“Il Santo Curato d’Ars” e le sue omelie, che differenza con quelle che si sentono oggi!

 

Il Santo Curato d’Ars è il patrono di tutti i sacerdoti che dovrebbero seguirlo come modello!!! Leggiamo un po’ delle sue semplici ma stupende prediche, che differenza con quelle che si sentono oggi!

LA PREGHIERA

Per mostrarvi il potere della preghiera e le grazie che essa vi attira dal cielo, vi dirò che è soltanto con la preghiera che tutti i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto ciò che farete non servirà a nulla. Così, fate opere buone quanto volete, se non pregate spesso e come si deve, non sarete mai salvati; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di fare ricorso a Dio; le fa temere la sua debolezza.

Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno perseverato… Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamo la preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo. Sì, se abbiamola fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.

In secondo luogo, diciamo che tutti i peccatori debbono, senza un miracolo straordinario che accade rarissimamente, la loro conversione soltanto alla preghiera. Vedete santa Monica, ciò che fa per chiedere la conversione di suo figlio: ora essa è al piede del suo crocifisso a pregare e piangere; ora si trova presso persone che sono sagge, per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Guardate lo stesso sant’Agostino, quando volle seriamente convertirsi… Si, per quanto fossimo peccatori, se avessimo fatto ricorso alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che il buon Dio ci perdonerebbe.

Ah!, fratelli miei, non meravigliamoci del fatto che il demonio fa tutto ciò che può per farci tralasciare le nostre preghiere, e farcele dire male; è che capisce molto meglio di noi quanto la preghiera è temibile nell’inferno, e che è impossibile che il buon Dio possa rifiutarci ciò che gli chiediamo per mezzo della preghiera…

Non sono né le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che si fanno dal profondo del cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Dio. Eccovene un bell’esempio. Viene riferito nella vita di san Bonaventura, grande dottore della Chiesa, che un religioso assai semplice gli dice: «Padre, io che sono poco istruito, lei pensa che posso pregare il buon Dio e amarlo?».

San Bonaventura gli dice: «Ah, amico, sono questi principalmente che il buon Dio ama di più e che gli sono più graditi». Questo buon religioso, tutto meravigliato da una notizia così buona, va a mettersi alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: « Venite, amici, ho una buona notizia da darvi; il dottore Bonaventura m’ha detto che noi altri, anche se ignoranti, possiamo amare il buon Dio quanto í dotti. Quale felicità per noi poter amare il buon Dio e piacergli, senza sapere niente!».

Da questo, vi dirò che non c’è niente di più facile che i1 pregare il buon Dio, e che non c’è nulla di più consolante.

Diciamo che la preghiera è una elevazione del nostro cuore verso Dio. Diciamo meglio, è il dolce colloquio di un bambino con il padre suo, di un suddito con il suo re, di un servo con il suo padrone, di un amico con il suo amico, nel cui cuore depone i suoi dispiaceri e le sue pene.

(Omelia per la V domenica dopo Pasqua)

IL DONO DELLA FEDE

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di avere una fede forte, capace di superare ogni avversità!

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Chi non ha la fede ha l’anima ben più cieca di coloro che non hanno occhi… Viviamo in questo mondo come avvolti nella nebbia; ma la fede è il vento che dilegua la nebbia e che fa splendere sulla nostra anima un bel sole…Guardate come per i protestanti tutto è triste e freddo! E’ un lungo inverno. Per noi, invece, tutto è gaio, gioioso e consolante.

Lasciamo che la gente mondana dica quello che vuole. Ahimè! Come potrebbe vedere? E’ cieca. Se anche Nostro Signore Gesù Cristo facesse oggi tutti i miracoli che ha fatto in Giudea, ancora non verrebbe creduto.

Vedete, figli miei: quello che manca, è la fede…Quando non si ha fede, si è ciechi. Chi non vede, non conosce; chi non conosce, non ama; chi non ama Dio, ama se stesso e i piaceri della vita. Lega il suo cuore a cose che passano come una nube di fumo. Non può conoscere né la verità, né alcun bene; può conoscere soltanto la menzogna, perché non ha in sé la luce. Se avesse in sé la luce, vedrebbe chiaramente che tutto ciò che ama può solamente portarlo alla morte eterna.

Quando diciamo: “Mio Dio, io credo, credo fermamente, vale a dire senza il minimo dubbio, senza la minima esitazione…” oh! Se ci lasciassimo inondare da queste parole: “Credo fermamente che tu sei presente ovunque, che tu mi vedi, che il tuo sguardo è su di me che un giorno ti vedrò chiaramente di persona, che godrò di tutti i beni che mi hai promesso!…Mio Dio, spero che mi ricompenserai di tutto ciò che avrò fatto per esserti gradito!…Mio Dio, ti amo! E’ per amare te che ho un cuore!…” oh! Basterebbe questo atto di fede, che è al tempo stesso anche un atto d’amore!…

 

LA PERSEVERANZA NELLE TRIBOLAZIONI

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di perseverare nelle tribolazioni e di respingere ogni tentazione del demonio con la forza che viene da Te.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Non crediamo che esista un luogo su questa terra ove poter sfuggire alla lotta contro il demonio. Ovunque lo troveremo ed ovunque cercherà di toglierci la possibilità del paradiso, ma sempre e in ogni luogo potremo uscire vincitori dal confronto. Non è come per gli altri combattimenti, in cui, tra le due arti in causa, c’è sempre un vinto; nella lotta contro il demonio, invece, se vogliamo possiamo sempre trionfare con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai rifiutata.

Quando crediamo che tutto sia perduto, non abbiamo altro da fare che gridare: Signore, salvaci, stiamo perendo!”. Nostro Signore, infatti, è là, proprio vicino a noi e ci guarda con compiacimento, ci sorride e ci dice: “Allora tu mi ami davvero, riconosco che mi ami!….”. E’ proprio nelle lotte contro l’inferno e nella resistenza alle tentazioni che proviamo a Dio il nostro amore.

Quante anime senza storia nel mondo appariranno un giorno ricche di tutte le vittorie contro il male ottenute istante dopo istante! E’ a queste anime che il Buon Dio dirà: “Venite, benedetti del Padre mio…. entrate nella gioia del vostro Signore”. Noi non abbiamo ancora sofferto quanto i martiri: eppure domandate loro se ora si rammaricano di quanto hanno passato…. Il buon Dio non ci chiede di fare altrettanto….C’è qualcuno che rimane travolto da una sola parola. Una piccola umiliazione fa rovesciare l’imbarcazione… Coraggio, amici miei, coraggio! Quando verrà l’ultimo giorno, direte: “Beate lotte che mi sono valse il Paradiso!”. Due sono le possibilità: o un cristiano dominale sue inclinazioni oppure le sue inclinazioni lo dominano; non esiste via di mezzo.

Se marciassimo sempre in prima linea come i bravi soldati, al sopraggiungere della guerra o della tentazione sapremmo elevare il cuore a Dio e riprendere coraggio. Noi, invece, rimaniamo nelle retrovie e diciamo a noi stessi: “L’importante è salvarsi. Non voglio essere un santo”. Se non siete dei santi, sarete dei reprobi; non c’è via di mezzo; bisogna essere o l’uno o l’altro: fate attenzione!

Tutti coloro che possederanno il paradiso un giorno saranno santi. Il demonio ci distrae fino all’ultimo momento, così come si distrae un povero condannato aspettando che i gendarmi vengano a prenderlo. Quando i gendarmi arrivano, costui grida e si tormenta, ma non per questo viene lasciato libero… La nostra vita terrena è come un vascello in mezzo al mare. Che cosa produce le onde? La burrasca. Nella vita, il vento soffia sempre; le passioni sollevano nella nostra anima una vera e propria tempesta: ma queste lotte ci faranno meritare il paradiso.

 

FARSI GUIDARE DALLO SPIRITO SANTO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di essere sempre docili all’azione dello Spirito Santo e di farci guidare dalla sua dolce presenza.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Un cristiano guidato dallo Spirito Santo non fa fatica a lasciare i beni di questo mondo per inseguire i beni del cielo. Egli sa fare la differenza.

Chi è guidato dallo Spirito Santo ha idee rette. Ecco perché ci sono tanti ignoranti che la sanno più lunga dei sapienti. Quando si è guidati da un Dio di forza e di luce, non ci si può sbagliare.

Lo Spirito Santo è luce e forza. E’ lo Spirito Santo che ci fa distinguere il vero dal falso e il bene dal male. Lo Spirito Santo è come quelle lenti che ingrandiscono gli oggetti: ci fa vedere il bene e il male ingranditi. Con l’aiuto dello Spirito Santo, tutto viene ingrandito: sia le azioni apparentemente insignificanti fatte per amore di Dio che i minimi errori. Con le sue lenti, un orologiaio distingue i più piccoli ingranaggi di un orologio: allo stesso modo noi, illuminati dallo Spirito Santo, possiamo distinguere tutti i dettagli della nostra povera vita.

In quest’ottica le più piccole imperfezioni sembrano enormi e i più piccoli peccati fanno orrore.

Il buon Dio, mandandoci lo Spirito Santo, si è comportato con noi come un grande re che incaricasse il suo ministro di guidare uno dei suoi sudditi dicendogli: “Accompagnerai quest’uomo ovunque, e lo ricondurrai a me sano e salvo”. Che bello essere accompagnati dallo Spirito Santo! E’ una buona guida, Lui…. E pensare che ci sono persone che non ne vogliono sapere di seguirlo!…

Se chiedessimo ai dannati: “Perché vi trovate all’inferno?”, risponderebbero: “Perché abbiamo opposto resistenza allo Spirito Santo”. Al contrario, se dicessimo ai santi: “Perché siete in paradiso?”, risponderebbero: “Perché abbiamo ascoltato lo Spirito Santo…”. Chi si lascia guidare dallo Spirito Santo prova dentro di sé un senso di felicità che investe tutti gli aspetti della sua vita; il cattivo cristiano, invece, è come se rotolasse su un terreno di spine e pietre.

Senza lo Spirito Santo, siamo come un sasso… Provate a prendere in una mano una spugna imbevuta d’acqua e nell’altra un ciottolo, poi strizzateli con la stessa forza. Dal ciottolo non uscirà nulla; dalla spugna, al contrario, uscirà acqua in abbondanza. La spugna è l’anima piena di Spirito Santo, mentre il sasso è il cuore duro e freddo nel quale non abita lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo ci guida come una madre guida il figlioletto di due anni tenendolo per mano o come una persona che vede guida un cieco. Ogni mattina bisognerebbe dire: “Mio Dio, mandami il tuo Spirito; possa egli farmi capire chi sono io e chi sei tu…”.Un’anima che possiede lo Spirito Santo gusta la dolcezza della preghiera, tanto che il tempo che vi dedica non sembra mai abbastanza; essa sente che Dio le è sempre vicino; la sua santa presenza non l’abbandona mai.

 LAVORARE PER IL CIELO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, il desiderio del Cielo, fa’ che tutta la nostra vita sia protesa allaPatria eterna dove tu ci attendi.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.

Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.

Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.

Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!

Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!

I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo.

VIVERE NELL’UMILTA’

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, un cuore umile, capace di riconoscere la grandezza del tuo amore e di accogliere i fratelli nella carità di Cristo.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

L’umiltà è il miglior modo per amare Dio. E’ il nostro orgoglio ad impedirci di diventare santi. L’orgoglio è il filo che Tiene unito il rosario di tutti i vizi; l’umiltà è il filo che tiene unito il rosario di tutte le virtù.

I santi conoscevano se stessi meglio di quanto conoscessero gli altri: ecco perché erano umili. Ahimè! E’ difficile capire come e per quale cosa una creatura insignificante quale siamo noi può inorgoglirsi. Un pugnetto di polvere grande come una noce: ecco cosa diventeremo dopo la morte. C’è di che essere ben fieri! Quelli che ci umiliano sono nostri amici, non quelli che ci lodano.

L’umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall’altra.

Una persona orgogliosa crede che tutto ciò che fa sia fatto bene; vuole dominare su tutti quelli che hanno a che fare con lei; ha sempre ragione; crede sempre che le sue opinioni siano migliori di quelle degli altri… Non è così!… Se si domanda ad una persona umile ed istruita di esprimere il suo parere, questa lo dice con semplicità, dopodiché lascia parlare gli altri. Sia che abbiano ragione, sia che abbiano torto, non dice più nulla.

San Luigi Gonzaga, quand’era scolaro, non cercava mai di scusarsi se gli veniva rivolto qualche rimprovero; diceva ciò che pensava e non si preoccupava più di quello che pensavano gli altri. Se aveva torto, aveva torto; se aveva ragione, diceva a se stesso: “Altre volte, però, ho avuto proprio torto”.

Figli miei, i santi erano morti a se stessi a tal punto da non curarsi del fatto che gli altri fossero o meno della loro stessa opinione. Si è soliti dire: “Oh! Com’erano semplici i santi!”. Sì, erano semplici riguardo alle cose del mondo, ma, riguardo alle cose di Dio, se ne intendevano, eccome! Certo, non comprendevano nulla delle cose del mondo! Ma solo perché esse apparivano ai loro occhi di così scarsa importanza che non vi facevano attenzione.

LA COMUNIONE EUCARISTICA

Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore! … Ah, felice la casa nella quale abitano tali cristiani!… quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!. . .

– Forse, mi direte ancora: se questa felicità è così grande, perché dunque la Chiesa ci dà il comandamento di comunicarci una volta ogni anno?

– Questo comandamento non è fatto per i buoni cristiani, esiste soltanto per i cristiani pusillanimi e indifferenti verso la salvezza della loro povera anima. Agli inizi della Chiesa, la più grande punizione che si poteva imporre ai cristiani era di privarli di tale felicità; ogni volta che avevano la gioia di assistere alla santa Messa, avevano la gioia di comunicare. Mio Dio!,

possibile che dei cristiani rimangano tre, quattro, cinque e sei mesi, senza dare questo nutrimento celeste alle loro povere anime? La lasciano morire di inedia!… Mio Dio!, che guaio e quale accecamento!… avendo tanti rimedi per guarirla e un cibo così adatto a conservarla in salute! . . .

La Chiesa, vedendo quanto già i cristiani perdevano di vista la salvezza delle loro povere anime, sperando che il timore del peccato facesse loro aprire gli occhi, dette loro un comandamento che li obbligava a comunicarsi tre volte all’anno, a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Ma in seguito, vedendo che i cristiani diventavano sempre più insensibili alla loro disgrazia, la Chiesa ha finito per non obbligarli più ad avvicinarsi al loro Dio, tranne una volta all’anno. O mio Dio!, che disgrazia e quale accecamento che un cristiano sia obbligato a mezzo di leggi a cercare la sua felicità!

(Omelia per la VI domenica dopo Pentecoste)

L’AMORE DEL PROSSIMO

Tutta la nostra religione non è che religione falsa e tutte le nostre virtù non sono altro che fantasmi; e siamo soltanto degli ipocriti agli occhi di Dio, se non abbiamo quella carità universale per tutti, per i buoni come per i cattivi, per i poveri come per i ricchi, per tutti quelli che ci fanno del male, come per quelli che ci fanno del bene. No, non c’è virtù che meglio ci faccia conoscere se siamo í figli del buon Dio, come la carità. L’obbligo che abbiamo di amare il nostro prossimo è così grande, che Gesù Cristo ce ne fa un comandamento, che pone subito dopo quello col quale ci ordina di amarlo con tutto il cuore. Ci dice che tutta la legge e í profeti sono racchiusi in questo comandamento di amare il nostro prossimo.

Sì, dobbiamo considerare quest’obbligo come il più universale, il più necessario e il più essenziale alla religione, alla nostra salvezza. Osservando questo comandamento, mettiamo in pratica tutti gli altri. San Paolo ci dice che gli altri comandamenti ci vietano l’adulterio, il furto, le ingiurie, le false testimonianze. Se amiamo il nostro prossimo, non facciamo niente di tutto questo, perché l’amore che abbiamo per il nostro prossimo non può tollerare che facciamo del male.

(Omelia per la XII domenica dopo Pentecoste)

Santo Curato d’Ars : “Amiamo il buon Dio, fratelli miei, con tutto il nostro cuore, e così possederemo il nostro paradiso in questo mondo!” Omelia sull’Eucaristia “La mia carne è vero cibo” (Gv 6,55)

 

SANTO CURATO D’ARS

OMELIA SULL’EUCARISTIA

 

 

“La mia carne è vero cibo” (Gv 6,55)

Omelia pronunciata per il giovedì santo

 

Miei cari fratelli, potremmo trovare nella nostra santa religione un momento più prezioso, una circostanza più felice dell’istante in cui Gesù Cristo istituì l’adorabile Sacramento dell’altare? No, fratelli miei, no, perché questo avvenimento ci ricorda l’immenso amore di Dio per le sue creature. È vero che in tutto ciò che Dio ha fatto, le sue perfezioni si manifestano in modo infinito. Creando il mondo, egli ha fatto esplodere la grandezza della sua potenza; governando questo immenso universo, ci dà la prova di una sapienza incomprensibile; e anche noi possiamo dire con il salmo 103: “Sì, Dio mio, sei infinitamente grande nelle più piccole cose,e nella creazione degli insetti più vili.” Ma quello che ci dimostra nell’istituzione di questo grande Sacramento dell’Amore, non è solo la sua potenza e la sua saggezza, ma l’amore immenso del suo cuore per noi. “Sapendo molto bene che era vicino il tempo per ritornare da suo Padre”, non volle rassegnarsi a lasciarci soli sulla terra, tra tanti nemici che non cercavano altro che la nostra perdizione. Sì, prima di istituire questo Sacramento d’Amore, Gesù Cristo sapeva molto bene a quanto disprezzo e profanazione stava per esporsi; ma tutto ciò non fu capace di fermarlo; Egli volle che noi avessimo la felicità di trovarlo tutte le volte che lo avessimo cercato. Per mezzo di questo sacramento Egli s’impegna a restare in mezzo a noi giorno e notte; in Lui troveremo un Dio Salvatore, che ogni giorno si offrirà per noi per soddisfare la giustizia di suo Padre.

Vi mostrerò come Gesù Cristo ci ha amati nell’istituzione di questo sacramento, in modo da ispirarvi un rispetto e un amore grande verso di Lui nel sacramento adorabile dell’Eucarestia. Quale felicità, fratelli miei per una creatura ricevere il suo Dio! Nutrirsene! Riempire di Lui la propria anima! Oh amore infinito, immenso e inconcepibile!… Può mai un cristiano riflettere su queste cose e non morire d’amore e di stupore considerando la sua indegnità?… E’ vero che in tutti i sacramenti che Gesù Cristo ha istituito ci dimostra una misericordia infinita. Nel sacramento del Battesimo, ci strappa dalle mani di Lucifero, e ci rende figli di Dio, suo padre; ci apre il cielo che ci era stato chiuso; ci rende partecipi di tutti i tesori della sua Chiesa; e, se siamo fedeli ai nostri impegni, ci viene assicurata una felicità eterna. Nel sacramento della Penitenza, ci mostra e ci rende partecipi della sua misericordia infinita; infatti ci strappa dall’inferno dove i nostri peccati pieni di malizia ci avevano trascinati, e ci applica nuovamente i meriti infiniti della sua morte e della sua passione. Nel sacramento della Confermazione, ci dona uno Spirito di luce che ci guida nella via della virtù e ci fa conoscere il bene che dobbiamo fare e il male che dobbiamo evitare; in più ci dona uno Spirito di forza per superare tutto quello che può impedirci di raggiungere la salvezza. Nel sacramento dell’ Unzione degli infermi, vediamo con gli occhi della fede che Gesù Cristo ci copre con i meriti della sua morte e della sua passione. Nel sacramento dell’ Ordine, Gesù Cristo partecipa tutti i suoi poteri ai suoi sacerdoti; essi lo fanno discendere sull’altare. Nel sacramento del Matrimonio, noi vediamo che Gesù Cristo santifica tutte le nostre azioni, perfino quelle che sembrano seguire le inclinazioni corrotte della natura.

Ma nel sacramento adorabile dell’ Eucarestia, va oltre: Egli vuole, per la felicità delle sue creature, che il suo corpo, la sua anima e la sua divinità siano presenti in tutti gli angoli del mondo, affinchè tutte le volte che lo si voglia lo si possa trovare, e con Lui troveremo ogni genere di felicità. Se ci troviamo nella sofferenza e nella disgrazia, Egli ci consolerà e ci darà sollievo. Se siamo malati o ci guarirà o ci darà la forza per soffrire in modo da meritare il cielo. Se il demonio, il mondo e le nostre cattive inclinazioni ci muovono guerra, Egli ci darà le armi per combattere, per resistere e conseguire la vittoria. Se siamo poveri, ci arricchirà di ogni specie di ricchezza per il tempo e per l’eternità. Questa è già una grande grazia, penserete voi. Oh! No, fratelli miei, il suo amore non è ancora soddisfatto. Egli vuole ancora farci altri doni, che il suo amore immenso ha trovato nel suo cuore ardente d’amore per il mondo, questo mondo ingrato che pur essendo colmato di tanti beni, continua a oltraggiare il suo Benefattore.

Ma ora, fratelli miei, mettiamo da parte l’ingratitudine degli uomini per un momento, e apriamo la porta di questo Cuore sacro e adorabile, raccogliamoci un momento nelle sue fiamme d’amore e vedremo ciò che può un Dio che ci ama. Oh mio Dio! Chi potrebbe comprenderlo e non morire d’amore e di dolore vedendo da una parte tanto amore e dall’altra tanto disprezzo e ingratitudine? Noi leggiamo nel Vangelo che Gesù Cristo, sapendo molto bene che il momento in cui i Giudei l’ avrebbero fatto morire sarebbe arrivato, disse ai suoi apostoli “che egli desiderava tanto celebrare la Pasqua con loro.” Essendo arrivato il momento per noi assolutamente felice, si mise a tavola, volendo lasciarci un pegno del suo amore. Si alza da tavola, lascia i suoi vestiti e si cinge con un grembiule; avendo versato l’acqua in un catino, comincia a lavare i piedi dei suoi apostoli e perfino di Giuda, sapendo molto bene che stava per tradirlo. In tal modo voleva mostrarci con quale purezza dobbiamo avvicinarci a lui. Essendosi rimesso a tavola, prese il pane nelle sue mani sante e venerabili; poi alzando gli occhi al cielo per rendere grazie al Padre suo, per farci comprendere che questo grande dono ci viene dal cielo, lo benedisse e lo distribuì ai suoi apostoli dicendo loro: “mangiatene tutti, questo è veramente il mio Corpo, che sarà offerto per voi,”. Avendo poi preso il calice, che conteneva vino mescolato con l’acqua, lo benedisse allo stesso modo e lo presentò loro dicendo: “Bevetene tutti, questo è il mio Sangue, che sarà sparso per la remissione dei peccati, e ogni volta che ripeterete le medesime parole, produrrete lo stesso miracolo, e cioè trasformerete il pane mel mio Corpo e il vino nel mio Sangue”. Quale grande amore, fratelli miei, ci dimostra il nostro Dio nell’istituzione dell’adorabile sacramento dell’eucaristia! Ditemi, fratelli miei, di quale sentimento di rispetto, non saremmo stati penetrati se fossimo stati sulla terra, e avessimo visto con i nostri occhi Gesù Cristo mentre istituiva questo grande Sacramento d’amore? Eppure questo grande miracolo si ripete ogni volta che il sacerdote celebra la Santa Messa, allorchè questo divino Salvatore si rende presente sui nostri altari. Per farvi comprendere veramente la grandezza di questo mistero, ascoltatemi e capirete quanto grande dovrebbe essere il rispetto che dobbiamo avere verso questo sacramento.

Ci racconta la storia che un sacerdote mentre celebrava la santa messa in una chiesa della città di Bolsena, subito dopo aver pronunciato le parole della consacrazione, poiché dubitava della realtà del Corpo di Gesù Cristo nell’Ostia santa, cioè metteva in dubbio che le parole della consacrazione avessero davvero trasformato il pane nel Corpo di Gesù Cristo e il vino nel suo Sangue, nello stesso istante la santa Ostia fu completamente coperta di sangue. Fu come se Gesù Cristo avesse voluto rimproverare il suo ministro per la mancanza di fede, facendogli così recuperare la fede che aveva perso a causa del suo dubbio; e nello stesso tempo ha voluto mostrarci per mezzo di questo miracolo che noi dobbiamo essere convinti della sua Presenza reale nella santa eucaristia. Questa santa Ostia versò sangue con tanta abbondanza che il corporale, la tovaglia e lo stesso altare ne furono inondati. Il papa allorchè fu a conoscenza di questo miracolo comandò che gli portassero il corporale insanguinato; gli fu portato e venne accolto con grande trionfo e deposto nella chiesa di Orviette. In seguito fu costruita una magnifica chiesa per accogliere la preziosa reliquia e ogni anno la si porta in processione nel giorno della Festa. Vedete, fratelli miei, come questo fatto deve confermare la fede di coloro che hanno qualche dubbio. Quale grande amore ci dimostra Gesù Cristo, scegliendo la vigilia del giorno che doveva essere messo a morte, per istituire un sacramento per mezzo del quale può restare in mezzo a noi ed essere nostro Padre, nostro Consolatore e nostra eterna felicità! Siamo più fortunati di coloro che erano suoi contemporanei perché Egli poteva essere presente solo in un luogo oppure bisognava fare molti chilometri per avere la fortuna di vederlo; noi ,invece, lo troviamo oggi in tutti i luoghi del mondo, e questa felicità ci è stata promessa fino alla fine del mondo. Oh. Immenso amore di Dio per le sue creature! Nulla può fermarlo, quando si tratta di mostrarci la grandezza del suo amore. Si racconta che un sacerdote di Friburgo mentre portava l’Eucaristia a un malato, si trovò a passare per una piazza dove c’era molta gente che danzava. Il musicista, sebbene non fosse religioso, si fermò dicendo: “Sento la campanella, stanno portando il buon Dio a un malato, mettiamoci in ginocchio”. Però in questa compagnia si trovò una donna empia, ispirata dal demonio la quale diceva : “Si continui pure, perchè anche le bestie di mio padre hanno le campanelle appese al collo, però quando passano nessuno si ferma e si mette in ginocchio”. Tutta la gente applaudì a queste parole e continuarono a danzare. In quel medesimo istante arrivò una tempesta così forte che tutti coloro che danzavano furono spazzati via e non si è saputo mai più che fine abbiano fatto. Aihmè! Fratelli miei! Questi miserabili pagarono molto caro il disprezzo che ebbero verso la presenza di Gesù Cristo! Ciò deve farci comprendere quale grande rispetto noi gli dobbiamo!

Noi vediamo che Gesù Cristo, per fare questo grande miracolo, scelse il pane che è il nutrimento di tutti, sia dei ricchi che dei poveri, di chi è forte come di chi è debole, per mostrarci che questo cibo celeste è per tutti i cristiani che vogliono conservare la vita della grazia e la forza per combattere il demonio. Sappiamo che quando Gesù Cristo operò questo grande miracolo, alzò gli occhi al cielo per rendere grazia al Padre suo, per farci capire quanto Egli abbia desiderato questo momento felice per noi, affinchè avessimo la prova della grandezza del suo amore. “Sì, figli miei, ci dice questo divino salvatore, il mio Sangue è impaziente di essere sparso per voi; il mio Corpo arde dal desiderio di essere spezzato per guarire le vostre piaghe; piuttosto che essere afflitto per l’amara tristezza che mi causa il pensiero delle mie sofferenze e della mia morte, al contrario sono colmo di gioia. E questo perché voi troverete nelle mie sofferenze e nella mia morte un rimedio a tutti i vostri mali”.

Oh! quale grande amore, fratelli miei, un Dio dimostra per le sue creature! San Paolo ci dice che nel mistero dell’Incarnazione, Egli ha nascosto la sua divinità. Ma nel sacramento dell’Eucaristia, è arrivato persino a nascondere la sua umanità. Ah! fratelli miei, non c’è altri che la fede che possa cogliere un mistero così incomprensibile. Sì, fratelli miei, in qualunque luogo ci troviamo, volgiamo con piacere i nostri pensieri, i nostri desideri, verso il luogo dove riposa questo Corpo adorabile, unendoci agli angeli che lo adorano con tanto rispetto. Guardiamoci bene dal fare come quegli empi che non hanno alcun rispetto per quei templi che sono così santi, così rispettabili e così sacri, per la presenza di un Dio fatto uomo, che, giorno e notte, abita in mezzo a noi…

Spesso vediamo che il Padre eterno punisce rigorosamente coloro che disprezzano il suo divin Figlio. Leggiamo nella storia che un sarto si trovava nella casa dove veniva portato il buon Dio a un malato. Quelli che si trovavano presso il malato, gli suggerirono di mettersi in ginocchio, ma egli non volle, anzi con una orribile bestemmia, disse: “Io dovrei mettermi in ginocchio? Rispetto molto di più un ragno, che è l’animale più vile, piuttosto che il vostro Gesù Cristo, che volete farmi adorare”. Ahimè! fratelli miei, di cosa è capace uno che ha perso la fede! Ma il buon Dio non lasciò impunito questo orribile peccato: nello stesso momento, un grosso ragno tutto nero si distaccò dal soffitto di tavole, e si venne a posare sulla bocca del bestemmiatore, e gli punse le labbra. Subito si gonfiò e morì all’istante. Vedete, fratelli miei, come siamo colpevoli allorchè non abbiamo un grande rispetto per la presenza di Gesù Cristo. No, fratelli miei, non cessiamo mai di contemplare questo mistero d’amore dove un Dio, uguale a suo Padre, nutre i suoi figli, non con un cibo ordinario, né con quella manna di cui era nutrito il popolo ebreo nel deserto, ma con il suo Corpo adorabile e con il suo Sangue prezioso. Chi mai avrebbe potuto immaginarlo, se non fosse stato lui stesso a dirlo e a farlo, nel medesimo tempo? Oh! fratelli miei, quanto sono degne, tutte queste meraviglie, della nostra ammirazione e del nostro amore! Un Dio, dopo essersi addossato le nostre debolezze, ci rende partecipi di tutti i suoi beni! O nazioni cristiane, quanto siete fortunate ad avere un Dio così buono e così ricco!…

Leggiamo in san Giovanni (Apocalisse), che egli vide un angelo al quale il Padre Eterno dava il vaso del suo furore per riversarlo su tutte le nazioni; ma qui vediamo tutto il contrario. Il Padre Eterno mette nelle mani del suo Figlio il vaso della sua misericordia per essere sparso su tutte le nazioni della terra. Parlandoci del suo Sangue adorabile, egli ci dice, come ai suoi apostoli: “Bevetene tutti, e vi troverete la remissione dei vostri peccati e la vita eterna”. O ineffabile felicità!… o felice sorgente che dimostra fino alla fine del mondo che questa fede deve costituire tutta la nostra gioia!

Gesù Cristo non ha smesso di fare miracoli per condurci a una fede viva nella sua presenza reale. Leggiamo nella storia che c’era una donna cristiana molto povera. Avendo avuto in prestito da un ebreo una piccola somma di denaro, gli diede in pegno il suo vestito migliore. Essendo vicina la festa di Pasqua, ella pregò l’ebreo di rendergli per un giorno il vestito che gli aveva dato. L’ebreo le disse che non solo era disposto a restituirgli i suoi effetti personali, ma anche i suoi soldi, a condizione soltanto che gli avesse portato la santa Ostia, quando l’avrebbe ricevuta dalle mani del prete. Il desiderio che questa miserabile aveva di riavere i suoi effetti e di non essere obbligata a restituire il denaro che aveva preso in prestito, la portò a compiere un’azione orribile. L’indomani si recò nella chiesa della sua parrocchia. Appena ebbe ricevuto la santa Ostia sulla lingua, si affrettò a prenderla e a metterla in un fazzoletto. La portò a quel miserabile ebreo che non le aveva fatto quella richiesta se non per scatenare il suo furore contro Gesù Cristo. Quest’uomo abominevole trattò Gesù Cristo con un furore spaventoso, e vedremo come Gesù Cristo stesso mostrò quanto fosse sensibile agli oltraggi che gli erano rivolti. L’ebreo cominciò col mettere l’Ostia su un tavolo e le diede tanti colpi di temperino, finchè non fu soddisfatto, ma questo disgraziato vide subito uscire dalla santa ostia sangue in abbondanza, tanto che suo figlio ne rabbrividì. Poi avendola tolta da sopra il tavolo, l’appese alla parete con un chiodo e le diede tanti colpi di frusta, fino a che volle. Poi la trafisse con una lancia e ne uscì di nuovo sangue. Dopo tutte queste crudeltà, la gettò in una caldaia d’acqua bollente: subito l’acqua sembrò mutarsi in sangue. L’Ostia allora prese le sembianze di Gesù Cristo in croce: ciò lo terrorizzò a tal punto che corse a nascondersi in un angolo della casa. In quel momento i figli di questo ebreo, quando vedevano i cristiani che andavano in chiesa, dicevano loro: “Dove andate? Nostro padre ha ucciso il vostro Dio, è morto e non lo troverete più”. Una donna che ascoltava ciò che dicevano quei ragazzi, entrò in casa e vide la santa Ostia che era ancora sotto le sembianze di Gesù Cristo crocifisso; poi riprese la sua forma ordinaria. Avendo la donna preso un vaso, la santa Ostia andò a posarsi in esso. Allora la donna, tutta felice e contenta, la portò subito nella chiesa di san Giovanni in Grève, dove fu riposta in un luogo conveniente per esservi adorata. Quanto a quello sciagurato, gli fu offerto il perdono se avesse voluto convertirsi, divenendo cristiano; ma egli era talmente indurito, che preferiva bruciare vivo piuttosto che farsi cristiano. Tuttavia sua moglie, i suoi figli e molti ebrei si fecero battezzare. A causa dei miracoli che Gesù Cristo aveva operato, e per non perdere il ricordo di queste meraviglie, la casa fu trasformata in una chiesa; vi si stabilì una comunità, affinchè ci fossero di continuo persone occupate a fare onorevole riparazione a Gesù Cristo, per gli oltraggi che quello sciagurato ebreo gli aveva rivolti.

Non possiamo ascoltare tutto ciò, fratelli miei, senza fremere. Ebbene! fratelli miei, ecco a cosa si espone Gesù Cristo per amore nostro, a cosa egli resterà esposto fino alla fine del mondo. Quale grande amore, fratelli miei, di un Dio per noi! A quali eccessi lo conduce l’amore per le sue creature!

Noi diciamo che Gesù Cristo, tenendo il calice nelle sue mani sante, disse ai suoi apostoli: “Ancora un po’ e questo sangue prezioso sarà versato in un modo sanguinoso e visibile; è per voi che sta per essere sparso; l’ardore che io nutro per versarlo nei vostri cuori, mi ha fatto usare questo mezzo. E’ vero che la gelosia dei miei nemici è sicuramente una delle cause della mia morte, ma non è una causa fra le principali; le accuse che hanno inventato contro di me per distruggermi, la perfidia del discepolo che mi tradì, la viltà del giudice che mi condannò e la crudeltà dei carnefici che mi vollero far morire, sono altrettanti strumenti dei quali il mio amore infinito si serve per dimostrarvi quanto io vi ami”. Sì, fratelli miei, è per la remissione dei nostri peccati che questo sangue sta per essere versato, e questo sacrificio si rinnoverà ogni giorno per la remissione dei nostri peccati. Vedete, fratelli miei, quanto Gesù Cristo ci ama, poiché egli si sacrifica per noi alla giustizia del Padre suo con tanta premura e, ancor più, vuole che questo sacrificio si rinnovi ogni giorno e in tutti i luoghi del mondo. Quale felicità per noi, fratelli miei, sapere che i nostri peccati, prima ancora di essere stati commessi, sono già stati espiati nel momento del grande sacrificio della croce!

Veniamo spesso, fratelli miei, ai piedi dei nostri tabernacoli, per consolarci nelle nostre pene, per fortificarci nelle nostre debolezze. Ci è capitata la grande disgrazia di aver peccato? Il sangue adorabile di Gesù Cristo domanderà grazia per noi. Ah! fratelli miei, la fede dei primi cristiani era molto più viva della nostra! Nei primi tempi, un gran numero di cristiani attraversava il mare per andare a visitare i luoghi santi, dove si era operato il mistero della nostra Redenzione. Quando veniva mostrato loro il cenacolo dove Gesù Cristo aveva istituito questo divino sacramento, consacrato per nutrire le nostre anime, quando veniva mostrato loro il posto dove egli aveva inumidito il terreno con le sue lacrime e con il suo sangue, durante la sua preghiera nell’agonia, essi non potevano lasciare questi luoghi santi senza versare lacrime in abbondanza. Ma quando li si conduceva sul Calvario, dove egli aveva sopportato per noi tanti tormenti, essi sembrava che non potessero più vivere; erano inconsolabili, perché quei luoghi ricordavano loro il tempo, le azioni e i misteri che erano stati operati per noi; essi sentivano riaccendersi la fede e il cuore ardere di un nuovo fuoco: O felici luoghi, gridavano, dove si sono verificati tanti prodigi per la nostra salvezza!”. Ma, fratelli miei, senza andare così lontano, senza prenderci il fastidio di attraversare i mari e senza esporci a tanti pericoli, non abbiamo forse Gesù Cristo in mezzo a noi, non soltanto in quanto Dio ma anche in Corpo e Anima? Le nostre chiese non sono forse altrettanto degne di rispetto di questi luoghi santi dove si recavano quei pellegrini? Oh! fratelli miei, la nostra fortuna è troppo grande! No, no, noi non potremo mai comprenderla appieno!

Popolo felice quello dei cristiani, che vede riattualizzarsi ogni giorno tutti i prodigi che l’Onnipotenza di Dio operò una volta sul Calvario per salvare gli uomini! Come mai, fratelli miei, non nutriamo lo stesso amore, la stessa riconoscenza, il medesimo rispetto, dal momento che gli stessi miracoli avvengono ogni giorno sotto i nostri occhi? Ahimè! è perché abbiamo spesso abusato di queste grazie, che il buon Dio, per punizione della nostra ingratitudine, ci ha tolto in parte la fede; a mala pena riusciamo a reggere e a convincerci che siamo alla presenza di Dio. Dio mio! quale disgrazia per colui che ha perso la fede! Ahimè! fratelli miei, dal momento in cui abbiamo perso la fede, non nutriamo che disprezzo per questo augusto Sacramento, e quanti arrivano fino all’empietà, deridendo coloro che hanno la grande felicità di venire ad attingere le grazie e le forze necessarie per salvarsi! Temiamo, fratelli miei, che il buon Dio non ci punisca del poco rispetto che abbiamo per la sua presenza adorabile; eccone un esempio dei più terribili. Il cardinal Baronio riporta nei suoi Annali, che c’era nella città di Lusignan, vicino Poitiers, un tale che aveva un grande disprezzo per la persona di Gesù Cristo: egli derideva e disprezzava coloro che frequentavano i sacramenti, mettendo in ridicolo la loro devozione. Tuttavia il buon Dio, che ama di più la conversione del peccatore che la sua perdizione, gli fece provare molte volte i rimorsi di coscienza; egli si accorgeva chiaramente che agiva male, che coloro dei quali si burlava erano più felici di lui; ma quando si ripresentava l’occasione, ricominciava, e in tal modo, un po’ alla volta, finì per soffocare i rimorsi salutari che il buon Dio gli donava. Ma, per meglio camuffarsi, si studiò di guadagnare l’amicizia di un santo religioso, superiore del monastero di Bonneval, che si trovava là vicino. Vi andava sovente, e se ne gloriava, e sebbene empio, si mostrava buono allorché stava in compagnia di quei buoni religiosi.

Il superiore, che aveva più o meno compreso ciò che aveva nell’anima, gli disse più volte: “Mio caro amico, tu non hai abbastanza rispetto per la presenza di Gesù Cristo nel sacramento adorabile dell’altare; ma io credo che se vuoi cambiar vita, ti conviene abbandonare il mondo e ritirarti in un monastero per fare penitenza. Tu sai quante volte hai profanato i sacramenti, sei ricoperto di sacrilegi; se dovessi morire, saresti gettato nell’inferno per tutta l’eternità. Credimi, pensa a riparare le tue profanazioni; come puoi continuare a vivere in uno stato così deplorevole?”. Il pover’uomo sembrava ascoltarlo e approfittare dei suoi consigli, poiché sentiva da sé che la sua coscienza era carica di sacrilegi, ma non voleva fare quel piccolo sacrificio per cambiare, di modo che, nonostante i suoi ripensamenti, restava sempre lo stesso. Ma il buon Dio, stancatosi della sua empietà e dei suoi sacrilegi, l’abbandonò a se stesso. Cadde malato. L’abate si affrettò ad andarlo a trovare, sapendo in quale pessimo stato si trovava la sua anima. Il pover’uomo, vedendo questo buon padre, che era un santo, che veniva a trovarlo, si mise a piangere di gioia e, forse nella speranza che venisse a pregare per lui, per aiutarlo a uscire dal pantano dei suoi sacrilegi, chiese all’abate di restare un po’ con lui. Essendo giunta la notte, tutti si ritirarono, tranne l’abate che restò col malato. Questo povero infelice si mise a urlare terribilmente: “Ah! padre mio soccorrimi! Ah! Ah! padre mio, vieni, vieni ad aiutarmi!”. Ma, ahimè! non c’era più tempo, il buon Dio l’aveva abbandonato in punizione dei suoi sacrilegi e della sua empietà. “Ah! padre mio, ecco due leoni spaventosi che vogliono afferrarmi! Ah! padre mio, corri in mio aiuto!”. L’abate, tutto spaventato, si gettò in ginocchio per chiedere perdono per lui; ma era ormai troppo tardi, la giustizia di Dio lo aveva consegnato in potere dei demoni. Il malato, d’un colpo, cambia il tono della voce e, calmatosi, si mette a parlare con lui, come uno che non ha nessuna malattia ed è pienamente in sé: “Padre mio, gli dice, quei leoni che poco fa mi erano attorno, si sono dileguati”.

Ma, mentre parlavano familiarmente tra di loro, il malato perse la parola e sembrò essere morto. Tuttavia il religioso, pur credendolo morto, volle vedere come andava a finire questa triste storia, perciò trascorse il resto della notte al fianco del malato. Questo povero infelice, dopo qualche istante, ritornò in sé, riprese la parola come prima, e disse al superiore: “Padre mio, or ora sono stato citato davanti al tribunale di Gesù Cristo, e le mie empietà e i miei sacrilegi sono la causa per cui sono stato condannato a bruciare nell’inferno”. Il superiore, tutto tremante, si mise a pregare, per chiedere se ci fosse ancora speranza per la salvezza di questo infelice. Ma il moribondo, vedendolo pregare gli dice: ” Padre mio, smetti di pregare; il buon Dio non ti esaudirà mai a mio riguardo, i demoni sono al mio fianco; non aspettano che il momento della mia morte, che non tarderà, per trascinarmi nell’inferno dove brucerò per tutta l’eternità”. All’improvviso, preso da terrore gridò: “Ah! padre mio, il demonio mi afferra; addio, padre mio, ho disprezzato i tuoi consigli e per questo sono dannato”. Dicendo questo, vomitò la sua anima maledetta nell’inferno…

Il superiore se ne andò versando copiose lacrime sulla sorte di questo povero infelice, che, dal letto era cascato nell’inferno. Ahimè! fratelli miei, quanto è grande il numero di questi profanatori, di quei cristiani che hanno perso la fede a causa dei tanti sacrilegi commessi. Ahimè! fratelli miei, se vediamo tanti cristiani che non frequentano più i sacramenti, o che non li frequentano se non molto raramente, non andiamo a cercare altri motivi che i sacrilegi. Ahimè! quanti altri cristiani ci sono che, lacerati dai rimorsi della loro coscienza, sentendosi colpevoli di sacrilegio, attendono la morte, vivendo in uno stato che fa tremare il cielo e la terra. Ah! fratelli miei, non continuate oltre; voi non vi trovate ancora nella situazione sciagurata di quell’infelice dannato di cui abbiamo parlato poc’anzi, ma chi vi assicura che, prima di morire, non sarete anche voi abbandonati da Dio al vostro destino, come lui, e gettati nel fuoco eterno? O mio Dio, come si fa a vivere in uno stato così spaventoso? Ah! fratelli miei, siamo ancora in tempo, torniamo indietro, andiamo a gettarci ai piedi di Gesù Cristo, riposto nel sacramento adorabile dell’Eucaristia. Egli offrirà di nuovo i meriti della sua morte e della sua passione al Padre suo, in nostro favore, e così saremo sicuri di ottenere misericordia. Sì, fratelli miei, possiamo essere certi che, se avremo un grande rispetto per la presenza di Gesù Cristo nel Sacramento adorabile dei nostri altari, otterremo tutto ciò che desideriamo. Poiché, fratelli miei, si fanno tante processioni dedicate all’adorazione di Gesù Cristo nel Sacramento adorabile dell’Eucaristia, per ripagarlo degli oltraggi che riceve, seguiamolo in queste processioni, camminiamo dietro di lui con lo stesso rispetto e devozione con cui i primi cristiani lo seguivano nelle sue predicazioni, allorché espandeva ovunque, nel suo passaggio, ogni sorta di benedizioni. Sì, fratelli miei, noi possiamo constatare, per mezzo di numerosi esempi che la storia ci offre, come il buon Dio punisce i profanatori della presenza adorabile del suo Corpo e del suo Sangue. Si narra che un ladro, essendo entrato di notte in una chiesa, trafugò tutti i vasi sacri in cui erano custodite le sante ostie; poi le condusse in un luogo, una piazza, presso Saint-Denis. Giunto là, volle controllare di nuovo i vasi sacri, per vedere se fosse rimasta ancora qualche ostia.

Ne trovò ancora una che, appena il vaso venne aperto, volò in aria, volteggiando attorno a lui. Fu proprio questo prodigio che fece scoprire il ladro alla gente, che lo fermò. L’abate di Saint-Denis fu avvertito e a sua volta informò del fatto il vescovo di Parigi. La santa Ostia era rimasta miracolosamente sospesa nell’aria. Allorché il vescovo, essendo accorso con tutti i suoi preti e con numerose altre persone, giunse in processione sul posto, la santa Ostia andò a posarsi nel ciborio del prete che l’aveva consacrata. In seguito fu portata in una chiesa dove fu istituita una messa settimanale in ricordo di questo miracolo.

Adesso ditemi, fratelli miei, che volete di più per sentire in voi un grande rispetto per la presenza di Gesù Cristo, sia che ci troviamo nelle nostre chiese, sia che lo seguiamo nelle nostre processioni? Veniamo a Lui con una grande fiducia. Egli è buono, è misericordioso, ci ama, e per questo siamo certi di ricevere tutto ciò che gli domandiamo. Però dobbiamo possedere l’umiltà, la purezza, l’amore di Dio, il disprezzo della vita…; stiamo bene attenti a non lasciarci andare alle distrazioni… Amiamo il buon Dio, fratelli miei, con tutto il nostro cuore, e così possederemo il nostro paradiso in questo mondo!

Detti e pensieri del Santo Curato d’Ars

Com’è bello amare Dio!
Mio Dio!
Cosa potremmo dunque amare, se non amiamo l’Amore stesso?
L’Uomo è creato dall’Amore, ecco perchè è così portato ad amare.
Amare Dio con tutto il proprio cuore significa non amare altri che Lui, rendendolo sempre presente in tutto ciò che amiamo.
Non si può, perciò, amare Dio senza testimoniarglielo attraverso le opere!

– Com’è bella la Preghiera del Padre Nostro!
Siamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo, poichè tutti i giorni diciamo: ” Padre nostro che sei nei cieli”.
Oh! Com’è bello sapere di avere un Padre nei cieli! Allontaniamo ogni dubbio!
“Venga il tuo regno”; se faccio regnare davvero il buon Dio nel mio cuore, Egli mi farà regnare con Lui nella sua gloria!
“Sia fatta la tua volontà”; non c’è nulla di così dolce che fare la volontà di Dio, nulla di così perfetto. Per fare bene tutte le cose, bisogna farle come Dio vuole, e non come vogliamo noi, anche se molte volte ci costa fatica, anche se può sembrare che la nostra idea o la nostra opinione sia buona, non è importante ciò che voglio “io”, è più perfetto fare ciò che Lui vuole, in conformità piena e senza compromessi, con i suoi disegni i quali sono perfetti.
Quando ci si lascia guidare da Dio, facendo ciò che Lui vuole, non ci si può sbagliare…. l’occhio del mondo non vede più in la della Verità, al contrario, l’occhio del cristiano che fa la volontà di Dio, vede fino al fondo dell’eternità….

– ” L’altro giorno, stavo tornando da Savigneux.
Gli uccelli stavano cantando nel bosco. Mi sono messo a piangere: povere bestie, mi son detto, il buon Dio vi ha creato per cantare e voi cantate, mentre l’Uomo è stato creato per amare il buon Dio, e non lo ama! L’uomo che pensa solamente al proprio lavoro e che vive solamente per i suoi tornaconti, è un uomo infelice; egli non è un animale da lavoro, bensì è stato creato ad immagine di Dio perchè con Dio regnasse…
Dio non ci perde mai di vista, come una madre non perde mai di vista il proprio figlioletto che inizia a muovere i suoi primi passi, ma per ricevere le attenzioni di Dio occorre anche che noi ci fidiamo di Lui, come un bambino si fida della propria amorevole madre!”

Che grande dono è per l’Uomo la Croce!
Le croci ci uniscono al Signore! Non lasciarti ingannare da chi le teme e le getta via, esse non sono uno strumento di morte ma di resurrezione. La croce infatti ci purifica e ci distacca da questo mondo, ci aiuta a liberare il nostro cuore da ogni ostacolo, ci aiuta ad attraversare la vita come un ponte aiuta ad attraversare un corso d’acqua. Porta sempre con te un Crocifisso che ti aiuti a ricordare che anche tu hai la tua croce da portare, ma mentre Nostro Signore era solo nel portarla, noi non siamo soli, il peso maggiore lo porta Lui per noi, prova a fidarti di Lui come Lui continua a fidarsi di te, ogni giorno, Egli infatti ti attende nel confessionale per liberarti dai pesi eccessivi, quelli che veramente ti fanno male, e ti libera la croce da pesi inutili…

– Siamo così nemici di tutto ciò che ci contraria nelle idee e nelle opinioni mondane, che vorremmo sempre vivere tra i petali di rosa, o in una scatola di cotone. Ma è proprio attraverso la sofferenza che si va in cielo, non v’è altra strada.
Le malattie, le tentazioni, le sofferenze sono quelle croci giunte a noi a causa del Peccato Originale e che Gesù ha trasformato nello strumento per andare in cielo! Egli stesso ne è il modello. Nostro Signore non ti dice di soffrire senza aver Lui per primo e ingiustamente sofferto per te! La Croce è così la scala che porta al Cielo.
Quanto è consolante, allora, soffrire per amore di Gesù ogni patimento e poter dire la sera: coraggio, anima mia, oggi hai avuto la grazia santificante di rassomigliare a Gesù Cristo!
Anch’io devo operare ogni giorno per portare la croce.
Soffro di notte per le Anime del Purgatorio e di giorno per la conversione dei peccatori.
Mio Dio, concedetemi, ve ne supplico, la conversione della mia Parrocchia, acconsento a qualsiasi sofferenza vorrete per tutta la mia vita: ho più fiducia in Voi che nelle mie misere forze, so che mi esaudirete
!”

Che lo si voglia o no, bisogna soffrire!
Ma questo non deve spaventarci! Piuttosto dobbiamo imparare a fidarci di Nostro Signore che è disceso dal Cielo per aiutarci proprio nella sofferenza!
Ci sono persone che soffrono come il Buon Ladrone in croce ed altre che reagiscono vergognosamente come l’altro, che invece di alleggerire la propria e giusta croce, mentre sta morendo, non pensa ad altro che ad insultare il Giusto Crocifisso.
Entrambi soffrono allo stesso modo, ma solo uno seppe rendere meritorie le sue sofferenze, accettandole e al tempo stesso, supplicando il ricordo di Nostro Signore nella medesima sorte della morte: Ricordati di me, quando sarai nel tuo regno!
In quella sopportazione e accettazione egli seppe ricevere lo spirito della riparazione e della conversione, e volgendosi verso Gesù crocifisso, morente anch’Egli, fu in grado di raccogliere dalla sua bocca l’amorevole consolazione: “Oggi stesso sarai con me in Paradiso!”
Quale Uomo non vorrebbe sentirsi dire una consolazione più grande? Purtroppo troppe persone non ci credono, e non è facile guidarli su questa strada, tuttavia possiamo dare ad essi la testimonianza del Buon Ladrone anche nel nostro operare e poi pregare affinchè il Signore stesso sciolga i cuori più induriti!

Meditazione del Curato d’Ars sul sacerdozio

da una Catechesi di San Giovanni Maria Vianney…

 

Oh! Il prete è veramente qualcosa di straordinario! Dopo di Te, o Dio, il prete è tutto! Se incontrassi per strada un Tuo Angelo e un Tuo sacerdote, saluterei prima il sacerdote, perché l’Angelo non può assolvermi dai peccati, non può aprire la porta della vita eterna, non può mutare il pane in carne. Le dita del prete, che hanno toccato la carne adorabile di Gesù Cristo, che sono state immerse nel calice contenente il suo sangue, nel ciborio contenente il suo corpo, non sono forse più preziose? Eppure nulla al mondo è più infelice di un prete. Al vedere Dio offeso.

Sempre il suo santo nome bestemmiato! Sempre violati i suoi comandamenti! Sempre oltraggiato il suo amore! Il prete non vede che questo, non ode che questo. È continuamente come san Pietro nel pretorio di Pilato, con sotto gli occhi il Signore insultato, deriso, coperto di obbrobri. Gli uni gli sputano in faccia, gli altri gli tirano schiaffi, altri gli mettono una corona di spine, lo si getta a terra, si pesta sotto i piedi, lo si crocifigge, gli si trapassa il cuore… Ah! Se avessi saputo cos’è un prete, invece di andare in seminario, sarei fuggito.

 

– “Signor Curato, dove avete fatto il corso di teologia?” – gli chiese un giorno un sacerdote. Il Santo curato Vianney senza parlare gli indicò il suo inginocchiatoio posto davanti ad un Crocefisso….

– Fu chiesto al Santo Curato in quale modo aiutarsi per vincere le tentazioni, rispose:
“Quando sarete tentati, gettatevi prontamente fra le braccia della Madre di Dio, e con il santo Rosario, reclamate la sua protezione. Allora sarete sicuri di riuscire vittoriosi sopra i vostri nemici e li vedrete ben presto coperti di confusione. Piuttosto preoccupatevi di restarLe fedeli come si conviene”.

– Un giorno un protestante chiese al santo Curato cosa pensasse del Paradiso e se ci fosse stata la possibilità di condividerlo con i protestanti, risposte il Santo Vianney: ” Ahimè amico mio! Noi NON saremo uniti lassù se non in quanto avremo incominciato ad essere uniti sulla terra. La morte non cambierà nulla. Dove cade l’albero, lì rimane. A meno che non venga rinnescato nella Chiesa…”

– Un giovane fedele gli chiese come si potesse riconoscere l’azione dello Spirito Santo, risposte il Santo Curato d’Ars: ” E’ semplice: quando ci vengono i pensieri buoni, quando speriamo, quando il nome stesso di Dio in Gesù ci commuove fino alle lacrime, quando non possiamo fare a meno di amare la Chiesa nostra madre, allora stai tranquillo che è lo Spirito Santo che ci visita”…

“Il Santo Curato d’Ars” e le sue omelie, che differenza con quelle che si sentono oggi!

 

Il Santo Curato d’Ars è il patrono di tutti i sacerdoti che dovrebbero seguirlo come modello!!! Leggiamo un po’ delle sue semplici ma stupende prediche, che differenza con quelle che si sentono oggi!

LA PREGHIERA

Per mostrarvi il potere della preghiera e le grazie che essa vi attira dal cielo, vi dirò che è soltanto con la preghiera che tutti i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto ciò che farete non servirà a nulla. Così, fate opere buone quanto volete, se non pregate spesso e come si deve, non sarete mai salvati; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di fare ricorso a Dio; le fa temere la sua debolezza.

Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno perseverato… Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamo la preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo. Sì, se abbiamola fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.

In secondo luogo, diciamo che tutti i peccatori debbono, senza un miracolo straordinario che accade rarissimamente, la loro conversione soltanto alla preghiera. Vedete santa Monica, ciò che fa per chiedere la conversione di suo figlio: ora essa è al piede del suo crocifisso a pregare e piangere; ora si trova presso persone che sono sagge, per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Guardate lo stesso sant’Agostino, quando volle seriamente convertirsi… Si, per quanto fossimo peccatori, se avessimo fatto ricorso alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che il buon Dio ci perdonerebbe.

Ah!, fratelli miei, non meravigliamoci del fatto che il demonio fa tutto ciò che può per farci tralasciare le nostre preghiere, e farcele dire male; è che capisce molto meglio di noi quanto la preghiera è temibile nell’inferno, e che è impossibile che il buon Dio possa rifiutarci ciò che gli chiediamo per mezzo della preghiera…

Non sono né le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che si fanno dal profondo del cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Dio. Eccovene un bell’esempio. Viene riferito nella vita di san Bonaventura, grande dottore della Chiesa, che un religioso assai semplice gli dice: «Padre, io che sono poco istruito, lei pensa che posso pregare il buon Dio e amarlo?».

San Bonaventura gli dice: «Ah, amico, sono questi principalmente che il buon Dio ama di più e che gli sono più graditi». Questo buon religioso, tutto meravigliato da una notizia così buona, va a mettersi alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: « Venite, amici, ho una buona notizia da darvi; il dottore Bonaventura m’ha detto che noi altri, anche se ignoranti, possiamo amare il buon Dio quanto í dotti. Quale felicità per noi poter amare il buon Dio e piacergli, senza sapere niente!».

Da questo, vi dirò che non c’è niente di più facile che i1 pregare il buon Dio, e che non c’è nulla di più consolante.

Diciamo che la preghiera è una elevazione del nostro cuore verso Dio. Diciamo meglio, è il dolce colloquio di un bambino con il padre suo, di un suddito con il suo re, di un servo con il suo padrone, di un amico con il suo amico, nel cui cuore depone i suoi dispiaceri e le sue pene.

(Omelia per la V domenica dopo Pasqua)

IL DONO DELLA FEDE

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di avere una fede forte, capace di superare ogni avversità!

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Chi non ha la fede ha l’anima ben più cieca di coloro che non hanno occhi… Viviamo in questo mondo come avvolti nella nebbia; ma la fede è il vento che dilegua la nebbia e che fa splendere sulla nostra anima un bel sole…Guardate come per i protestanti tutto è triste e freddo! E’ un lungo inverno. Per noi, invece, tutto è gaio, gioioso e consolante.

Lasciamo che la gente mondana dica quello che vuole. Ahimè! Come potrebbe vedere? E’ cieca. Se anche Nostro Signore Gesù Cristo facesse oggi tutti i miracoli che ha fatto in Giudea, ancora non verrebbe creduto.

Vedete, figli miei: quello che manca, è la fede…Quando non si ha fede, si è ciechi. Chi non vede, non conosce; chi non conosce, non ama; chi non ama Dio, ama se stesso e i piaceri della vita. Lega il suo cuore a cose che passano come una nube di fumo. Non può conoscere né la verità, né alcun bene; può conoscere soltanto la menzogna, perché non ha in sé la luce. Se avesse in sé la luce, vedrebbe chiaramente che tutto ciò che ama può solamente portarlo alla morte eterna.

Quando diciamo: “Mio Dio, io credo, credo fermamente, vale a dire senza il minimo dubbio, senza la minima esitazione…” oh! Se ci lasciassimo inondare da queste parole: “Credo fermamente che tu sei presente ovunque, che tu mi vedi, che il tuo sguardo è su di me che un giorno ti vedrò chiaramente di persona, che godrò di tutti i beni che mi hai promesso!…Mio Dio, spero che mi ricompenserai di tutto ciò che avrò fatto per esserti gradito!…Mio Dio, ti amo! E’ per amare te che ho un cuore!…” oh! Basterebbe questo atto di fede, che è al tempo stesso anche un atto d’amore!…

 

LA PERSEVERANZA NELLE TRIBOLAZIONI

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di perseverare nelle tribolazioni e di respingere ogni tentazione del demonio con la forza che viene da Te.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Non crediamo che esista un luogo su questa terra ove poter sfuggire alla lotta contro il demonio. Ovunque lo troveremo ed ovunque cercherà di toglierci la possibilità del paradiso, ma sempre e in ogni luogo potremo uscire vincitori dal confronto. Non è come per gli altri combattimenti, in cui, tra le due arti in causa, c’è sempre un vinto; nella lotta contro il demonio, invece, se vogliamo possiamo sempre trionfare con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai rifiutata.

Quando crediamo che tutto sia perduto, non abbiamo altro da fare che gridare: Signore, salvaci, stiamo perendo!”. Nostro Signore, infatti, è là, proprio vicino a noi e ci guarda con compiacimento, ci sorride e ci dice: “Allora tu mi ami davvero, riconosco che mi ami!….”. E’ proprio nelle lotte contro l’inferno e nella resistenza alle tentazioni che proviamo a Dio il nostro amore.

Quante anime senza storia nel mondo appariranno un giorno ricche di tutte le vittorie contro il male ottenute istante dopo istante! E’ a queste anime che il Buon Dio dirà: “Venite, benedetti del Padre mio…. entrate nella gioia del vostro Signore”. Noi non abbiamo ancora sofferto quanto i martiri: eppure domandate loro se ora si rammaricano di quanto hanno passato…. Il buon Dio non ci chiede di fare altrettanto….C’è qualcuno che rimane travolto da una sola parola. Una piccola umiliazione fa rovesciare l’imbarcazione… Coraggio, amici miei, coraggio! Quando verrà l’ultimo giorno, direte: “Beate lotte che mi sono valse il Paradiso!”. Due sono le possibilità: o un cristiano dominale sue inclinazioni oppure le sue inclinazioni lo dominano; non esiste via di mezzo.

Se marciassimo sempre in prima linea come i bravi soldati, al sopraggiungere della guerra o della tentazione sapremmo elevare il cuore a Dio e riprendere coraggio. Noi, invece, rimaniamo nelle retrovie e diciamo a noi stessi: “L’importante è salvarsi. Non voglio essere un santo”. Se non siete dei santi, sarete dei reprobi; non c’è via di mezzo; bisogna essere o l’uno o l’altro: fate attenzione!

Tutti coloro che possederanno il paradiso un giorno saranno santi. Il demonio ci distrae fino all’ultimo momento, così come si distrae un povero condannato aspettando che i gendarmi vengano a prenderlo. Quando i gendarmi arrivano, costui grida e si tormenta, ma non per questo viene lasciato libero… La nostra vita terrena è come un vascello in mezzo al mare. Che cosa produce le onde? La burrasca. Nella vita, il vento soffia sempre; le passioni sollevano nella nostra anima una vera e propria tempesta: ma queste lotte ci faranno meritare il paradiso.

 

FARSI GUIDARE DALLO SPIRITO SANTO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di essere sempre docili all’azione dello Spirito Santo e di farci guidare dalla sua dolce presenza.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Un cristiano guidato dallo Spirito Santo non fa fatica a lasciare i beni di questo mondo per inseguire i beni del cielo. Egli sa fare la differenza.

Chi è guidato dallo Spirito Santo ha idee rette. Ecco perché ci sono tanti ignoranti che la sanno più lunga dei sapienti. Quando si è guidati da un Dio di forza e di luce, non ci si può sbagliare.

Lo Spirito Santo è luce e forza. E’ lo Spirito Santo che ci fa distinguere il vero dal falso e il bene dal male. Lo Spirito Santo è come quelle lenti che ingrandiscono gli oggetti: ci fa vedere il bene e il male ingranditi. Con l’aiuto dello Spirito Santo, tutto viene ingrandito: sia le azioni apparentemente insignificanti fatte per amore di Dio che i minimi errori. Con le sue lenti, un orologiaio distingue i più piccoli ingranaggi di un orologio: allo stesso modo noi, illuminati dallo Spirito Santo, possiamo distinguere tutti i dettagli della nostra povera vita.

In quest’ottica le più piccole imperfezioni sembrano enormi e i più piccoli peccati fanno orrore.

Il buon Dio, mandandoci lo Spirito Santo, si è comportato con noi come un grande re che incaricasse il suo ministro di guidare uno dei suoi sudditi dicendogli: “Accompagnerai quest’uomo ovunque, e lo ricondurrai a me sano e salvo”. Che bello essere accompagnati dallo Spirito Santo! E’ una buona guida, Lui…. E pensare che ci sono persone che non ne vogliono sapere di seguirlo!…

Se chiedessimo ai dannati: “Perché vi trovate all’inferno?”, risponderebbero: “Perché abbiamo opposto resistenza allo Spirito Santo”. Al contrario, se dicessimo ai santi: “Perché siete in paradiso?”, risponderebbero: “Perché abbiamo ascoltato lo Spirito Santo…”. Chi si lascia guidare dallo Spirito Santo prova dentro di sé un senso di felicità che investe tutti gli aspetti della sua vita; il cattivo cristiano, invece, è come se rotolasse su un terreno di spine e pietre.

Senza lo Spirito Santo, siamo come un sasso… Provate a prendere in una mano una spugna imbevuta d’acqua e nell’altra un ciottolo, poi strizzateli con la stessa forza. Dal ciottolo non uscirà nulla; dalla spugna, al contrario, uscirà acqua in abbondanza. La spugna è l’anima piena di Spirito Santo, mentre il sasso è il cuore duro e freddo nel quale non abita lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo ci guida come una madre guida il figlioletto di due anni tenendolo per mano o come una persona che vede guida un cieco. Ogni mattina bisognerebbe dire: “Mio Dio, mandami il tuo Spirito; possa egli farmi capire chi sono io e chi sei tu…”.Un’anima che possiede lo Spirito Santo gusta la dolcezza della preghiera, tanto che il tempo che vi dedica non sembra mai abbastanza; essa sente che Dio le è sempre vicino; la sua santa presenza non l’abbandona mai.

 LAVORARE PER IL CIELO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, il desiderio del Cielo, fa’ che tutta la nostra vita sia protesa allaPatria eterna dove tu ci attendi.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.

Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.

Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.

Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!

Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!

I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo.

VIVERE NELL’UMILTA’

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, un cuore umile, capace di riconoscere la grandezza del tuo amore e di accogliere i fratelli nella carità di Cristo.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

L’umiltà è il miglior modo per amare Dio. E’ il nostro orgoglio ad impedirci di diventare santi. L’orgoglio è il filo che Tiene unito il rosario di tutti i vizi; l’umiltà è il filo che tiene unito il rosario di tutte le virtù.

I santi conoscevano se stessi meglio di quanto conoscessero gli altri: ecco perché erano umili. Ahimè! E’ difficile capire come e per quale cosa una creatura insignificante quale siamo noi può inorgoglirsi. Un pugnetto di polvere grande come una noce: ecco cosa diventeremo dopo la morte. C’è di che essere ben fieri! Quelli che ci umiliano sono nostri amici, non quelli che ci lodano.

L’umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall’altra.

Una persona orgogliosa crede che tutto ciò che fa sia fatto bene; vuole dominare su tutti quelli che hanno a che fare con lei; ha sempre ragione; crede sempre che le sue opinioni siano migliori di quelle degli altri… Non è così!… Se si domanda ad una persona umile ed istruita di esprimere il suo parere, questa lo dice con semplicità, dopodiché lascia parlare gli altri. Sia che abbiano ragione, sia che abbiano torto, non dice più nulla.

San Luigi Gonzaga, quand’era scolaro, non cercava mai di scusarsi se gli veniva rivolto qualche rimprovero; diceva ciò che pensava e non si preoccupava più di quello che pensavano gli altri. Se aveva torto, aveva torto; se aveva ragione, diceva a se stesso: “Altre volte, però, ho avuto proprio torto”.

Figli miei, i santi erano morti a se stessi a tal punto da non curarsi del fatto che gli altri fossero o meno della loro stessa opinione. Si è soliti dire: “Oh! Com’erano semplici i santi!”. Sì, erano semplici riguardo alle cose del mondo, ma, riguardo alle cose di Dio, se ne intendevano, eccome! Certo, non comprendevano nulla delle cose del mondo! Ma solo perché esse apparivano ai loro occhi di così scarsa importanza che non vi facevano attenzione.

LA COMUNIONE EUCARISTICA

Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore! … Ah, felice la casa nella quale abitano tali cristiani!… quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!. . .

– Forse, mi direte ancora: se questa felicità è così grande, perché dunque la Chiesa ci dà il comandamento di comunicarci una volta ogni anno?

– Questo comandamento non è fatto per i buoni cristiani, esiste soltanto per i cristiani pusillanimi e indifferenti verso la salvezza della loro povera anima. Agli inizi della Chiesa, la più grande punizione che si poteva imporre ai cristiani era di privarli di tale felicità; ogni volta che avevano la gioia di assistere alla santa Messa, avevano la gioia di comunicare. Mio Dio!,

possibile che dei cristiani rimangano tre, quattro, cinque e sei mesi, senza dare questo nutrimento celeste alle loro povere anime? La lasciano morire di inedia!… Mio Dio!, che guaio e quale accecamento!… avendo tanti rimedi per guarirla e un cibo così adatto a conservarla in salute! . . .

La Chiesa, vedendo quanto già i cristiani perdevano di vista la salvezza delle loro povere anime, sperando che il timore del peccato facesse loro aprire gli occhi, dette loro un comandamento che li obbligava a comunicarsi tre volte all’anno, a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Ma in seguito, vedendo che i cristiani diventavano sempre più insensibili alla loro disgrazia, la Chiesa ha finito per non obbligarli più ad avvicinarsi al loro Dio, tranne una volta all’anno. O mio Dio!, che disgrazia e quale accecamento che un cristiano sia obbligato a mezzo di leggi a cercare la sua felicità!

(Omelia per la VI domenica dopo Pentecoste)

L’AMORE DEL PROSSIMO

Tutta la nostra religione non è che religione falsa e tutte le nostre virtù non sono altro che fantasmi; e siamo soltanto degli ipocriti agli occhi di Dio, se non abbiamo quella carità universale per tutti, per i buoni come per i cattivi, per i poveri come per i ricchi, per tutti quelli che ci fanno del male, come per quelli che ci fanno del bene. No, non c’è virtù che meglio ci faccia conoscere se siamo í figli del buon Dio, come la carità. L’obbligo che abbiamo di amare il nostro prossimo è così grande, che Gesù Cristo ce ne fa un comandamento, che pone subito dopo quello col quale ci ordina di amarlo con tutto il cuore. Ci dice che tutta la legge e í profeti sono racchiusi in questo comandamento di amare il nostro prossimo.

Sì, dobbiamo considerare quest’obbligo come il più universale, il più necessario e il più essenziale alla religione, alla nostra salvezza. Osservando questo comandamento, mettiamo in pratica tutti gli altri. San Paolo ci dice che gli altri comandamenti ci vietano l’adulterio, il furto, le ingiurie, le false testimonianze. Se amiamo il nostro prossimo, non facciamo niente di tutto questo, perché l’amore che abbiamo per il nostro prossimo non può tollerare che facciamo del male.

(Omelia per la XII domenica dopo Pentecoste)