San Giovanni Crisostomo: “La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo” “Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina”

La preghiera è luce per l’anima – San Giovanni Crisostomo

La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.

Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo. L’anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l’anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.

La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l’anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.

Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l’Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l’anima; chi l’ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.

Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza.

Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)

San Giovanni Crisostomo: “È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!” “Perché? Per trasformarla da prostituta in vergine, perché Lui potesse diventare il suo Sposo.”

“È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!”

San Giovanni Crisostomo:

“È proprio una prostituta che Dio desiderava? Sì, una prostituta: cioè la nostra natura!

Era alto e lei umile; alto non nella posizione ma nella natura, da non poter entrare in ragionamento di mente umana: invisibile, impercettibile, sempre esistente, inalterabile, al si sopra degli angeli, al di sopra delle forze celesti; vincente la ragione, superante la forza cerebrale, impossibile vederlo, ma possibile credere in Lui. Gli Angeli Lo vedevano e tremavano, i Cherubini si coprivano con le ali, tutto gli stava innanzi con timore: volgeva lo sguardo sulla terra e la faceva tremare, minacciava il mare e lo faceva essiccare, faceva spuntare i fiumi nel deserto; ha posto i monti in misura e ha bilanciato le valli.

Come dirlo? Come rappresentarlo?

La Sua grandiosità non ha fine, la Sua Sapienza non la si può stimare con numeri, inspiegabili le Sue decisioni e le Sue vie inesplorabili.

Eppure, Lui, tanto grande e alto ha desiderato una prostituta. Perché? Per trasformarla da prostituta in vergine, perché Lui potesse diventare il suo Sposo.

Cosa fa? Non le manda come ambasciatori uno dei suoi servi, non manda un Angelo dalla prostituta o un Arcangelo, non manda i Cherubini, né i serafini; ma Lui stesso, innamorato, la raggiunge.

Ha desiderato una prostituta e cosa fa? Non avendo potuto lei elevarsi, è stato Lui ad abbassarsi. Viene nella sua capanna. La vede ubriaca! E in che modo viene? Senza manifestare esplicitamente la Sua divinità, ma divenendo identico a lei, perché lei, vedendolo non si spaventi, non si agiti e non gli scappi.

La trova tutta ferita, imbestialita, dominata dai demoni. E cosa fa? La prende e la fa sua donna. Cosa le dona in dote? L’anello. Quale anello? Quello col suo sigillo: Lo Spirito Santo!

Poi le chiede:

“Non ti avevo piantata in Paradiso?”

Gli risponde: “Sì”.

“E come sei caduta di là?”

“È venuto il diavolo e mi ha presa dal Paradiso!”

“Sei stata piantata in Paradiso e lui ti ha messa fuori. Ecco, io ti pianterò in me stesso. L’altro non osa avvicinarsi a me! Ti tiene il pastore e il lupo non viene più!”

“Ma”, risponde, “io sono peccatrice e impura!”

“Non ti preoccupare: io sono medico!”

Presta molta attenzione, guarda cosa fa: È venuto a prendere la prostituta, lei così com’era immersa nella sporcizia, – lo sottolineo. Perché tu sappia dell’amore dello Sposo. È questo che caratterizza l’innamorato: non chiedere le responsabilità per i peccati, ma perdonare errori e cadute!

Prima lei era figlia dei demoni, figlia della terra, indegna della terra; ora è divenuta figlia del Re! E questo perché così ha voluto Colui che di lei si è innamorato. Perché l’innamorato non bada alle maniere. L’amore non vede la bruttezza. Per questo, d’altronde, si chiama amore, perché molte volte ama anche i brutti.

Anche Cristo ha fatto così: ha visto la brutta, e innamoratosi di lei la rinnova! L’ha presa come Sua donna e come figlia Sua la ama e come Sua serva se ne prende cura, come vergine la protegge e come paradiso la cinge, come membra del Proprio corpo la cura e quale suo capo provvede per lei, come radice la pianta e come pastore la guida e come sposo la prende sua sposa, come vittima espiatoria la perdona e quale pecora si sacrifica, come sposo ne mantiene e cura la bellezza e come coniuge provvede perché non le manchi niente.

Oh! Tu Sposo, che fai bella la bruttezza della sposa”

(San Giovanni Crisostomo, Dottore della Chiesa)

 

“IL CRISTO”

IO PADRE, IO SPOSO, IO CASA, IO COLUI CHE NUTRE, IO RADICE, IO FONDAMENTO. TUTTO CIÒ CHE VUOI: IO. PERCHÈ TU NON ABBIA BISOGNO DI NIENTE. IO LAVORERÒ. PERCHÈ SONO VENUTO PER SERVIRE NON PER ESSERE SERVITO.

IO AMICO E OSPITE E CAPO E FRATELLO E SORELLA E MADRE. TUTTO IO. SOLO SII CONFIDENTE CON ME. IO POVERO, PER TE, E GIROVAGO PER TE, SULLA CROCE PER TE, NELLA TOMBA PER TE, SU IN ALTO SUPLLICO IL PADRE PER TE. GIÙ SONO DIVENTATO AMBASCIATORE PRESSO IL PADRE PER TE. TUTTO SEI PER ME: FRATELLO E COEREDE, E AMICO, E MEMBRO.

COSA VUOI DI PIÙ?

(San Giovanni Crisostomo)

Noi siamo crocifissi al mondo e Cristo è crocifisso in noi: “A Cristo crocifisso appartiene solo chi ha crocifisso nel suo corpo i piaceri carnali e vive santamente per il Vangelo”

La croce nell’anima

“Quando parlo della croce, non penso al legno, ma al dolore. In effetti questa croce si trova nella Britannia, in India e su tutta la terra. Cosa dice il Vangelo? Se non portate la mia croce e non mi seguite ogni giorno… (Lc. 14, 27). Notate cosa dice! Se un animo non è affezionato alla croce, come io alla mia per amor vostro, non può essere mio discepolo. Felice colui che porta nel suo intimo la croce, la risurrezione, il luogo della nascita e dell’ascensione di Cristo! Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore, Cristo nasce ogni giorno! Che significa del resto “Betlemme”? Casa del pane. Siamo anche noi una casa del pane, di quel pane che è disceso dal cielo. Ogni giorno Cristo vien per noi affisso alla croce.

Noi siamo crocifissi al mondo e Cristo è crocifisso in noi. Felice colui nel cui cuore Cristo risuscita ogni giorno, quando egli fa penitenza per i suoi peccati anche i più lievi. Felice chi ascende ogni giorno dal monte degli ulivi al regno dei cieli, ove crescono gli ulivi rigogliosi del Signore, ove si eleva la luce di Cristo, ove si trovano gli uliveti del Signore. Sono come un olivo fecondo nella casa di Dio (Sal. 51, 10). Accendiamo anche la nostra lampada con l’olio di quell’olivo e subito entreremo con Cristo nel regno dei cieli.”

(San Girolamo, Commento al Salmo 95)

“Anche l’apostolo Pietro, a proposito di questo mistero della croce, cioè dei dolori di Cristo, ricorda che coloro i quali a lui si consacrano devono cessar di peccare. Dice infatti: Poiché dunque Cristo patì nella carne, anche voi armatevi del medesimo pensiero, che chi ha patito nella carne l’ha finita col peccato, per vivere, nel tempo che gli rimane di vita corporale, non ai piaceri umani, ma alla volontà di Dio… (1 Pt. 4, 1 s.).

Con ciò mostra, rettamente, che a Cristo crocifisso, il quale ha patito nella carne, appartiene solo chi ha crocifisso nel suo corpo i piaceri carnali e vive santamente per il Vangelo.”

(Sant’Agostino, La fede e le opere, 9, 14-10, 15)

“Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità e rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.”

(San Leone Magno, Sermoni)

“Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l’arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l’esecuzione dei criminali fa fremere d’orrore, immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l’arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone (cf. Ap. 12, 1 ss.; 20, 1 ss.).”

(San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo)

San Giovanni Crisostomo: “La carità è la madre dell’amore, di quell’ amore che caratterizza il cristianesimo”

 

 

San Giovanni Crisostomo

 

La carità

 

 

La carità è la madre dell’amore, di quell’ amore che caratterizza il cristianesimo, dell’amore che è superiore a ogni miracolo, e che distingue i discepoli di Cristo. La carità agisce come medicina per i nostri peccati, come detersivo che deterge la nostra anima, come scala che porta in cielo. Insieme con la preghiera, continua il cristiano, ha bisogno anche di praticare continuamente la carità perché la carità è potente sopra ogni cosa e prepara la medicina del perdono. Neanche la natura dell’acqua ha la forza e la capacità di pulire e di togliere la sporcizia del corpo quanto la forza della carità riesce a pulire la nostra anima. Così come non dovresti, con le mani macchiate dal peccato, cominciare la preghiera, allo stesso modo non dovresti pregare senza praticare la carità verso i nostri fratelli bisognosi.

La preghiera è come il fuoco, soprattutto quando proviene da un cuore puro e timoroso di Dio, questo fuoco, però, per arrivare alle volte celesti, ha bisogno di essere alimentato dall’olio; e l’olio che alimenta questo fuoco è la carità verso i nostri fratelli. Dunque, versa olio abbondante, per sentire la gioia e per ottenere che la tua preghiera sia fatta con più vigore. Il seme si chiama carità. Il seminatore, quando va a seminare, non considera che facendo ciò svuota i suoi granai, ma guarda avanti pensando al tempo in cui raccoglierà il frutto della sementa. Perché non esitiamo quando si tratta di seminare sulla terra, nonostante sappiamo delle malattie e degli animali che rovinano il nostro raccolto, ma esitiamo quando si tratta di se-minare in cielo? E quale giustificazione troverai quando, seminando sulla terra, speri, facendolo di buon grado, mentre quando dovresti seminare in cielo esiti e ti disinteressi?

 

San Giovanni Crisostomo: «Cristo ora conosce bene i nostri dolori; non li conosce soltanto da fuori, come Dio, ma per l’esperienza che ne ha fatto come uomo»

 

«Cristo ora conosce bene i nostri dolori; non li conosce soltanto da fuori, come Dio, ma per l’esperienza che ne ha fatto come uomo. In seguito alle sue numerose sofferenze, ha imparato a condividere i nostri dolori. Il corpo di Cristo è stato soggetto al dolore. Sa che cosa significhi patire, che cosa significhi passare attraverso la prova. Lo sa come lo sappiamo noi, poiché lo ha provato anche Lui»

(San Giovanni Crisostomo, OLE, V,2)

San Giovanni Crisostomo: “La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo” “Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina”

 

La preghiera è luce per l’anima – San Giovanni Crisostomo

 

La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.

Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo. L’anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l’anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.

La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l’anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.

Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l’Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l’anima; chi l’ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.

Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza.

 

Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)

Gesù: «Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,26).

Se non ci purifichiamo interiormente, rinnegando noi stessi, attraverso la Grazia, non vedremo Dio qui e neanche dopo la morte.

Allora, nel vecchio testamento, era punito solo l’adulterio; ora, neanche lo sguardo cupido gettato su di una donna resta impunito. Perché ora si riversa su di noi in abbondanza la grazia dello spirito, e perché grande è il dono rappresentato dalla venuta di Cristo! La legge non è più carnale(esteriore) ma spirituale(interiore)!

Dice Gesù: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l’esterno diventi pulito.”

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia! Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni  d’ipocrisia e d’iniquità!”

Scritti tratti dalla “Verginità” di San Giovanni Crisostomo, Dottore della Chiesa

LXXXIII. A noi non viene proposto lo stesso metro di virtù che era stato proposto agli uomini del Vecchio Testamento

1. Ma a parte questo, ripeto ciò che avevo detto al principio: non ci è richiesto lo stesso metro di virtù che veniva richiesto ai patriarchi. Ora infatti non si può essere perfetti se non si vende tutto e se non si rinunzia a tutto – non solo ai beni ed alla casa, ma anche alla propria anima; in quei tempi, invece, non si conoscevano ancora esempi di una moralità così severa. «E allora? – mi si chiede –. Adesso conduciamo una vita più severa di quella del patriarca?». Lo dovremmo e ci è stato ordinato, ma non la conduciamo, e per questo siamo molto inferiori a quel giusto: che a noi vengano richieste prove più difficili, è evidente a tutti. Per questo la Scrittura non esprime la sua ammirazione per Noè in modo assoluto, ma con un’aggiunta limitativa. Dice infatti: «Noè, che era giusto e perfetto nella sua generazione, piaceva a Dio». Non dice semplicemente «perfetto», ma aggiunge «in quel periodo»: molti sono i tipi di perfezione che si determinano a seconda delle differenti epoche, e con il passare del tempo ciò che prima era perfetto diventa imperfetto.

2. Faccio un esempio: allora la perfezione consisteva nel vivere secondo la legge. «Chi mette in pratica le prescrizioni – è detto – vivrà in esse». Cristo però, una volta giunto tra noi, ha mostrato che questa perfezione era in realtà imperfetta. Dice infatti: «Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Allora soltanto l’omicidio era ritenuto un misfatto; adesso, l’ira e le offese possono da sole mandare nella Geenna. Allora era punito solo l’adulterio; ora, neanche lo sguardo cupido gettato su di una donna resta impunito. Allora era considerato proveniente dal Maligno solo lo spergiuro; adesso, è considerato tale anche il giuramento. «Ciò che si aggiunge – dice il Signore – proviene dal Maligno». Allora, agli uomini era richiesto solo di riamare chi li amava; adesso, questa cosa così importante ed ammirevole appare così imperfetta, che noi, anche dopo averla realizzata, non possediamo nulla in più dei pubblicani.

LXXXIV. È giusto che per gli stessi atti virtuosi a noi ed agli uomini dell’Antico Testamento non venga accordata la stessa ricompensa

1. Perché mai dunque per gli stessi atti virtuosi non viene accordata a noi ed agli uomini dell’Antico Testamento la stessa ricompensa, e perché noi, se vogliamo ottenere lo stesso trattamento che è riservato loro, dobbiamo dar prova di una virtù più grande? Perché ora si riversa su di noi in abbondanza la grazia dello spirito, e perché grande è il dono rappresentato dalla venuta di Cristo, che da bambini che eravamo ci ha resi uomini perfetti. Quando i nostri figli arrivano all’adolescenza, noi pretendiamo da loro degli atti virtuosi molto più impegnativi: una volta che sono divenuti adulti, non ammiriamo più allo stesso modo gli atti che lodavamo all’epoca della loro prima infanzia, ma ingiungiamo loro di dar prova di altre virtù, d’importanza ben maggiore. Allo stesso modo, Dio ai primi tempi non pretese dei grandi atti virtuosi dalla natura umana, perché era ancora bambina Dopo avere fatto ascoltare agli uomini i profeti e gli apostoli ed aver concesso loro la grazia dello spirito, Egli accrebbe però l’importanza delle azioni virtuose da compiere: era giusto, giacché assegnò anche dei premi maggiori e delle ricompense molto più fulgide A chi realizza queste virtù non sono infatti riservate la terra e le cose della terra, ma il cielo ed i beni che superano ogni capacità di comprensione.

2. Non è dunque assurdo, dopo che si è divenuti uomini, continuare a rimanere piccoli come prima? Allora la natura umana era lacerata nel suo intimo e vittima di una guerra implacabile. Spiegando questa situazione, Paolo così parlò: «Vedo nelle mie membra un’altra legge che combatte contro la legge della mia mente e che mi cattura con la legge del peccato che si trova nelle mie membra». Ma ora le cose non stanno più così. «Ciò che era impossibile alla legge perché era debole a causa della carne, Dio l’ha reso possibile mandando a causa del peccato il proprio figlio rivestito di una carne simile a quella del peccato e condannando il peccato della carne». Ringraziando Dio di questo, Paolo disse: «O me misero, chi mi libererà da questo corpo di morte? Rendo grazie a Dio tramite Gesù Cristo».

3. La punizione che ci tocca è quindi giusta: pur essendo liberi, non vogliamo correre come le persone legate; ma neanche se corressimo come loro potremmo sfuggire alla punizione. Chi infatti gode di una pace più sicura deve innalzare dei trofei molto più grandi e splendenti di quelli che può innalzare chi è tanto oppresso dalla guerra. Se ci volgiamo verso le ricchezze, il lusso, le donne e la cura degli affari, quando mai potremo diventare uomini, quando mai potremo vivere secondo lo spirito, quando mai potremo pensare alle cose del Signore? Forse quando ce ne andremo via di qui? Allora però non sarà più il momento delle fatiche e delle gare, ma delle corone e dei castighi. Allora anche la vergine se non avrà l’olio nella sua lampada, non potrà farselo dare dalle altre vergini, e dovrà rimanere fuori; e chi si presenterà con indosso un vestito sudicio, non potrà uscire per cambiarlo, ma sarà gettato nel fuoco della Geenna: anche se invocherà Abramo, non otterrà nulla. Quando il giorno del giudizio è giunto, quando la tribuna è pronta, quando il giudice è già seduto, quando il fiume di fiamme già scorre ed ha luogo l’esame delle nostre azioni, non ci è più consentito di deporre i nostri peccati, ma siamo, volenti o nolenti, trascinati al castigo che essi meritano. Nessuno potrà più intercedere per noi, neanche chi possiede la stessa sicurezza di quei grandi e straordinari uomini di allora, neanche un Noè, un Giobbe o un Daniele, neanche chi prega per i propri figli e le proprie figlie: sarà tutto inutile.

4. I peccatori dovranno essere puniti in eterno, così come i virtuosi dovranno essere onorati in eterno. Che non ci sarà fine né per i premi né per i castighi l’ha mostrato Cristo, là dove ha detto che sia la vita che la punizione saranno eterne. Quando accoglierà quelli alla sua destra e condannerà quelli alla sua sinistra, Egli aggiungerà: «Questi ultimi andranno al castigo eterno, mentre i giusti andranno alla vita eterna». Dobbiamo quindi sforzarci mentre siamo ancora qui: chi ha la moglie si comporti come se non l’avesse , e chi non l’ha veramente pratichi assieme alla verginità tutte le altre virtù; solo così non avremo modo di lamentarci inutilmente dopo la nostra dipartita da qui.