LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO: FEDELTÀ E OBBEDIENZA ALLA CHIESA. SCARICA IL PDF CON LE RIFLESSIONI DI DOLINDO RUOTOLO

Cliccando sul link qui sotto potete scaricare il PDF con le riflessioni sulla Chiesa di Don Dolindo Ruotolo:👇

In questo momento di confusione e oscurità abbiamo bisogno di consigli saggi e santi, per non smarrire la strada e rimanere uniti al Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa. Le riflessioni di Don Dolindo sono tratte dalle sue opere, in particolare dai commenti ai libri della Sacra Scrittura.

Per chi desidera approfondire, sul sito della Casa Mariana Editrice si possono acquistare le opere di Don Dolindo: https://www.casamarianaeditrice.it/don-dolindo/

“MARIA MADRE DELL’EUCARISTIA” UNA NUOVA ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO!

Ringraziamo le suore della casa editrice Mimep per aver pubblicato una nuova antologia imperdibile di Don Dolindo Ruotolo: “Maria Madre dell’Eucaristia”

In questo volume antologico sono raccolte delle preziose meditazioni tratte dalle opere di Don Dolindo Ruotolo. I primi capitoli sono dedicati a Gesù, Maria e Giuseppe, la Parola di Dio e l’Eucaristia. L’ultimo è rivolto alle virtù teologali: fede, speranza e carità.

“Ero un fanciullo insipiente, stentavo a capire ed a studiare, avendo fatto tre volte la prima ginnasiale… pregai innanzi a questa immagine la Madonna e le domandai l’intelligenza… dissi: “O mia dolce Mamma, se mi vuoi sacerdote, dammi l’intelligenza, perché lo vedi che sono un cretino!”. D’un tratto, genuflesso come ero, mi assopii. L’immagine si mosse, per il vento o per grazia speciale, non so dirlo, mi toccò la fronte e io mi risvegliai dall’assopimento con la povera mia mente pronta e lucida. Discorrevo di tutto, verseggiavo, ero un altro, ma solo per ciò che glorificava Dio. Per il resto ero e sono un autentico cretino. Ricorro a te, Mamma mia, e tu mi illumini… quanto sei bella!” (Don Dolindo).

Don Dolindo Ruotolo è stato insieme a Padre Pio un dono di Dio per la Chiesa, un amanuense dello Spirito Santo con una Sapienza e uno spirito profetico infusi dall’alto e un figlio prediletto della Vergine Maria.

Pagine: 304

INDICE:

Parte 1: Gesù Cristo vero Dio e vero uomo

Parte 2: La Vergine Maria e san Giuseppe

Parte 3: La Parola di Dio e l’Eucaristia

Parte 4: Fede, speranza e carità

P.S. IL LIBRO È STATO APPENA PUBBLICATO! Vi invitiamo a leggere l’anteprima cliccando sul link qui sotto e, se siete interessati, a comprarlo sul sito della casa editrice per aiutare maggiormente le suore nel loro preziosissimo lavoro di apostolato: 👇

LA PREGHIERA DEL PADRE NOSTRO SPIEGATA DA DON DOLINDO RUOTOLO: “Credere veramente in Dio, confidare in Lui come figli ed essergli amici per la Grazia: ecco il fondamento di ogni vera preghiera”

QUI DI SEGUITO, POTETE LEGGERE UN ESTRATTO DALL’ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO APPENA PUBBLICATA DALLE SUORE DELLA CASA EDITRICE MIMEP. ALLA FINE, SE SIETE INTERESSATI, TROVERETE IL LINK PER L’ACQUISTO.

-Il Padre Nostro-

“Padre”, ecco il modo come l’anima deve orientarsi a Dio. Non deve considerarlo col terrore superstizioso che avevano i pagani della divinità, espresso a volte dalle stesse forme dei loro idoli, né col timore servile dell’ebraismo di allora, che aveva deviato dallo spirito dei patriarchi; doveva riguardarlo come Padre, quindi come creatore di tutto e come proprio creatore, provvido ed amorosissimo.

Il padre naturale dà la vita al figlio amando, e la conserva amando, quando non è ridotto allo stato brutale dal vizio. Dio dà la vita per un atto della sua Volontà infinita che è Amore; e la conserva con la Provvidenza che è Amore; l’anima, dunque, prega confessando la realtà di Dio, il suo Amore e la sua Provvidenza, e confessandola in un atto di viva fede. Se non c’è questa fede che ci fa parlare a Dio come all’Essere infinitamente esistente, sapiente ed amante, se non si ha con Lui l’intimità filiale che viene dalla fede veramente e praticamente sentita e convinta, la preghiera non supera la nostra povera atmosfera e diventa più uno sfogo della propria impotenza, che una fiduciosa domanda fatta a Dio.

La vacuità di tante preghiere che facciamo sta proprio nella mancanza della fede vera in Dio. Molti, moltissimi, pregando hanno ancora lo spirito idolatrico; credono e non credono a Dio, lo ammettono e non lo ammettono, esitano nel loro cuore e, subcoscientemente, vorrebbero metterlo alla prova, come può mettersi alla prova, l’efficacia di una medicina.

“Padre, sia santificato il Nome tuo”. Ecco una seconda direttiva assolutamente necessaria alla nostra preghiera: considerare tutto alla luce della gloria di Dio e volere tutto secondo i fini della sua Volontà. A volte noi giungiamo alla stoltezza somma di volere imporre le nostre vedute e i nostri interessi umani al Signore, e rimaniamo, quindi, inetti ed impotenti, nell’ambito delle nostre povere forze. Quando l’anima crede veramente ed apprezza Dio per quello che è, domanda in piena sottomissione alle esigenze della gloria di Lui, che è diffusione di misericordia e di bene anche per noi.

Come potrebbe aversi il calore del sole sottraendosi ai suoi raggi, e pretendendo di ridurli nell’ambito della propria meschinità? Il trionfo della luce del sole, e quindi la rimozione degli ostacoli che ne impediscono la diffusione, è anche il conseguimento pieno del nostro desiderio di calore vivificante. Nell’orazione bisogna, dunque, dare a Dio il posto che gli spetta, e desiderare la vita a ciò che è necessario alla vita, unicamente per la sua Gloria e per il trionfo del suo Amore in noi, nella pienezza del suo Regno: “Venga il regno tuo”. Se si pondera veramente la meschinità delle nostre aspirazioni nella preghiera, volta tutta al compimento del nostro egoismo, e se si pensa che la massa del popolo ignora quasi completamente che cosa significhi amare Dio e desiderarne la gloria, non fa più meraviglia che tante preghiere rimangano nella nostra povera cerchia, e sono inesaudite.

Nel tracciarci la direttiva delle nostre preghiere, Gesù Cristo distingue nettamente le esigenze della vita dell’anima da quelle della vita del corpo nella nostra condizione naturale. Per questo il Pater noster ha due parti determinate: alla vita dell’anima è necessaria l’intimità filiale con Dio, per la Grazia che la rende sua figlia: “Padre”. In questa semplice parola c’è la sintesi stupenda delle elevazioni dell’anima negli splendori della Grazia, che la restaura, la santifica e la eleva. L’intimità con Dio è amore nelle sue molteplici gradazioni e sfumature e questo amore si sintetizza tutto nel desiderio di glorificare Dio e di farlo regnare nella propria vita ed in quella di tutti.

Noi, quindi, domandiamo a Dio lo stato di Grazia, l’amore verso di Lui, lo zelo per la sua Gloria, la santificazione delle anime ed il suo Regno in tutte nel dominio soavissimo dell’Amore. Tutte le grandi manifestazioni della vita della santità e della vita della Chiesa stanno in queste brevi e mirabili parole. Per la vita del corpo, ordinata a quella dello spirito, noi abbiamo bisogno dell’alimento e di tutto quello che serve all’ordine ed alla missione temporale della medesima vita: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”; abbiamo bisogno della pace, bene assolutamente imprescindibile da una vita che non sia concepita, come si fa oggi, quale esasperante tramestio di prepotenze e di oppressioni.

Ora la pace non è fuori dell’anima, e tanto meno può considerarsi come l’oppressione del più forte sul più debole; essa è tranquillità dell’ordine, e questa tranquillità viene dall’armonia della coscienza e da quella della carità: “Rimetti a noi i nostri peccati, come noi li rimettiamo ad ogni nostro debitore”. Siamo tutti miserabili, e nessuno può presumere di essere da più di un altro; ci confessiamo peccatori per avere il perdono e promettiamo perdono a quelli che ci fanno del torto. Così viene stroncato nella radice quello che disturba la pace.

Grazia di Dio in noi e carità verso il prossimo sono due beni spirituali dai quali dipende la tranquilla prosperità temporale della vita; i peccatori non hanno mai bene; anche quando satana si sforza di farli apparire prosperati, e dove manca la generosa carità, manca la benedizione di Dio. Satana sfrutta la posizione di alcuni (molto pochi in realtà rispetto alle masse), che, non essendo più capaci di beni eterni, raccolgono come tenue premio di qualche opera buona, i miseri beni temporali; egli li presenta come esseri felici nel male, ma è una menzogna anche in questi la pace, perché sono infelicissimi nel loro cuore ed è una menzogna maggiore il far credere od il supporre che il peccato porti la prosperità.

No, la massa dei peccatori sta in mille tribolazioni, e la massa dei prepotenti è infelicissima, perché è stretta dai rimorsi e dalle angustie interiori che tolgono loro la pace. Che cosa sono i beni temporali senza la pace? E come si può avere pace senza il perdono di Dio e senza la Grazia? Come poi si può avere la Grazia ed il perdono senza darlo a chi ci è debitore?

Quando la nostra preghiera per i beni temporali non sta su queste direttive precise è una preghiera vana; quando cioè non si domanda ciò che serve alla vita, e non più, e non lo si domanda nell’armonia della Grazia e della carità, la preghiera diventa vana, ed a volte può farci credere, per illusione diabolica, che produca anche l’effetto contrario. Quanti hanno l’anima piena di avidità, di odio, d’invidia e di peccati di ogni genere e domandano a Dio non ciò che serve al corpo per la vita dello spirito, ma ciò che serve al corpo per la vita materiale, e si lamentano poi di non essere esauditi!

Quanti hanno peccati impuri che disordinano la vita, anche occultamente e senza che nessuno lo sappia, e si lamentano della miseria corporale che ne è immediata conseguenza! Quanti sono spietati nel giudicare e più spietati nell’inveire contro il prossimo, e pretendono da questa bolgia far risuonare la loro preghiera nei cieli, dove tutto è armonia soavissima di carità!

La vita è una prova di pochi anni, nei quali dobbiamo meritarci, per la grazia di Dio, il premio eterno. Questa prova ci viene dalla condizione stessa nella quale viviamo e può venirci anche dalle insidie e dagli assalti di satana. C’è dunque un terzo elemento della nostra vita terrena: la difesa nei pericoli. Senza la difesa provvida che può venirci solo da Dio la vita dell’anima è travolta dalla colpa e la vita del corpo dalle sventure. Perciò Gesù Cristo ci fa domandare a Dio: “Non ci indurre in tentazione”, cioè non permettere che ci vinca la tentazione e, nel provarci, Tu donaci la forza di esserti fedeli, riducendo le prove a causa della nostra fragilità. È, in fondo, un atto di umiltà che ci concilia la misericordia di Dio, poiché è la confessione della nostra debolezza, in un atto di fiducia e di abbandono alla misericordia di Dio. Chi presume di sé, crede di poter affrontare i cimenti della vita ordinaria e quelli più ardui della santità, e può esserne vinto; ma chi è conscio della propria fragilità, domanda a Dio solo la Grazia di resistere alle prove e di non cadere, e lo supplica di attenuare quelle che per la nostra miseria potrebbero travolgerci.

Con quest’ultima domanda la direttiva della preghiera dataci da Gesù è completa: credere veramente in Dio, confidare in Lui come figli ed essergli amici per la Grazia; ecco il fondamento di ogni vera preghiera. Domandare i beni dell’anima, non come nostro appagamento egoistico, ma per rispondere al nostro fine, e quindi domandare la gloria di Dio ed il suo Regno, perché quei beni così si diffondono in noi. Qualunque domanda che prescinda dalla gloria di Dio e dal suo Regno in noi è sterile e può esserci di danno. Per la vita del corpo domandare il sostentamento necessario, il pane quotidiano, senza aggravarla di ingombri inutili, è domandare la pace, frutto della giustizia e della carità. Infine considerarsi fragili nelle prove che servono al conseguimento dell’etema vita è domandare a Dio la difesa e la conservazione della vita spirituale.

Come già si è accennato, Gesù Cristo nel dare agli apostoli le direttive di qualunque preghiera nella formula che loro insegnò, espresse in una sintesi mirabile quello che era la sua medesima vita di preghiera: Egli, Figlio di Dio, era venuto in terra per proclamare la divina paternità di adozione per tutti gli uomini, e per sollevare a Lui, verso le altezze dei Cieli, le sue creature: “Padre nostro che sei nei cieli”. Egli pregava per esaltare il nome di Dio e per far risuonare in terra, nella natura umana da Lui assunta, le lodi che dall’eternità dava al Padre: “Sia santificato il tuo Nome”.

Egli era venuto per stabilirne il Regno su tutte le creature, e proclamava questo Regno realizzandolo con la sua grande preghiera che doveva culminare nel sacrificio del Golgota: “Venga il tuo regno”. Egli stabiliva il regno di Dio nel pieno compimento dei disegni dell’infinito suo Amore, ossia della sua Volontà, ed implorava che questa Volontà amorosa fosse stata in terra il legame e l’armonia di tutte le attività umane per la Gloria divina, come in cielo era l’eterno legame del Padre e del Figlio: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Egli, Figlio di Dio, dunque, si rivolgeva al Padre; Egli, gloria sua sostanziale lo glorificava e ne stabiliva il Regno trionfante, compiendo la sua Volontà, fatto obbediente fino alla morte ed amandolo nell’infinito Amore.

Essendo vero Uomo come era vero Dio, Egli, mediatore nostro e pellegrino della terra, domandava per noi anche i beni della vita mortale: il sostentamento, la pace e la difesa da ogni pericolo, ossia quella sobria prosperità che aiuta la vita ad orientarsi a Dio e non la rende povera lotta per i beni fugaci, confusione di contrasti ed irruenza di prepotenze brutali, misero zimbello di satana e vittima delle stesse prove che debbono orientarla al Signore. Era questa la grande preghiera della vita mortale di Gesù Cristo e logicamente Egli, uscendo da una di queste sue grandi elevazioni, al discepolo che in nome di tutti lo supplicò d’insegnare loro a pregare, dette una formula sublime di preghiera che era la sintesi della sua orazione, e la direttiva di tutte le nostre preghiere.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

P.S. IL LIBRO È STATO APPENA PUBBLICATO!

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Faccia a faccia con Gesù

LE TENEBRE DI OGGI ANCHE FRA I CATTOLICI: “È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.” DON DOLINDO RUOTOLO

QUI DI SEGUITO, POTETE LEGGERE UN ESTRATTO DALL’ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO APPENA PUBBLICATA DALLE SUORE DELLA CASA EDITRICE MIMEP. ALLA FINE, SE SIETE INTERESSATI, TROVERETE IL LINK PER L’ACQUISTO.

-Le tenebre di oggi anche fra i cattolici-

Ecco, noi viviamo in un’epoca di tenebre fitte, in un momento di frenesia collettiva che ci fa correre verso la catastrofe; si affondano le navi, si distruggono immani ricchezze, si corre come esercito mobilitato verso la morte, e perché? Perché manca la luce di Gesù Cristo che è Lume di vita! Si assiste al miserando spettacolo della creazione di nuove fedi fondate sull’ignoranza, di nuove religioni fondate su idoli scelleratissimi, carichi di delitti, e persino di nuovi misticismi che mostrano come simboli e oggetto di contemplazione la rivoltella, il pugnale, la bomba a mano e il teschio di morte, non per considerare la morte in ordine alla Vita eterna ma per darla spietatamente o incontrarla disperatamente.

Gli uomini sembrano impazziti, impazziti fino al delirio; sconvolgono tutto per creare, secondo loro, un ordine nuovo, e fanno rovinare tutto, travolgendo tutto nell’immane cataclisma delle rivoluzioni e delle guerre. Si presta una fede cieca ai corifei dell’empietà, fino a considerarli come dèi, e si nega l’assenso nobilissimo dell’intelletto e del cuore a Gesù Cristo. È una cosa penosissima! È necessario spegnere le false luci del mondo e riaccendere la luce di Gesù Cristo, non solo nelle nazioni ma anche tra i medesimi cattolici.

Ci sono infatti, fra essi, gravi sintomi di assideramento e di disorientamento; serpeggiano fra loro a man salva errori funestissimi e pochi se ne accorgono, assorbendone il veleno nella vita. C’è una forte infiltrazione di razionalismo, di materialismo e di naturalismo nelle anime, un aborrimento del soprannaturale, una forzata paralisi degli slanci dell’anima verso vette più alte, un subcosciente disprezzo di tutto quello che è vita interiore e vita di santità e, soprattutto, un rispetto umano spinto fino a ostentare rispetto e simpatia per gli eretici e i perversi e disprezzo e noncuranza per tutto quello che può far temere l’accusa di piccolezza d’animo o di pietà da donnette.

Citiamo, a questo proposito, un brano del padre Faber, perché è troppo importante che si riaccenda in pieno la luce che ci ha dato Gesù Cristo tra i fedeli e – bisogna dirlo – tra quelli stessi che li guidano, perché il disorientamento è anche tra le anime consacrate a Dio.

«Vi sono molti, ai nostri tempi, i quali non dicono di non essere cristiani, ma pure scrivono e parlano come se fossero fuori e come se fossero, allo stesso tempo, cristiani e non cristiani. Essi non si diedero pena di formulare una miscredenza positiva, ma non comprendono come mai il progresso, la perfettibilità e le scoperte moderne… possano conciliarsi con quella collezione di antichi dogmi che costituiscono la religione cristiana, e inclinerebbero a rinunciare ai dogmi piuttosto che alle scoperte e invenzioni. Tali persone mettono la dignità umana fra le considerazioni di prim’ordine, mentre, secondo loro, l’assenso dell’uomo alle dottrine e alle pratiche della Chiesa è tanto degradante alla sua nobiltà intellettuale, quanto la sua obbedienza alle medesime è superstiziosa e umiliante. Papa e teologia, Madonna e Santi, grazie e Sacramenti, penitenza e Purgatorio, scapolari e rosari, ascetismo e misticismo, combinandosi per formare un carattere perfettamente distinto e riconoscibile, arrecano un tono alla mente e un fare alla condotta che non lasciano dubbio, e che difficilmente si sbaglia a riconoscerli… Le persone delle quali ora parliamo sono ben lontane dal nutrire stima per un tale carattere. Ai loro occhi è un carattere piccolo, debole, spregevole, codardo, gretto, pusillanime. Difetta di quell’espansione e ardire della grandezza morale, secondo il loro modo di misurare la grandezza. Queste persone tracciarono dei limiti al servizio di Dio, cercarono con lui un compromesso, lo ridussero da Creatore ad un ente che può imporre tasse e tributi e nulla più, perché Egli è un monarca costituzionale e non dispotico, ed essi si formarono della perfezione un’opinione sfavorevole, come di un’aggressione incostituzionale per parte di Dio e del suo esecutivo».

Noi non ci accorgiamo che Gesù Cristo non è più considerato come luce del mondo e che alla Chiesa stessa si tende a dare una fisionomia che non discordi troppo o dal mondo o dalle pompose esibizioni di sapienza, di equilibrio e di serietà delle sette. Quasi quasi ci piace quell’ipocrita austerità di riti senz’anima e senza slanci, quel bando dato a tutto quello che riscalda il cuore e lo muta in un vibrante motore spirituale che porta l’anima nei voli dell’amore. Ci mostriamo disgustati dalle pose dei Santi che ci sembrano esagerate e tendiamo sempre più a vestirci dello smoking del mondo, per mostrarci a nostro modo seri ed equilibrati, rinnegando così la divina stoltezza della Croce. Crediamo quasi indecoroso che un cardinale si mostri con la corona in mano o che baci un’immagine sacra; ci abituiamo troppo a confondere la luminosa maestà dell’anima che crede, spera e ama, con la boria di una serietà mondana, più ridicola di quella di un pagliaccio.

Siamo come schiavi, incatenati dalla miscredenza e dagli errori altrui, tremanti a ogni cenno del loro disprezzo per quello che è frutto di devozione e di pietà cristiana, premurosi di toglierci ogni segno di riconoscimento cristiano, rinnegatori della nostra divina nazionalità, diremmo snobisti di satana e di quello che satana ha prodotto per renderci come stranieri e forestieri nella stessa Chiesa, simili a quegli zulù africani che passano dal loro deserto ardente in una delle nostre rumorose piazze, smarriti nello splendore della civiltà e desiderosi del covo delle loro montagne.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale” edizioni Mimep)

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Faccia a faccia con Gesù

“FACCIA A FACCIA CON GESÙ. MEDITAZIONI PER LA QUARESIMA E LA VITA SPIRITUALE” UN’ANTOLOGIA IMPERDIBILE DI DON DOLINDO RUOTOLO!

Ringraziamo le suore della casa editrice “Mimep” per aver pubblicato un’antologia imperdibile di Don Dolindo Ruotolo: “Faccia a faccia con Gesù: meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale”.

Pagine: 320

INDICE:

Parte 1: Passione, morte e risurrezione di Cristo

Parte 2: Il peccato, il mondo, la carne, Satana

Parte 3: Preghiera, conversione e penitenza

Parte 4: La croce, la notte oscura e le prove dell’anima

Un libro con meditazioni di don Dolindo Ruotolo sulla Passione di Gesù e la vita spirituale.

Dolindo Ruotolo è stato insieme a Padre Pio da Pietrelcina un dono di Dio per la Chiesa. Un amanuense dello Spirito Santo, con una sapienza e uno spirito profetico infusi dall’alto, un taumaturgo di non minor potenza del confratello cappuccino, uno stigmatizzato di Cristo già nel nome, un figlio prediletto della Vergine Maria, un servo fedele che volle essere il nulla del nulla in Dio e il tutto di Dio negli uomini per la salvezza delle anime.

Per Don Dolindo l’altare è anche uno scrittoio dove componeva nell’umile scrittura di un intelletto penetrante le infinite pagine di esegesi biblica. Le sue opere sono veramente un’intera biblioteca, un pozzo dove l’anima che vi s’immerge attinge acqua zampillante per la vita eterna, come quella promessa alla Samaritana da Gesù.

In questo volume antologico sono raccolte delle meditazioni per la Quaresima e la vita spirituale quotidiana con diverse tematiche, tra cui:
– la Passione e la Risurrezione di Cristo
– il peccato e l’azione del demonio
– la preghiera
– la penitenza e la conversione
– la notte oscura
la croce e le prove dell’anima

P.S. IL LIBRO È STATO APPENA PUBBLICATO!
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Faccia a faccia con Gesù

LO SPIRITO SANTO E L’UMANA LIBERTÀ NELL’ELEZIONE DEL PAPA: “Sarebbe stolto e peccaminoso rifiutare l’obbedienza a chi rappresenta Dio, con la scusa che, data la sua indegnità, non è possibile che sia stato eletto direttamente per divina illuminazione” DON DOLINDO RUOTOLO

L’elezione di un Papa ha due elementi preponderanti: quello umano e quello divino, gli uomini che eleggono e Dio che sceglie e sanziona. Quando gli uomini sono timorati di Dio e fanno appello non alle passioni ma al Signore, allora Egli interviene per eleggere direttamente il successore di S. Pietro, e risponde alle preghiere che gli uomini gli fanno liberamente, illuminandoli. Quando l’elemento umano forma, per così dire, un’atmosfera maleodorante, addensata dall’umana libertà, quando gli uomini non fanno appello a Lui, ma si agitano nelle loro passioni, il Signore non interviene nel primo momento dell’elezione, permette loro di operare come vogliono, ed interviene in un secondo momento costituendo Lui l’eletto che gli uomini hanno voluto ed hanno meritato.

L’elezione pone il Papa in quella serie ininterrotta dei successori di S. Pietro, nei quali è tanto preponderante la luce della suprema potestà che tutte le miserie individuali non hanno alcun peso. Il Pastore supremo allora è come quelle lampade macchiate e polverose nel loro involucro esterno che diventano luce smagliante appena, chiuso il circuito, sono immesse nella corrente che le rende illuminazione per gli altri e guida sicura nel tortuoso cammino. È sempre il rispetto all’umana libertà che campeggia in ogni disposizione della Divina Provvidenza, anche quando si tratta dell’elezione del Capo della Chiesa: è forse, in questo caso, l’espressione più alta di questo rispetto ineffabile di Dio per le sue creature.

Questo che diciamo risolve una delle più gravi difficoltà, tanto nell’elezione dei Papi, quanto nella nomina dei Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio. L’umana mente si smarrisce, non sa capire come possa dirsi posto dallo Spirito Santo un Pastore indegno, ed è tentata di ribellarsi all’Autorità. Ma anche un Pastore traviato, messo sulla sua cattedra secondo i canoni della Chiesa, è posto dallo Spirito Santo, conseguentemente, perché è l’espressione di una libertà, che Dio nell’infinita sua delicatezza rispetta sino allo scrupolo, se può dirsi così. Sarebbe stolto e peccaminoso rifiutare perciò l’obbedienza a chi rappresenta Dio, con la scusa che, data la sua indegnità, non è possibile che sia stato eletto direttamente per divina illuminazione. Quando il Pastore supremo è costituito secondo i canoni della Chiesa, ciò che influì sulla sua elezione è accidentale alla sua legittimità, ed a noi non rimane che obbedire.

Del resto anche sotto Papi meno santi, e sotto Pastori meno retti, sono germinati i Santi nella Chiesa, anche i più grandi Santi. Questo significa che chi vuole, può attingere l’acqua salutare anche da un condotto deteriorato. Dio, che è infinita bontà, non viene meno con i suoi aiuti neppure ad un indegno, e lo rende canale di grazie singolari per le anime rette che cercano Lui solo. Egli passa allora come raggio di sole attraverso la stessa nebbia delle umane miserie, e giunge a riscaldare ed a fecondare l’umile pianticella che vuole prosperare.

Che importa che l’uomo che rappresenta il potere divino sia reprensibile? La potestà che egli ha, è tanto separata e distinta dalla sua vita, è gemma che non perde il suo valore, sol perché è sepolta in una terra brulla. È più grande la nostra fede quando onoriamo Dio in uno che ottenebra la potestà che ha ricevuto, è più profondo e meritorio l’ossequio della nostra sudditanza, ed è più fecondo di beni soprannaturali per noi. Lasciamo dunque al Signore il giudizio degli uomini, e curviamo la fronte innanzi alla loro potestà, quando ci rappresenta la potestà di Dio.

(Don Dolindo Ruotolo, dal “Commento al libro 2 delle Cronache”)

-DON DOLINDO RUOTOLO- Sia dato il bando alla mormorazione, alla maldicenza, alle dissensioni, e alle divisioni nella Chiesa: “La grande piaga della mormorazione su tutto ciò che in un modo o in un altro fanno i Superiori, arresta spesso tutta la circolazione della vita soprannaturale in una Diocesi”

Non si riformano i costumi con le ribellioni, ma con la vita di abnegazione, di preghiera e di apostolato, in piena ed umile dipendenza dalla legittima Autorità della Chiesa, come fecero S. Domenico, S. Francesco d’Assisi, e tanti altri Santi, splendore e gloria della Chiesa di Dio. Molti si lamentano che il mondo sia cattivo, dice S. Agostino, eppure se questi molti si migliorassero, il mondo sarebbe più buono. (…)

Le controversie e i dissensi rovinosi sono fenomeni violenti di purificazione nella Chiesa, che la liberano dagl’ingombri della sua vita; ma le contese latenti e dissimulate, che rimangono in lei come un eczema purulento, sono più comuni di quello che si creda. La grande piaga della mormorazione su tutto ciò che in un modo o in un altro fanno i Superiori, arresta spesso tutta la circolazione della vita soprannaturale in una Diocesi, in una Parrocchia, in una Comunità religiosa.

Il fenomeno delle dieci tribù dissidenti d’Israele si rinnova in piccolo dovunque c’è un’autorità, poichè tutti credono di poter riformare, e tutti si mostrano scontenti del regime al quale sottostanno. La prudenza dei capi sta nel non urtare soverchiamente la debolezza dei sudditi, ma il dovere strettissimo dei sudditi sta nel non presumere di dettare leggi all’autorità. Se c’è un disordine da riparare se ne parla ai Superiori con rispetto, come a rappresentanti di Dio, se non ascoltano le nostre suppliche, si ricorre alla preghiera, si volge lo sguardo sul proprio cuore, si migliora la propria vita, pensando che noi abbiamo la nostra parte di responsabilità in quello che avviene d’increscioso nel governo dei Superiori.

A che cosa serve il mormorare se non a rendere peggiori le situazioni? A che cosa servono gli ostruzionismi spirituali più o meno palliati, se non a paralizzare il bene ? Il Signore ci ha dato il mezzo per giungere là dove non può giungere la nostra attività; preghiamo ed umiliamoci, preghiamo e taciamo, affidando solo a Dio certe situazioni penose.

Alcune anime possono trovarsi nella dolorosa circostanza di essere oppresse innocentemente da un giogo aspro di avversità e di persecuzioni, da quelli stessi che rappresentano Dio. A volte persino i Santi hanno malmenato i Santi, come avvenne a S. Gerardo Maiella da parte di S. Alfonso M. De Liguori. In queste situazioni penosissime non rimane che tacere e pregare, riguardando la tribolazione come un dono speciale di Dio. Qualunque dichiarazione può peggiorare le disposizioni contrarie dell’avversario, e può determinare un male più grave.

Ricordiamoci che abbiamo un Padre Divino, una Mamma Celeste, e facciamo appello alla paternità di Dio ed alla maternità di Maria nelle nostre angustie. Quante grazie non si ottengono proprio perché non si fa appello alla paternità di Dio! È questa la chiave che apre il Cielo, è il fondamento della preghiera insegnataci da Gesù Cristo: “Padre nostro che sei nei Cieli”. Quante volte, vedendo intorno a noi un disordine vero, desideriamo eliminarlo non avendone una precisa missione da Dio! Facciamo allora le nostre dichiarazioni, e come frutto ne abbiamo una guerra aspra che non ci dà pace. Lasciamo le responsabilità a chi le ha, e contentiamoci di pregare e sopratutto di migliorare noi stessi. Ogni passo fatto per nostra iniziativa personale produce una dissensione maggiore e ci cagiona spesso amarezze inenarrabili e sterili.

Sia dato dunque il bando alla mormorazione, alla maldicenza, alle dissensioni, alle divisioni. Non perdiamo il tempo a protestare con gli uomini, ma parliamo a Dio. Pensiamo che la sua Provvidenza dispone tutto per nostro maggior bene, e che si vincono più battaglie col silenzio della preghiera che con le ire e le maldicenze. Quando si sparano i grandi cannoni che tirano a cento chilometri di distanza, il colpo non è diretto al bersaglio ma al cielo; il proiettile, sparato in linea, affonda nel terreno e non colpisce, dall’alto invece compie una parabola e va a segno. Cadano dall’alto i nostri desideri di restaurazione e di riforma, vadano a Dio i nostri sospiri angosciosi, e da Lui ricadano in terra; così non si producono le inutili e disastrose dissensioni che gettano lo scompiglio nell’armonia delle singole istituzioni della Chiesa.

La mormorazione è acqua che straripa e trascina tutto in rovina, la preghiera è acqua che svapora nel cielo e che ricade dolcemente come pioggia salutare. La mormorazione è fuoco d’incendio che non riscalda ma consuma, la preghiera è calore di sole che scende dall’alto e disgela anche i monti agghiacciati. Siamo più fedeli alla preghiera in ogni necessità ed in ogni angustia della vita e saremo nella Chiesa elementi di pace, di fecondità e di ordine.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro 2 delle Cronache)

DON DOLINDO RUOTOLO: “Beato chi vive nella Chiesa e non si scandalizza delle miserie umane… Restiamo fedeli alla Chiesa, anche quando ci sembra ch’Essa ci tartassi”

Pochi ponderano l’essenza della vita della Chiesa e pochi ne vivono; pochi sanno vederla in quell’aspetto essenziale della sua natura nel quale veramente Essa è pura, immacolata e senza rughe. È questa una considerazione di massima importanza, e forse la più vitale di tutte per poter apprezzare la Chiesa Cattolica per quello che Essa è veramente innanzi a Dio. In qualunque modo la si vegga infatti, l’ombra delle miserie umane ne offusca la magnifica gloria, e ci vuole una grande fede per riconoscerla pura, immacolata, e senza rughe.

Il suo capo, il Papa, è una meraviglia stupenda; la sua potestà dà le vertigini, la sua infallibilità lo pone quasi nell’armonia dell’eterna ed essenziale Verità. Egli può chiudere o aprire il Cielo, può sciogliere e legare, può disporre di tutte le ricchezze della Redenzione, quasi arbitro di Dio stesso; ma se può tanto, egli è anche un uomo, un uomo al quale Dio ha lasciata integra la libertà, senza che il pontificale ammanto possa dargli un solo atto di perfezione personale. È possibile quindi incontrarsi nella storia, anche in un Papa cattivo, disordinato nella sua vita privata, vittima del fasto e dell’orgoglio umano. Possiamo trovare nel Papa, magari anche spiccatamente, i difetti del proprio carattere, e quindi possiamo vederlo impaziente, eccitabile all’ira, irremovibile nei suoi propositi, in una parola, poco santo. L’anima rimane turbata e crede che quelle imperfezioni ridondino nel carattere del Papa in quanto è tale, mentre non è cosi.

È un fenomeno comunissimo nella nostra vita quello di riguardare le cose e le persone dal nostro punto di vista egoistico e personale; una persona che ci fa atti di benevolenza e di cortesia, per noi è ottima, un’altra che ci fa uno sgarbo, per noi è cattiva. Non sappiamo misurare l’umana debolezza nella giusta bilancia, ma la valutiamo nelle nostre mani, e la vediamo pesante se ci dà fastidio e leggera se non ce ne dà; anche il Papa quindi può d’un tratto apparirci senza alcuna aureola di grandezza quando urta col nostro egoismo. Così si spiega come Lutero concepì un odio feroce per il Papa, mentre prima ne sollecitava la benevolenza e le grazie.

Se si guarda la Chiesa nei suoi Pastori e nel suo Sacerdozio, ahimè, quante macchie ne offuscano la grandezza! Dove sta l’uomo lì sta anche la miseria e la debolezza, e quindi nel medesimo Sacerdozio possiamo trovarci di fronte a figure ripugnanti che ci scuotono nella stessa nostra fede, massime se crediamo di averne ricevuto qualche torto. Allora una nube si distende sulla potestà soprannaturale che riveste il Ministro di Dio, e la Chiesa ci appare piena di rughe.

La dottrina della Chiesa è mirabile, ma quante discussioni inutili la rendono a volte pesante, e quante eresie ne offuscano la luminosità! L’organizzazione della Chiesa è un capolavoro di ordine, ma in quante cose all’umanità appare deficiente per gli abusi delle persone che debbono custodirla e svilupparla! (…)

Beato chi vive nella Chiesa e non si scandalizza delle miserie umane che come nebbia pesante ne offuscano gli splendori; beato chi riposa sul materno suo cuore, per sentire solo i palpiti della vita divina che la vivificano. Chi si ferma alla miserie degli uomini che la formano è simile a colui che non distingue il terriccio dalla gemma preziosa e la disprezza, andando poi in cerca di cocci di vetro che gli sembrano più rifulgenti.

Restiamo fedeli alla Chiesa, anche quando ci sembra ch’Essa ci tartassi. Sicuro, ci sono anime che sono a volte percosse dall’autorità della Chiesa, anche a torto, per calunnie o per intrighi. In questi casi la Chiesa può apparire brutta, deformata, avvilita, perchè noi riguardiamo con orrore quello che ci dà pena. Siamo fedeli anche in questi oscuri momenti che sono le supreme prove dell’amore, e serriamoci di più al cuore della Chiesa, e lavoriamo per Lei anche se ci percuote e ci annienta.

Che importa che Essa ci disprezzi? Il suo disprezzo medesimo è come acido che corrode le nostre miserie e rende più luminosa l’anima nostra, il suo rigore è come colpo di martello che raddrizza le nostre stortezze, la sua severità è come cesello che ci rende opera d’arte preziosa innanzi a Dio. Tutto ciò che viene dalla Chiesa è vivificante, anche quando per la sensibilità delle nostre piaghe ci appare castigo; sappiamo riposare tacendo anche sotto i tagli del suo ferro chirurgico, e pensiamo che allora Essa ci è maggiormente madre. Non guardiamo agli uomini che sono solo strumento nelle mani di Dio, strumenti di espiazione e di purificazione per noi, guardiamo più in alto, e diamo a Dio la massima testimonianza del nostro amore adorando la sua volontà e tacendo nelle mani della Chiesa come cagnolini frustati ma sempre accucciati ai piedi del padrone.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro delle Cronache)

CONSIGLI DI DON DOLINDO RUOTOLO AD UN’ANIMA CHE COMINCIA A CAMMINARE PER LA VIA DELLA SANTITÀ: “La pietà superficiale è tutta impregnata di soddisfazioni e di dolcezze; la pietà vera è tutta cosparsa di spine e di tenebre”

CONSIGLI AD UN’ANIMA CHE COMINCIA A CAMMINARE PER LA VIA DELLA PERFEZIONE:

“Se ci volessimo offrire a Dio come vorremmo, non ci offriremmo mai”

La nostra miseria non deve mai allontanarci dalla più completa ed illimitata fiducia in Dio. Il più bell’atto di amore vero a Dio, è il riconoscimento di tutto l’ammasso di putredine che è in noi. Perché gemere nella miseria, quasi che essa ci meravigliasse, e non piuttosto pigliarne occasione per essere tutti di Dio nell’umiltà? Se siete tiepida dite a Gesù: «Signore, ecco quello che ti sa dare questo cuore, e tu abbracciami nella tua misericordia e nel tuo amore ed abbi pietà di me!». Amore! È la prima grazia che nasce da questo sentimento di umiltà e di annientamento, e noi possiamo domandarla a Dio anche pretendendola. E sì, perché che cosa sarebbe questo amore senza il soffio di quella divina onda di amore che sola può dargli la vita? Dunque è una grazia che Dio ci fa quando noi gli sappiamo offrire il nostro nulla e la nostra miseria! Se ci volessimo offrire a Dio come vorremmo essere, non ci offriremmo mai! Non complicate l’anima in molte cose, o, peggio, in preoccupazioni di spirito; spesso la freddezza, l’indifferenza, la volubilità sono effetti di esagerazioni. Poche cose, e tutte fatte semplicemente. La santa Comunione è la vita del cuore, ed è la fonte di quell’amore vero che non istà tanto nella sensibilità quanto nell’apprezzamento di Dio. Andate dunque a Gesù sicuramente, con fiducia! Gesù vi vuole bene assai e vi desidera. Oh, come è amabile e buono Gesù con noi! Gli faremo il torto di credere che la nostra miseria sia superiore alla sua misericordia? Innanzi alla luce di Gesù voi distinguete meglio i vostri difetti. Fuggite una volta al giorno almeno un piccolo difetto che potete commettere avvertitamente. Questi piccoli difetti sono lacci che paralizzano la vita dell’anima Se non sapete meditare, umiliatevi. Vale più una meditazione fatta sulla propria miseria, che cento meditazioni studiate sui libri. Una esclamazione fatta di cuore a Gesù, vale un volume per Lui che è padre tanto amoroso e buono. Gesù buono vi trasforma nel dolore intimo dell’anima, e vi mette tutta nel suo Cuore, attraendovi a Sé per la prova ed il dolore. Sentendovi nulla innanzi a Lui, siete più agile a volargli nel Cuore. Siate dunque viva in Gesù e morta fuori di Lui. Pregate per i peccatori perché essi ritornino a Gesu, farete così un bello apostolato nascosto. Desiderate assai di amare Dio, ma non desiderate le gioie sensibili di questo amore. L’amore puro e desolato è il più accetto al Cuore di Gesù ed il più meritorio per voi. Siate tranquilla e in pace, riposando sul Cuore infinito del Re della pace. Amen. (…)

È nel sonno che l’organismo si rifà tutto a nuovo… ed è nella oscurità fitta dello spirito che in noi resta annullata la natura, e resta fortificata la grazia! (…)

Io so più di voi, figlia mia, perché ho esperimentato di più, e vi posso dire che mai ho avuto tanta ragione di ringraziare Dio di avermi legato alla Chiesa come quando sono stato percosso e annientato dalla Chiesa stessa! E sì, perché la Chiesa è sempre la fonte pura della verità, e chi sta con la Chiesa sta con Gesù che disse: «Io sono la via, la verità e la vita». Amate assai la Chiesa, e se vedeste tutti i suoi membri, anche porporati, traviare, ricordatevi che Gesù non travia, e che Gesù è l’unica ragione sufficiente del nostro amore alla Chiesa! (…)

Sono un istrumento semplice e nullo, che dalle opere di Dio piglia occasione di glorificarlo, sono una povera lente che a volte concentra i suoi raggi e pare un sole… in realtà è sempre un poco di vetro. Così in tutto rimane glorificato Dio solo, perché nessuno si glori di sé. Questa è la più grande attività che possa avere una creatura: diventare tanto inutile, tanto povera, tanto stolta, tanto meschina, da rendersi capace di essere sostituita dalla bontà di Dio. (…)

Gesù non può farci grazia maggiore che quando ci opprime nell’intimo dell’anima, perché è allora che il nostro piccolo io si schiaccia e svanisce in una amarezza che è salutare e che è sempre il principio di un passo novello nel compimento della sua santissima volontà… Oh!, veramente, questo poco di desolazione che mi opprime è nulla in confronto alla miseria mia. Gesù dovrebbe amareggiarmi assai di più per stampare nel mio rozzo cuore un bacio più caldo di amore e di carità! (…)

La vera vita dello spirito non è quella che sognano tante divote… è assai più profonda e misteriosa; non è un succedersi di esperienze dolci e soavi, ma piuttosto un alternarsi di tenebre, di incertezze, di umiliazioni, miste a quel senso di pace che lascia sempre nel cuore lo spirito di Dio! La pietà superficiale è tutta impregnata, dirò, di soddisfazioni e di dolcezze; la pietà vera è tutta cosparsa di spine e di tenebre. Sono spine dolci perché rappresentano lo storzo della meschinità della creatura a raggiungere il suo Creatore. Siate perciò benedetta, cara figlia, in questa novella via nella quale siete entrata senza accorgervene; abbiate un abbandono filiale e totale nelle mani di Dio, affidatevi alla sua grande misericordia e ditegli spesso: «Gesu mio, fa’ di me quello che vuoi». (…)

E venendo allo stato del vostro spirito vi dirò che voi vi sentite di andare indietro non perché sia realmente così, ma perché riflettete di più sulle miserie del vostro cuore. A misura che la luce di Dio si irradia, il cuore scopre i suoi nei, come il pulviscolo atmosferico si scopre quando nella stanza penetra il raggio di sole. A me reca conforto il sapere che voi vi sentiate sempre più piccola e miserabile, perché questo è il vero segno della presenza di Dio e dell’azione sua in un’anima. Non vi scoraggiate mai, quando vi sentite irritata, punta, impaziente, stizzosa, umiliatevi e frenatevi. Non date mai sfogo all’ira, e se qualche momento scattate, sappiate depositare nel Cuore di Gesù la vostra miseria, sappiate abbandonarvi da figlia nelle braccia della sua misericordia e bontà! (…)

Alle tenebre del mio spirito si è unita una forte tensione nervosa; ho un povero mio fratello che soffre di nervi e che spesso si agita e si adira; pregai Gesù che passasse in me quegli urti, e mi ha esaudito. Provo col fatto che i nervosi debbono soffrire assai, ma veggo che i nervi sono una fonte preziosa di umiltà. Come si sente profondamente il proprio nulla quando ogni cosa ci urta e quando bisogna mantenersi sempre vigilanti per non cadere in irruenze di carattere! In questo stato di nervi verrebbe la voglia di piangere e nella irrequietezza del carattere il cuore si accosta di più a Dio senza accorgersene. (…)

-Raramente nel fervore glorifichiamo Dio, apprezzandolo-

Coraggio, buona figlia! Io non vi parlo per dire parole, ma perché sento profondamente quello che vi dico: Non è il fervore che vi rende apostola, non è la soddisfazione di vedervi più buona; no! È l’umiltà e l’aridità dello spirito! ln questa aridità voi dovete stare innanzi a Gesù pregandolo solo per la sua gloria: «Oh! Gesù caro, glorifica il tuo nome, venga il tuo regno in tutto il mondo»…Voi mi direte che il vostro cuore è freddo proprio per questa gloria di Dio, ed io vi rispondo che voi con la ragione arrivate certamente a capire che Dio solo è tutto e che a Lui solo si deve onore e gloria! Basta la ragione per farci desiderare solo la gloria di Dio, per farcela apprezzare; poco conta se il nostro cuore rimane arido, freddo e senza fervore alcuno. Non è il fervore sensibile la via per glorificare Dio; il fervore può dare a noi la soddisfazione di noi stessi, può farci sentire con Dio, ma vi assicuro che raramente noi nel fervore glorifichiamo Dio, apprezzandolo! Il più delle volte sentiamo appagamento vanitoso di quel poco di fervore e ci smarriamo nel nostro egoismo! Desideriamo solo la gloria di Dio, vi ripeto, e non pensiamo ai nostri interessi, fossero pure spirituali. È tempo ormai di prestare a Dio l’omaggio completo del nostro povero cuore, ed io desidero che voi entriate in questo novello ordine di vedute spirituali che veramente vi trasformeranno e vi faranno intimamente familiare con Dio. Dunque, quando vi vedrete povera, meschina, irritata e piena di stizza, dite a Gesù: «Caro Gesù, queste sono le gemme che sa produrre la mia vita; ma io non desidero che la tua gloria!». È così che l’anima in Dio vive davvero e senza miserie reali di spirito! (…)

Non temete, non temete, il Signore non vi abbandona mai, e nella sua bontà utilizza tutte le vostre afflizioni per la sua gloria. Alle volte noi crediamo di essere oziosi; ma non è vero! Siamo più attivi quando siamo crocifissi insieme con Gesù, quando insieme con Lui agonizziamo nel Getsemani! Le vie della Divina Provvidenza sono tante, e tutti gli sforzi della nostra povera attività sono un nulla di fronte ad un solo dolore sofferto con pazienza e con piena rassegnazione.

(Don Dolindo Ruotolo, da “Epistolario 1, lettere a Laura de Rosis”)

CHI SI SCANDALIZZA DEL MALE CHE VEDE NELLA CHIESA DIMOSTRA DI NON CONOSCERE LE VERE VIE DI DIO E RISCHIA DI PERDERE LA FEDE: “Invece di lamentarci della Chiesa, diventiamo noi il suo decoro con la nostra santità” DON DOLINDO RUOTOLO

Stringiamoci alla Chiesa Cattolica, Apostolica Romana e non ci scandalizziamo se vediamo in lei le spine, la paglia, i bruchi; sono proprio questi i contrassegni di un fiore vivo, che ha radici viventi e che prospera nella terra. Le miserie della Chiesa non sono la sua vita, ma la sua dolorosa passione. Se Gesù Cristo si diede in mano ai peccatori, ed apparve come il rifuto di tutti, quale difficoltà che il suo corpo mistico sia anch’esso piagato, coperto di sputi, coronato di spine e crocifisso? La passione non tolse a Gesù la sua santità, la sua maestà, la sua bontà; sotto quella spoglia mortale insanguinata vi era il Verbo di Dio.

Nello stesso modo le miserie degli uomini che piagano la Chiesa, non tolgono nulla alla sua santità ed alla sua bellezza. Ora cresce il grano insieme con la zizzania, e nella stessa rete si raccolgono i pesci buoni e quelli cattivi; ma poi verrà l’ora della messe finale, la paglia sarà bruciata ed il pesce cattivo sarà gettato via; allora apparirà la Chiesa in tutta la sua meravigliosa bellezza. L’oro non cessa di essere oro sol perché è mescolato con la scoria; quando si getta nel crogiuolo, allora la scoria si divide dalla lucida massa ed è gettata nel posto dei poveri rifiuti. Invece di lamentarci della Chiesa, diventiamo noi il suo decoro con la nostra santità, e rendiamoci degni di contemplarne l’ineffabile bellezza nel Cielo. (…)

I Santi di fronte alle lotte ed alle opposizioni non hanno atteggiamenti di rivolta, ma rinnovano la loro professione di fede, come fecero i figli di Ruben, di Gad e di Manasse: “Il fortissimo Dio Signore, il fortissimo Dio Signore, Egli lo sa”. Non si affidano all’umana testimonianza ma a Dio, non si ribellano alla Chiesa, ma si rimettono al suo giudizio dicendo: “Anche Israele lo comprenderà”. Manifestano semplicemente quello che Dio compie in loro e non presumono di formare una Chiesa distinta, ma attendono con profonda riverenza quello che decide l’autorità.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro di Giosuè)

Nella via della fede, della speranza e dell’amore uno dei cimenti più gravi al quale noi siamo esposti è questo: la Chiesa Cattolica è santa; lo ripetiamo tutti i giorni nella nostra professione di fede; intanto, osservando quelli che ne fanno parte, noi constatiamo una cosa tanto diversa, poiché vediamo spesso in loro colpe e miserie gravi; le vediamo nei nostri tempi e nei periodi passati della storia. Eppure se noi negassimo alla Chiesa la nota della santità, avremmo già fatto naufragio nella fede. (…)

Noi vediamo la Chiesa prima della messe finale e crediamo che sia formata da ogni foglia ingiallita, da ogni frutto marcito, ma non è così, il suo cammino attraverso i secoli non è che un lavoro di purificazione e di cernita, ed in mezzo ai cattivi, in mezzo agli scandali stessi, Essa è santa nel suo nucleo vitale, in quegli eletti che la mano di Dio sceglie, e che permette siano mescolati ai cattivi perché la loro fedeltà sia più bella, e sia provata nel fuoco come l’oro. (…)

Ora il Signore manifesta quelle anime che sono fecondate da Lui, quei germogli veri piantati dalla sua mano attraverso le tribolazioni, le prove e gli scandali stessi del mondo. Sotto la raffica inaridiscono le piante selvatiche, come l’erba dei tetti, e si fortificano le piante feconde. Le anime buone, nella convivenza con le cattive, sono come potate di ogni germoglio naturale; è una Provvidenza ammirabile di Dio. La vera carità soprannaturale per esempio nasce dalla compagnia degli esseri insopportabili; allora si guarda Dio solo, allora si sfrondano le sensibilità dell’affetto umano, allora si compiono atti nascosti di eroismo vero che Dio solo vede.

La vera umiltà non è un atteggiamento più o meno untuoso, una protesta verbale d’indegnità, ma è una ferma convinzione del proprio nulla in mezzo alle miserie ed alle umiliazioni che fanno cadere la pompa dell’orgogliosa natura. La vera fede e la vera pietà germina fra le oscurità ed in mezzo alle assordanti voci della stolta miscredenza. Allora si vede se l’anima è veramente fecondata da Dio, se è fedele oppure no. Per questo chi si scandalizza del male che vede nella Chiesa mostra di non conoscere le vere vie di Dio. Il Signore non vuole e non approva quel male; ma dato che l’umana malignità lo produce, Egli se ne serve per il bene dei suoi eletti. (…)

Dato che la malizia umana mescola nella Chiesa di Dio il male col bene, il Signore lo permette e lo tollera affinché le anime si addestrino al combattimento. È in mezzo alle ostilità che l’apologia cristiana si sviluppa; è in mezzo alle persecuzioni che si forma lo spirito eroico dei Martiri, è in mezzo agli scandali che l’anima combatte col male, lo scova nella sua piega più nascosta, e lo elimina. II Signore permette che vi sia il male, per non violentare la nostra libertà, e lo utilizza per provare la fedeltà del suo gregge. Quando il male prende il sopravvento e invade la parte eletta del suo ovile, Egli con i castighi richiama i suoi fedeli nella retta via. Per questo, quando gli Ebrei non vissero soltanto in mezzo ai Cananei ma sposarono le loro figlie e diedero loro come mogli le proprie figliuole, quando fecero il male ed adorarono gl’idoli, il Signore si adirò e li diede nelle mani dei nemici.

Così Egli fa anche nella Chiesa; nei momenti di rilassamento la flagella, ed in mezzo alle tribolazioni suscita in lei quelli che la difendono; il flagello scuote il torpore degl’ignavi, i Santi riconducono i traviati all’ovile. È tutta una Provvidenza ammirabile della quale noi appena appena riusciamo a scorgere qualche barlume. La Chiesa rimane sempre quale l’ha fatta il suo Sposo divino, Una, Santa, Cattolica, Apostolica. A volte le annate del suo campo sono più scarse, a volte sono più abbondanti, ma il suo raccolto è sempre puro e santo, perché attraverso le lotte e le prove, Essa è crivellata, e cade da lei il rifiuto perché rimanga solo il buon grano. Il Salvatore divino, il vero Giudice dei vivi e dei morti, è sempre pronto a soccorrerla nelle sue maggiori necessità, come sorgevano i Giudici per aiutare Israele. Egli allora si leva sulla nave pericolante, comanda ai venti ed alle tempeste, e si fa subito una grande tranquillità.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro dei Giudici)