GESÙ ALLA BEATA CONCHITA: “Non è Dio che condanna, ma è l’uomo che rinnega Dio e sceglie l’inferno con assoluta libertà”

Appena sono arrivata ai suoi piedi prese a dirmi:

«E se sapessi perché come Dio sono paziente? Perché sono eterno, perché per Me tutto è presente. Vedo i peccati e il pentimento nelle anime; vedo ciò che nel presente mi offende e l’avvenire che redime. Gli avvenimenti, che per l’uomo sono futuri, per Me sono presenti, in cui ogni cosa si muove ed esiste nella mia pace immutabile, in cui si schianta l’inferno stesso. Perciò, la mia bontà non concede alle anime ciò che può essere dannoso anche se me lo chiedono; per l’uomo, è un bene ciò che chiede, ma lo so che quello è un male che lo nuoce. Quanto è ingrato l’uomo che non si china davanti alla mia Volontà che è sempre amorevole nei suoi confronti. Quanti mi chiamano ingiusto, senza conoscere i benefici che hanno ricevuto! Sono paziente nei confronti dei peccatori e delle anime perché so misurare la debolezza dell’uomo, e la mia infinita bontà non ha misura. Questo Dio è la misericordia stessa! E quando castiga, obbligato dall’uomo, quegli stessi castighi sono misericordia sulla terra».

«Dunque, se tutto per Te è presente, sai in anticipo chi si salva e chi si danna?».

«Come Dio, che vede tutto al presente, sì, perché non può essere diversamente; ma tra vedere chi sarà dannato e volere la sua dannazione c’è un abisso. Per salvarsi o dannarsi, l’uomo ha la libertà di scegliere, libertà che è stata data da Me. Questa libertà è una soddisfazione per Me, la volontà amorosa dell’uomo che per amore sceglie di essere mio. Se lo avessi fatto in modo che tutti si salvassero senza condizioni, la mia giustizia sarebbe di troppo e il mio amore non avrebbe la scelta dell’uomo che tanto mi soddisfa. Ciò che Dio fa è ben fatto. L’ uomo ha la mia Chiesa con i suoi Sacramenti, ha le mie leggi che recano felicità a chi le compie e la dannazione eterna a chi volontariamente le rifiuti. Dio non condanna, ma è l’uomo che condanna se stesso, per sua volontà, trasgredendo e contrastando la Legge divina nei suoi precetti. Nessuno innocentemente si condanna; per condannarsi occorre la malizia, la piena consapevolezza e la volontà di calpestare i miei comandamenti. Non è Dio che condanna, ma è l’uomo che rinnega Dio e sceglie l’inferno con assoluta libertà; nessuno che si pente, nessuno che torna a Me, nessuno che mi invoca e che mi ama, può condannarsi».

«Ma Tu vedi chi sono quelli che ti amano e quelli che non ti ameranno mai».

«Certamente, perché non posso non vedere l’avvenire e il passato in quanto Dio, in virtù della Divinità, una con quella del Dio-Uomo. Fino all’ultimo istante offro alle anime il cielo, la mia Passione, il mio Sangue e i miei meriti infiniti per lavarli e salvarli».

«Ma devi soffrire nel vedere l’avvenire di coloro che non corrisponderanno e si dannano».

«Come Dio non soffro, perché nella mia Giustizia in tutti i modi ricevo gloria. Come Dio-Uomo, soffrii molto e ora il mio Cuore soffre misticamente a causa delle ingratitudini e delle offese fatte alla mia Divinità, in cui si trovano le altre divine Persone e a causa del disprezzo del mio Sangue, dell’amore e delle grazie di un Dio-Uomo. Ma anche mi duole molto il male nelle anime, negli uomini che sono la mia Carne e il mio Sangue, i miei fratelli, eredi del cielo e incorporati alla Divinità in Me, che per la loro nefanda volontà si perderanno eternamente».

«E quale, mio Gesù, è il rimedio per tutto questo?».

«C’è la preghiera, il sacrificio, la comunione dei santi, per ottenere luce per quelle anime e forzarle mediante la grazia a pentirsi e a raggiungere il cielo. Hanno il ricorso infinito alla mia Misericordia e ai miei meriti; ma tocca a loro rifiutarli o utilizzarli. Hanno Maria. Se tu sapessi quale è il numero (mi trattengo a dirtelo) dei sacerdoti che sono la mia stessa vita e che rifiutano nel loro cuore il Dio-Uomo che pazientemente e umilmente offre loro il perdono, la misericordia e il cielo? Questo mi strazia il Cuore perché chi più di loro ha il ricorso al mio Sangue nelle Messe, ai miei meriti messi a loro disposizione e al mio infinito, eterno e speciale amore? Io vedo la fine di ogni anima, perché non posso non vederla, ma raddoppio, soprattutto, nei miei sacerdoti, i miei divini ricorsi, le mie grazie straordinarie, i santi ricordi e il mio infinito amore di Vittima con il quale possono, fino all’ultimo istante della loro vita, saldare tutti i debiti».

«Signore, ma non permettere loro di ordinarsi se devono offenderti con la loro impenitenza finale».

«E la libertà che lo ho dato all’uomo [dov’è]?».

«Dicono giustamente, mio Gesù!, che qualche volta ti sei pentito di creare l’uomo» (cfr. Gen 6,6).

«Prega instancabilmente per i sacerdoti e sacrificati per loro in Mia unione per scuotere i loro cuori…».

«Tu sei destinata alla santificazione delle anime, specialmente dei sacerdoti. Attraverso di te, molti si infiammeranno dell’amore e del dolore… fa’ amare la croce per mezzo dello Spirito Santo. Verrà una pleiade di sacerdoti santi, che incendieranno specialmente il mondo con il fuoco della croce».

(Beata Conchita Cabrera de Armida, da “Il Riposo di Gesù, esercizi spirituali 1933” edizioni OCD)

GESÙ ALLA BEATA CONCHITA: “Non fu tanto la Croce del Calvario il mio vero martirio, quanto piuttosto i miei dolori intimi che i miei sacerdoti devono far conoscere…Bisogna far conoscere alle anime la profondità dei dolori del mio Cuore, gli insondabili abissi di quella amarezza”

Le Opere della Croce, inviate opportunamente sulla terra, devono insegnare ad amare più profondamente il mio Cuore con tutte le sue specificità: il suo amore umano che proviene dall’amore divino. È necessario insegnare alle anime le intimità del mio Cuore pieno d’amore, i suoi intimi dolori, uno ad uno, quei suoi dolori che divinizzati diventano dolori che salvano.

Del mio Cuore solo la forma e i battiti sono quelli dell’uomo, sono umani, anche se divinizzati. Ma i suoi dolori redentori sono divini, le sue pene intime provocate dall’umana ingratitudine sono divine, la vergogna che prova davanti al Padre celeste, quando cerca di coprire l’umanità peccatrice, è divina; le sue ansie, le sue pene nel vedere offesa e disprezzata la Trinità sono divine; i suoi dolori morali, i suoi dolori mistici nella celebrazione della Messa, che soffre nella sua parte più delicata e intima, a causa dei sacerdoti cattivi, indegni o indifferenti, sono divini. E sono proprio i miei dolori che redimono e salvano, perché uniti in Me alla Divinità del Dio-Uomo, dell’Uomo-Dio; solamente per questo ho salvato il mondo e ho aperto il cielo per mezzo della Redenzione di un Dio-Uomo. (…)

È giunto il tempo in cui non è più sufficiente spiegare al mondo le insegne con cui si è presentato, ma il valore di quelle insegne, il loro profondo significato divino e umano per elevare le anime da ciò che è materiale a ciò che è spirituale, da ciò che è umano a ciò che è divino. Bisogna far capire che il Crocifisso non rappresenta solo un Uomo inchiodato ad una croce, ma che in lui bisogna ricercare e adorare anche ciò che c’è di divino, la sua Divinità.

Bisogna far conoscere alle anime, ripeto, la profondità dei dolori del mio Cuore, gli insondabili abissi di quella amarezza, quella Croce che portai nel mio intimo, fin dall’Incarnazione, e che fu causa di martirio interiore durante tutta la mia vita. È necessario che le anime amino Dio, ma in spirito e verità, che conoscano più profondamente quel mare senza fondo che è lo Spirito Santo in Me e adorino la Divinità. Ciò che nell’uomo è materia, tende alla materia, e da questa sua inclinazione proviene l’idolatria. Per questo Io sono venuto ad assumere un corpo in Maria, proprio affinché le anime attratte da ciò che è materiale potessero elevarsi alle cose spirituali.

Nonostante i tanti secoli trascorsi, il mio Cuore non è conosciuto in tutte le sue fibre: ci sono in lui regioni ignorate dagli uomini, tesori nascosti e una sorgente di amore divino e umano che non si esaurisce mai. I miei sacerdoti trasformati in Me conosceranno, in tutta la sua estensione, il dolore e la tenerezza del mio Cuore divino per farla gustare alle anime. Non fu tanto la Croce del Calvario il mio vero martirio, quanto piuttosto i miei dolori intimi che i miei sacerdoti devono far conoscere.

Che mi si capisca, che mi si studi, che mi si comprenda, che in Me si ami più la Divinità che l’Umanità che il mondo tende a separare, quando invece sono indissolubilmente unite. Allora soltanto mi ameranno in spirito e verità; Dio in Me, Dio-Uomo, il Dio Spirito, il Dio Verità, il Dio Luce, e la Trinità in tre Persone Divine. Ebbene, tutto questo è compito dei sacerdoti che se si trasformano in Me saranno inondati di splendori divini, di una conoscenza oggi nascosta ai loro occhi, di abissi di luce, con la cui splendente chiarezza potranno adempiere ciò che Io voglio.

(Beata Conchita Cabrera de Armida, da “Sacerdoti di Cristo” Città Nuova Editrice)

GESÙ RIVELA ALLA BEATA CONCHITA LA “DEBOLEZZA” DI DIO: “Qual è questa divina debolezza? È l’amore, l’amore che mi sconfigge, mi sottomette, che va oltre la mia stessa Giustizia; fa in modo che Io mi abbassi e dimentichi e cancelli, e perdoni e baci, e stringa al mio Cuore ardente le anime peccatrici, le anime ingrate, quelle che mi hanno offeso e dimenticato, e persino odiato!”

Un’altra dimensione della mia carità, della tenerezza del mio Cuore che soffre quando vede soffrire, è nella mia Chiesa questa risorsa di valore infinito: le indulgenze, moneta della quale il tesoro della Chiesa dispone a favore di tutte le anime, che la possono lucrare per sé e per le anime del purgatorio. La Chiesa si avvale dei miei meriti infiniti, che vivificano tutto, delle opere buone, dei sacrifici e delle sofferenze delle anime e dei corpi (molte volte innocenti come quelli dei bambini). Non spreca neanche una briciola che contenga un germe soprannaturale e lo utilizza per il bene delle anime, come una specie di moneta o frutto della comunione dei santi.

E considerate anche più quanto si effonde la mia tenerezza. Quando salvo un peccatore negli ultimi momenti della sua vita malvagia, la mia carità infinita, dinanzi alla grande pena che ha meritato per le sue colpe, anche per quelle già perdonate, faccio in modo che le indulgenze gli condonino o comunque gli diminuiscano tale pena, cosicché possa arrivare in purgatorio con meno debiti da pagare, e possa essere accolto, appena risarcita la mia Giustizia, fra le braccia del suo Salvatore, di Gesù Redentore, del Cuore che non perdona a metà, ma apre il suo immenso seno di misericordiosa bontà per introdurlo in cielo come trofeo delle vittorie della sua Redenzione.

La mia tenerezza verso le anime va aldilà della morte. Quante volte, per così dire, chiudo gli occhi della mia Giustizia e apro solo quelli della mia bontà infinita. Perché la tenerezza del mio Cuore per le anime, l’amore che ho non solo per i giusti ma anche per i peccatori mi tradisce. Questa è, per così dire, la debolezza di Dio: è il suo amore, il suo infinito ed eterno amore, che creò le anime per il cielo, piange per quelle traviate, come Pastore le chiama con accenti amorevoli, e le cerca in mille modi senza stancarsi mai, le insegue fino all’ultimo istante, ed infine, terminata questa vita mortale mediante le indulgenze, diminuisce le pene meritate.

L’amore del Dio-Uomo ha mille risorse! La debolezza, chiamiamola così, del Cuore di un Dio Salvatore, di Gesù Redentore. Qual è questa divina debolezza? È l’amore, l’amore che mi sconfigge, mi sottomette, che va oltre la mia stessa Giustizia; fa in modo che Io mi abbassi e dimentichi e cancelli, e perdoni e baci, e stringa al mio Cuore ardente le anime peccatrici, le anime ingrate, quelle che mi hanno offeso e dimenticato, e persino odiato!

Perché hai permesso che mi facessi uomo?, domando all’amato Padre mio! Perché mi hai dato questo Cuore di carne con palpiti di un Dio, che è bontà infinita? Perché, Padre mio, hai regalato il tuo Figlio all’umanità caduta? Perché mi hai fatto Gesù Salvatore, e della stessa carne di coloro che ho tanto amato sulla terra? E se questo dico al Padre mio, mentre il mio Cuore trema d’amore per tutti i peccatori, che gli dirò a favore dei miei sacerdoti traviati, dei miei sacerdoti caduti, o tiepidi, o indifferenti, o tentati, o stanchi, o in pericolo più o meno incombente di perdersi? Allora raddoppio le mie carezze di Figlio; faccio valere le mie sofferenze del Calvario; gli pongo innanzi la mia santa missione di Eterno Sacerdote; metto davanti ai suoi occhi di Padre l’unione che essi hanno con Me grazie alla loro vocazione santa fin dal seno di Maria.

IO Lo prego, Lo invoco e Lo intenerisco come Dio-Uomo, con tutta la pienezza, la tenerezza e la forza del mio Cuore di uomo, e… trionfo, trionfo su quel Padre amato, su quel Giudice giusto (uno con Me nella Divinità) e riesco a farlo aspettare, e mi compiaccio quando posso ritardare la sentenza e mi interpongo alle punizioni, e strazio il mio cuore sacrosanto con il fuoco intensissimo del mio amore per l’uomo, presentandolo così al Padre mio fino a quando Egli finisce per guardarmi disarmato, sorridendomi con bontà, stringendomi al suo seno amoroso: Io, l’Uomo-Dio, il Gesù Salvatore, a cui permise di assumere un Corpo umano per diventare Vittima e lavare con tutto il suo sangue i crimini del mondo, aprendo il cielo!

Gli presento, a favore dei sacerdoti e della mia Chiesa, il mio Cuore ferito; gli faccio sentire ciò che Io sento per i miei ministri colpevoli; in loro favore gli offro ciò che mi chiede, ciò che vuole: anche un’altra Redenzione, un’altra Croce. Ma Egli chiede solo amore! E Io mi riverso nell’abisso infinito del Suo stesso Essere! e… trionfo, trionfo sul mio adorato Padre, e come Dio-Uomo ottengo, dall’infinita carità del Padre e dello Spirito Santo, proroghe, grazie, pazienza.

(Beata Conchita Cabrera de Armida, da “Sacerdoti di Cristo” Città Nuova Editrice)

Dio Padre rivela a Santa Caterina da Siena: “La gloria dei Beati e dei Santi in Paradiso!” “Oh, quanto diletto provano nel vedere me, che sono ogni bene!”

Tratto dal Dialogo della divina Provvidenza: le rivelazioni di Dio Padre a Santa Caterina da Siena

 

CAPITOLO 41

La gloria dei beati.

Parla Dio Padre:

“Anche l’anima giusta che finisce la vita in affetto di carità ed è legata a Dio nell’amore, non può crescere in virtù, poiché viene a mancare il tempo di quaggiù, ma può sempre amare con quella dilezione che la porta a Me, e con tale misura le viene misurato il premio. Sempre mi desidera e sempre mi ama, onde il suo desiderio non è vuoto; ma sebbene abbia fame, è saziato, e saziato ha fame; e tuttavia è lungi il fastidio della sazietà, come è lungi la pena della fame.

Nell’amore i beati godono dell’eterna mia visione, partecipando ognuno, secondo la sua misura, di quel bene, che io ho in me medesimo. Con quella misura d’amore con la quale sono venuti a me, con essa viene loro misurato. Essi sono rimasti nella mia carità ed in quella del prossimo; sono stati insieme uniti nella carità comune ed in quella particolare, che esce pure da una medesima carità.

Godono ed esultano, partecipando l’uno del bene dell’altro con l’affetto della carità, oltre al bene universale, che essi hanno tutti insieme. Godono ed esultano cogli angeli, coi quali sono collocati i santi, secondo le diverse e varie virtù, che principalmente ebbero nel mondo, essendo tutti legati nel legame della carità. Hanno poi una partecipazione singolare di bene con coloro coi quali si amavano strettamente d’amore speciale nel mondo, col quale amore crescevano in grazia, aumentando la virtù. L’uno era cagione all’altro di manifestare la gloria e lode del mio nome, in sé e nel prossimo. Nella vita eterna non hanno perduto questo affetto, ma l’hanno aggiunto al bene generale, partecipando più strettamente e con più abbondanza l’uno del bene dell’altro.

Non vorrei però che tu credessi che questo bene partico­lare, di cui ti ho parlato, l’avessero solo per sé: non è così, ma esso è partecipato da tutti quanti i gustatori, che sono i cittadini del cielo, i miei figli diletti, e da tutte le creature angeliche. Quando l’anima giunge a vita eterna, tutti parteci­pano del bene di quell’anima, e l’anima del bene loro. Non è che il vaso di ciascuno possa crescere, né che abbia bisogno di empirsi, poiché è pieno e quindi non può crescere; ma hanno un’esultanza, una giocondità, un giubilo, un’allegrezza, che si ravvivano in loro, per quanto sono venuti a conoscere di quell’anima. Vedono che per mia misericordia ella è tolta alla terra con la pienezza della grazia, e così esultano in me per il bene che quell’anima ha ricevuto dalla mia bontà.

E quell’anima gode pure in me, nelle altre anime, e negli spiriti beati, vedendo e gustando in loro la bellezza e dolcez­za della mia carità. I loro desideri gridano sempre dinanzi a me per la salvezza di tutto quanto il mondo. Poiché la loro vita finì nella carità dei prossimo, non hanno lasciata questa carità, ma sono passati con essa per la porta del mio Unige­nito Figliuolo, nel modo che ti dirò più sotto. Vedi dunque che essi restano con quel legame dell’amore, col quale finì la loro vita: esso resta e dura per tutta l’eternità.

Sono tanto conformi alla mia volontà, che non possono volere se non quello che io voglio; poiché il loro libero arbi­trio è legato per siffatto modo col legame della carità che, quando viene meno il tempo di questa vita alla creatura, che ha in sé ragione e che muore in stato di grazia, essa non può più peccare. Ed è tanto unita la sua volontà alla mia che, se il padre o la madre vedessero il figliolo nell’inferno, o il figlio ci vedesse la madre, non se ne curerebbero; anzi sono contenti di vederli puniti come miei nemici. In nessuna cosa si scordano di me; i loro desideri sono appagati. Desiderio dei beati è di vedere trionfare il mio onore in voi viandanti, che siete pellegrini in questa terra e sempre correte verso il termine della morte. Nel desiderio del mio onore bramano la vostra salute, e perciò sempre mi pregano per voi. Un tale desiderio è sempre adempiuto per parte mia, se voi ignoranti non recalcitraste contro la mia misericordia.

Hanno ancora il desiderio di riavere la dote della loro anima, che è il corpo; questo desiderio non li affligge al presente, ma godono per la certezza che hanno di vederlo appagato: non li affligge, perché, sebbene ancora non abbiano il corpo, tuttavia non manca loro la beatitudine, e perciò non risentono pena. Non pensare che la beatitudine del corpo, dopo la resurre­zione, dia maggiore beatitudine all’anima. Se fosse così, ne ver­rebbe che i beati avrebbero una beatitudine imperfetta, fino a che non riprendessero il corpo; cosa impossibile, perché in loro non manca perfezione alcuna. Non è il corpo che dia beatitudine all’anima, ma sarà l’anima a dare beatitudine al corpo; darà della sua abbondanza, rivestendo nel dì del giudizio la propria carne, che aveva lasciato in terra.

Come l’anima è resa immortale, ferma e stabilita in me, così il corpo in quella unione diventa immortale; perduta la gravezza della materia, diviene sottile e leggero. Sappi che il corpo glorificato passerebbe di mezzo a un muro. Né il fuoco né l’acqua potrebbero nuocergli, non per virtù sua ma per virtù dell’anima, la quale virtù è mia, ed è stata data a lei per grazia e per quell’amore ineffabile col quale la creai a mia immagine e somiglianza. L’occhio del tuo intelletto non è sufficiente a ve­dere, né l’orecchio a udire, né la lingua a narrare, né il cuore a pensare, il bene loro.

Oh, quanto diletto provano nel vedere me, che sono ogni bene! Oh, quanto diletto avranno, allorché il loro corpo sarà glorificato! E sebbene manchino di questo bene fino al giorno del giudizio universale, non hanno pena, perché l’anima è piena di felicità in se stessa. Una tale beatitudine sarà poi partecipata al corpo, come ti ho spiegato.

Ti parlavo del bene, che ritrarrebbe il corpo glorificato nell’Umanità glorificata del mio Figlio Unigenito, la quale dà a voi certezza della vostra resurrezione. Esultano i beati nelle sue piaghe, che sono rimaste fresche; sono conservate nel suo corpo le cicatrici, che continuamente gridano a me, sommo ed eterno Padre, misericordia. Tutti si conformano a lui in gaudio e giocondità, occhio con occhio, mano con mano, e con tutto il corpo del dolce Verbo, mio Figlio. Stando in me, starete in lui, poiché egli è una cosa sola con me; ma l’occhio del vostro corpo si diletterà nell’Umanità glorificata del Verbo Unigenito mio Figlio. Perché questo? Perché la loro vita finì nella dilezione della mia carità, e perciò dura loro eternamente.

Non possono guadagnare alcun nuovo bene, ma si godono quello che si sono portato, non potendo fare alcun atto meritorio, perché solo in vita si merita e si pecca, secondo che piace al libero arbitrio della vostra volontà. Essi non aspettano con timore, ma con allegrezza, il giudizio divino; e la faccia del mio Figlio non parrà loro terribile, né piena d’odio, perché sono morti nella carità, nella dilezione di me e nella benevolenza del prossimo. Così tu comprendi come la mutazione della faccia non sarà in lui, quando verrà a giudicare con la mia maestà, ma in coloro che saranno giudicati da lui. Ai dannati apparirà con odio e con giustizia; ai salvati, con amore e misericordia.”

(Dal Dialogo della divina provvidenza, Santa Caterina da Siena)

Rivelazione della Vergine Maria alla Venerabile Suor Maria: “Così Lucifero continuamente trascina all’Inferno un gran numero di uomini, sollevandosi sempre di più contro l’Altissimo nella sua superbia” “Facendo dimenticare agli uomini i ‘Novissimi’: Morte, Giudizio, Inferno e Gloria”

Dalla “Mistica città di Dio,Vita della Vergine Madre di Dio” rivelata alla Venerabile Suor Maria di Ágreda

 

Insegnamento della Regina del cielo, parla Maria Vergine:

773. Figlia mia, tutte le opere del mio Figlio santissimo e mie sono colme di insegnamenti e istruzioni per gli uomini che le considerano con attenta stima. Sua Maestà si allontanò da me affinché cercandolo con dolore e lacrime lo ritrovassi poi con gioia a mio vantaggio spirituale. Anche tu devi cercare il Signore con amaro dolore, affinché questo dolore ti procuri un’incessante sollecitudine, senza riposare su cosa alcuna per tutto il tempo della tua vita, sino a quando tu non arrivi a possederlo e non lo lasci più. Perché tu comprenda meglio il mistero del Signore, sappi che la sua sapienza infinita plasma le creature capaci della sua eterna felicità ponendole sì sul cammino che conduce ad essa, ma allo stesso tempo così lontane e non sicure di arrivarvi. Fintanto che non siano giunte a possedere l’eterna felicità, vivano sempre pronte e nel dolore, affinché la sollecitudine generi in esse un continuo timore e orrore per il peccato, il quale fa perdere la beatitudine. Anche nel tumulto della conversazione umana la creatura non si lasci legare né avviluppare dalle cose visibili e terrene. Il Creatore aiuta in questa sollecitudine, aggiungendo alla ragione naturale le virtù della fede e della speranza, le quali stimolano l’amore con cui cercare e trovare il fine ultimo. Oltre a queste virtù e ad altre infuse con il battesimo, manda ispirazioni e aiuti per ridestare e rimuovere l’anima lontana dallo stesso Signore, affinché non lo dimentichi né si scordi di se stessa mentre è priva della sua amabile presenza. Anzi continui la sua strada sino a giungere al bene desiderato, dove troverà la pienezza del suo amore e dei suoi desideri.

774. Potrai, dunque, capire quanto grande sia la cecità dei mortali e quanto scarso il numero di coloro che si concedono il tempo di considerare attentamente l’ordine meraviglioso della loro creazione e giustificazione e le opere che l’Altissimo ha compiuto per così alto fine. A questa dimenticanza fanno seguito tanti mali, quanti ne soffrono le creature attaccandosi al possesso dei beni terreni e dei piaceri ingannevoli, come se questi fossero la loro felicità e il fine ultimo: è cattiveria grande, rivolta contro la volontà del Signore. I mortali vogliono in questa breve e transitoria vita dilettarsi di ciò che è visibile, come se fosse il loro ultimo fine, mentre dovrebbero usare le creature come mezzo per raggiungere il sommo Bene e non per perderlo. Avverti, dunque, o carissima, questo rischio della stoltezza umana. Tutto ciò che è dilettevole, piacevole e poco serio giudicalo un errore; di’ all’appagamento dei sensi che si lascia ingannare invano e che è madre della stoltezza, rende il cuore ubriaco, impedisce e distrugge tutta la vera sapienza. Vivi sempre con il santo timore di perdere la vita eterna e sino a quando non l’avrai raggiunta non ti rallegrare in altre cose se non nel Signore. Fuggi dalle conversazioni umane e temine i pericoli. Se per obbedienza o a gloria sua Dio ti porrà in mezzo ad essi, devi confidare nella sua protezione, e tuttavia con la necessaria prudenza non devi essere né svogliata né negligente. Non ti affidare all’amicizia e alla relazione con le creature, perché vi è riposto il tuo pericolo più grande. Il Signore ti ha dato un animo grato e un’indole dolce, affinché tu sia incline a non resistergli nelle sue opere, usando per suo amore i benefici che ti ha concesso. Se permetterai che in te entri l’amore delle creature, queste sicuramente ti trasporteranno, allontanandoti dal sommo Bene. Altererai, così, l’ordine e le opere della sua sapienza infinita. È cosa molto indegna utilizzare il più grande beneficio della natura con un oggetto che non sia il più nobile di tutta la natura stessa. Sublima le azioni delle tue facoltà e rappresenta ad esse l’oggetto nobilissimo dell’essere di Dio e del suo Figlio diletto tuo sposo, il più bello tra i figli dell’uomo, e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.

792. Figlia mia, l’Altissimo, buono e clemente, ha dato e continua a dare l’esistenza a tutti gli esseri viventi, non nega ad alcuno la sua provvidenza e illumina fedelmente ogni uomo, affinché possa intraprendere il cammino della conoscenza di Lui e poi entrare nel gaudio perenne, se non oscura questa luce con le sue colpe, abbandonando la conquista del regno dei cieli. Dio, con le anime che per i suoi segreti giudizi chiama a far parte della Chiesa, si dimostra più generoso. Nel battesimo, infatti, comunica loro con la grazia le virtù “infuse essenzialmente”, dette così perché nessuno può acquistarle da se stesso, e quelle “infuse accidentalmente”, che cioè potrebbero ottenere con le opere. Egli le anticipa loro perché siano più pronte e devote nell’osservare la sua santa legge. Ad alcune, oltre alla fede, la sua benevolenza aggiunge speciali doni soprannaturali di maggior intelligenza e forza per comprendere e attuare i comandamenti evangelici. In questo favore si è mostrato verso di te più liberale di quanto non lo sia stato con molte generazioni; perciò ti devi contraddistinguere nella carità e nella corrispondenza che gli spetta, stando sempre umiliata e abbracciata alla polvere.

793. Con la sollecitudine e l’affetto di una madre, ti voglio insegnare l’astuzia con la quale satana si sforza di distruggere questi benefici dell’Onnipotente. Da quando le creature cominciano a usare la ragione, molti demoni le seguono una per una con vigilanza e, proprio nel momento in cui esse dovrebbero innalzare la mente alla cognizione di Dio e iniziare ad esercitare le virtù ricevute, con incredibile furore e sagacia tentano di sradicare la semenza divina. Se non ci riescono, fanno in modo che questa non dia frutto, incitando gli uomini ad atti viziosi, inutili e infantili. Li distraggono con tale iniquità perché non si servano della fede, della speranza e di quanto ancora è stato loro elargito, non si ricordino che sono cristiani e non cerchino di conoscere il loro Dio, i misteri della redenzione e della vita eterna. Inoltre, questi nemici introducono nei genitori una stolta inavvertenza o un cieco amore carnale verso i propri figli e spingono i maestri ad altre negligenze, affinché non si preoccupino della maleducazione, permettano loro di corrompersi e di acquisire cattive consuetudini e di perdere le loro buone inclinazioni, avviandosi così alla rovina.

794. Il pietosissimo Signore, però, non tralascia di ovviare a questo rischio. Rinnova loro la luce interiore con altri aiuti e sante ispirazioni, con la dottrina della Chiesa attraverso i suoi predicatori e ministri, con l’uso e il rimedio efficace dei sacramenti, e con altri mezzi che servono a ricondurli sulla via della salvezza. Se nonostante questi numerosi provvedimenti sono pochi coloro che tornano alla salute spirituale, la causa di ciò sta nell’empia legge dei vizi e nelle abitudini depravate che si prendono durante la fanciullezza. Siccome è vera la sentenza: «Quali furono i giorni della gioventù, tale sarà anche la vecchiaia», i diavoli acquistano sempre più coraggio e potere sulle anime. Pensano, infatti, che, come le dominavano quando esse avevano commesso meno e minori colpe, così lo potranno fare con più facilità quando senza timore si saranno macchiate di molte altre e più gravi. Poi le muovono alla trasgressione e le colmano d’insensata audacia. Ciascun peccato compiuto da una persona toglie a questa forze interiori e la soggioga maggiormente a satana che, come tiranno, se ne impossessa e l’assoggetta a tale malvagità e meschinità da schiacciarla sotto i piedi della sua iniquità; quindi la conduce dove vuole, da un precipizio a un altro. Questo è il castigo che spetta a chi la prima volta si sottomette a lui. Così Lucifero continuamente trascina all’inferno un gran numero di uomini, sollevandosi sempre di più contro l’Altissimo nella sua superbia. Per tale via ha introdotto nel mondo la sua prepotenza, facendo dimenticare agli uomini i “novissimi”: morte, giudizio, inferno e gloria; ha gettato tante nazioni di abisso in abisso, sino a farle cadere in errori così ciechi e bestiali quanto quelli che contengono tutte le eresie e le false sette degli infedeli. Pensa, dunque, figlia mia, a un pericolo così grande e non scordarti mai dei precetti di Dio e delle verità cattoliche. Non ci sia giorno in cui tu non mediti su questo; consiglia alle tue religiose e a tutti coloro ai quali parlerai di fare lo stesso, perché il nemico, il diavolo, si affatica e veglia per oscurare il loro intelletto e deviarlo dalla legge divina, affinché l’intelligenza non indirizzi la volontà, potenza cieca, a compiere gli atti per la giustificazione, che si consegue tramite viva fede, speranza certa, amore fervente e cuore contrito e umiliato.

“Maria di Ágreda, nata María Fernández Coronel y Arana (Ágreda, 2 aprile 1602Ágreda, 24 maggio 1665), è stata  una mistica, cattolica, spagnola, appartenente all’ordine delle monache Concezioniste francescane con il nome “Maria di Gesù di Ágreda“.

È stata un’originalissima figura di donna, religiosa, mistica e scrittrice della Spagna del XVII secolo; è in corso il processo di beatificazione; la Chiesa cattolica le ha attribuito il titolo di venerabile.”

Rivelazione di Maria Vergine, Madre di Dio: -L’ISTANTE DELLA MORTE- “Da quel momento dipende tutto: Salvezza Eterna o Dannazione eterna” “Inferno o Paradiso”

Dalla “Mistica città di Dio,Vita della Vergine Madre di Dio” rivelata alla Venerabile Suor Maria di Ágreda

Insegnamento della Regina del cielo:

880. Figlia mia carissima, non è senza un motivo particolare che il tuo cuore si è mosso, con speciale compassione e pietà, verso quelli che si ritrovano in punto di morte, e che è sorto in te il desiderio di aiutarli in quell’ora. In verità, come hai potuto conoscere, le anime in quell’istante soffrono incredibili e pericolose angustie per le insidie del diavolo e della stessa natura che le circonda. Da quel momento dipende tutto: l’esilio terreno si conclude, perché cada sopra di esso l’ultima sentenza di morte o di vita eterna, di pena o di gloria senza fine. E poiché l’Altissimo si compiace che tu metta in pratica la carità di cui sei stata colmata verso tutti i morenti, io ti confermo nello stesso proposito e ti esorto a concorrere con tutte le forze ed a prestarci obbedienza con tutti i tuoi sforzi. Considera, dunque, o amica, che Lucifero e i suoi ministri riconoscono dagli eventi e dalle cause naturali quando gli uomini si trovano in una pericolosa e mortale infermità; e quindi in quell’istante stesso si preparano con astuzia e con tutta la loro malignità ad investire il povero ed ignorante malato e a farlo precipitare, se possono, con varie tentazioni. Inoltre, quando si avvicina il termine delle persecuzioni contro le anime, i principi delle tenebre cercano di rifarsi da questo danno assalendo i mortali con maggior malvagità nel poco tempo che manca alla fine della vita.

881. In questa situazione si aggregano come lupi sanguinari e si sforzano di riconoscere lo stato dell’infermo sia riguardo a ciò che ha di naturale sia riguardo a ciò che ha di acquisito, considerando le sue inclinazioni, gli usi, i costumi ed anche gli affetti in cui mostra particolare suscettibilità; e ciò al fine di poterlo assaltare e di invergli per quella via maggior guerra. A quelli che sregolatamente amano la vita i demoni suggeriscono che questa loro affezione non è poi così pericolosa, ed impediscono che qualcuno li disinganni. In quelli che sono stati negligenti nell’uso dei santi sacramenti suscitano una nuova tiepidezza e propongono loro maggiori difficoltà, affinché muoiano senza avvicinarsi ad essi o li ricevano senza frutto e con cattiva predisposizione. Ad alcuni creano stati di confusione, affinché non prendano coscienza dei loro peccati; ad altri frappongono indugi ed ostacoli, perché non dichiarino i loro debiti e non mettano pace nei loro cuori. In quelli che amano la vanità risvegliano il desiderio, anche in quell’ultima ora, di molte cose vane e superbe da eseguirsi dopo la morte. Con veemenza inclinano altri avari o lussuriosi verso tutto ciò che ciecamente amarono. E così i crudeli nemici si avvalgono di tutte le cattive abitudini dei mortali per spingerli dietro agli oggetti e per rendere ad essi difficoltoso o impossibile il rimedio.

E tutti gli atti peccaminosi che gli uomini operarono in vita, e con i quali acquistarono viziosi costumi, furono altrettanti pegni ed armi offensive che diedero al comune nemico, per far loro guerra nell’ora tremenda della morte. E così ogni appetito soddisfatto viene ad aprire la via, perché il demonio penetri nel castello dell’anima. Egli, nell’interno di questa, emette il suo pestifero fiato e solleva dense tenebre – che sono i suoi stessi effetti – affinché gli uomini non riconoscano le divine ispirazioni, né abbiano vero dolore dei loro peccati, né facciano penitenza alcuna per la loro cattiva condotta in vita.

882. Generalmente questi nemici fanno in quell’ultima ora grandi stragi, infondendo negli infermi la falsa speranza di vivere più a lungo e di eseguire con il tempo ciò che Dio ispira loro per mezzo dei suoi angeli: con questo inganno essi si ritrovano beffati e perduti. Soprattutto in quel momento è grande il pericolo per quelli che hanno disprezzato in vita il rimedio dei santi sacramenti. La giustizia divina è solita castigare questo rifiuto, molto offensivo per il Signore e per i santi, abbandonando le anime in preda al loro cattivo consiglio. Queste, poiché non vollero approfittare a suo tempo del rimedio opportuno, meritano, giustamente, di essere escluse nell’ultima ora dalla salvezza eterna, che temerariamente aspettavano. Pochissimi sono i giusti in pericolo di morte che non vengono assaltati con incredibile rabbia dall’antico serpente.

Se egli pretende di far cadere coloro che sono santi e virtuosi, che cosa sperano coloro che sono dediti ai vizi, che cosa attendono i negligenti ed i pieni di peccati che hanno impiegato tutta la loro vita a demeritare la grazia e il favore divino e a schivare le opere di cui potevano avvalersi contro il nemico? Il mio santo sposo Giuseppe fu tra quelli che ebbero il privilegio di non vedere né sentire il demonio in quell’ora estrema, perché, quando gli spiriti maligni tentarono di avvicinarsi, furono arrestati da una forza potente che li allontanò e i santi angeli li precipitarono nell’abisso. Ed essi sentendosi così oppressi e schiacciati – a nostro modo di intendere – rimasero turbati, confusi e come storditi. Ciò diede occasione a Lucifero di convocare nell’inferno un’assemblea o un conciliabolo al fine di consultarsi con tutti i principi delle tenebre su quanto era accaduto, e di investigare nel mondo sulla vera o presunta venuta del Messia.

883. Comprendi ora, carissima, quanto sia pericoloso il momento della morte e quante anime periscano in quell’ora in cui cominciano a svelarsi i meriti e i peccati. Non ti dichiaro quanti sono quelli che si perdono e si dannano, perché – se lo sapessi – ne moriresti per la pena e per il vero amore che porti al Signore. La regola generale dice che la buona vita aspetta la buona morte, tutto il resto è incerto, raro e contingente. Il rimedio sicuro deve consistere nell’intraprendere da lontano il cammino. Perciò ti avverto di pensare ogni giorno, allo spuntare della luce, se quello sarà l’ultimo della tua vita, e riguardandolo come se dovesse veramente esserlo – poiché non sai se in effetti lo sarà – cerca di mettere ordine nella tua anima in modo che con volto allegro e sereno tu possa ricevere la morte, qualora venga. Non rimandare nemmeno per un istante il dolore dei tuoi peccati e il proposito di confessarli, se ne avrai commessi. Cerca di emendare fin la più piccola imperfezione, in modo da non lasciare nella tua coscienza nessuna colpa, di cui senti rimorso, senza dolertene e senza lavarti con il sangue di Cristo mio santissimo figlio. Disponi tutta te stessa in uno stato tale da poter comparire dinanzi al giusto giudice che ti deve esaminare e che deve giudicare le tue facoltà a partire dal più piccolo pensiero e dalla minima azione.

884. Ma per aiutare, come desideri, coloro che si trovano in quell’estremo pericolo, in primo luogo raccomanda, se potrai, a tutti questi il consiglio che ti ho suggerito: vivano con l’anima sempre pronta per ottenere una felice morte. Inoltre per questo fine eleverai un’orazione ogni giorno senza mai tralasciarla. Con fervorosi affetti e gemiti prega l’Onnipotente, affinché dissipi gli inganni dei demoni e rompa i lacci e le insidie che essi tramano contro quelli che agonizzano o si ritrovano in quell’istante, ed impetra che tutti loro siano confusi dalla sua divina destra. Tu sai che io recitavo questa orazione per i mortali e quindi voglio che mi imiti. Similmente, ti ordino che, per aiutarli meglio, comandi ed intimi agli stessi demoni di allontanarsi da loro e di non opprimerli. Ben puoi usare questo potere, anche se non sei presente in quei frangenti poiché, essendovi il Signore, nel suo nome puoi comandare loro e costringerli a fuggire per sua maggior gloria ed onore.

885. Riguardo alle tue sorelle, illuminale senza turbarle su quello che devono fare. Ammoniscile ed assistile, affinché ricevano subito i santi sacramenti e vi si accostino frequentemente. Procura e sforzati di animarle e consolarle, discorrendo con loro sulle cose di Dio, sui suoi misteri e sulla sacra Scrittura, affinché si risveglino i loro sentimenti e i loro buoni propositi e si dispongano a ricevere dall’alto la luce e i divini consigli. Incoraggiale nella speranza, fortificale contro le tentazioni, ed insegna loro come devono resistervi e vincerle. Quando l’Altissimo non ti darà una particolare illuminazione per comprendere le loro prove, cerca tu stessa di conoscerle prima che te le manifestino, affinché applichi a ciascuna la medicina più conveniente; le infermità spirituali, infatti, sono difficili da diagnosticare e curare. Adoperati per eseguire quanto ti insegno ed io otterrò dal Signore privilegi per te e per quelli che desidererai aiutare. Non essere parca nella carità, perché in questa virtù non devi operare in proporzione a ciò che tu sei, ma nella misura di ciò che l’Altissimo vuole operare per mezzo di te.

Rivelazione della Vergine Maria, Madre di Dio: “Così Lucifero continuamente trascina all’Inferno un gran numero di uomini, sollevandosi sempre di più contro l’Altissimo nella sua superbia” “Facendo dimenticare agli uomini i ‘Novissimi’: Morte, Giudizio, Inferno e Gloria”

Dalla “Mistica città di Dio,Vita della Vergine Madre di Dio” rivelata alla Venerabile Suor Maria di Ágreda

Insegnamento della Regina del cielo

 

773. Figlia mia, tutte le opere del mio Figlio santissimo e mie sono colme di insegnamenti e istruzioni per gli uomini che le considerano con attenta stima. Sua Maestà si allontanò da me affinché cercandolo con dolore e lacrime lo ritrovassi poi con gioia a mio vantaggio spirituale. Anche tu devi cercare il Signore con amaro dolore, affinché questo dolore ti procuri un’incessante sollecitudine, senza riposare su cosa alcuna per tutto il tempo della tua vita, sino a quando tu non arrivi a possederlo e non lo lasci più. Perché tu comprenda meglio il mistero del Signore, sappi che la sua sapienza infinita plasma le creature capaci della sua eterna felicità ponendole sì sul cammino che conduce ad essa, ma allo stesso tempo così lontane e non sicure di arrivarvi. Fintanto che non siano giunte a possedere l’eterna felicità, vivano sempre pronte e nel dolore, affinché la sollecitudine generi in esse un continuo timore e orrore per il peccato, il quale fa perdere la beatitudine. Anche nel tumulto della conversazione umana la creatura non si lasci legare né avviluppare dalle cose visibili e terrene. Il Creatore aiuta in questa sollecitudine, aggiungendo alla ragione naturale le virtù della fede e della speranza, le quali stimolano l’amore con cui cercare e trovare il fine ultimo. Oltre a queste virtù e ad altre infuse con il battesimo, manda ispirazioni e aiuti per ridestare e rimuovere l’anima lontana dallo stesso Signore, affinché non lo dimentichi né si scordi di se stessa mentre è priva della sua amabile presenza. Anzi continui la sua strada sino a giungere al bene desiderato, dove troverà la pienezza del suo amore e dei suoi desideri.

774. Potrai, dunque, capire quanto grande sia la cecità dei mortali e quanto scarso il numero di coloro che si concedono il tempo di considerare attentamente l’ordine meraviglioso della loro creazione e giustificazione e le opere che l’Altissimo ha compiuto per così alto fine. A questa dimenticanza fanno seguito tanti mali, quanti ne soffrono le creature attaccandosi al possesso dei beni terreni e dei piaceri ingannevoli, come se questi fossero la loro felicità e il fine ultimo: è cattiveria grande, rivolta contro la volontà del Signore. I mortali vogliono in questa breve e transitoria vita dilettarsi di ciò che è visibile, come se fosse il loro ultimo fine, mentre dovrebbero usare le creature come mezzo per raggiungere il sommo Bene e non per perderlo. Avverti, dunque, o carissima, questo rischio della stoltezza umana. Tutto ciò che è dilettevole, piacevole e poco serio giudicalo un errore; di’ all’appagamento dei sensi che si lascia ingannare invano e che è madre della stoltezza, rende il cuore ubriaco, impedisce e distrugge tutta la vera sapienza. Vivi sempre con il santo timore di perdere la vita eterna e sino a quando non l’avrai raggiunta non ti rallegrare in altre cose se non nel Signore. Fuggi dalle conversazioni umane e temine i pericoli. Se per obbedienza o a gloria sua Dio ti porrà in mezzo ad essi, devi confidare nella sua protezione, e tuttavia con la necessaria prudenza non devi essere né svogliata né negligente. Non ti affidare all’amicizia e alla relazione con le creature, perché vi è riposto il tuo pericolo più grande. Il Signore ti ha dato un animo grato e un’indole dolce, affinché tu sia incline a non resistergli nelle sue opere, usando per suo amore i benefici che ti ha concesso. Se permetterai che in te entri l’amore delle creature, queste sicuramente ti trasporteranno, allontanandoti dal sommo Bene. Altererai, così, l’ordine e le opere della sua sapienza infinita. È cosa molto indegna utilizzare il più grande beneficio della natura con un oggetto che non sia il più nobile di tutta la natura stessa. Sublima le azioni delle tue facoltà e rappresenta ad esse l’oggetto nobilissimo dell’essere di Dio e del suo Figlio diletto tuo sposo, il più bello tra i figli dell’uomo, e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.

792. Figlia mia, l’Altissimo, buono e clemente, ha dato e continua a dare l’esistenza a tutti gli esseri viventi, non nega ad alcuno la sua provvidenza e illumina fedelmente ogni uomo, affinché possa intraprendere il cammino della conoscenza di Lui e poi entrare nel gaudio perenne, se non oscura questa luce con le sue colpe, abbandonando la conquista del regno dei cieli. Dio, con le anime che per i suoi segreti giudizi chiama a far parte della Chiesa, si dimostra più generoso. Nel battesimo, infatti, comunica loro con la grazia le virtù “infuse essenzialmente”, dette così perché nessuno può acquistarle da se stesso, e quelle “infuse accidentalmente”, che cioè potrebbero ottenere con le opere. Egli le anticipa loro perché siano più pronte e devote nell’osservare la sua santa legge. Ad alcune, oltre alla fede, la sua benevolenza aggiunge speciali doni soprannaturali di maggior intelligenza e forza per comprendere e attuare i comandamenti evangelici. In questo favore si è mostrato verso di te più liberale di quanto non lo sia stato con molte generazioni; perciò ti devi contraddistinguere nella carità e nella corrispondenza che gli spetta, stando sempre umiliata e abbracciata alla polvere.

793. Con la sollecitudine e l’affetto di una madre, ti voglio insegnare l’astuzia con la quale satana si sforza di distruggere questi benefici dell’Onnipotente. Da quando le creature cominciano a usare la ragione, molti demoni le seguono una per una con vigilanza e, proprio nel momento in cui esse dovrebbero innalzare la mente alla cognizione di Dio e iniziare ad esercitare le virtù ricevute, con incredibile furore e sagacia tentano di sradicare la semenza divina. Se non ci riescono, fanno in modo che questa non dia frutto, incitando gli uomini ad atti viziosi, inutili e infantili. Li distraggono con tale iniquità perché non si servano della fede, della speranza e di quanto ancora è stato loro elargito, non si ricordino che sono cristiani e non cerchino di conoscere il loro Dio, i misteri della redenzione e della vita eterna. Inoltre, questi nemici introducono nei genitori una stolta inavvertenza o un cieco amore carnale verso i propri figli e spingono i maestri ad altre negligenze, affinché non si preoccupino della maleducazione, permettano loro di corrompersi e di acquisire cattive consuetudini e di perdere le loro buone inclinazioni, avviandosi così alla rovina.

794. Il pietosissimo Signore, però, non tralascia di ovviare a questo rischio. Rinnova loro la luce interiore con altri aiuti e sante ispirazioni, con la dottrina della Chiesa attraverso i suoi predicatori e ministri, con l’uso e il rimedio efficace dei sacramenti, e con altri mezzi che servono a ricondurli sulla via della salvezza. Se nonostante questi numerosi provvedimenti sono pochi coloro che tornano alla salute spirituale, la causa di ciò sta nell’empia legge dei vizi e nelle abitudini depravate che si prendono durante la fanciullezza. Siccome è vera la sentenza: «Quali furono i giorni della gioventù, tale sarà anche la vecchiaia», i diavoli acquistano sempre più coraggio e potere sulle anime. Pensano, infatti, che, come le dominavano quando esse avevano commesso meno e minori colpe, così lo potranno fare con più facilità quando senza timore si saranno macchiate di molte altre e più gravi. Poi le muovono alla trasgressione e le colmano d’insensata audacia. Ciascun peccato compiuto da una persona toglie a questa forze interiori e la soggioga maggiormente a satana che, come tiranno, se ne impossessa e l’assoggetta a tale malvagità e meschinità da schiacciarla sotto i piedi della sua iniquità; quindi la conduce dove vuole, da un precipizio a un altro. Questo è il castigo che spetta a chi la prima volta si sottomette a lui. Così Lucifero continuamente trascina all’inferno un gran numero di uomini, sollevandosi sempre di più contro l’Altissimo nella sua superbia. Per tale via ha introdotto nel mondo la sua prepotenza, facendo dimenticare agli uomini i “novissimi”: morte, giudizio, inferno e gloria; ha gettato tante nazioni di abisso in abisso, sino a farle cadere in errori così ciechi e bestiali quanto quelli che contengono tutte le eresie e le false sette degli infedeli. Pensa, dunque, figlia mia, a un pericolo così grande e non scordarti mai dei precetti di Dio e delle verità cattoliche. Non ci sia giorno in cui tu non mediti su questo; consiglia alle tue religiose e a tutti coloro ai quali parlerai di fare lo stesso, perché il nemico, il diavolo, si affatica e veglia per oscurare il loro intelletto e deviarlo dalla legge divina, affinché l’intelligenza non indirizzi la volontà, potenza cieca, a compiere gli atti per la giustificazione, che si consegue tramite viva fede, speranza certa, amore fervente e cuore contrito e umiliato.

Rivelazione di Maria Vergine, Madre di Dio: “I mortali devono affliggere la loro carne innanzitutto perché le passioni inclini al male e ostili allo spirito si sono ribellate alla ragione”

 

Un pezzo tratto da ” La città mistica di Dio, vita della Vergine Madre di Dio ” della Venerabile Suor Maria di Ágreda.

987. L ‘Unigenito, dopo aver preso commiato da Giovanni il Battista, accompagnato dagli angeli che lo servivano come re e sovrano e lo veneravano con canti di lode per ciò che stava realizzando in ordine alla salvezza, si diresse verso il luogo prestabilito dal volere superno. Così giunse in quel posto solitario tra rupi e rocce aride e sterili, in mezzo alle quali si trovava una caverna o grotta molto nascosta, che scelse come abitazione per i giorni del digiuno. Si prostrò al suolo con profondo abbassamento, come era solito fare insieme alla sua beatissima Madre prima di pregare, e magnificò l’Onnipotente per le meraviglie compiute e soprattutto per avergli concesso quella terra così adatta per il suo ritiro; ringraziò anche lo stesso deserto per averlo accolto, dandogli la possibilità di rimanere nascosto dal mondo per tutto il tempo necessario. Poi si mise a intercedere incessantemente con le braccia distese a forma di croce mentre elevava suppliche per il riscatto dell’umanità: questa risultò essere la sua occupazione più frequente durante la sua permanenza là. Qualche volta durante tali implorazioni sudava sangue, per le ragioni che esporrò quando parlerò dell’orazione nell’orto degli Ulivi.

988. Alcune volte, mentre camminava, molti animali selvatici gli correvano intorno e con ammirevole istinto lo riconoscevano come loro creatore, e in testimonianza di ciò emettevano guaiti e si esprimevano con ogni genere di movimento. Soprattutto gli uccelli volavano dinanzi a lui e gli manifestavano il loro giubilo con diversi soavi canti, facendogli festa e omaggiandolo. A loro modo volevano anche esprimere la loro gratitudine per poter essere a lui vicini, cosicché quell’eremo venisse santificato dalla sua divina presenza. Egli cominciò l’astinenza senza prendere alcun cibo per tutti i quaranta giorni, offrendolo all’Eterno per espiare gli eccessi disordinati che i mortali avrebbero commesso col vizio della gola che era frequentemente e apertamente onorato, sebbene fosse considerato vile e abietto. Nella maniera in cui vinse questo vizio, vinse anche tutti gli altri, dando così soddisfazione delle ingiurie che il legislatore supremo riceveva con essi. Secondo quanto mi sembra di capire, egli, prima di iniziare la predicazione e la missione di maestro, redentore e mediatore presso il Padre, volle trionfare su tutti i vizi e per riparare le offese fatte a Dio esercitò le virtù contrarie: col digiuno rimediò quindi la smoderatezza della gola. Fece lo stesso per tutto il tempo della sua vita, ma specialmente destinò a tale scopo le sue opere d’infinito valore mentre era nel deserto.

989. Come un padre affettuoso, i cui numerosi figli avessero commesso grandi delitti e per questo meritassero orrendi castighi, il nostro fratello Gesù elargì i suoi favori per la nostra salvezza e pagò i nostri debiti per preservarci dalla pena dovuta. Donò la sua umiltà per compensare la nostra superbia, la povertà scelta liberamente per la nostra avarizia, l’aspra penitenza per i turpi piaceri, la mansuetudine e la carità verso i nemici per l’ira e la vendetta, l’attenzione vigilante e la sollecitudine per la nostra pigrizia e trascuratezza, la sincerità più schietta e genuina, la verità e la dolcezza per la falsità e l’invidia. Così andava placando il giusto giudice e chiedendo il perdono per gli uomini degeneri e disobbedienti. In tal modo non ottenne solo questo, ma guadagnò per noi anche nuove grazie e nuovi aiuti, perché giungessimo a godere della sua compagnia, ad essere degni di contemplare il suo volto e quello dell’Altissimo e a prender parte alla loro gloria da sempre e per sempre. Anche se egli avrebbe potuto conseguire tutto questo con la minore delle sue opere, non agì come avremmo fatto noi e il suo amore sovrabbondò in incalcolabili dimostrazioni, affinché la nostra ingratitudine e durezza di cuore non avessero scuse.

990. Alla Principessa, per avere notizia degli atti di sua Maestà, sarebbero bastate la luce divina e le continue visioni e rivelazioni che aveva, ma ella nel suo zelo inviava al suo Unigenito frequenti messaggi per mezzo degli angeli. Lo stesso Signore disponeva che ciò avvenisse attraverso questi fedeli ambasciatori, perché i sensi di entrambi udissero reciprocamente i concetti che formavano i loro animi, e puntualmente essi li riferivano a Maria con le stesse parole uscite dalla bocca di Gesù e a Gesù con quelle di Maria, sebbene tutti e due ne fossero già informati per altra via. Non appena la Regina fu al corrente del fatto che egli si era incamminato verso il deserto e delle sue intenzioni, serrò le porte di casa senza che nessuno potesse accorgersi che dimorava all’interno. Si tenne talmente nascosta che gli stessi vicini pensarono che ella pure si fosse allontanata. Si raccolse nel suo oratorio e vi rimase quaranta giorni e quaranta notti senza uscire mai e senza prendere cibo, come sapeva che stava facendo il suo diletto: entrambi intendevano osservare la stessa forma di vita e lo stesso rigoroso digiuno. Lo imitò in tutto, con la preghiera, le prostrazioni a terra e le genuflessioni senza ometterne alcuna, e la cosa più stupefacente è che le compiva simultaneamente a lui e per questo motivo tralasciò ogni altra faccenda. Oltre ai messaggi che le erano recati, era in grado, a motivo di quel beneficio di cui ho più volte riferito, di vedere le operazioni dell’anima del Verbo incarnato, sia che questi fosse presente sia che fosse assente. Inoltre, per quanto riguarda le azioni corporali, che ella percepiva attraverso i sensi quando stavano insieme, ora, essendo egli lontano, riusciva a conoscerle attraverso la visione intellettuale, oppure le erano manifestate dagli stessi esseri celesti.

991. Il nostro Maestro, finché si trattenne in quel luogo, faceva ogni giorno trecento genuflessioni e prostrazioni ed altrettante ne faceva la Vergine ; il tempo che le restava, ella lo impiegava solitamente per comporre canti di lode. Ricalcando le sue orme cooperò con lui, riportò le medesime vittorie sui vizi e riparò gli stessi con le sue eroiche virtù. Se egli, come redentore, meritò tanti favori a nostro vantaggio e pagò i nostri debiti secondo la più severa giustizia, ella, come ausiliatrice e madre nostra, misericordiosamente intercedette per noi e divenne mediatrice nella misura in cui era possibile ad una semplice creatura.

Insegnamento della Regina del cielo
992. Figlia mia, le penitenze corporali sono indispensabili: molti si sono persi per sempre e molti altri corrono lo stesso pericolo, perché hanno ignorato questo dovere e hanno dimenticato o addirittura disprezzato l’obbligo di abbracciare la croce. I mortali devono affliggere la loro carne innanzitutto perché sono stati concepiti nella colpa e con essa tutta la natura umana è diventata corruttibile, e le passioni inclini al male e ostili allo spirito si sono ribellate alla ragione; infatti, se si permette che queste seguano le proprie inclinazioni, trascinano l’anima facendola precipitare da un vizio all’altro. Se però tale fiera viene soggiogata e domata col freno dell’astinenza, perde la sua forza e l’intelligenza ha il sopravvento con la luce della verità. Il secondo motivo per il quale ci si deve mortificare è che nessuno ha cessato di peccare contro Dio. Alla trasgressione deve corrispondere inevitabilmente il castigo, o in questa vita o nell’altra, e, poiché l’anima e il corpo hanno peccato insieme, devono essere puniti entrambi secondo equità; il dolore interiore non è sufficiente, se la carne per non dover patire tenta di schivare la pena adeguata. Il debito del reo è tanto grande quanto la sua capacità di rimediare è limitata e scarsa: egli non saprà mai, quantunque si sforzi ininterrottamente, se avrà potuto riparare e rendere soddisfazione al giudice, e quindi non deve smettere di impegnarsi fino alla fine dei suoi giorni.

993. La divina clemenza è a tal punto liberale con gli uomini che, se essi cercano come possono di espiare i loro peccati con la penitenza, sua Maestà non solo si mostra compensato delle offese subite, ma anche promette loro nuove grazie e il premio eterno. È necessario che i servi fedeli e prudenti, che amano veramente il loro Signore, procurino di aggiungere altre opere volontarie, perché al debitore che pensa solamente a pagare, senza fare più di quello che deve, benché paghi, nulla avanza ed egli resta povero, senza alcun capitale. Che cosa dunque devono fare o sperare coloro che non pagano, né compiono nulla a tal fine? Il terzo motivo per il quale ci si deve maggiormente mortificare è la sequela del nostro Maestro. Egli ed io, sebbene non avessimo né macchie né passioni disordinate, ci sacrificammo e tutta la nostra esistenza terrena trascorse nella continua afflizione dei sensi. Non bisognava che il Cristo sopportasse questi oltraggi per entrare nella gloria del suo corpo e del suo nome? Ed io lo seguii in tutto. Ordunque, se noi ci siamo comportati in questo modo perché conveniente, quale diritto hanno i discendenti di Adamo di cercare un altro cammino e di condurre una vita comoda, molle, dilettevole e avida di piaceri, aborrendo e disprezzando tutte le fatiche, le ignominie, i digiuni e gli atti di compunzione? Quale argomento adducono per cui il soffrire dovrebbe essere solo per il mio Unigenito e per me, mentre coloro che si procurano la condanna se ne stanno con le mani in mano, dediti alle lussuriose inclinazioni della carne, e usano le forze spirituali, che hanno ricevuto da lui per porsi al suo servizio e ricalcare le sue orme, per appagare i loro piaceri e per servire satana che li ha fin là trascinati? Questa mostruosità, che ormai regna dappertutto, ha provocato l’ira e l’indignazione dell’Onnipotente.

994. È vero, carissima, che i tormenti di mio Figlio hanno riparato le mancanze dei meriti umani. Egli ordinò anche a me di imitare precisamente i suoi supplizi e i suoi esercizi, affinché, sebbene fossi solo una semplice creatura, cooperassi con lui facendo le veci dei mortali. Ciò però non avvenne per esonerare questi ultimi dalla penitenza, ma per incitarli ad essa; infatti, non sarebbe stato necessario patire così tanto solo per rendere soddisfazione per essi. Gesù, come vero padre e fratello, volle anche dare valore alle azioni e alle mortificazioni di chi lo avrebbe seguito, poiché le stesse sarebbero state di poco conto agli occhi dell’Altissimo senza quelle che fece lui. E se questo vale per le opere virtuose e perfette, che sarà di quelle piene di difetti comunemente fatte dagli uomini, benché siano oggetto di virtù? Infatti, anche quelle di coloro che sono progrediti spiritualmente e giusti hanno bisogno di essere integrate e migliorate. Il nostro Salvatore ne colmò tutti i vuoti e le lacune affinché queste stesse, unite alle sue, fossero accette e gradite al sommo sovrano. Chi però non ne compie alcuna e se ne sta ozioso, non può avvalersi delle opere del suo Redentore: non si trova, infatti, in lui nulla da integrare o da ritoccare, ma al contrario molto da condannare. Ora, non mi riferisco all’esecrabile errore di quei credenti che perfino nelle pratiche di penitenza hanno introdotto la sensualità e la vanità del mondo. Per essi è opportuno un maggior castigo più per questo che per le altre colpe, dal momento che uniscono alla contrizione fini vani ed imperfetti dimenticando quelli soprannaturali che danno merito alla mortificazione e pongono in stato di grazia. Se sarà utile, ti parlerò di tale argomento in un’altra occasione. Per ora piangi su una simile cecità e tieniti pronta a sopportare ogni fatica e dolore, e, se anche tu soffrissi come gli apostoli, i martiri e i confessori, faresti solo il tuo dovere. Castiga sempre il tuo corpo e moltiplica lo zelo nel farlo; pensa che ti mancano ancora molte cose, che la vita è così breve e debole è la tua capacità di retribuzione.

Rivelazioni di Maria Vergine, Madre di Dio, a Suor Maria di Ágreda: “In questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime”

Dalla “Mistica città di Dio,Vita della Vergine Madre di Dio” rivelata alla Venerabile Suor Maria di Ágreda

Insegnamento della Regina del cielo

409. Figlia mia, carissima, considera che tutti i viventi nascono destinati alla morte. Non conoscono il termine della loro vita, ma sanno con certezza che il loro tempo è breve e l’eternità è senza fine ed in essa l’uomo raccoglierà solamente ciò che avrà seminato di cattive o di buone opere; queste daranno allora il loro frutto, di morte o di vita eterna. In un viaggio così pericoloso non vuole perciò Dio che qualcuno conosca con certezza se sia degno del suo amore o del suo disprezzo, affinché, se dotato di ragione, questo dubbio gli serva da stimolo a cercare con tutte le sue forze l’amicizia del Signore. E Dio giustifica la sua causa dal momento in cui l’anima comincia a fare uso della ragione, perché da allora accende in essa una luce, che la stimola e la inizia alla virtù; la distoglie dal peccato, insegnandole a distinguere tra il fuoco e l’acqua approvando il bene e correggendo il male, scegliendo la virtù e riprovando il vizio. Egli inoltre risveglia l’anima e la chiama a sé con ispirazioni sante, con impulsi continui e per mezzo dei sacramenti, dei comma di fede, dei precetti, dei santi angeli, dei predicatori, dei confessori, dei superiori, dei maestri; di ciò che l’anima prova in sé nelle afflizioni e nei benefici che Dio le manda; di ciò che sente nelle tribolazioni altrui, nelle morti ed in altri avvenimenti e mezzi che la sua provvidenza dispone per attirare tutti a sé, perché vuole che tutti siano salvi. Di tutte queste cose Dio fa una catena di grandi aiuti e favori, di cui la creatura può e deve usare a suo vantaggio.

410. A tutto ciò si oppone la parte inferiore e sensitiva dell’uomo che, con il fomite del peccato, inclina verso le cose sensibili e muove la concupiscenza e l’irascibilità, affinché, confondendo la ragione, trascinino la volontà cieca ad abbracciare la libertà del piacere. Il demonio, da parte sua, con inganni e con false ed inique suggestioni oscura il senso interiore e nasconde il veleno mortale che si trova nei piaceri transeunti. L’Altissimo però non abbandona subito le sue creature, anzi rinnova la sua misericordia, gli aiuti e le grazie. E se esse rispondono alla sua chiamata ne aggiunge tante altre secondo la sua equità; dinanzi alla corrispondenza dell’anima le va aumentando e moltiplicando. Così come premio, perché l’anima ha dovuto vincersi, si vanno attenuando le inclinazioni alle sue passioni ed al fomite e lo spirito si alleggerisce sempre più, potendosi sollevare in alto, molto al di sopra delle tendenze negative e del cattivo nemico, il demonio.

411. L’uomo invece che si lascia trasportare dal diletto e dalla spensieratezza porge la mano al nemico di Dio e suo; e quanto più si allontana dalla divina bontà tanto più si rende indegno delle sue grazie e sente meno gli aiuti, benché siano grandi. Così il demonio e le passioni acquistando maggiore forza e dominio sulla ragione la rendono sempre più inetta ed incapace di accogliere la grazia dell’Altissimo. O figlia ed amica mia, in questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime, cioè dal cominciare a fare resistenza agli aiuti del Signore o ad accettarli. Voglio perciò che non trascuri questo insegnamento affinché tu possa rispondere alle molte chiamate che l’Altissimo ti volge. Cerca allora di essere forte nel resistere ai tuoi nemici, puntuale e costante nell’eseguire i desideri del tuo Signore, così gli darai soddisfazione e sarai attenta nel fare il suo volere, che già conosci con la sua luce divina. Un grande amore portavo ai miei genitori e le parole e la tenerezza di mia madre mi ferivano il cuore, ma, sapendo che era ordine e compiacimento del Signore che io li lasciassi, mi dimenticai della mia casa e del mio popolo, non per altro fine se non per quello di seguire il mio sposo. La buona educazione ed il buon insegnamento della fanciullezza giovano molto per il resto della vita, affinché la creatura si ritrovi più libera e già abituata all’esercizio delle virtù, incominciando così dal porto della ragione a seguire questa stella, guida vera e sicura.

Gesù rivela a Santa Brigida l’esistenza e l’eternità dell’ INFERNO : “La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa.” “Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga”

Dalle rivelazioni di Gesù a Santa Brigida di Svezia

Parla Gesù Cristo:

La via dell’inferno invece è aperta e larga e molti entrano per essa. Ma perché non sia del tutto dimenticata e abbandonata la mia via, alcuni amici miei per il desiderio della patria celeste passano ancora per essa, come uccelli svolazzanti di pruno in pruno, e quasi di nascosto e servendo per timore, perché passare per la via del mondo sembra a tutti felicità e gioia. Perciò la mia via s’è fatta stretta e quella del mondo larga; ora grido nel deserto, cioè nel mondo, agli amici miei, che estirpino le spine e i triboli dalla via del Cielo e la propongano agli altri. Sta scritto infatti: Beati son quelli che non mi videro e mi credettero. Così son felici quelli che ora credono alle mie parole ed eseguono le mie opere. Io infatti son come una madre che va incontro al figlio errante, gli porge la lucerna sul sentiero, perché veda il cammino e gli va incontro per amore, accorciandogli il tratto, e s’avvicina e l’abbraccia e si congratula con lui. Così son io con tutti quelli che a me tornano, e andrò incontro con amore ai miei amici e illuminerò il cuore e l’anima loro di sapienza divina. Voglio abbracciarli con ogni gloria e con l’adunanza celeste, dove non c’è il Cielo di sotto e di sopra o la terra di sotto, ma la visione di Dio, in cui non c’è cibo né bevanda, ma il celeste diletto.

Ai cattivi invece s’apre la via dell’inferno, ove caduti non ne usciranno mai più: privati della gloria e della grazia, saranno pieni di miseria e di obbrobrio sempiterno. Perciò dico queste cose e metto in mostra la mia carità, affinché tornino a me, quelli che mi abbandonarono e riconoscano che sono io il Creatore, quello che hanno dimenticato. E perciò questi fossi son larghi e profondi: larghi, perché la volontà di tali uomini è da Dio lontana in lungo e in largo; e sono anche profondi, perché contengono molti nel profondo inferno. Perciò questi fossi bisogna oltrepassarli d’un salto. Cos’è infatti il salto spirituale, se non il distacco del cuore dalle vanità e l’ascesa dalle cose terrene al Regno dei cieli?

Ecco, io mi lamento che vi siete da me allontanati e dati al diavolo mio nemico, voi avete abbandonato i miei comandamenti e seguite la volontà del diavolo e obbedite alle sue suggestioni, non pensate ch’io sono l’immutabile ed eterno Dio, vostro Creatore. Venni dal Cielo alla Vergine, da Lei assumendo la carne e ho vissuto con voi. Io in me stesso vi ho aperto la via e vi ho dato i consigli, con i quali andare al cielo. Io fui denudato e flagellato e coronato di spine e tanto stirato sulla croce che quasi tutti i nervi e le giunture del mio corpo furono staccati. Io ho sopportato tutte le ingiurie e l’ignominiosissima morte e l’amarissima ferita al mio cuore per la vostra salvezza.

A tutto questo, o miei nemici, voi non fate attenzione, perché siete stati ingannati. Perciò portate il giogo e il peso del diavolo con falsa gioia e non sapete né sentite queste parole, prima che arrivi lo smisurato dolore. Né vi basta questo, ma è tanta la vostra superbia che, se poteste porvi sopra di me, lo fareste volentieri. E tanta è in voi la voluttà della carne, che volentieri preferireste far senza di me, piuttosto di lasciare il disordine della vostra voluttà. E poi la cupidigia vostra è insaziabile, come un sacco senza fondo, perché non v’è niente che possa soddisfarla.

Giuro perciò – per la Divinità mia – che se morirete nello stato in cui vi trovate, mai vedrete il mio volto. Ma, per la vostra superbia, sprofonderete giù nell’inferno, in modo che tutti i diavoli vi saranno addosso per tormentarvi desolatamente. Per la lussuria poi sarete ricolmi d’un diabolico veleno. E per la cupidigia vostra sarete saziati di dolori e angustie e soffrirete ogni male che è nell’inferno.

O nemici miei, abominevoli e ingrati e degeneri, io sembro a voi come un verme morto nell’inverno, perciò fate tutto ciò che volete e prosperate. Per questo sorgerò contro di voi nell’estate e allora piangerete e non scamperete alla mia mano. Tuttavia, o nemici, poiché vi ho redenti col sangue mio e non chiedo che le vostre anime, tornate umilmente ancora a me e di buon grado vi accoglierò come figliuoli. Scuotete da voi il pesante giogo del diavolo e ricordatevi dell’amor mio e nella coscienza vostra vedrete che io sono soave e mansueto.