiuso per te il Paradiso; ti stimerai come da tutti abbandonata.
Ti accosterai alla comunione, andrai a confessarti, ma senza sentimenti di pietà e di contrizione, diverrai come un corpo senz’anima, come un’anima senza spirito, come un legno duro ed insensato: il corpo languente aggraverà lo spirito che, desolato, non darà alcun sollievo al corpo languente. Ti eserciterai nelle opere di misericordia, praticherai gli esercizi di devozione, ma come per necessità e per abitudine, quasi fuor di te, come senza cuore, e ti sembrerà tempo perduto. Dove sono gli amorosi sospiri, dove le fervorose esclamazioni, dove gli ardenti desideri dei beni eterni, dove i teneri sentimenti, dove I’ardore della carità?
Crederai, ma come non credessi; spererai, ma come non sperassi; amerai Dio, ma come non lo amassi; e per compimento del tuo penare, ti riconoscerai inetto a vivere e non buono a morire: avrai a tedio la vita e temerai la morte. Non avrai nemmeno lo sfogo per poter piangere questa vita, che ti sembra una gran disgrazia.
Ah mio Dio! So che la mia volontà fermamente crede in Voi, e pare che vi manchi di fede. Sto certo, che Voi siete tutta la mia speranza, che mi proteggete sotto le ali della vostra protezione, e pure sembra mancarmi il cielo e la terra. Intendo, che non cerco altro, e non desidero altro, se nọn Voi, nonostante tutto sembra solo che da Voi fugga e mi allontani. So che mi amate: devo sperarlo, e lo spero! Nondimeno mi sembra, come se mi scacciaste da Voi!
Anima di Dio, non ti lagnare, non ti rattristare, non diffidare. Le tue pene, i tuoi travagli, le tentazioni, le desolazioni del tuo spirito non sono arrivati a tal segno; e pure non sai un poco soffrire per amore del tuo Gesù, che ha tanto sofferto per amor tuo. Ah questo malvagio amor proprio, che cerca sempre il suo comodo, vuol trovare il suo pascolo e star in possesso di sua proprietà; anche nelle opere più spirituali e più sante, quest’amor proprio è l’origine e la cagione di tanti disordini. Anima troppo delicata e sensibile, deh prega il Signore che ti rassodi, ti purifichi, e cambi le tue tenaci inclinazioni anche in ciò che ha l’apparenza di virtuoso e di buono: dove tanto maggiore è il pericolo, quanto l’inganno è più occulto. E quale maggior beneficio può darsi, che esser trattata dal caro Padre celeste come trattò il suo dilettissimo Unigenito Figliuolo, il quale lo caricò di dolori, lo sazio’ di obbrobri, lo annegò in un mare di pene?
L’amante Gesù tratta le anime sue dilette in quella maniera che egli fu trattato dal celeste suo Genitore. Croci ricevette, e croci dona a chi ama; ricevette spine, fiele, aceto, e di questi regali onora i suoi servi più cari e più fedeli. Fu Gesù crocifisso, morto e seppellito; e così, ancora vivi, ama veder crocifissi al mondo i suoi amatissimi eletti: mortificati nelle passioni, seppelliti a tutte le cose create, a tutto ciò che sa di terra e di amor proprio.
Eccoti, o anima, le visioni, le estasi, le rivelazioni, le profezie, le alte intelligenze, i doni sovrumani che devi desiderare, se vuoi esser perfetta: dico le spine, i chiodi, le pene, le desolazioni, le amarezze, i dolori, il fiele, l’aceto, e la croce del tuo Gesù. Alla croce abbracciati, nella croce riposa, la croce sia nel tuo cuore, né altro cercare che pene e croci in questa vita mortale. Ricordati che i forieri delle grandi misericordie di Dio, sono le grandi croci ed i molti travagli. Quando il Signore vuole esaltare molto l’anima, molto la umilia. Se desideri dolci lumi e soavi consolazioni di spirito, estasi, rivelazioni ed alte contemplazioni, sappi però, che a chi ben l’intende, basta la fede, il vangelo, e adempiere la volontà del suo Dio con l’abnegazione di sé stessa. La maggior grazia che possa fare il Signore alle anime, è fondarle appieno nelle vere e perfette virtù. In fede lo Sposo celeste sposò le anime amanti sue dilette, di cui sta scritto: “Ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Osea 2, 22). E ben si può dire d’ogni anima illuminata che cammini in viva fede, e tutte le opere sue siano nella fede appoggiate.
Resta dunque persuasa, che i gusti e le consolazioni del cielo non sono il tuo fine, ma mezzi per distaccare le anime dal mondo, dalle vanità, dalle creature, ed affezionarle a Dio, ed alle cose eterne. Chi appoggia il suo ben vivere in quei godimenti di spirito, e da quelli è mosso ad esercitare virtù sante, se quelli mancano, come sogliono mancare, ecco I’anima dissipata e l’edificio a terra. Laddove chi ben vive e santamente opera, col solo riguardo a Dio ed appoggiato nella fede, se ogni altra cosa vien meno, Dio è sempre lo stesso, e la sua santa fede non può mai mancare. Dunque, rimane sicura l’anima sempre ferma nel suo santo proposito e sempre risoluta nella carriera del divino volere.
Divinamente parlò il Padre Granata, quando disse: “La vita evangelica, ben considerata in ogni sua parte, altro non è che una continua croce”. E qual cosa poteva trovarsi di più convenevole al cristiano che una foggia di vita che sia tutta croce, come quella in cui visse e morì il Figliuolo di Dio? La croce dunque è il più conveniente rimedio alle nostre infermità. La vita cristiana è il fine delle fatiche e delle pene tollerate per noi da Cristo; sicché noi, seguendo le sue dottrine ed i suoi divini esempi, potessimo condurre vita grata e cara agli occhi di Dio. Dico, dunque, che la vera vita cristiana, non è quella che si pratica da chi attende a sollazzarsi ed a godere con la corrente del mondo, ma quella che condusse Gesù Cristo con i santi Apostoli, le cui fatiche, dolori, travagli e pene, furono così grandi che uno di loro disse: “Siamo divenuti spettacolo a Dio, agli angioli, ed agli uomini” (San paolo).
Da ciò ben può conchiudersi, come la vita del Vangelo è dolore, è croce: vita tessuta di tormenti, che affliggono I’anima e il corpo degli eletti di Dio. II Venerabile P. Avila così scrisse a Santa Teresa di Gesù: “Non è cosa nuova alla bontà del Signore, trasformare dei cattivi in buoni, e dei gran peccatori in grandi santi, con dar loro molti lumi e gusti celesti, come l’ho io stesso veduto. E chi vuol mettere limite alla bontà di Dio? Tanto più che queste consolazioni sensibili non si danno per merito, né per essere uno più virtuoso e più forte. Ma anzi, spesso, si donano ai più deboli e fiacchi; e come che quel godere non fa sempre I’anima più santa, non si dà perciò sempre ai più santi”.
Caro mio Dio, Voi siete stato, Voi siete, e Voi sarete tutta la ragione della mia speranza, l’unico oggetto degli impegni e desideri miei, quantunque oppresso mi vegga, ed annegato di pene, sotto la vostra meravigliosa mano che mi flagella. Sì, mio Signore, provveditore sapientissimo delle anime nostre, questa sia tutta la mia consolazione, vedermi in tale stato; purché non vi offenda e la vostra divina Maestà resti onorata, compiaciuta e glorificata nel mio penare. Ah, Padre celeste, forma sopra di me viva viva l’immagine del tuo caro divino Figliuolo. Fallo, Eterno Dio, per amor di Gesù Cristo, guarisci ad ogni costo quest’anima, purga i miei affetti disordinati, santifica le mie potenze, perfeziona le mie opere e azioni, attira a Te tutto me, tutto il mio cuore: sia pur col ferro, sia pur col fuoco, comunque a Te piace, purché tuo sia: Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum.
O divina Sapienza, quanto sono profondi i vostri giudizi, quanto è ammirabile la vostra provvidenza, quanto amabile la vostra condotta! O me sconoscente ed ingrato! O me cieco, ed ignorante! Credevo, amato mio Signore, che fosse a Voi più cara quell’anima, la quale più godeva del vostro dolce e tenero amore, che era da Voi più soavemente trattata. Ed io mi ritenevo per aborrito e castigato dalla vostra giustizia, perchè mi sentivo duro, arido, desolato, atterrito, spasimante e trafitto da tali pene: chiamavo supplizi le vostre dolorose visite, e sembrava che odiaste in me i miei disordini. Ma ora alla luce di queste divine verità, ben mi accorgo del mio errore, conosco e confesso che le vostre più segnalate grazie, le finezze più sviscerate del vostro altissimo amore, sono nel caricare le anime di tribolazioni e di pene.
Infinita Bontà, infinita Misericordia, infinito Amore, sommo mio e vero Benefattore, io vi ringrazio, vi glorifico, vi benedico, e vi adoro. Quanto vi devo, amabile mio Dio, quanto vi devo! Eccomi tutto rassegnato nelle vostre mani, tutto pronto agli ordini della vostra adorabile provvidenza, disponete di me, come vi piace, fate di me quel che volete: mentre io altro non voglio, altro non desidero e non cerco, se non quello che voi ordinate; ed altro a me non piaccia in eterno, se non ciò che piace alla vostra Maestà. La vostra volontà sia tutta la regola del mio vivere, sia tutto il mio contento. Intanto mi assista con amore la vostra protezione, mi guidi la vostra direzione, mi conforti la vostra grazia: sicché forte e costante nelle pene, nelle desolazioni, nelle confusioni, nelle agonie, nella morte, non manchi la mia fede, non venga meno la mia speranza, non si rallenti il mio amore, non cessi il mio zelo, e sotto i colpi più dolorosi e più amari della vostra mano divina, canti lodi e ringraziamenti a voi, mio sommo Benefattore. Spero bensì, nell’immensa vostra pietà, se così a voi piace, che un giorno abbia ancor io cantar col Profeta, che l’abbondanza delle divine consolazioni riempirà di gioia e di contento I’anima mia, a misura della moltitudine dei miei dolori: “Quand’ero oppresso dall’angoscia, il tuo conforto mi ha consolato” (Salmo 93, 19).
Così sia sopra di me e sopra tutte le anime elette, amato Dio. Resta dunque, anima di Dio, cantando con quel divoto profeta, e dando fede e coraggio a te stesso: confortati nel Signore.
(Beato Gennaro Maria Sarnelli, da “L’anima desolata confortata a patir cristianamente” Napoli 1852)
DIO NON È MAI TANTO VICINO A NOI PER CONSOLARCI COME QUANDO SEMBRA PIÙ LONTANO: Quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore. Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate. CONSIGLI SPIRITUALI DI DON DOLINDO RUOTOLO
Così sono anche le tribolazioni della nostra vita; noi le crediamo un’irruenza di sfortuna cieca e spietata, e ci sentiamo oppressi da un perfido destino, eppure se potessimo vedere il retroscena di certe pene, quanti ricami di amore vedremmo tra le linee oscure!
Le anime tribolate, nei momenti nei quali i dolori incalzano come raffiche di tempesta, non veggono più una disposizione di Dio in quello che avviene, ed è questa la più pericolosa delle tentazioni diaboliche; sembra loro che il Signore non possa volere tanti strazi, guardano solo alle cause seconde dei loro affanni, e si smarriscono in un dolore cupo e senza conforto.
Ma è proprio in questi oscuri momenti che bisogna di più riguardare la Divina Volontà e confidare nel Signore, poiché è proprio in questi momenti che nelle vie della Provvidenza si svolgono i piani delicati di amore. Dio non è mai tanto vicino a noi per consolarci come quando sembra più lontano; quello che ci appare fosco, è luminoso, quello che ci appare disordinato è armonico, quello che ci appare spietato è delicatezza di particolarissimo amore.
Abbiamo fede in Dio, abbiamo fede nella sua dolcissima paternità, riposiamo nelle sue braccia, affidiamoci a Lui; perché quando la tempesta si fa più violenta, è allora che già soffiano i venti che spazzano il cielo e fanno riapparire il sereno. (…)
Anche noi, vedendoci tribolati da Dio, vedendoci vessati dai malanni, dalle contraddizioni e dalle persecuzioni, crediamo sempre di non meritare quello che soffriamo, e ci esaminiamo non sulle colpe commesse, ma su quelle delle quali ci crediamo innocenti, senza pensare che le pene ci vengono dalla giustizia di Dio per i peccati commessi, dei quali purtroppo ci dimentichiamo facilmente.
Nei momenti di angustia andiamo rievocando le preghiere fatte, le opere di carità, gli atti di bontà, la vita ritirata che conduciamo, e non ricordiamo le impurità passate, i libri perversi letti avidamente, le Messe perdute, le Comunioni di precetto tralasciate, la superbia, le mormorazioni, gli atti di avarizia, d’ira, di gola, d’immodestia e simili peccati che sono quelli che ci rendono tribolati.
Ancora: quante volte scambiamo le misericordie di Dio per disgrazie! Il Signore ci perdona e ci fa scontare un poco le nostre colpe; ma ce le fa scontare avvolgendoci con le fiamme del suo Amore, e noi crediamo che Egli sia spietato…Se vedessimo lo sguardo di Dio, ed il suo amore per noi mentre siamo tribolati, moriremmo di gioia e di riconoscenza. Quando Dio sembra corrucciato con noi, proprio allora dobbiamo pensare che ci cura con paterno amore, e sta per darci grandi consolazioni.
Il Signore ci ammonisce con le angustie, ci purifica, ci distacca da tutto col dolore, e rende più bella l’espansione del nostro amore filiale in Lui. La gloria terrena ci dissipa, c’inorgoglisce, ci rende proclivi al peccato, ci fa dimenticare di Dio, ci fa correre pericolo di perderci; il Signore che ci conosce bene ci si mostra severo proprio per prepararci il banchetto dell’eterna vita.
La stessa morte non è per noi la massima delle angustie? Eppure soffrendola in unione con la Divina Volontà, l’anima si trova nel vestibolo dell’eterna gloria, poiché la morte è per noi espiazione, è purificazione, è penitenza ed è l’ultimo merito della vita. (…)
Certe tribolazioni della vita, certe disdette che sembrano un crudele destino, sono come la coppa che il Signore pone nel nostro sacco, per costringerci a detestare i peccati commessi. Noi attribuiamo alla malasorte certi eventi, eppure essi rispondono esattamente alla nostra condotta. Certe calunnie spietate sono la coppa che è posta nella nostra vita affinché ci confessiamo rei di aver tante volte manomessa la gloria di Dio. Ci credono impuri innocentemente, perché lo siamo stati veramente nel segreto del cuore, ci credono calunniatori innocentemente, perché abbiamo veramente manomessa la stima del prossimo, ci credono ladri magari, perché veramente abbiamo rubato a Dio la gloria ed alle anime la virtù coi nostri scandali.
Adoriamo la giustizia di Dio nelle nostre pene, ed invece di lamentarcene, espiamo le nostre colpe passate, poiché senza la riparazione non si può ottenere il perdono. Chi si converte a Dio crede di essersi in un momento mutato in un’altra creatura, e non sa spiegarsi come mai il Signore ancora lo triboli; ma spesso il nostro mutamento non è ancora profondo, ha bisogno di rassodarsi, ha bisogno di nuove purificazioni.
Tu eri creta melmosa, il sole della grazia ti ha disseccato e credi di essere a posto; ma se piovesse un po’ su questa creta, se il mondo cioè ti facesse novellamente sentire i suoi influssi, tu ti dissolveresti nuovamente in creta melmosa. Il Signore ti comprime nella forma e ti getta nel fuoco della tribolazione, perché allora ti rassodi e diventi refrattario ad ogni dissolvimento. Non basta un esercizio di ginnastica per abituare i muscoli a quei determinati movimenti, ma spesso è necessario quasi stancarli nell’allenamento; il Signore sa quando l’anima nostra è veramente allenata nel dolore, alle attività alle quali Egli la ordina. Perciò certe tribolazioni non terminano, nonostante le nostre preghiere; perciò, come avveniva ai fratelli di Giuseppe, certi periodi della vita sembrano maledetti e pieni di sventure insanabili.
Il chirurgo che opera un ascesso, non chiude subito la ferita, vi pone dentro la garza, la tiene apposta aperta, perché il pus non vi ristagni dentro, con pericolo d’infezione generale; eppure un infermo superficiale non saprebbe spiegarsi quell’incrudelire sulla piaga. Abbandoniamoci a Dio, lasciamoci guidare dalla sua Provvidenza, uniamoci alla sua adorabile volontà, poiché in quest’abbandono ed in questa unione sta la nostra pace e la nostra salvezza.
(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)
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Pubblicato da Amici di Fulton Sheen in Maggio 11, 2021
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